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Carlo Mignone
Ruolo
Ricercatore a tempo determinato - tipo A
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Scienze Giuridiche
Area Scientifica
Area 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/01 - Diritto Privato
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Identità della persona e potere di disposizione riconcilia categorie considerate, a monte, reciprocamente estranee dalla scienza civilistica moderna. Mentre il contenuto dei «diritti della personalità» è stato ritagliato sul paradigma del conflitto aquiliano, la teoria del contratto risulta assorbita dalla vincolatività del consenso. Il dogma dell’indisponibilità, sfociando nella nullità dell’atto o nella revocabilità del consenso, dà per scontato che il «vincolo» sia soltanto quello modellabile sull’efficacia dei negozi espressivi di scelte di consumo e condanna all’irrilevanza l’interesse alla realizzazione di sé e del proprio progetto di vita (art. 2 Cost.). I termini della riconciliazione di quelle categorie sono qui a fondamento della fattispecie come strumento sensibile e ulteriore di costruzione dell’identità. La selezione della disciplina applicabile passa per l’individuazione delle condizioni affinché l’atto possa essere considerato come valido schema di qualificazione della pretesa: condizioni che garantiscono la permanenza in capo al contraente di un sufficiente potere di controllo sul proprio patrimonio culturale e sulla sua rappresentazione nel contesto sociale.
Lo scritto mira a una prima ricostruzione dell’investimento a impatto sociale sotto il profilo regolativo. La prima parte mette a fuoco le tecniche di impact investing, evidenziandone l’inconciliabilità con una visione antagonistica delle forme di valorizzazione della ricchezza («fare bene», in termini di profitto finanziario per l’investitore, o «fare del bene», in termini di miglioramento del benessere sociale). La seconda parte del lavoro approfondisce le soluzione applicative legate alla complessità funzionale di queste operazioni, che richiede un ragionevole bilanciamento dei valori coinvolti (utilità sociale, equilibrio finanziario e interesse patrimoniale degli investitori). Le conclusioni tracciano le linee guida ermeneutiche per garantire la fiducia degli investitori e la funzionalizzazione al benessere della persona del mercato degli investimenti a impatto sociale.
Dopo la crisi finanziaria del 2008 e le conseguenti politiche di riduzione della spesa pubblica, il nostro sistema di welfare sta transitando da un modello redi- stributivo a uno basato sul coinvolgimento del privato nel processo di pianificazione e finanziamento del benessere. All’arretramento del settore pubblico corrisponde la progressiva ascesa di prototipi negoziali simili ai social impact bond sperimentati nel Regno Unito: il privato finanzia il servizio e in cambio la p.a. si impegna a remunerare gli investitori con i risparmi conseguiti in caso di impatto positivo. Verificare la compatibilità dei nuovi modelli di welfare sussidiario con i princípi del nostro sistema giuridico significa anzitutto guardare agli interessi per- seguiti in concreto dalle parti, al fine di controllare la meritevolezza di un regolamento nel quale coesistono profitto e realizzazione dei diritti sociali.
I dati normativi e giurisprudenziali che hanno alimentato il recente dibattito sull’insanabilità dell’atto nullo sono analizzati unitamente agli espedienti escogitati per ricomporre ciascuna delle «fattispecie devianti» nella classica sistemazione binaria delle patologie negoziali (nullità/annullabilità). Le soluzioni proposte al problema della sanatoria del negozio nullo si fondano sulla complessità funzionale del rimedio: questa, trascendendo la sola parte debole del contratto, realizza talora l’interesse meritevole degli altri soggetti operanti sul mercato al ripristino delle regole del gioco; talaltra l’ulteriore scopo, inscrivibile in una logica specifica di deterrenza, di disincentivare a monte l’inserimento di clausole abusive ad opera del contraente forte.
Il rifiuto etico-religioso di cure da parte del danneggiato costituisce una circostanza idonea ad interrompere il nesso causale tra l’evento (sinistro automobilistico) e le conseguenze più gravi (morte della vittima) che ne sono derivate? Il problema è stato finora affrontato, con apprezzabile dispendio di energie, soprattutto nella letteratura e nella giurisprudenza nordamericane. La prima sentenza edita in Italia su di un caso che si presentava in tutto simile ai cases d’oltreoceano è finora passata quasi inosservata e, nel complesso, lascia in dote più ombre che luci. A non convincere è la ratio decidendi che sembra dare adito alla sistematica allocazione sull’occasionale danneggiante del peso economico della scelta identitaria di rifiutare le cure da parte del danneggiato.
Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia UE in materia di nullità protettive, la legittimazione relativa coesiste con la rilevabilità ex officio in ragione dello scopo di assicurare effettività in sede processuale alla protezione del contraente debole. Il coordinamento pratico tra le due regole esige, tuttavia, che siano ulteriormente individuati il tipo di scrutinio rimesso all’organo giudicante, i limiti entro i quali il potere di rilievo ex officio è destinato ad operare e la sua modulazione rispetto agli interessi sottesi alla fattispecie. In taluni casi, per quanto residuali, la modulazione del rilievo ex officio sulla scorta degli interessi protetti esige che la nullità del contratto venga pronunciata anche contro la volontà del contraente legittimato.
I fenomeni di social venture capital, dei fondi europei di investimento ad impatto sociale (EuSEF) e dei social impact bond preludono chiaramente al mutamento delle forme di finanziamento dell’attività d’impresa. Muta l’interesse dell’investitore, che cade non soltanto sul risultato finanziario ma anche, con differenti accenti, sul raggiungimento di «impatti sociali positivi misurabili» (art. 3, comma 1, lett. d, del Reg. UE n. 346 del 2013). La diffusione dell’impact investing nel mercato comune presuppone tuttavia il rinnovamento degli studi sul Terzo settore e la messa a fuoco delle ricadute, pressoché inedite, che si annidano nelle maglie del fenomeno, sia in termini di potenziale abuso in danno degli investitori che di frustrazione delle finalità “altruistiche” dell’ente finanziato.
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