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Silvana Calaprice
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE, PSICOLOGIA, COMUNICAZIONE
Area Scientifica
AREA 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Settore Scientifico Disciplinare
M-PED/01 - Pedagogia Generale e Sociale
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
The pedagogy today presents itself as a science whose field of investigation would characterize a very wide articulation of new topics related to training and education, issues that require specific reflections and a new proposal. The Pedagogy especially regards the procedures for teaching and its critical pursuit is delegated both to a constructive task (integrate knowledge, connect them to the current problems, developing a common horizon solutions) and to a review, control and voltage regulating task, and therefore, of meaning, of the educational process. A Pedagogy, the current one, which in front of the explode of so many new knowledge, especially with technology, must contain: - the idea of a knowledge which seeks to promote and facilitate the emergence of subjectivity of the person; - the idea of giving meaning to build meanings refuting ethical valences, expressions of responsibility toward themselves, others and the common good, which is the foundation of democracy; - the idea of the project and a projection toward the future, which contrasts with which avails itself of the fleeting moment and tip the unpunctuality with regard to the past. A project that should guide the knowing how to make training and therefore the teacher professionalism toward the old and new skills and direct to produce improvements in the behavior.
Il lavoro oggi caratterizzandosi per: • il progressivo declino dei sistemi produttivi standardizzati, • l’irrompere delle categorie, della flessibilità e della transizione nel lavoro, • il fatto che uomini e donne si trovano ad incontrare ogni giorno nella società cognitiva o learning society, così come viene definita quella del nuovo millennio, nuovi saperi e conoscenze che non sono sempre in grado di gestire, ha spinto molte persone fuori dai suoi circuiti generando nuove povertà e difficoltà di realizzazione personale. Ha generato un mondo in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e gli altri fanno sempre più fatica ad entrare nei nuovi circuiti sociali. Per questo per le comunità sociali (Stati, regioni, ecc.) è diventato urgente riflettere su tali fenomeni per approcciarsi ad essi con una nuova consapevolezza, per porsi il problema di come sviluppare la piena cognizione del destino planetario che ogni uomo sta vivendo, per illuminare e cogliere il caos degli eventi, le sue interazioni e retroazioni in cui si mescolano e interferiscono processi economici, politici, nazionali, con quelli etnici, mitologici, religiosi, che sempre più spesso tessono il destino di ogni soggetto. Per ogni uomo è diventato fondamentale comprendere che cosa gli stia capitando e qual è il senso del proprio destino, per prepararsi e formarsi non solo ad affron-tare i cambiamenti, ma a farsene parte propulsiva, cercando di sfruttare l’ampliamento delle prospettive che caratterizzano la società attuale come opportunità di crescita e di sviluppo personale, sociale, lavorativo. Per la politica è diventato essenziale realizzare un sistema di interventi capace di garantire la trasparenza e l’efficienza del mercato del lavoro, per migliorare e facilitare l’inserimento professionale delle fasce deboli del mercato, in particolare i disoccupati e tutti coloro che sono in cerca della prima occupazione . Riflettere sul significato che il concetto di lavoro riveste all’interno dell’attuale dibattito sociale, culturale, nazionale ed internazionale, comprendere come esso si sia modificando nella vita dell’uomo ha come obiettivo quello di ricercare quali tipi di interventi formativi oggi è necessario realizzare per fronteggiare le nuove emergenze sociali e per portare ogni soggetto ad apprendere come divenire manager di se stesso.
In March 2000, the Lisbon European Council recognized the importance of developing strategies to cope with the challenges of globalisation and the transition to an economy based on knowledge and also on sustainability and social inclusion. One of the benchmarks established in Lisbon for the 2010 is that which states the share of early school leavers should be less than 10 %; recently, it has been presented again by the program for Education and Training 2020 (ET 2020) because it is still disregarded by many states. In respect to this problem, Italy is faced with a bigger issue than the other European countries, characterized by a worrisome peak especially in its southern regions. The latest Istat data show that 18.8% of the young people (aged 18-24) which leave school do so without achieving a high school diploma or a vocational qualification—the European average being equal to 14.1%. Such data show how distant Italy is from meeting the Europe 2020 goals. This work presents some guidelines for the development of theoretical reflection in this field, as well as the results of a research project aimed at highlighting the innovative aspects related to education and the self-empowerment of personhood both within the school environment and the social one. A sample approach is thus developed in order to reasonably counter the aforementioned countrywide drawbacks.
