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Barbara De Serio
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università degli Studi di Foggia
Dipartimento
Dipartimento di Studi Umanistici. Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione
Area Scientifica
Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Settore Scientifico Disciplinare
M-PED/02 - Storia della Pedagogia
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH3 The Social World, Diversity, Population: Sociology, social psychology, demography, education, communication
Settore ERC 3° livello
SH3_7 Social policies, welfare
Non è sufficiente insegnare a pensare. Occorre, piuttosto, insegnare a pensare criticamente. Con queste parole Matthew Lipman inaugurava negli anni Settanta del Novecento il movimento educativo della philosophy for children, che ha assunto presto una dimensione internazionale poiché si è immediatamente diffuso in tutto il mondo con la pretesa – ben riuscita – di fare della promozione delle capacità di ragionamento e di giudizio dei bambini il compito principale della scuola, che a suo parere ha il dovere di formare teste in grado di “pensare bene” e di esercitare il proprio potere creativo. Su questi temi si concentra il presente contributo, che riconosce nell’educazione del pensiero il punto di partenza per lo sviluppo dell’umanità, che per crescere ha sempre più bisogno di menti libere e responsabili. Obiettivo fondamentale dell’insegnamento scolastico è dunque lo sviluppo della componente riflessiva nell’educazione, che richiede l’utilizzo di strategie didattiche specificamente orientate a formare menti critiche, capaci di indagare le cause delle idee e le condizioni in cui tali idee vengono prodotte e soprattutto capaci di costruire il proprio pensiero.
Si tratta della postfazione ad un'edizione rivista e illustrata per i bambini della prima parte dell'opera "Re Matteuccio I" di Janusz Korczak, noto medico e pedagogista polacco vissuto nella prima metà del Novecento. La revisione dell'opera, ovvero la nuova suddivisione in capitoli, che la rendono più fruibile da parte del pubblico infantile, è ad opera di Barbara De Serio
La scrittura contribuisce spesso a superare lo spazio privato per accedere a quello pubblico, per raccontare al pubblico del proprio spazio privato, per ripensarlo, per dargli visibilità e conferirgli valore. E’ il potere della parola, che permette di riconoscersi e di farsi conoscere, di raccontare la propria storia e inventarne altre, di ritrovare nel racconto la forza per liberare la propria identità e consentire di mettersi in viaggio. Forse è anche questo il motivo per cui molte scrittrici hanno deciso di parlare all’infanzia: i bambini hanno la capacità di “com-prendere” in profondità solitudini e racconti di soprusi, poiché costretti spesso a subire le stesse forme di emarginazione socio-culturale a causa dei propri atteggiamenti “infantili”, spesso incomprensibili al mondo adulto. Ed è plausibile che le scrittrici per l’infanzia intravedano nei bambini una via privilegiata per raccontarsi, perché attraverso i più piccoli riescono a parlare liberamente agli adulti e a costruire un nuovo progetto di sé, che comporta la capacità di prendersi cura del proprio bisogno di emancipazione a partire dal recupero della propria infanzia. Per lo stesso motivo molte scrittrici di libri per bambini e ragazzi incentrano i propri racconti sul dialogo transgenerazionale, che le induce a privilegiare come personaggi delle proprie storie figure adulte analizzate nel loro ruolo genitoriale. Questi i temi principali affrontati nel saggio, che si sofferma in modo specifico sull'analisi del profilo pedagogico di Ida Baccini.
Il contributo focalizza l'attenzione sul pensiero educativo di Anna Vertua Gentile e sulle sue opere pedagogiche, con specifico riferimento alle Letture giovanili per fanciulle, il cui contentuo viene analizzato in modo critico, evidenziando le sue ricadute nella direzione dell'emancipazione culturale femminile
Non è sufficiente insegnare a pensare. Occorre, piuttosto, insegnare a pensare criticamente. Obiettivo fondamentale dell’insegnamento scolastico è lo sviluppo della componente riflessiva nell’educazione, che richiede l’utilizzo di pratiche pedagogiche e strategie didattiche specificamente orientate a formare menti critiche e capaci di costruire creativamente il proprio pensiero. Se efficacemente sostenuto sin dall’infanzia e opportunamente stimolato da contesti di apprendimento e pratiche scolastiche cognitivamente motivanti ed emotivamente coinvolgenti il pensiero creativo aiuta il bambino a liberarsi della rigidità intellettuale che ostacola la sua libertà di azione e che non gli consente di imparare a scegliere autonomamente. Dubbio e sfida sono, dunque, le parole chiave alla base di un modello di scuola più flessibile, capace di motivare l’apprendimento e di guidare il bambino ad acquisire un pensiero previsionale che fonda sulla creatività la meta di ogni processo di conoscenza. Una scuola che intende farsi promotrice di strumenti di riflessione pedagogica e di progettazione didattica specificamente pensati per capitalizzare le risorse dell’infanzia - a partire dalla naturale tendenza alla scoperta - e per costruire percorsi di apprendimento più efficaci e più adatti al suo processo di crescita. Il volume, che racchiude i contributi di soggetti che a vario titolo si occupano di formazione - dall’ambito scolastico all’Università - intende approfondire la valenza educativa dei percorsi di educazione alla creatività e di promozione della lettura critica e riflessiva - individuale e collettiva - oggi quanto mai indispensabili per sviluppare nell’infanzia un vivere più alto.
