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Ferdinando Spina
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Storia Società e Studi sull'Uomo
Area Scientifica
Area 14 - Scienze politiche e sociali
Settore Scientifico Disciplinare
SPS/12 - Sociologia Giuridica, della Devianza e Mutamento Sociale
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Nell’opera di Norbert Elias, oggi unanimemente considerato un classico della sociologia, le opere letterarie occupano un posto rilevante ai fini della definizione dei concetti e dello sviluppo della teoria. La nota indaga il rapporto tra la sociologia di Elias e la letteratura, proponendosi di dare conto della ricchezza degli esempi forniti dal sociologo tedesco. Ciò nella convinzione che l’approccio eliasiano possa apportare nuovi spunti alla discussione teorica e metodologica sui rapporti tra sociologia e letteratura.
La storia del pensiero giuridico occidentale conosce frequenti richiami alla crisi e addirittura al declino del diritto. La metafora della rovina può collocarsi semanticamente affianco a quella del declino, offrendo una dimensione estetica e una rappresentazione simbolica più penetrante. È il significato, al tempo stesso affascinante e ambiguo, del concetto di rovina che si è utilizzato per riflettere, in termini di interpretazioni storiche, culturali e simboliche, sul destino del diritto nella società. Ciò attraverso quei monumenti architettonici dedicati al diritto e alla giustizia, i cui sistemi di valori, e le cui relazioni di potere, non sono chiaramente espressi solo nei codici e nelle sentenze, ma sono anche simbolicamente affermati negli edifici, negli stili, nelle decorazioni, dei luoghi della Legge, così visibili e centrali nell’organizzazione sociale della città.
Il saggio riflette sul concetto di figurazione letteraria nell'ambito degli studi "Diritto e Letteratura". Partendo dalla ricostruzione del concetto di figurazione nella teoria di Norbert Elias, si affrontano le potenzialità e i limiti dell'approccio figurazionale applicato alla letteratura, come proposto da M. Strazzeri. Infine, si espone la figurazione letteraria dei processi di degenerazione dell’amministrazione della giustizia nello Stato di diritto costituzionale, attraverso l’opera di Leonardo Sciascia.
Il saggio riflette con N. Bobbio e R. Dahl sulle promesse non mantenute della democrazia, in particolare il problema della tecnocrazia e del potere invisibile. Nella società contemporanea, alcuni fenomeni sociali sembrano andare nella direzione del superamento delle condizioni strutturali dei sistemi politici che favoriscono “il governo dei guardiani”. Tra questi fenomeni, il saggio si sofferma sulla de-monopolizzazione del sapere interpretata alla luce del concetto di società del rischio, e sulle forme della contro-democrazia, intesa come un potere sociale parallelo alla democrazia ufficiale. Il problema che oggi si pone, tuttavia, è come riempire il vuoto di democrazia e legittimità delle democrazie tecnocratiche.
L’obiettivo del libro è di riflettere sulle relazioni tra le forme della comunicazione e le forme del diritto, e, quindi, tra le tecnologie dei media e le culture giuridiche. Si tratta di una dimensione profonda del rapporto tra società e diritto, la cui indagine richiede concetti e metodi specifici da far confluire in un campo che si può definire “mediologia giuridica”. Tale indagine sembra oggi opportuna in relazione alla distanza sempre più ampia che separa una cultura giuridica interna ancora basata sulla scrittura e sulla stampa («law on the books») e una cultura giuridica esterna al contrario sempre più strutturata dai media visuali e digitali. Nella prima parte, si presentano alcuni concetti chiave delle teorie mediologiche e delle differenti tecnologie fondamentali della comunicazione (oralità, scrittura, stampa), poi quelle teorie e ricerche che hanno analizzato nello specifico il rapporto tra media e diritto, e in particolare il contributo di Luhmann. Nella seconda parte, si descrive il passaggio dal diritto muto al diritto parlato al diritto scritto. Nell’ultima parte, a partire dal concetto di «giustizia del cadì» di Weber, si riflette sulla de-formalizzazione del diritto sospinta dai nuovi media.
La riflessione sui beni comuni ha assunto una fondamentale rilevanza nel contemporaneo dibattito teorico e politico, suscitando una molteplicità di posizioni e prospettive e, conseguentemente, una letteratura sconfinata. Ma non solo: essa si è tradotta, e al tempo stesso alimentata, in esperienze e pratiche concrete, rintracciabili su di una scala globale, o nazionale o locale, certamente anche molto diverse tra loro ma accomunabili dalla resistenza o dall'opposizione ai cambiamenti politici, economici e culturali degli ultimi tre decenni verso l'egemonia del neoliberismo, l'avvento della post-democrazia, l'eclissi dello Stato e la crisi ecologica. Nel saggio si affronta la specifica articolazione, anche da un punto di vista normativo, che il dibattito sui beni comuni ha assunto in Italia. Inoltre, si riflette sulle pratiche sociali e di governo che esso ha ispirato, in particolar modo la gestione pubblica partecipata di un bene comune fondamentale come l'acqua.
