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Daniele Maria Pegorari
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI (DISUM)
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-FIL-LET/11 - Letteratura Italiana Contemporanea
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Conceived and set in the midst of the eighties, Mario Luzi’s third play sheds light on the rift that writhes in the Florentine author’s writing : just as his collections of poems become metaphysical and sublime again, his plays and public speeches get even more entangled with the civilian motions that had overwhelmingly burst out in the Sixties. The double need for a literature that, though independent, is committed to real life (which also reflects the distinction between the laws of art and the author’s contingency) is at the heart of this ‘unexploded tragedy’and its ineffable leading character.
Il discobolo è un delicato memoir con il respiro di una traccia sociologica e di microstoria su importanti vicende collettive della seconda metà del Novecento. E' "l'epopea" di un intellettuale del sud la cui vita in provincia si intreccia con quella nella capitale d'Italia fin dagli anni giovanili. Il protagonista gode tutto sommato dell'occhio della fortuna, partecipando con apprezzabile generosità e coraggio, ma soprattutto molto discernimento, a tutti i difficili tornanti che la storia gli chiede di superare. Al momento del suo declino può quindi vantare un soddisfacente bilancio, per quanto complicato, da presentare a chi gli sopravvive.
Una vita in versi" è l'omaggio del mondo intellettuale ad Anna Santoliquido, un'autrice che ha segnato il Mezzogiorno con la creatività, gli incontri e le collaborazioni nazionali e internazionali. La varietà degli interventi e le sfumature artistiche avvalorano un lavoro d'anima e di ricerca della Bellezza, che sfolgora da ogni testo del libro. Ne emerge un arazzo intessuto di terra e mare nel quale la sacralità dell'antico si coniuga con la dimensione del sogno e la preziosità del reale. Un itinerario umano e letterario, che può essere da sprone nell'attuale società tecno-globalizzata.
Questa riflessione approfondisce la relazione sul «mercato delle Lettere», pronunciata all'Università di Bari il 24 aprile 2012 durante il convegno "Biblìon. Un bene comune del XXI secolo", patrocinato dalla Commissione Nazionale Unesco e dal MIUR, in occasione della ‘Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore’: la tesi del sociologo della letteratura è che la recessione si collochi in un quadro più ampio di dissoluzione della civiltà moderna e che a farne le spese sia non solo l’industria culturale, ma la stessa creazione letteraria.
Anticipato da uscite parziali sulle riviste «Dante», «L’Alighieri», «Studi medievali e moderni», «incroci», «Anterem», «Il parlar franco» e «Proa Italia», questo volume individua nella Commedia il codice di un sistema semiotico nutrito di citazioni che si struttura su tre livelli: il primo è quello delle fonti attraverso le quali Dante si accredita quella autorevolezza che gli era necessaria per superare i limiti della ragione filosofica; il secondo livello è quello delle relazioni intratestuali che s’instaurano fra le singole parti della Commedia, che si costituisce come immenso palinsesto di un pensiero in fieri. A questi due livelli sono dedicati i primi tre saggi ruotanti intorno all’interpretazione della più misteriosa crux dell’Inferno (il muto lancio di «una corda» nel baratro dell’ottavo cerchio) come chiave per svelare la ‘madre’ di tutte le allegorie, quella delle tre fiere apparse nel proemio. Il terzo livello è quello intertestuale che vede nel Poema il codice ‘genetico’ della lette-ratura italiana, europea e americana, con riferimento a quel fenomeno che abbiamo preso a chiamare ‘dan-tismo’, per il quale numerosi lirici, narratori e persino pensatori non hanno saputo sottrarsi al magistero di Dante per ‘dire’ la sensazione di sgomento prodotto dal turbinoso succedersi degli eventi storici. Alla di-mostrazione di quest’ipotesi convergono i sei corposi saggi su Marx, Gramsci, Gozzano, Montale, Pasoli-ni, Luzi e Loi, che consentono di dimostrare come i singoli prestiti siano indispensabili per il commento delle rispettive filosofie e poetiche. Sorprendente il corpus di quasi sessanta romanzi pubblicati dal 2000 al 2012, analizzato nel lungo saggio finale: da un lato si apprezzano opere che ambiscono a reinterpretare in chiave contemporanea quel consapevole attraversamento della Storia ch’era stato proprio di Dante, dall’altro si assiste al riuso divertito della più prestigiosa rovina culturale dell’Occidente come materiale di recupero per edificare le nuove basiliche del consumo e dell’indifferenza.
Questo libro vuol dimostrare che l’ultima recessione non riguarda ‘solo’ un quadro economico, ma, trascinando l’industria culturale italiana dentro la crisi del capitalismo, non solo ne condiziona i temi narrativi e poetici (indagati nel primo capitolo), ma innesca un circolo vizioso di degrado editoriale, documentato nel secondo capitolo: qui, attraverso un ragionamento di stretto impianto sociologico, si mette in questione il sistema della comunicazione, capace di dar luogo a un livello di post-realtà, in cui gli statuti di verità e falsità possono coincidere o perdere ogni fondamento distintivo. Spetta, dunque, al terzo e ultimo capitolo riflettere sul conflitto fra sete di conoscenza e poteri falsificatori, attraverso l’analisi puntuale dell’intera opera romanzesca di Umberto Eco.
