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Sebastiano Valerio
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università degli Studi di Foggia
Dipartimento
Dipartimento di Studi Umanistici. Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-FIL-LET/10 - Letteratura Italiana
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH5 Cultures and Cultural Production: Literature, philology, cultural studies, anthropology, study of the arts, philosophy
Settore ERC 3° livello
SH5_2 Theory and history of literature, comparative literature
Nell’Idea della storia dell’Italia letterata (1723) Giacinto Gimma cercò di dimostrare che l’Italia, non la Provenza o la Spagna, era «madre delle poesie», ristabilendo per un verso una continuità tra letterature classiche e poesia delle origini, e per l’altro annettendo anche alla Scuola poetica siciliana e più in generale alla poesia delle origini un valore “nazionale”, che le rendesse ben di più che un semplice riflesso di elaborazioni di modelli sorti fuori d’Italia. Il saggio, sul filo della riflessione di Gimma, ripercorre la questione sulla nascita della lirica in Italia, a partire dalle elaborazioni cinquecentesche di Bembo, fino alla letteratura di Tiraboschi, che ha rappresentato un modello importante per i successivi studi.
Il saggio studia la rappresentazione letteraria della figura di Bona Sforza, duchessa di Bari e regina di Polonia, a partire dall'epistola che il letterato salentino Antonio Galateo le dedicò, proponendole un vero e proprio programma formativo, adatto ad una fanciulla che avrebbe dovuto, come poi fu, ricoprire un ruolo di guida nella società del XVI secolo.
Il volume propone, annotata, una traduzione del dialogo Eremita di Antonio Galateo, preceduta da un'ampia e bibliograficamente aggiornata introduzione critica. Il volume, che riprende l'edizione del 2004, è stato realizzato in occasione del V centenario della nascita di Galateo, nell'ambito di un progetto complessivo della pubblicazione delle sue opere.
Il saggio ricostruisce la posizione di Arturo Graf nel dibattito che a fine Ottocento si sviluppò attorno al canone degli studi scolastici, in cui Graf prese posizione contro lo studio del greco e del latino, privilegiando un'apertura europea e comparatistica della scuola.
Il contributo prende in esame le orazioni di Cassandra Fedele e del Cieco d'Adria (Luigi Groto) pronunciate in lodo di Bona Sforza nel 1556, quando la Regina di Polonia fece rientro in Italia.
Il contributo analizza la consistenza della Biblioteca di Giovanni Bernardino Bonifacio, marchese di Oria. Questa biblioteca fu donata alla città di Danzica dal Bonifacio nel 1591, al termine di una vita passata spostandosi di città in città, per tutta l'Europa. Il saggio, attraverso la lettura dei marginali e dei commenti, lasciati dal possessore sui suoi libri, ricostruisce gli interessi culturali del Bonifacio.
Il contributo prende in esame le fonti e i modelli del dialogo latino, ambientato alle porte del paradiso, "Eremita" dell'accademico pontaniano Antonio Galateo e ne segue quindi la fortuna nel corso del Cinquecento, quando l'Eremita stesso diviene modello per opere quali il dialogo "Simia" di Andrea Guarna, Il dialogo I dei "Dialoghi piacevoli" di Nicolò Franco e forse anche per lo Iulius exclusus di Erasmo.
Il saggio studia la presenza di Egidio da Viterbo nell'opera di Giano Anisio, mettendo in evidenza l'apporto che il predicatore agostiniano dette alla cultura letteraria napoletana.
L’articolo è una lettura di Inferno XXIII, canto in cui Dante incontra gli ipocriti, nell’VIII cerchio. Alla luce delle ricerche più recenti, ho cercato di dimostrare come questo canto, dove Dante e Virgilio trovano i frati gaudenti Catalano e Loderingo, tocchi non solo questioni etico-religiose, ma anche poetiche, con un riferimento alla figura di Guittone. Attraverso l’analisi di luoghi paralleli e richiami interni, si può comprendere come Dante consideri l’ipocrisia come una caratteristica degli ecclesiastici, qui proposti in opposizione alla chiesa trionfante rappresentata in Paradiso, ma questo aspetto della rappresentazione della verità si lega anche alla definizione della missione poetica a lui affidata.