Si comprende bene come oggi l'Università deve adeguare i suoi processi formativi seguendo tali sollecitazioni se vuole far si che le professionalità educative possano essere spese al meglio nel mondo del lavoro nazionale ed internazionale. Rafforzare l'identità personale e professionale (per dirla con il linguaggio della psicoanalisi), acquisire la capacità di concettualizzare diverse opzioni per le azioni, prendere decisioni secondo processi mentali (per dirla con la pedagogia) ed imparare ad adattare questi processi alla luce delle esperienze reali (per dirla con il linguaggio della psicologia cognitiva) sono i contenuti centrali della preparazione di un professionista dell' educazione,in particolare mi concentrerò sull'educatore e sul pedagogista.
“Investire ulteriormente nella conoscenza e nell’innovazione” è stato individuato dall’Unione Europea (Lisbona 23/27 2000) come uno dei principali indirizzi strategici per poter realizzare una crescita economica sostenibile costituita da nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Porre“la conoscenza” quale fattore di sviluppo in grado di ridefinire in modo profondo il rapporto tra economia e società, ha creato i presupposti per l’esercizio di nuovi diritti di cittadinanza e per richiedere, alla pubblica amministrazione, qualità nell’organizzazione e nelle professionalità che in essa operano. L’Italia ha realizzato tale indirizzo strategico nel settore sociale, dove, a partire dalla L 328/2000, oltre ad una riorganizzazione del Welfare con delega alle Regioni ha richiesto l’individuazione ed il riconoscimento delle figure professionali che operano nel sociale a vario titolo. Pertanto dal 2000 ad oggi tutte le Regioni italiane , anche se con tempi diversi, hanno formulato leggi che hanno lavorato in tal senso. Ed è proprio dalla consultazione di queste che emerge , relativamente alle professioni sociali educative presenti sul territorio nazionale, come i professionisti dell’educazione diano un grande contributo alla realizzazione di una cittadinanza attiva con un ampio indice di competenze che mettono in atto con diversi soggetti e differenziati contesti. Tali professionisti, infatti, svolgono una fondamentale azione educativa e rieducativa nei confronti dei soggetti in età evolutiva ed in età adulta. Se nei confronti dei primi vi è già una consolidata rappresentazione sociale, per ciò che riguarda l’ Educazione Degli Adulti ( EDA) questa di è costituita lentamente grazie alla consapevolezza sociale, sostenuta anche dall’Unione Europea, che l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita ( life long learning ) costituisce un elemento essenziale non solo per la qualificazione professionale dei cittadini,(imparare lavorando) ma anche per la qualità globale della loro vita e per la capacità di esercitare realmente i diritti della cittadinanza attiva. Tali professionisti poi li troviamo esplicitare la loro professionalità anche nell’area manageriale in qualità di: Manager delle aziende di servizi alla persona Progettista dei servizi Agente di sviluppo per il welfare locale Responsabile della qualità nell’ambito dei servizi sociali Manager della cooperazione allo sviluppo Operatore umanitario Quest’area rappresenta un insieme di conoscenze fondamentali, declinabili in diversi livelli, che risultano trasversali a tutti i servizi. Riguarda nello specifico la conoscenza di: servizi e normativa di riferimento; modalità programmatorie e organizzative dei servizi; figure professionali di riferimento e campi di intervento; progettazione delle specificità degli interventi e delle connessioni tra servizi; coordinamento e direzione di progetti nel campo delle politiche sociali con la collaborazione di organizzazioni del volontariato e del terzo settore; analisi della domanda sociale; monitoraggio e valutazione della qualità dei servizi, soprattutto in funzione della programmazione e della riorganizzazione degli stessi. Quale la loro provenienza formativa? Le Facoltà di Scienze della Formazione, in base ai nuovi Ordinamenti Didattici, (gli ultimi in ordine di tempo fanno riferimento alla 270 del 2004) già da tempo formano professionisti competenti in tutti i suddetti settori. Per questo, oggi, dopo aver finalmente riscontrato un riconoscimento sociale dei ruoli , funzioni e competenze dei propri laureati, possono procedere per la richiesta del riconoscimento professionale e della regolamentazione giuridica della loro professionalità. Pertanto, il Progetto d’Indagine Nazionale (PRIN) per “il riconoscimento delle professioni educative e formative nel contesto europeo