Il contributo considera il patrimonio culturale dal punto di vista dell'economia fondamentale, cioè come insieme di beni e servizi essenziali per il benessere collettivo. Dopo un breve riferimento ai principi costituzionali e al significato storico-sociale del patrimonio culturale, il saggio descrive l'evoluzione delle normative nazionali ed europee sui beni culturali, per poi analizzare alcuni dei meccanismi dell'attuale gestione mista pubblico-privata di tali beni. Infine, il lavoro intende mettere in questione l'idea che il patrimonio culturale debba essere valorizzato prioritariamente attraverso un'ulteriore spinta verso il mercato e la competizione tra attori pubblici e privati.
Il saggio propone un’analisi dei discorsi costruiti dalla stampa locale sul problema della sicurezza urbana, in particolare attraverso l’individuazione della domanda di sicurezza che proviene direttamente dal corpo sociale. Dai risultati emerge che la lotta alla criminalità è l’azione paradigmatica del governo locale: il problema della sicurezza diventa "il problema sociale" per il contesto di riferimento, per i suoi rappresentanti politici e istituzionali, e quello attraverso cui si misurano consenso e successo degli stessi.
Intervista al Professor Alessandro Cavalli, da anni impegnato per il consolidamento della sociologia in Italia, sul ruolo della sociologia nella società contemporanea, sui classici del pensiero sociologico, sull'importanza della comparazione storica, sulla storia della sociologia italiana, sui temi di ricerca attuali, infine sul mestiere del sociologo oggi in Italia.
Il saggio analizza la prospettiva della decrescita dal punto di vista dell’economia fondamentale. Il paradigma della decrescita afferma l’insostenibilità delle attuali forme di produzione e di valorizzazione del capitale, ma mette in relazione questa situazione principalmente alla disconnessione dell’economia dal suo sostrato ecologico e antropologico. Nel lavoro si analizza criticamente il «programma politico» della decrescita, nel quale non è ben definito quale spazio rimanga per lo Stato, i partiti, la democrazia rappresentativa, il welfare, mentre, al contrario, molte responsabilità e speranze si riversano sulla società civile. Tuttavia, se è vero che la decrescita rimane un movimento di critica più che di proposta di alternative fattibili, è altrettanto vero che essa pone molte domande pertinenti sui nostri stili di vita, sulla struttura economica e sulla sua sostenibilità ambientale e sociale.
Raccolta di scritti in onore del Professor Marcello Strazzeri.
La ricerca ricostruisce la rappresentazione dell’Università di Lecce sulle pagine dei quotidiani locali, proponendo un esame delle definizioni sociali rintracciabili nella comunità salentina rispetto alla sua università. La ricerca giunge a conclusioni che ripropongono, da un lato, alcune costanti generali del rapporto town and gown: la conflittualità degli studenti, la chiusura autoreferenziale dell’università, il sospetto della città, il gioco di compromessi e attriti; dall’altro, esse confermano alcune specifiche caratteristiche storiche della relazione Università di Lecce – Città di Lecce, in particolare il ruolo di distinzione e riscatto che l’università ha assunto.
Il saggio si interroga sul rapporto tra diritto e tecnologie della comunicazione, analizzando in particolare il contributo di quest’ultime alle trasformazioni della cultura giuridica. Il saggio, nella prima parte, presenta una serie di spunti teorici che hanno affrontato questo tema, in realtà spesso sottovalutato, mentre, nella seconda parte, illustra le reciproche evoluzioni tra forme dei media e forme del diritto, insistendo, infine, sull’impossibilità di rilegare la complessità dei fenomeni giuridici ad una forma predominante di medialità.
Di fronte allo spaesamento prodotto dal terrorismo è necessario ripensare a come costruire il rapporto tra le diverse comunità che inevitabilmente sono destinate a convivere e cooperare, nei luoghi delle comunità e degli stati-nazione così come nei flussi della globalizzazione. La vera sfida è, dunque, quella delle migrazioni. Proprio grazie alla “funzione specchio” dell'immigrazione possiamo comprendere l'essenza dell'Unione Europea. Il paradigma del dono, nella sua veste di teoria scientifica e di prospettiva etica e politica, può rappresentare uno dei percorsi più fecondi affinché l'Europa possa ripensare sé stessa al di là della schizofrenia delle sue istituzioni ed evitare che al suo interno divampino conflitti multietnici e si preparino scontri di civiltà. Inoltre, pensare il dono (dell'accoglienza, della cittadinanza, del lavoro, dei diritti civili e politici, ecc.) può contribuire al superamento di quelle aporie nella comprensione e nella gestione politico-giuridica del fenomeno migratorio che derivano dall'applicazione di schemi teorici oggi non più in grado di affrontare la posta in gioco.