Composta dopo la caduta degli Aragonesi, forse nei primi anni '10 del '500, la satira "De Principe" di Anisio cerca di proporre un modello di regnante che diventi ordinatore di una realtà caotica, dotato di virtù tipicamente umanistiche e divenendo esempio per l'intero popolo. All'altezza della composizione di questa satira, tuttavia, la riproposizione del modello del principe umanistico deve scontrarsi con una realtà che viene qui in termini assai negativi e che nei fatti si pone in stridente contrasto con gli ideali propugnati dall'Anisio
Il saggio ripercorre la tradizione manoscritta del dialogo "Eremita" di Antonio Galateo nei secc. XVI-XIX
Nel decisivo passaggio tra XV e XVI la crisi della dinastia aragonese provoca una ridefinizione del ruolo e dell'atteggiamento degli intellettuali meridionali al cospetto del concetto stesso di "rinascimento", suggerendo un parallelismo tra la caduta del mondo antico, a seguito delle invasioni barbariche, e la fine dell'equlibrio quattrocentesco, indotto dalla calata in Italia di Carlo VIII. Il saggio propone una rassegna di testi di area meridionale risalenti a questo periodo, in cui emerge questo particolare aspetto, ma anche la vitalità di una cultura che mostra tutta la sua capacità di analisi.
Questo contributo indaga la presenza di Plinio nella scuola di L.G. Scoppa, che fu attiva a Napoli nella prima metà del secolo XVI. Plinio diventa fonte preziosa per lo Scoppa lessicografo, ma più in generale all'interno del suo sistema di insegnamento la lezione della Naturalis Historia ha un ruolo di primo piano, che porta lo Scoppa a confrontarsi con la lunga tradizione esegetica pliniana.
Il contributo traccia un panorama della cultura umanistica in Capitanata a cavallo tra i secoli XV e XVI, attraverso una rassegna dei principali protagonisti di quella stagione culturale e degli studi ad essi dedicati.
Viene ripubblicata, dopo l'editio princeps, la Canzone de Italia del Filocalo, composta intorno alla metà degli anni '30 del Cinquecento. Si tratta di un testo di particolare interesse perché, in un periodo caratterizzato dalle "guerre d'Italia", l'umanista pugliese cerca di far rivivere il mito del Rinascimento come modello di convivenza civile.
Il saggio intende ripercorrere alcune questioni critiche relative al rapporto tra Dante e Boccaccio, a partire dalla definizione, che la critica dette già tempo fa, del Decameron come "commedia umana".
Il contributo indaga la storia e la consistenza della Biblioteca del Marchese di Oria, Giovanni Bernardino Bonifacio, che nel 1557 abbandonò la sua terra, spinto anche da motivi religiosi (avendo aderito alla Riforma), e intraprese un lungo viaggio che lo condusse in molte città europee, a cominciare da Venezie e per finire a Danzica. Fu sempre accompagnato dalla sua biblioteca, che si arricchì durante questi viaggi e che oggi è conservata a Danzica. Tra i testi che lo accompagnarono, le opere di Boccaccio e di numerosi novellatori italiani. Leggendo le numerose note poste a margine di questi volumi, è possibile ricostruire uno personale percorso di lettura e comprendere con che spirito venne letta la novellistica in ambito riformato,
Il saggio ricostruisce le rappresentazioni dell'aldilà tra fine Quattrocento e primo Cinquecento nelle opere di Giano Anisio, Antonio Galateo, Erasmo, Andrea Guarna e Nicolò Franco. La rappresentazione di un paradiso da cui si è esclusi e che si cerca di conquistare è metafora del mondo presente, spesso con implicazioni di ordine etico e religioso, avendo di mira in primo luogo la chiesa e il papato.
Il saggio ripercorre le polemiche sull'insegnamento classico apparse a fine '800 sulla rivista "La Rassegna scolastica". Tra i contributi più significativi si segnalano proprio quelli di Giovanni Pascoli, che si erge non tanto a difensore dei classici, ma in generale della cultura letteraria, con significative aperture alla modernità.