Da sempre la Pedagogia è impegnata a rispondere ai bisogni educativi provenienti dai diversi contesti sociali e dunque la famiglia, la scuola, il territorio, etc. Bisogni che oggi si presentano particolarmente complessi da soddisfare per la presenza dei cambiamenti culturali, sociali, professionali, economici che hanno fortemente destabilizzato l'identità del soggetto, complessificato la sua modalità relazionale e reso sempre più spesso inadeguate le tradizionali modalità educative istituzionali a farvi fronte. Per questo la Pedagogia, oggi, si trova a dover assolvere il suo compito in modo arduo e problematico per rispondere ai nuovi bisogni educativi, di uomini e donne, bambini e bambine, che, vivendo in una società a così forte rischio di disumanizzazione, necessitano di essere orientati nelle loro scelte. Ed è sempre per lo stesso motivo che la ricerca pedagogica si trova nella necessità di individuare la strada per far sì che, nonostante la complessità sociale, educazione e la formazione diventino capaci di assumersi nuove responsabilità per aiutare il soggetto e le comunità a disporsi a convivere con la precarietà, le diversità, la molteplicità delle esperienze e delle conoscenze ed a sviluppare la capacità di organizzare il sapere, di muoversi in contesti reticolari, di abbattere barriere, di gestire conflitti, di dialogare con le culture. Di qui la necessità di professionisti cioè di educatori sociali e/o pedagogisti adeguatamente preparati per tale compito.
In apertura del Terzo Millennio l’ONU ha dichiarato il 2001 “anno internazionale del Volontariato” . Il grande processo di cambiamento, oggi comunemente chiamato di globalizzazione, che ha coinvolto tutti i paesi del mondo sia a livello economico che politico, sociale, culturale e relazionale, ha causato un notevole aumento dell’esercito di volontari. Per richiamare l’attenzione sui milioni di cittadini che - per restituire umanità al vivere civile- coniugano gratuitamente impegno civile e partecipazione, l’ONU ha sentito la necessità di valorizzare il settore del volontariato, valorizzazione che dopo i fatti dell’11 settembre 2001, ha trovato ulteriormente legittimata la sua necessità. Ma terzo settore e volontariato sono la stessa cosa? Il terzo settore da diversi anni è cresciuto e si è consolidato assumendo pari rilevanza con i settori dello Stato e del mercato che hanno rappresentato, almeno fino a due decenni fa, le principali modalità di risposta ai bisogni sociali vecchi e nuovi. Le origini, che sottendono allo sviluppo del Terzo settore, sono da ricercarsi agli inizi degli anni ‘80 in cui un complesso insieme di processi ha modificato profondamente il sistema del Welfare di vari Paesi europei e tra questi l’Italia . Ma quali le affinità? Quali le differenze? L’aspetto che caratterizza entrambi nasce proprio da una nuova idea di sviluppo che non si fonda più su una visione economica (anni ’60 e ’70) o su una semplice visione di sviluppo umano e sostenibile ( anni ’70-’80 ), ma su un’idea di sviluppo sostenuta dal concetto di ridistribuzione, che si occupa di salute, alimentazione e istruzione e da una visione partecipativa e solidaristica. Solidarieta’ intesa come: • Servizio agli e con gli altri (servizio alla persona); • Capacità del soggetto che deve includere: 1. Dimensione percettivo cognitiva 2. Dimensione emotivo affettiva; • Dimensione etica (ripensare la qualità dei rapporti tra i soggetti. Comunicazione di vissuti di esperienza di cultura). • Capacità del soggetto ad impegnarsi per il bene comune, per il bene di ciascuno perché tutti sono responsabili di tutti.