I contributi presenti nel volume analizzano, attraverso l’approfondimento del pensiero e delle opere di pedagogisti italiani e stranieri vissuti tra la fine del XVIII e i primi decenni del XX secolo, i processi educativi e i fenomeni culturali che hanno contribuito a preparare le condizioni sociali per una progressiva diffusione degli studi di genere. Ripercorrendo un criterio storiografico che sembra ormai consolidato nell’ambito degli studi più significativi sulla storia delle donne, il volume ricostruisce il dibattito storico-pedagogico che ha progressivamente indotto a restituire il diritto di parola alle donne e a riconsegnare loro la capacità di parlare di sé per mettere insieme i tasselli della propria storia di genere.
“Il mondo si può guardare ad altezza d’uomo, ma anche dall’alto di una nuvola. Nella realtà si può entrare dalla porta principale o infilarvisi da un finestrino. Con le storie e i procedimenti fantastici per produrle noi aiutiamo i bambini ad entrare nella realtà dalla finestra, anziché dalla porta. E’ più divertente: dunque è più utile. Niente impedisce, del resto, di provocare l’impatto con la realtà per mezzo di ipotesi più impegnative”. Il programma pedagogico di Rodari - sorprendentemente attuale perché carico di innumerevoli spunti e produttive suggestioni - si caratterizza per la sua dimensione democratica e antiautoritaria, evidente nell’invito a liberarsi dai condizionamenti culturali che non consentono di guardare oltre, di andare a fondo nelle cose e di mettersi in gioco, a non essere schiavi di un utilizzo ideologico del pensiero che non permette di lasciarsi andare all’incertezza, al dubbio e alla curiosità e ad essere protagonisti della propria vita attraverso l’uso libero del linguaggio. “Un modo di rendere produttive le parole - scriveva Rodari - è quello di deformarle. Lo fanno i bambini, per gioco: un gioco che ha un contenuto molto serio, perché li aiuta a esplorare le possibilità delle parole, a dominarle, forzandole a declinazioni inedite”. Dominare le parole, dunque, per dominare la realtà che con le parole si costruisce. Al potere liberatorio del linguaggio sono dedicati i contributi del presente volume, che intende approfondire l’efficacia pedagogica e la valenza educativa del modello epistemologico rodariano e della sua creatività fantastica, tuttora considerata tra i dispositivi pedagogici maggiormente in grado di educare ad un pensiero divergente, occasione formativa di libertà e strumento ludico per incontrare e giocare con le strutture della propria immaginazione.
Gianni Rodari fu un maestro di scuola, ma ufficialmente si innamorò della scuola molto più tardi rispetto a quando iniziò a lavorare come maestro elementare. La consapevolezza della dimensione fantastica che la scuola poteva garantire è legata alla diffusione di opere appositamente scritte per un uso scolastico, tra cui "Il libro degli errori", il cui contenuto viene analizzato nel presente saggio accanto a quello de "La Grammatica della Fantasia". Sono queste le opere che evidenziano il grande intuito di Rodari: l’arte di inventare storie può essere molto più di una semplice tecnica didattica in quanto strumento per progettare e realizzare un vero e proprio cambiamento sociale e politico. A questo aspetto si ricollega la rivalutazione dell’errore come dispositivo pedagogico in grado di liberare il pensiero divergente e di promuovere i processi della capacità fantastica, che sono spesso inutilmente intrappolati in schemi rigidi e rigidamente organizzati. Il problema consiste proprio nell’incapacità di riconoscere gli errori, di distinguere gli errori gravi, che vanno corretti, dai piccoli errori, che vanno invece incoraggiati perché sono spesso utili per riflettere sui mali del mondo e per imparare a dare il giusto peso e il giusto valore alle cose.