All'interno del ben noto campo di studi definito "dantismo del Novecento", la ricerca dell'influenza di Dante sull'ermetismo italiano (caratterizzante essenzialmente gli autori nati negli anni Dieci ed esordienti negli anni Trenta) rappresenta un campo d'indagine particolarmente interessante, poiché, pur non prescindendo dai riscontri intertestuali, si estende sul piano della teoria della letteratura e della storia delle poetiche. La relazione tenuta da Pegorari nell'ambito del congresso internazionale qui indicato tiene conto soprattutto di Sereni, Caproni, Bigongiari, Luzi e Parronchi, individuando una koiné linguistica e poetologica ben oltre i confini fiorentini (solitamente studiati per l'ermetismo) ed estensibili a una parte consistente della cosiddetta "terza generazione".
Una nuova generazione letteraria italiana (la stessa che ha dato vita negli ultimi mesi ai dibattiti socio-letterari del movimento TQ) sembra aver ritrovato la via della ‘realtà’, ripartendo dal cuore problematico del capitalismo: la progressiva scomparsa del lavoro e dei diritti sociali ad esso connessi. Questo saggio ha la sua radice in un altro dello stesso autore uscito su «Resine», tutto incentrato sulla nozione di Temporanea Qualità, quella forma degradata di identità irrisolta e in transito che è stata documentata, fra il 2004 e il 2008, nei romanzi e nei reportage sulla precarietà di Dezio, Falco, Bajani, Nove, Murgia, Desiati e Ferré. In questo secondo ‘capitolo’ l’attenzione si sposta sulla narrazione del lavoro nell’età della recessione, con particolare riferimento alla piaga delle morti bianche, analizzando comparativamente i racconti editi da Sellerio e Laterza, i reportage di Rovelli, Colucci e Alemanno, le raccolte poetiche di Agustoni, Guglielmin e Franzin e i romanzi di Avallone, Argentina e Desiati, tutti apparsi fra il 2008 e il 2011.
Nella Parigi di inizio Novecento Ricciotto Canudo, uno fra i primi teorici mondiali del cinema, partito da Gioia del Colle per divenire protagonista della vita culturale della Ville Lumière, veniva vezzosamente appellato barisien; negli anni Settanta il ter-mine fu riscoperto per indicare quell’école di giovani sociologi, filosofi, storici e critici dell’Università di Bari che seppe parlare con coraggiosa originalità e nuova problematicità allo sclerotiz-zato panorama del marxismo italiano. La storia di quell’aggettivo diviene in questo libro il simbolo della trasfor-mazione della figura dell’intellettuale e delle sue condizioni di lavoro in Puglia, dalla secolare diaspora verso Napoli, Firenze, Parigi e gli Stati Uniti fino alla creazione di un ceto di scrittori e critici finalmente residenti dopo lo spartiacque rappresentato dal Sessantotto e dalla nascita dell’ente Regione (1970). È così che la Puglia ha potuto scrollarsi di dosso il complesso di essere solo una ‘provincia dell’impero’ e ha scoperto il risvolto positi-vo di essere ‘periferia’: la sua natura di confine può renderla più aperta all’ascolto e alla sperimentazione. Note critiche, saggi, recensioni, schede di valutazione editoriale ed atti di convegno, scritti da Pegorari nell’arco di quasi quindi-ci anni, diventano ora tessere di un’organica storia sociale della letteratura in Terra di Bari dal Risorgimento ad oggi.
Il dattiloscritto di "Re borbone e tre barboni", emerso fra le carte di Vito Maurogiovanni, è messo in scena da Vito Signorile al Teatro Abeliano di Bari dal 2011; questa è la sua prima pubblicazione in volume. Si tratta di una "ballata borbonica", come l'ha definita l'autore; il racconto di viaggio di re Ferdinando II da Napoli a Bari, ma anche la parabola di un Regno (quello delle Due Sicilie) in declino, malato come il suo re e prossimo a scomparire (siamo nel 1859). Come per tutte le opere di Maurogiovanni la rievocazione storica non è priva di riferimenti al presente, e così, ultimato nel 1993, forse questo testo parla anche della fine di un altro 'impero', quello messo a nudo da 'Mani pulite'. In questo testo ritroviamo l'ironia e lo sperimentalismo linguistico di Maurogiovanni, calati in un'atmosfera fra il reale e l'onirico.
Although appearing as the expression of a ‘scattered’ and anti-poetical poetics, "Per il battesimo dei nostri frammenti" is Luzi’s collection where all the preceding realistic and civil tension, typical of the Fifties and Seventies, culminates, and it opens with a metaphysical search for the final season. The present essay recreates the intimate structure making the single lyrical fragments into a ‘book’, according to a theoretically informed discourse and to a rich intra and intertextual thread.