Nasciamo incompiuti. L’educazione è un fattore fondamentale della nostra compiutezza umana nel corso della vita e, pertanto, uno dei diritti umani inalienabile. In quanto tale essa è inizialmente educazione informale che ci accompagna in tutte le esperienze quotidiane. Le società industriali hanno individuato nell’educazione formale, garantita dall’insegnante nella scuola per tutti, la maturazione dei giovani. Nell’attuale società globale l’educazione informale è sempre più incisiva nei giovani e negli adulti: chi se ne fa carico? Gli educatori e i formatori, e a seguire gli esperti della formazione e i pedagogisti: vengono preparati in particolare nelle Facoltà di Scienze della Formazione a realizzare interventi educativi e formativi non formali nei più diversi contesti e problemi della vita individuali e sociali, occupandosi in via prioritaria dei giovani e degli adulti espulsi dalla scuola e dal lavoro, emarginati dalla società, discriminati, tra l’altro, per le loro diversità biopsichiche, culturali, condizione socio-economica. La professionalità degli educatori dall’infanzia all’età avanzata e dei formatori al e nel lavoro non è stata ancora riconosciuta in Italia e, non poche volte i loro ambiti di intervento sono coperti impropriamente da altri operatori. Il libro Professioni educative e formative, risultato della ricerca interuniversitaria e pluriennale PRIN (DM 1175/2007), è il primo a fare il punto di tali professioni in Italia e ad indicare l’indispensabile e dovuto processo normativo del loro riconoscimento, come richiesto dalle direttive dell’Unione Europea. Il libro è un testo fondamentale per quanti si preparano a svolgere e svolgono attività educative e formative, oltre che per i gestori e i responsabili di politiche educative e formative.
La Pedagogia Penitenziaria trova la sua legittimazione nella legge del 26 luglio 1975, n. 354 (successivamente modificata dalla legge Gozzini e dalla legge Simeone-Saraceni ) che comprende, nei confronti del detenuto, quel «complesso di norme e di attività che regolano ed assistono la privazione della libertà per l’esecuzione di una sanzione penale» e nell’art.27 comma 3 della Costituzione che sancisce la preminente finalità rieducativa della pena per il pieno rispetto della dignità umana. Infatti la riforma del 1975 definendo un corpus normativo ispirato ad una concezione rieducativa della pena, a discapito della impostazione punitiva e di difesa sociale predominante nell’ordinamento penitenziario precedente, ha aperto la strada all’applicazione della pedagogia al “mondo” penitenziario sia prevedendo interventi relativi all’osservazione ed al trattamento dei detenuti e degli internati, sia inserendo alcune figure professionali, tra cui quella dell’educatore coordinatore e quella del direttore coordinatore di area pedagogica . Ed anche se oggi le ondate di criminalità, il terrorismo, il fenomeno della tossicodipendenza, le politiche di contrasto della criminalità mafiosa ed organizzata, le ondate migratorie portano il sistema carcerario a subirne le conseguenze in termini di affollamento, sovraffollamento, scarsa agibilità e notevole aumento di suicidi , ciò non deve assolutamente portare a mettere da parte interventi di natura pedagogica ma anzi a trovare in questi le ragioni e gli strumenti per attivare iniziative improntate alla proattività, alle possibili soluzioni rieducative, con capacità anticipatorie rispetto ai fenomeni, ai problemi che ne conseguono.