Il contributo analizza, ripercorrendoli in rapporto ai differenti contesti storico-sociali, il peso dei condizionamenti socio-culturali nei percorsi di formazione dei ruoli maschili e femminili. Una specifica attenzione viene riservata alla scuola, come luogo di educazione delle differenze, e alla letteratura per l'infanzia, come strumento di promozione della parità tra i sessi. Il volume presenta contributi di autori stranieri in lingua straniera
Il contributo ricorda l’istituzione della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Foggia attraverso una ricostruzione della storia dell’edificio che tuttora ospita la sezione di Scienze della Formazione del Dipartimento di Studi Umanistici, sede, in passato, dell’Ospedale delle donne povere. Dopo una breve descrizione della dimensione assistenziale e caritatevole dell’Ospedale provinciale delle donne, il contributo analizza il legame simbolico che sussiste tra lo storico reparto di maternità di Via Arpi e la Facoltà di Scienze della Formazione, ivi ubicata e simbolicamente accomunata all’antico Ospedale femminile dalla dimensione di cura che caratterizza i suoi percorsi di studio
Esiste un’evidente relazione tra la storia dell’infanzia e quella delle donne, sia perché entrambe sono accomunate da un secolare destino di invisibilità sociale, tanto che gli studi di storia dell’infanzia e quelli di genere sono relativamente recenti, sia perché l’evoluzione storica di uno dei due settori ha contribuito a maturare i risvolti storiografici dell’altro. Più precisamente, gli studi di genere devono i loro primi sviluppi all’attenzione che la società ha progressivamente manifestato nei confronti dell’infanzia e della sua tutela. Da sempre centrata sulla dimensione del materno, in seguito recuperata come strumento di riscatto sociale anche dalle più recenti rivendicazioni femministe, la storia delle donne è stata spesso legittimata come storia delle madri, dando origine ad un sapere molto più formalizzato, che ha avuto notevoli ripercussioni nei percorsi formativi femminili. E’ stata, dunque, la necessità di tutelare l’infanzia sul piano pedagogico ed educativo, oltre che dal punto di vista medico e sociale, a indurre a ripensare la cultura femminile e a definire i nuovi sviluppi di un sapere di genere che, per quanto ancora fortemente riduttivo e prescrittivo, in quanto finalizzato esclusivamente all’apprendimento del ruolo materno, per la prima volta riconosceva alla donna la possibilità di una formazione culturale coerente con la sua identità biologica e dava finalmente valore alla maternità e al sapere intuitivo della madre, manifestando risvolti culturali del tutto inaspettati e a totale vantaggio di un riscatto delle capacità di cura delle donne.
Il contributo, che ripercorre la storia di Solidarność, focalizza l'attenzione sui processi di scolarizzazione che hanno progressivamente indotto la Polonia a maturare un'identità socio-culturale e a diffondere tra le giovani generazioni quegli ideali democratici che hanno contribuito a sottrarre il Paese alla supremazia dell'Unione Sovietica. Il concetto di libertà come strumento di emancipazione, cui il contributo dedica particolare spazio, è sempre stato centrale nel pensiero dei più noti pedagogisti polacchi. Di libertà parlava, già alla fine dell’Ottocento, Janusz Korczak, che denunciava l’utilizzo di metodi didattici incapaci di liberare l’infanzia da legami che ne limitano le manifestazioni spontanee, promuovendo, invece, interventi educativi in grado di condurre il bambino e la bambina verso la progressiva conquista dell’autonomia, verso la liberazione da vincoli e impedimenti che frenano il loro naturale sviluppo e ostacolano l’espandersi della vitalità infantile. A Korczack e al suo romanzo "Re Matteuccio I" è dedicata la seconda parte del contributo, che analizza la possibilità di utilizzare il romanzo in questione come materiale didattico per educare i giovani lettori alla non violenza e per guidarli a riconoscere nei classici della storia della pedagogia gli strumenti per riflettere su questioni pedagogiche di fondamentale importanza, quale, appunto, il concetto di pace, nonchè per orientare al cambiamento formativo racchiuso nell'esercizio stesso del rievocare.
Il volume ricostruisce il profilo di un'educatrice poco nota, Adele Costa Gnocchi, che ha condiviso con Maria Montessori interessi pedagogici e progetti educativi di straordinaria importanza nel settore della formazione. Le iniziative pedagogiche ed educative da lei avviate concentravano l'attenzione su una fase preziosa dell'esistenza umana - la nascita - che la Montessori aveva solo teorizzato a livello scientifico, ma nei confronti della quale non aveva avviato specifiche sperimentazioni, affidando alle sue collaboratrici il compito di realizzarle. La Costa Gnocchi accolse la proposta, nella consapevolezza che dalla nascita occorreva partire per studiare l'essere umano adulto, per recuperare le sue potenzialità di crescita e metterle al servizio del cambiamento, di se stesso e della società. Il volume contiene brani tratti da testi montessoriani inediti nella lingua italiana, dei quali si riporta in nota la traduzione effettuata dall'autrice
Il contributo si sofferma sullo studio di Caterina Franceschi Ferrucci, una scrittrice umbra vissuta nel XIX secolo, il cui pensiero si caratterizza per una forte impronta patriottica e per un’elevata sensibilità nei confronti delle trasformazioni politiche allora in atto, nelle quali la scrittrice intravedeva un possibile rinnovamento sociale, che doveva però passare attraverso una rinascita culturale. Attraverso un’analisi delle opere sull’educazione, il saggio ripercorre, in modo particolare, il programma educativo progettato dalla Franceschi Ferrucci per le donne, che lei considerava il principale strumento di rigenerazione morale della società e alle quali, per lo stesso motivo, andava affidata l’educazione dei futuri cittadini del nascente Stato italiano
Il saggio analizza le diverse forme di sostegno alla genitorialità e, più in particolare, il ruolo che i docenti possono svolgere, in qualità di educatori, per supportare i genitori nel complesso ruolo che compete loro come punti di riferimento imprescindibili nel processo di crescita dei propri figli. In modo specifico viene analizzata l'età prescolare, che segna il primo passaggio dei bambini dall'ambito familiare a quello scolastico, scandendo i primi passi verso l'autonomia.