Frutto succoso di una giornata di studi dedicata a Luigi Fallacara (Bari, 1890-Firenze, 1963) in occasione del cinquantesimo anniversario della morte, il presente volume, ben al di là di un tributo rituale, intende concorrere al rilancio di uno dei maggiori scrittori pugliesi moderni, colpevolmente dimenticato. I saggi qui raccolti ne ripercorrono, da un lato, l’intenso itinerario poetico, narrativo, critico e spirituale, dall’altro frugano tra le carte, compresi i numerosi inediti che vanno emergendo dal suo archivio, facendoci entrare nel laboratorio sempre in progress di un autore posseduto dal demone della perfezione. Da questa rilettura a tutto campo emerge chiaramente che l’immaginario di Fallacara, pur non dimentico delle origini pugliesi – periodicamente alimentate dai soggiorni nella ‘terra d’argento’ – va però interamente restituito a un Novecento nazionale e perfino, per certi versi, europeo, con le tipiche implicazioni metafisiche e moderniste del suo tempo, tra orfismo cristiano ed estetica dell’incanto.
Al culmine di una formidabile serie di premi cinematografici internazionali, "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino ha ricevuto anche l’Oscar 2014 come miglior film straniero, spinto certamente dal fascino di una fotografia inusuale per il cinema italiano e dall’interpretazione magistrale degli attori, Tony Servillo in testa. La pellicola ha diviso, ça va sans dire, la critica italiana, soprattutto in ordine ai debiti che essa contrae con "La dolce vita", col conseguente dibattito intorno all’ossessione dell’originalità. Nelle pagine che seguono si propone una riflessione – laica e filologica – intorno alla scrittura del film, nella quale, accanto al capolavoro felliniano, compare una ricca rete di allusioni letterarie, musicali e figurative, che ne fa uno dei ‘ragionamenti’ più amari e consapevoli della post-realtà contemporanea. C’entra qualcosa il misterioso ringraziamento rivolto dal regista a Maradona?
Questo studio è parte di una ricerca molto più ampia intorno al fenomeno della presenza di Dante nella letteratura di genere edita fra il 2000 e il 2009 su scala internazionale, che si completa con una ricognizione analitica di numerosi thriller, romanzi archeologici e storici, esercizi di stile e sceneggiature. Qui l’attenzione è particolarmente incentrata sui romanzi umoristici e realisti che riattualizzano in chiave terrena e contemporanea la struttura dell’aldilà dantesco.
Nell’estate del 1957, in occasione del VI Festival della gioventù di Mosca e all’alba del disgelo chruščëviano, un’ampia delegazione di illustri intellettuali italiani e appassionati del mondo sovietico si recò nella capitale russa. Di tale delegazione faceva parte anche Tommaso Fiore che, dopo tale esperienza, non solo intensificò il proprio vivo interesse per la letteratura russa e sovietica, ma si impegnò anche nella redazione del resoconto di viaggio Al paese di Utopia (1958). Si tratta di un’originale testimonianza sul mondo sovietico, ricca di interessanti osservazioni non solo sulla politica, ma anche sul paesaggio e sulla vita quotidiana di un Paese che, superando la Guerra Fredda, cominciava il suo percorso verso un’epoca di maggiore distensione. Nel libro troviamo le osservazioni di un grande meridionalista per il quale la Russia era stata sin dagli studi universitari un punto diriferimento importante, alcuni momenti della cui storia trovavano un particolare riflesso in quella del territorio pugliese.
L’Uebi Scebeli è il più grande fiume del Corno d’Africa: ha le sorgenti nella savana etiope, a poca distanza da quelle dell’altro grande fiume, il Giuba, del quale, dopo un corso divergente di ben 2.000 km, diviene un gigantesco affluente dietro le dune somale che gli impediscono l’accesso diretto all’Oceano Indiano. Dopo quasi un secolo di vani tentativi di geografi e avventurieri europei e americani, la prima esplorazione integrale del fiume si deve a una spedizione italiana che, guidata da Luigi di Savoia, Duca degli Abruzzi, fra il 1928 e il 1929 individuò le fonti e ridiscese fino alla Somalia italiana. Si tratta di una grande pagina di storia coloniale, alla vigilia dell’effimera conquista dell’Etiopia per volontà del regime fascista. Alla spedizione partecipò come medico e naturalista il maggiore Vito Cosimo Basile che vi compì alcuni importantissimi studi di patologia umana, botanica e zoologia: di quel viaggio ci ha lasciato un dettagliato resoconto che fu pubblicato da Cappelli a Bologna nel 1935 e che ora viene riproposto in una nuova edizione, introdotta da un saggio di Daniele Maria Pegorari. Il valore letterario del Diario merita l’attenzione non solo degli studiosi di storia dell’intellettualità pugliese, ma anche di quelli della letteratura italiana di viaggio, grazie a una mirabile prosa capace di disseminare considerazioni mediche, geologiche e geografiche all’interno di una narrazione accattivante per la ricchezza delle informazioni e per i frequenti squarci lirici.
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