Partendo dal presupposto che in ogni società l’educazione e la formazione vengono pensate all’interno della struttura sociale che le connota , una delle cose che è emersa durante i miei studi in questi anni è che la complessità sociale nella quale oggi ci troviamo a vivere ha sollevato in questi campi alcune emergenze che necessitano di essere colte per poter essere affrontate. Vediamo cosa è successo I due processi di educazione e formazione si attivano attraverso l’apprendimento che ogni soggetto sviluppa già dal momento della sua nascita e dunque dal primo momento che entra in contatto con la società di cui entra a far parte. Una società che avendo sviluppato al suo interno un sistema di saperi sulla base di quanto ereditato dalle società che l’hanno preceduta e che per questo viene definita società della conoscenza cerca di trasmetterli ai suoi componenti attraverso i processi di educazione e formazione.
L'obiettivo del contributo è di delineare il profilo professionale dell'educatore specificandone le aree e le azioni educative.
La presente ricerca ha mirato: -a legittimare epistemologicamente il ruolo e la funzione che la Pedagogia oggi viene ad assumere nei confronti del rispetto dei diritti e doveri umani, all'interno di una società così fortemente inquieta; -a non far dimenticare mai che ogni singolo esponente della specie umana non vale per quello che ha ma per quello che è; che il suo primo titolo di nobiltà non gli derivadalla razza, dalla religione, dal censo, dal sasso bensì dal suo semplice essere uomo o donna e che questo titolo è talmente grande da renderlo degno di massima stima in ogni momento della mia esistenza:quando è sano come quando è malato, quando è debole come quando è forte, quando è sapiente come quando è ignorante, quando è libero come quando è recluso; -a far emergere come il problema del carcere non è un problema solo del governo nè dei giudici di sorveglianza, nè solo del personale penitenziario, ma è un problema che riguarda ogni cittadino che deve per questo maturare a livello culturale, etico, psicologico e pedagogico oltre che giuridico la consapevolezza che è un luogo dove diritti e doveri devono essere parimenti rispettati; -ad evidenziare che il carcere è un luogo della città ed i detenuti sono un problema della collettività; -a riconsiderare le funzioni del carcere riconoscibili non nella distribuzione di semplici perdoni e facili scarcerazioni ma nella salvaguardia del diritto di ogni soggetto al rispetto della propria dignità e umanizzazione qualsiasi sia il luogo in cui si trova; -a riconoscere il profilo professionale dell'educatore penitenziario come un "alto" profilo, cioè, con una valenza pedagogica magistrale; -a legittimare epistemologicamente l'esistenza di una Pedagogia Penitenziaria. I risultati sono il frutto di un'indagine empirica fondata sull'analisi delle pratiche, il luogo di produzione di significati, che ci ha permesso di connotare la ricerca in senso epistemologico e di configurarla come strumento di conoscenza scientifica a supporto di un sapere e un agire professionalmente valido.
Questa ricerca è frutto di un lavoro condotto a due anni dall’avvio del Piano Regionale delle Politiche Sociali della Puglia (PRPS) in seguito all'approvazione della legge della Regione Puglia del 10 luglio 2006 n. 19 e del relativo Regolamento attuativo 18 gennaio 2007, n. 4. Perché la ricerca? Il Comune di Bari nello specifico l’assessorato alle politiche sociali, in base all’applicazione del Piano regionale delle politiche sociali (PRPS), avendo realizzato un’azione di programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali, in modo specifico nel campo dei minori ha voluto rilevare e verificare se i nuovi servizi sociali avessero: - offerto una risposta efficace ed efficiente ai bisogni dei minori e delle famiglie del territorio; - evidenziato dei punti forti e dei punti deboli nel processo di realizzazione delle loro azioni; - finalizzato i risultati ad un’azione di miglioramento dei servizi dal punto dell’organizzazione e dell’educazione. Sono stati individuati due obiettivi principali da perseguire: 1. verificare i progressi realizzati e il grado di avanzamento effettivamente conseguito a livello educativo e organizzativo dai progetti finanziati, per riscontrare l’efficienza e l’efficacia con cui i vari servizi sociali stavano portando a termine l’impegno progettuale; 2. acquisire gli elementi informativi necessari per la valutazione dell’intero programma, educativo ed organizzativo per contribuire, attraverso