Il contributo approfondisce un tema meno noto nel panorama degli studi montessoriani, l'educazione dalla nascita, ovvero l'utilizzo del metodo Montessori con bambini di età compresa tra zero e tre anni
Il contributo recupera le tradizioni culturali del Gargano attraverso la valorizzazione dei racconti di vita degli anziani, una risorsa intellettuale preziosa e creativa per rievocare i saperi e i "saper fare" del passato. L'indagine sul patrimonio culturale del territorio si è intrecciata ad un lavoro di ricerca sui vissuti personali della popolazione anziana e sulle storie di vita individuali e collettive, che ha reso possibile una ricostruzione dell'identità culturale e sociale del Gargano e dei suoi abitanti. E', in particolare, nella storia di vita di un soggetto anziano che emerge in modo evidente il legame con la cultura di appartenenza e con la storia collettiva, perchè i suoi racconti sono generalmente i frammenti di una storia sociale in cui centrali appaiono le relazioni e i legami interpersonali.
Gianni Rodari si ricorda, in modo particolare, per la sua capacità di contestare la cultura adoperando l’arma dell’ironia, che nasconde spesso i segni dell’inquietudine e della tensione utopica, e facendo ricorso all’umorismo dell’assurdo, da lui utilizzato per progettare un nuovo modello di società e per elaborare nuovi sistemi valoriali e simbolici in grado di promuovere emancipazione e inclusione sociale. A lui e alla volontà di impiegare l’ironia per affrontare con leggerezza la realtà e per accrescere il livello di fiducia nelle capacità individuali di risolvere i problemi è dedicato il presente saggio, che sottolinea la capacità rodariana di scrivere libri che sanno coniugare l'attenzione nei confronti dei bisogni infantili con la coscienza e l’impegno del militante politico. Non è un caso che i suoi scritti contengono frequentemente un atteggiamento di accusa nei confronti del mondo, accanto al tentativo utopico del porsi continuamente in ricerca per rincorrere i propri sogni e imparare a progettare, a partire da questi, nuove realtà possibili. Per questo motivo parlano innanzitutto ai bambini, che possono davvero diventare strumento di quella spinta educativa e utopica che secondo Rodari è necessaria per trasformare la realtà, poiché avvertita dal soggetto come realizzazione della propria capacità fruitiva e ludica, nella quale si riflette la libertà di poter scegliere e determinare in quale direzione svolgere il proprio progetto di vita.
Il saggio descrive dettagliatamente il contenuto dei laboratori di philosophy for children avviati con i bambini della scuola primaria coinvolta nel progetto e gli esiti dell'utilizzo della discussione filosofica per promuovere menti creative e per decostruire stereotipi e pregiudizi che impediscono di formare un pensiero antidogmatico.
Il contributo approfondisce i principi alla base del metodo Montessori e analizza le sue ricadute pedagogiche nella storia dell’educazione nazionale e internazionale. In modo particolare si ripercorre la storia dell’istituzione delle Case dei Bambini, che rappresentano ancora una proposta didattica ampiamente diffusa e condivisa in Italia e all’estero e che tuttora vengono annoverate tra i modelli di scuola più efficaci in ambito nazionale e internazionale.
Cosa vuol dire scrivere per l’infanzia? Diversi gli storici e gli illustri studiosi che hanno provato a cercare una risposta a questa domanda, giungendo a conclusioni più o meno simili, riassumibili nell’idea che la letteratura per l’infanzia possa offrire ai bambini più piccoli “qualcosa di speciale”, che i libri possano essere dei “contenitori” dai quali trarre preziose informazioni che i bambini, da soli, non sarebbero in grado di procurarsi e che sono loro indispensabili per diventare grandi. In questo senso chi scrive per l’infanzia ha una grande responsabilità: può decidere di utilizzare la scrittura per trasmettere modelli di comportamento, educando i bambini ad essere sempre “bravi” ed “obbedienti”, oppure può decidere di inventare storie per fornire loro chiavi di lettura indispensabili per comprendere meglio la realtà, per accedere alla conoscenza del mondo, per sperimentare, per interposta persona – attraverso le vicende dell’eroe o dell’eroina – le mille situazioni problematiche attraverso le quali, passo dopo passo, si realizzerà il loro percorso di crescita. Questo lo scopo della “buona” letteratura, in una metafora che ricorre spesso nei saggi che compongono il volume, che può rappresentare per i bambini e le bambine un “cassetto segreto” al quale attingere “cose preziose” per la vita e che è maggiormente in grado di indurre i bambini a porsi nei confronti delle storie in maniera critica e consapevole.