Nel delicato passaggio che l’Italia visse subito dopo il raggiungimento dell’unità politica, fu chiaro come il sistema scolastico dovesse avere un ruolo centrale nel fondare in maniera solida le basi del nuovo stato unitario. Gli ideali del Risorgimento, che si erano nutriti di apporti culturali diversi, si scontravano con una realtà storica in cui a fatica riuscivano a diventare prassi politica, mentre, nel panorama europeo, nuove tendenze filosofiche si facevano strada, a cominciare dal Positivismo. La situazione italiana mostra una sua specificità e dei caratteri peculiari dovuta all'incontro-scontro, e talvolta alla contaminazione, con un hegelismo persistente e un classicismo che trovava in Carducci, e nel suo modello scolastico, il suo massimo esponente. Il volume cerca di “raccontare” una parte di questa storia, a partire da alcune polemiche sorte proprio intorno al mondo culturale del positivismo italiano e talvolta dentro di esso, coinvolgendo importanti studiosi, teorici e letterati, ma anche personaggi minori; un dibattito che ha per palcoscenico anzitutto le riviste, il cui ruolo emerge chiaramente dalla ricostruzione delle vicende, e che spesso prosegue nelle scritture private, in primis negli epistolari. Il risultato è un percorso di ricerca che parte dalle discussioni, animate da Trezza, sul concetto stesso di evoluzione, applicato con più o meno rigore ai fatti culturali e dunque anche alla storia della letteratura italiana, prosegue seguendo le polemiche (ancora attuali) sull’opportunità di rendere centrali o meno nella scuola italiana le discipline classiche (e qui emerge il peso di intellettuali del calibro di Graf e Pascoli) e si conclude con una breve riflessione su come Dante venga letto a fine Ottocento, anche alla luce del sorgere della “nuova filologia”.
Il contributo analizza dal punto di vista letterario le testimonianze sul "bellum Hydruntinum" del 1480 e analizza le modalità della descrizione dell'evento bellico e della strage avvenuta ad opera dei Turchi, cercando di far emergere la dimensione topica di quelle "rappresentazioni", che, col passare degli anni e specie nel corso del XVI secolo, accentuano la dimensione martirologica dell'evento.
Il saggio ripercorre il riuso dell'episodio dantesco di Ulisse nelle letterature del Mediterraneo fino al suo riuso nella cultura popolare.
Il contributo indaga il riuso del modello di Petrarca, e in modo specifico della sua lirica di stampo politico, nel contesto della Napoli a cavallo tra Quattro e Cinquecento, in cui il petrarchismo diventa un linguaggio comune, che esprime anche le ansie e le inquietudini di un passaggio storico complesso e drammatico
Il contributo analizza gli interventi che Pascoli propose nella polemica che si aprì, a fine Ottocento, sulla permanenza degli studi classici nella scuola italiana. Alla luce degli articoli pubblicati e della coeva produzione poetica, il saggio cerca di mettere in luce il senso che per Giovanni Pascoli ebbero i classici, e in modo specifico le lingue classiche, nella costruzione del suo personale percorso di critico e poeta.
Nell'ambito di una riflessione su lessico ed etica nel primo Cinquecento, si prende in esame la fortuna del lemma "ipocrisia", tanto nella tradizione latina che in quella volgare. Muovendosi da Dante e spingendosi fino a Torquato Accetto, attraverso l'analisi dell'opera di autori come Boccaccio, Bracciolini, Alberti, Pontano, Galateo, Machiavelli e Guicciardini, è possibile seguire l'evoluzione del concetto stesso di ipocrisia. Se nella tradizione e nella riflessione dei moralisti del primo Cinquecento tale concetto connota in senso negativo l'azione di chi ha responsabilità di governo, negli anni a seguire, senza più l'uso esplicito dei termine "ipocrisia" (a cui si preferiscono termini come simulazione e dissimulazione), trova una piena dignità civile.
Il saggio analizza fonti e modelli dell'Operetta Volgare, composta da Filippo Pellengera, in occasione delle nozze di Bona Sforza
Il saggio analizza la raccolta poetica in lingua latina Violae Inferiae del marchese di Oria, Giovanni Bernardino Bonifacio. Le elegie che compongono la raccolta sono dedicata alla cagnetta Viola, nell'occasione della morte. Affidate al cod. 2437 della Akademia Nauk Biblioteka di Danzica, le liriche del Bonifacio risalgono ad un periodo compreso tra il 1564 e il 1565 e offrono l'occasione al poeta per un'amara riflessione sul proprio destino.
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