questa via, a migliorare i livelli di efficacia e di efficienza e se possibile quantificarne l’impatto socioeconomico e strutturale sulle aree di intervento. Obiettivi che si è deciso di realizzare attraverso due tipologie di valutazione: quella quantitativa e quella qualitativa. Questi i risultati. Dal punto di vista quantitativo, le informazioni di natura organizzativa relative ai tempi, strumenti utilizzati, finanziamenti, figure professionali presenti hanno evidenziato che le azioni realizzate e i risultati conseguiti da ogni singolo servizio sociale si sono rivelati confacenti alle norme. Pertanto i punti di forza che il Comune aveva individuato come necessari perché il soggetto erogatore dei servizi alla persona risultasse adeguato al compito e che l’Università aveva individuato relativamente a ciò che riguardava presenza, ruoli e funzioni degli educatori, sono stati rispettati e valorizzati. Dal punto divista qualitativo, invece, le azioni realizzate si sono rivelate: - pertinenti perché adeguate al bisogno educativo rilevato in ogni territorio; - efficienti perché gli interventi educativi eseguiti da personale esperto hanno avuto una ricaduta positiva; - efficaci perche tutti gli operatori intervistati hanno manifestato consapevolezza delle ragioni e delle azioni necessarie al raggiungimento del loro compito educativo, ma anche dei bisogni non espressi degli utenti e del territorio; - utili perché la presenza di tali centri si è rivelata qualitativamente alta e le attività svolte avevano anche permesso la realizzazione di processi educativi ed etici; - poco sostenibili perché, a detta soprattutto di alcuni centri,difficoltosi nella realizzazione sia per le poche risorse finanziarie, sia per aver dimezzato,con la sottrazione della scuola materna e della media dai servizi, elementi che potevano permettere nel tempo di mantenere quanto di positivo educativamente era stato realizzato; - trasferibili in altri contesti e centri perché avrebbero potuto favorire le azioni di prevenzioni sul territorio cittadino.
Abstract in italiano L’idea di un bambino da 0-6 anni bisognoso solo di assistenza e affetto è stata culturalmente e socialmente superata da tempo a favore di quella di un bambino attivo, partecipe, protagonista ed attore dei propri cambiamenti. Tale spostamento di prospettiva ha portato ad un rinnovamento e ripensamento delle modalità educative e formative di tali soggetti. Ciò ha determinato l’istituzione in Italia di un Corso di laurea quinquennale in Formazione primaria (LM-85bis), che forma insegnanti giuridicamente riconosciuti per soggetti di 3-6 anni oltre che 6-12 anni, e di un Corso di laurea triennale in Scienze dell’educazione e formazione (L-19), che forma educatori competenti anche per asilo nido e servizi educativi per l’infanzia 0-6 anni. Quest’ultimo, però, al contrario del primo, manca di un riconoscimento giuridico di tali professionisti così che spesso vengono assunti operatori con altra tipologia di formazione. Il mio intervento intende evidenziare come il D.L 65/2017 anticipi in parte la proposta di legge 2656, rappresentando la parte più innovativa e qualificante della legge 107, e come tale sistema, dichiarando anche giuridicamente l’importante funzione educativa e formativa dell’asilo nido e dei servizi educativi 0-6 anni, richieda per la prima infanzia educatori, laureati nella classe L-19 competenti per svolgere tale ruolo.
In all the States, the complex changes in the way to produce and the globalization have accentuated job flexibility, risks, insecurities and new opposetunities.This represents a challenge both for the young collectively and for the world of education, specifically for the University, which is asked for giving a new kind of education, based not only on contents, but also on competencies. For this reason we have begun a research called “Quality of teaching and didactic evalua- tion. A university model of innovatory job- placement” at the University of Bari-Faculty of Educational Sciences, with the main scope of look for didactic and teaching interventions that can su- stain innovatory and effective educational careers able to guide students in the transition from uni- versity to job market. The Research is at the first of a tree years run and, until now, it has used the university traineeship, supported by Isfol, Ceris-cnr and Adapt, as an opportunity for making job demand and offer meeting each other and has tried to verify the educational effectiveness of competencies and learning processes.