Il libro racconta, in una edizione rivista e illustrata per i bambini, la storia di Re Matteuccio I, secondo quanto narrato nella prima parte dell'omonima opera di Janusz Korczak, noto medico e pedagogista polacco vissuto nella prima metà del Novecento. L'adattamento dei contenuti, ovvero la revisione dell'opera per consentirne una lettura più fruibile da parte del pubblico infantile, è stata effettuata da Barbara De Serio, che ha curato anche la nuova suddivisione in capitoli.
Il contributo analizza le finalità del metodo Montessori e la sua capacità di avviare un ripensamento dell’antinomia “autorità-libertà”, da sempre alla base della riflessione pedagogica, in quanto capace di conferire centralità ad un principio fondamentale del processo educativo, contenuto nella radice stessa del verbo “educare”: la crescita di un soggetto presuppone la presenza di un maestro che si prenda cura del suo bisogno di autonomia, conferendogli una direzione e predisponendo un contesto formativo in grado di capitalizzare la sua libertà di scelta e di trasformare l’autorità del maestro, che spesso costituisce un ostacolo nel processo di autonomizzazione, in autorevolezza, che significa guida e sostegno emotivo.
Il ruolo di mediazione svolto dalla donna è centrale in tutte le opere di Pestalozzi, con particolare riferimento a quelle che valorizzano la finalità etico-sociale dell’educazione materna, ovvero la capacità della donna di promuovere comportamenti altruisti e solidali a partire dall’ambito familiare, che sulla figura femminile si regge. Alla figura della donna, e più in particolare della madre, è dedicato il presente contributo, che ripercorre le riflessioni di Pestalozzi sulla maternità, dallo stesso considerata un compito delicato e tutt’altro che naturale. Se la madre è in grado di sostenere il percorso evolutivo dell’infanzia non è perché il suo ruolo di guida è una dote innata, ma perché la donna è capace di amare con riflessività ed è questo “amore pensoso”, come lo definisce Pestalozzi, a maturare in lei una consapevolezza educativa, accanto ad un elevato livello di responsabilità, che deriva da una razionalità critica e riflessiva che riconosce al sentimento, e non solo alla ragione, la capacità di promuovere il bene.
L'articolo analizza il significato dell’amore pensoso attraverso una lettura storico-pedagogica di alcune opere di Pestalozzi. A partire dall’analisi dell’antinomia cuore-mente e delle continue ibridazioni tra la dimensione affettiva e la dimensione cognitiva dell’amore viene approfondito, in particolare, il concetto di maternità competente, con specifico riferimento alla capacità della madre di prendersi cura dei figli grazie ad una sensibilità intuitiva continuamente regolata dalla riflessività, ovvero da una “ragionevole limitazione” dell’emotività.
Il testo descrive il progetto formativo di «educazione dalla nascita» avviato da Maria Montessori e da lei stessa considerato un percorso di promozione del benessere psico-fisico e sociale del neonato e della madre. In modo particolare concentra l’attenzione sulla formazione dell’«assistente alla nascita», un nuovo profilo professionale progettato dalla Montessori e realizzato da Adele Costa Gnocchi
L'articolo descrive la valenza formativa dell’educazione cosmica di Maria Montessori a partire dall’analisi della sua visione ecologica del mondo, che implica e al tempo stesso consente un processo di liberazione delle capacità individuali nonché un’autonoma espansione delle potenzialità di crescita del soggetto e una conquista interiore di libertà. Concetti che hanno sempre caratterizzato il suo pensiero - medico e pedagogico - e che hanno guidato l’armonico passaggio dagli anni della sua militanza politica per la tutela dei diritti delle donne a quelli del suo impegno scientifico a favore del recupero dell’infanzia emarginata. Su questi due aspetti si concentra il presente lavoro, che vede nell’emancipazione della donna e nella rigenerazione sociale dell’infanzia avviate dalla Montessori il principale strumento per promuovere e realizzare un’educazione alla pace.