Un radicato luogo comune pone la figura dell'avvocato in una posizione di contiguità rispetto “al potere” nelle sue varie declinazioni, ma nel presente ogni certezza a questo proposito appare claudicante. Nella prima parte de saggio, si propone una ricostruzione sintetica degli studi sociologici sul rapporto fra avvocati e potere. La questione è stata affrontata, nel corso del tempo, seguendo prevalentemente tre aspetti: il potere intrinseco alla professione; il rapporto fra avvocati e politica; il rapporto fra avvocati e potere economico-industriale. Nella seconda parte, si espongono i risultati di una ricerca condotta nel campo forense leccese, sulla base di un approccio reputazionale.
La rilevanza dei media per le forme non convenzionali di azione politica è indubitabile. Il saggio si concentra sulla costruzione giornalistica degli eventi di protesta, al fine di evidenziare i legami strutturali tra la logica dei media e la logica della protesta sociale. In tal modo, si affronta, in termini più attuali e sottili, il problema del controllo sociale, riflettendo sulla criminalizzazione dei movimenti sociali e sul fallimento delle ideologie della comunicazione.
Negli ultimi decenni e a livello globale, la giurisdizione ha progressivamente acquisito un potere di orientamento e condizionamento sempre maggiore sulle decisioni politiche. Persino nell'Europa continentale, la magistratura svolge oggi un ruolo non più subordinato ma anzi paritario, se non addirittura preminente, rispetto al parlamento e al governo. Il saggio descrive le principali trasformazioni storiche che hanno portato all’attuale configurazione dei rapporti tra i poteri dello stato, soffermandosi soprattutto su come esse abbiano inciso sul tradizionale modello di organizzazione burocratica della magistratura tipico dei sistemi di civil law. Inoltre, si riflette sulla cultura giuridica dei magistrati italiani nel periodo repubblicano, sottolineando gli aspetti critici dell’oscillazione, culturale e professionale, del corpo dei giudici tra i due poli dello Stato e della Società.
Il saggio indaga come la televisione generalista, nazionale e locale, costruisce il "mondo contadino", attraverso l’analisi etnografica del contenuto (describing and tracking discourses) di servizi televisivi relativi ad un contesto geografico-culturale ritenuto rappresentativo, la Valle d’Itria (Puglia). Il presupposto dell’analisi è che, come ha mostrato B. Anderson, le comunità vanno studiate non rispetto alla loro falsità/genuinità, ma nello stile in cui esse sono immaginate. Ciò è ancora più vero all’interno della dialettica globale-locale e del suo immaginario mediale, in quanto gli appartenenti a una data comunità territoriale pensano se stessi e il loro passato in relazione ad una rappresentazione allogena. I discorsi sono stati confrontati all’interno di quattro macro-categorie di analisi: la campagna (il contadino, la famiglia contadina, la comunità, il luogo, l’architettura, la tradizione), l’agricoltura (le tecniche, il sapere artigianale, i mezzi, il mercato, la crisi), la natura (la natura, il paesaggio, i problemi ambientali), l’altro (la città, il turista, la globalizzazione). Il saggio giunge ad alcune conclusioni: si perpetua lo stereotipo comunitario, tipico della televisione italiana; si ribadisce il tratto classico attribuito dalla sociologia al mondo contadino, cioè la subalternità, innanzitutto culturale; si individua un processo di de-territorializzazione, in quanto la specificità del luogo non ha rilevanza per la rappresentazione televisiva.
L'articolo affronta il tema del trattamento giuridico dei conflitti di localizzazione, più comunemente definiti come Nimby. Nella prima parte, si descrivono le caratteristiche del fenomeno, mettendone in evidenza la complessità e la rilevanza sociale. Successivamente, si critica la teoria Nimby per la sua inconsistenza sociologica e la sua strumentalità politica. Tuttavia, tale teoria pervade la logica dei meccanismi regolativi nella pianificazione delle infrastrutture, con pesanti conseguenze sociali, come esaminato nella terza parte. Alle conclusioni sono affidate alcune considerazioni critiche sul ruolo che il diritto gioca in questi conflitti.
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