L’area del disagio adolescenziale e giovanile oggi è molto ampia in quanto può far riferimento sia a problematiche legate a cause organiche quale può essere un deficit, sia a situazioni psicologiche, relazionali, sociali. Ma può far riferimento anche a disturbi che soltanto negli ultimi anni sono stati individuati nella loro complessità come può essere quello riferito a soggetti con DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) e che richiedono pertanto una nuova e diversa attenzione. Oggi, di fronte all’emergere di un diffuso e differenziato disagio giovanile e adolescenziale che porta quasi sempre i soggetti a rischio fuori dai circuiti sociali e lavorativi, la Pedagogia, in quanto scienza da sempre attenta sia alla promozione e allo sviluppo della personalità del singolo, sia alle questioni attinenti il rapporto tra il singolo e sé stesso, tra il singolo e gli altri, il mondo e il suo ambiente e, in quanto scienza che riflette sull’educazione e progetta l’azione educativa, deve cercare non solo di trovare delle risposte alle situazioni di urgenza ed emergenza, ma evidenziare quelli che possono essere i fattori educativi di prevenzione. Compito della Pedagogia è quello di promuovere e attuare l’inclusione sociale attraverso processi educativi adeguati, facendo sì che ogni persona, indipendentemente dalla propria condizione personale, abbia le medesime opportunità di sviluppo. Per questo deve porsi tra i suoi obiettivi anche quello di agire nei confronti della famiglia, della scuola, della società e dei territori sollecitando interventi inclusivi, cioè capaci di dare concretezza al diritto di cittadinanza di tutti. Pur comprendendo che vi possono essere diversi modi di intendere il concetto inclusione sociale qui si analizza come la situazione in cui tutti i soggetti devono poter attuare il proprio diritto alla vita seguendo i propri valori, le proprie scelte e gli standard essenziali di vita, compreso il lavoro, indipendentemente dalla propria condizione organica, psichica, sociale.
Today, talking about competence means to shift the education focus from the traditional setting, based on learning inputs (i.e. kind of education acquired and learning experience duration), to the results of the learning process. The latter is not just a sum of component (like knowing, knowing how to do and knowing how to be), as it was in the past; instead it indicates “each person ability in the use of knowledge, abilities and personal, social and/or methodological attitudes for working, studying and personal and professional development”. For this reason, September the fifth 2006 a Recommendation Proposal of the European Parliament and the European Union Council has been launched to the member States for the institution of an European Qualification Framework (EQF). The purpose of the EQF is to represent an instru- ment both for the lifelong learning promotion and, which is even more important, for comparing the systems qualification levels of the Nations and of the sectional inter- national organizations. Indeed, these are needs that cannot be disregarder anymore, especially because of the improving difficulties the young workers meet nowadays for entering the working world. The needs for creating a place inside the Universities for making educational offer- ing, curricular and extra-curricular traineeship and job placement meeting themselves, comes from this discussion with the double purpose, on one hand, of giving a sort of passport of professional competencies to the students (as required by the EQF) that can be more easily spent on the personal and professional level and, in the other hand, of put the students in contact with the Labour market itself, to create synergies and opportunities to work.
Il dilagante fenomeno del bullismo ha evidenziato l'esigenza di promuovere un'azione sinergica tra tutte le componenti educative presenti nel territorio nazionale ed internazionale. Per questo nel 2006 il Consiglio d'Europa ha realizzato un Piano d'Azione Comenius 3 dal titolo European Safer School Partnership through Education for Democratic Citizenship della durata di un triennio. Tale ricerca si è conclusa nel 2009 con un convegno tenutosi a Londra dal titolo Safe and cohesive school-a charter for change conference of European safer school partnership organizzato dalla European Safer School Partnership (Essp) in cui, inqualità di esperto, ho presentato i risultati della ricerca che ha coinvolto le scuole del Mezzogiorno individuando quello che,secondo i bisogni della nostra realtà locale è risultato essere il modello educativo più adeguato.
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