Il contributo analizza la centralità degli spazi e dei tempi nel metodo Montessori ai fini di un'educazione alla piena autonomia e allo sviluppo individuale del bambino e della bambina, a prescindere dall'età
Operando una lettura storico-pedagogica del modello della terza donna proposto da Lipovetsky è possibile rintracciare i presupposti del suo modello nel pensiero e nelle opere di alcuni pedagogisti che tra il XVIII e il XIX secolo, in concomitanza con la diffusione di una nuova immagine di femminilità, quasi sacralizzata nel suo ruolo di madre ed educatrice, hanno valorizzato la figura femminile e la sua funzione in ambito familiare e sociale. Particolarmente significativi, a tal proposito, i contributi di Johann Heinrich Pestalozzi e Maria Montessori, due intellettuali lontani tanto dal punto di vista storico, quanto dal punto di vista socio-culturale, che in questa sede vengono volutamente messi a confronto perché portatori di due modelli di femminilità che, posti in continuità, rinviano e in qualche modo precorrono il modello della terza donna proposto da Lipovetsky. La scelta è ancora più significativa ai fini di una ricostruzione storica del percorso di emancipazione femminile perché consente di confrontare due punti di vista differenti anche perché espressione di una specifica appartenenza di genere.
Il testo descrive il progetto formativo di “adesione alla vita” avviato da Maria Montessori nel tentativo di “umanizzare” la nascita e di proteggere la naturalità del parto. Su questi due aspetti si sofferma il presente lavoro, che vede nella cultura del materno e nella valorizzazione dell’evento nascita i principali strumenti per educare l’“uomo nuovo” e per avviare il progresso dell’umanità. In modo particolare il contributo concentra l’attenzione sul profilo professionale dell’“assistente alla nascita” realizzato da Adele Costa Gnocchi, allieva della Montessori.
Contrariamente ad una lunga tradizione della letteratura per l’infanzia, che si è diffusa soprattutto tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento e che aveva quale unico scopo quello di istruire i piccoli lettori ai valori e agli ideali della società del tempo, esercitando una grande funzione di controllo dei comportamenti in termini moralistici, la nuova editoria per l’infanzia si caratterizza per l’elevata capacità di formare un lettore “autentico” e autenticamente capace di interpretare il testo, di leggere i simbolismi, le analogie e le metafore che si nascondono tra le pieghe della narrazione per costruire, a partire da questi mondi fantastici, la propria identità, che prende forma dall’esercizio di un pensiero critico e plurale. Una letteratura che finalmente fa riferimento a bambini e ragazzi capaci di pensare autonomamente, in possesso di un’autonomia di giudizio che consente loro di dialogare anche con il mondo adulto e di confrontarsi con opinioni spesso non condivise, ma che proprio per questo motivo, e per il conflitto che ne deriva, diventano preziose occasioni di crescita. Tutta la letteratura per l’infanzia contemporanea si muove in questa direzione e la più recente produzione per bambini e ragazzi, vasta e significativa, sembra addirittura costituire il modello emblematico di una tendenza culturale nuova, capace di proporre temi più vicini al bisogno infantile di costruzione di un progetto esistenziale e innovative modalità di interpretazione e lettura del reale, maggiormente in grado di rappresentare le esperienze e i vissuti infantili, ovvero di tradurre in narrativa e racconto i pensieri che abitano quotidianamente la mente del bambino e che contribuiscono a costruire il suo substrato emotivo-affettivo e valoriale.
Il contributo, che ricostruisce il percorso di formazione montessoriana per le assistenti all’infanzia 0-3 anni, intende fare ordine, riorganizzandoli, tra gli attuali servizi educativi per la primissima età. Ciò significa ripensare ruoli, funzioni e competenze del personale educativo coinvolto in questi servizi, con particolare riferimento ai nidi nelle loro differenti tipologie; tale ricostruzione è finalizzata anche a progettare nuovi percorsi di qualificazione di queste figure professionali, che sappiano riunificare obiettivi, programmi e contenuti disciplinari dei numerosi corsi di formazione periodicamente organizzati nel settore della primissima infanzia, compresi quelli non propriamente finalizzati alla formazione di personale prescolastico, come nel caso dei servizi di accoglienza “educativa” del neonato, sempre più diffusi in ambito ospedaliero. In questo caso, in modo particolare, può essere utile riconoscere, recuperare e valorizzare i fondamenti storico-pedagogici del percorso di educazione dalla nascita progettato da Maria Montessori e concretamente realizzato da Adele Costa Gnocchi, sua allieva, a partire dagli anni Venti del Novecento.
Il volume approfondisce il tema dell’istruzione popolare, con particolare riferimento all’istruzione per adulti, in Capitanata e nel Subappennino Dauno. La ricostruzione degli avvenimenti, ovvero la descrizione dell’istituzione e dell’evoluzione delle scuole popolari per adulti nelle località daune, si concentra soprattutto sul secondo dopoguerra, periodo di massima espansione dei corsi di Scuola popolare nei territori considerati. La maggiore diffusione dell’istruzione popolare adulta in quel periodo storico è prova dello stato di arretratezza dei territori meridionali nel periodo postbellico e della perdurante condizione di povertà, anche culturale, degli adulti che li abitavano, certamente aggravata dagli eventi bellici. Il volume esamina la domanda di formazione in età adulta che proveniva da queste terre contestualmente all’analisi dell’elevata percentuale di analfabetismo tra individui non più in età scolare nella metà degli anni Quaranta del Novecento, confermando una condizione di deprivazione culturale abbastanza diffusa a livello nazionale. Per la ricostruzione dei fatti analizzati sono state utilizzate fonti inedite, accanto a quelle ufficiali, con specifico riferimento alle storie di vita degli anziani che hanno frequentato le scuole popolari dei territori dauni, raccolte attraverso interviste somministrate dalle autrici del volume, e ai racconti dei maestri contenuti nei registri e nelle carte scolastiche conservate in un Archivio Scolastico di Lucera. Tra i più estesi del Subappennino Dauno, il comune di Lucera ha costituito un raccordo tra le scuole popolari per adulti diffuse nei territori della Capitanata anche in ragione delle sue dimensioni geografiche.
Il contributo analizza la valenza pedagogica del bilancio di competenze orientato in un’ottica di genere, che ha il prioritario scopo di colmare una carenza progettuale rispetto alla propria identità professionale, oltre che personale, cui le donne non sono formate perché costrette per secoli ad accettare un futuro preordinato, a subordinare le proprie aspirazioni ai progetti altrui e a seguire destini professionali scelti da altri e considerati socialmente adeguati dall'opinione collettiva. Nei percorsi di orientamento con le donne appare centrale la riflessione sulla rappresentazione della propria femminilità, ampiamente analizzata nel contributo, ovvero sulle caratteristiche che le utenti attribuiscono al proprio genere, per verificare l’influenza dei condizionamenti culturali sulla percezione dell’autoefficacia e per comprendere come è avvenuto il processo di costruzione dell'identità femminile. Lo scopo è dunque quello di analizzare gli stereotipi e i pregiudizi sessisti che ancora svalorizzano il lavoro delle donne, condizionando fortemente le loro scelte e i loro comportamenti, e che rappresentano la causa principale di atteggiamenti di prevaricazione, subordinazione e omologazione del genere femminile al genere maschile nonché quello di presentare uno strumento di orientamento specificamente rivolto alle donne e finalizzato a valorizzare le caratteristiche del lavoro femminile, ovvero delle pratiche di cura sperimentate in ambito familiare.
Il contributo analizza due modelli di pedagogia attiva noti a livello internazionale, mettendo a confronto il pensiero pedagogico di Maria Montessori e quello di Janusz Korczak, con particolare riferimento alla rilevanza da loro conferita all'infanzia e al suo ruolo nell'ambito del processo di sviluppo dell'essere umano
La consapevolezza che l’ambito scolastico costituisce la sede privilegiata per la promozione di una cultura delle pari opportunità e che a scuola, da sempre luogo in cui si incontrano le differenze, possono trovare spazio percorsi formativi intenzionalmente finalizzati a problematizzare e a valorizzare la diversità - con particolare riferimento a quella di genere, per secoli volutamente trascurata e negata - ha indotto il Circolo Didattico Santa Chiara di Foggia a realizzare una ricerca biennale nell’ambito del Programma Operativo Nazionale 2007-2013 che ha coinvolto, in qualità di esperti esterni, alcuni docenti della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Foggia, con cui la scuola elementare collabora da anni. Il progetto che viene analizzato nel presente contributo e nell'intero volume, che si configura come l'esito di un'attività di ricerca scientifica, era specificamente finalizzato ad approfondire con i bambini della scuola primaria il tema dell’identità personale attraverso il racconto della propria biografia e attraverso l’ascolto delle altre storie di vita. Il presente lavoro, nello specifico, si sofferma sul tema della diversità e sulla capacità della narrazione autobiografica di offrirsi quale strumento pedagogico utile per riflettere sugli stereotipi che ancora impediscono di considerare le differenze una risorsa. Centrale è la riflessione sul genere, che rappresenta la più radicale delle differenze nonché la dimensione che meglio racchiude le specificità individuali.
Il contributo si sofferma sull'analisi della pratica narrativa utilizzata in chiave autobiografica, che in qualnto tale può diventare un utile strumento di riflessione in tutti i casi in cui appare necessario riflettere sul concetto di cambiamento come categoria costitutiva dell'essere umano. Nel caso specifico dei soggetti anziani, cui il contributo è dedicato, il metodo autobiografico consente di ripensare a tutti i cambiamenti che hanno caratterizzato la propria vita per analizzare più dettagliatamente le svolte esistenziali e fare quindi un bilancio tra le diverse esperienze che hanno contribuito a costruire l'identità di soggetto anziano.
Il contributo approfondisce l’analisi di quattro significative esperienze di studio e di ricerca sull’età anziana avviate rispettivamente nel 2006 e nel triennio 2007-2010 dal gruppo di ricercatori attualmente afferenti alla sezione di Scienze della Formazione del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia.
Il riconoscimento dei diritti della prima età ha raggiunto il suo apice in Italia verso la fine del Novecento, quando una serie di interventi legislativi, supportata da nuove ricerche psico-pedagogiche sul processo di crescita infantile, sembra aver definitivamente concluso un lungo percorso storico e sociale di scoperta dell’infanzia e valorizzazione dell’inviolabilità dei suoi bisogni . Il punto di svolta nella graduale promozione dei diritti dell’infanzia può essere collocato verso la fine dell’Ottocento, in un clima di rinnovamento culturale che, anche grazie alla diffusione del sapere pedagogico e dei nuovi studi sull’educazione, che in quegli anni si stavano impegnando nella costruzione di un progetto di “educazione attiva”, ha progressivamente condotto ad una ridefinizione dell’infanzia a partire dalla sua irriducibilità al mondo adulto, in quanto età caratterizzata da specifici bisogni formativi in relazione alle specifiche fasi dello sviluppo infantile. L’apice di questo modello meta-montessoriano all’estero sembra essere stato raggiunto da Janusz Korczak, medico e pedagogista polacco.
Tra il XVIII e il XX secolo, in concomitanza con il significativo aumento di autrici che, dalla fine del Settecento, cominciarono a dedicarsi alla scrittura di libri per bambini e ragazzi, la letteratura per l'infanzia ha assunto un'inedita e specifica identità e valenza educativa. Si deve a tale prevelente presenza delle donne in questo settore della narrativa l'accentuato carattere formativo che con il tempo ha indotto a fare dei libri per l'infanzia lo strumento privilegiato per discutere e affrontare questioni di rilievo pedagogico, in stretta connessione ai processi di crescita infantile. Il lavoro recupera queste e altre storie connesse al lavoro di cura delle donne, tra cui le questioni di genere, che evidenziano la capacità femminile di fare della formazione uno strumento di emancipazione sociale e culturale. Il volume presenta contributi di autori stranieri, in lingua straniera
Il contributo ripercorre le fasi principali della riflessione medievale sulla questione femminile e analizza il contenuto delle prime dispute di genere per la tutela dei diritti delle donne attraverso una lettura storico-pedagogica de La Città delle Dame, un romanzo di Christine de Pizan, scrittrice francese di origini italiane. A partire dalla lettura della sua reazione polemica nei confronti di una tradizione misogina, della quale si fecero portavoce gli scrittori medievali di sesso maschile, ovvero dall’analisi di un più costruttivo e più equilibrato rapporto tra i generi, quale è quello presentato nel romanzo, nel presente contributo viene approfondito il nuovo modello di donna proposto da Christine de Pizan, che per prima ha ipotizzato la formazione di un’alleanza di genere e di una comunità femminile capaci di liberare il potenziale creativo delle donne e di porre il loro sapere al servizio del progresso della società e della sua trasformazione culturale
Il modello pedagogico proposto da Gianni Rodari insegna a non subire i condizionamenti culturali ma ad essere protagonisti della propria vita attraverso la libertà di espressione e l’uso libero della parola: “scrivo per i bambini - diceva spesso - perché spero di riuscire a far ridere qualcuno e anche di aiutarlo a capire il mondo” . Il riferimento al carattere utopico ed emancipativo dei suoi scritti è un tema centrale del presente saggio, che ripercorre il pensiero di Rodari attraverso l'analisi di alcune delle sue opere più note, che non sono solo un espediente letterario per ridare voce a tutti e per consentire a ciascuno la possibilità di esprimere la propria opinione, ma sono anche l’espressione più evidente di un modello di uomo che non si accontenta di una vita già pianificata, ma che intende costruirla autonomamente, vivendola e scoprendone il senso giorno dopo giorno, per fuggire al rischio di un’esistenza omologata e identica per tutti.
Il contributo ripercorre la storia della diffusione del metodo Montessori a Foggia e dell'istituzione delle prime Case dei Bambini, con particolare attenzione alla formazione delle maestre
Accogliendo l’ipotesi di una letteratura per l’infanzia come strumento di “orientamento al futuro”, il volume raccoglie riflessioni e spunti interessanti su temi e problemi rilevanti nell’ambito dell’editoria per bambini e ragazzi e approfondisce, in modo particolare, il rapporto tra letteratura e formazione, a partire dall’analisi della valenza pedagogica della lettura e della sua influenza sull’evoluzione del processo di apprendimento e di crescita. I libri possono essere “contenitori” dai quali trarre informazioni che i bambini, da soli, non sarebbero in grado di procurarsi e che sono loro indispensabili per diventare grandi: le storie sono chiavi di lettura indispensabili per comprendere meglio la realtà e per accedere alla conoscenza del mondo. Centrale, dunque, il valore formativo della narrazione.
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