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Rita Auriemma
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Beni Culturali
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-ANT/10 - Metodologie della Ricerca Archeologica
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Nell’ambito del Progetto Storie dal mare (Università di Trieste- Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia), è stato condotto un programma di ricerche nella Laguna di Marano (Ud); ubicata in corrispondenza dello sbocco a mare di alcuni dei principali corsi d’acqua anticamente navigabili, l’area lagunare e perilagunare fu interessata nelle varie epoche da un’intensa antropizzazione - già dal Neolitico - e da un rilevante ruolo commerciale connesso con lo sfruttamento delle vie d’acqua fluviali, evidente soprattutto in età romana. Dopo le ricerche preliminari si sono avviate indagini in vari siti della laguna oggi sommersi o semisommersi; le attività subacquee hanno interessato l’insediamento sull’isola di Bioni, le strutture presso l’isola di S. Andrea, un vano con pavimentazione musiva documentato a Piere d’Isela, i resti di Piere del Ficariol, l’eccezionale complesso edilizio a Piere del Tribel, con vari ambienti, forse destinati anche all’immagazzinamento di merci. Le indagini geoarcheologiche restituiscono un paesaggio profondamente diverso, con varie presenze disposte lungo i canali che in antico rendevano la laguna “cerniera” tra vie di mare e vie di terra.
Nell’ambito del Progetto Storie dal mare (Università di Trieste- Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia) è stato condotto un programma di ricerche nella Laguna di Marano (Ud); ubicata in corrispondenza dello sbocco a mare di alcuni dei principali corsi d’acqua anticamente navigabili, l’area lagunare e perilagunare fu interessata nelle varie epoche da un’intensa antropizzazione - già dal Neolitico - e da un rilevante ruolo commerciale connesso con lo sfruttamento delle vie d’acqua fluviali, evidente soprattutto in età romana. Dopo le ricerche preliminari si sono avviate indagini in vari siti della laguna oggi sommersi o semisommersi; le attività subacquee hanno interessato l’insediamento sull’isola di Bioni, le strutture presso l’isola di S. Andrea, un vano con pavimentazione musiva documentato a Piere d’Isela, i resti di Piere del Ficariol, l’eccezionale complesso edilizio a Piere del Tribel, con vari ambienti, forse destinati anche all’immagazzinamento di merci. Le indagini geoarcheologiche restituiscono un paesaggio profondamente diverso, con varie presenze disposte lungo i canali che in antico rendevano la laguna “cerniera” tra vie di mare e vie di terra. La mostra Alle porte del mare, la prima dedicata alla storia e all’archeologia del comprensorio lagunare, presenta al pubblico le nuove scoperte e tutte le più importanti testimonianze archeologiche del territorio attraverso una ricca collezione di reperti, in gran parte inediti, provenienti da diversi musei della regione: il Museo Archeologico della Laguna di Marano, il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, il Museo Archeologico dei Civici Musei di Udine e il Museo Friulano di Storia Naturale.
The interdisciplinary ‘Aquaria for the Promotion of Environment and History’ (A.Pr.E.H.) is an in progress project financed within the framework of the European Territorial Cooperation Programme (E.T.C.P.) “Greece-Italy” 2007-2013. The project - whose Italian partners are the University of Salento (Leader), the Province of Lecce, the Municipality of Nardò, while the Greek partners are the University of Patras and the Municipality of Kefalonia – will be concluded within February 2014 and aims to study and to promote the historical and natural submarine heritages which characterize two Ionian areas of the Mediterranean: Salento peninsula (SE-Italy) and Kefalonia Island (W-Greece). To accomplish the project, two small public Aquaria have been designed, respectively at the localities of Santa Maria al Bagno (Nardò) and Argostoli (Kefalonia). The mission of both Aquaria will be the promotion, education, and information point not only for the knowledge of the local marine fauna and flora, but also for the many ancient wrecks which stay in these seas by 3,500 years at least. In each Aquarium several natural submerged landscapes and historical findings will be exhibited representing the other partner country, to provide an integrated transboundary touristic promotion.
In the Protected Marine Area of Porto Cesareo (Lecce, Italy) various submerged and semi-submerged evidences have been highlighted/picked out by some recent notifications and preliminary surveys carried out by the Dipartimento di Beni Culturali – Università del Salento, in close collaboration with the Protected Marine Area: - a navis lapidaria wreck, with a cargo of monumental marble columns from Eubea (Greece), of the Roman Imperial age; - various scattered and decontextualized finds (amphorae, anchor stocks, pottery sherds); - a beached wreck, probably Medieval, at - 2 m.s.l. and 150 m from the coastline; - some submerged structures, located between the Scalo di Furno promontory and the opposite islet, at - 2.20 m.s.l; according to the building technique and the morphology, to the presence of Middle Bronze age ware, and mostly to the sea level relative rising values, we could identify them with the submerged part of the Bronze age Scalo di Furno settlement on the headland; - remains of structures (walls, buildings, burial areas) and finds of Roman age along the shoreline of T. Chianca headland and the close peninsula, partially submerged and eroded. The last three evidences allow us to hypothesize an ancient coastal landscape significantly different and a “dynamic” outline during the centuries.
In the Porto Cesareo (Lecce, Italy) coastal area, submerged and semi-submerged archaeological evidence has been uncovered by recent preliminary surveys carried out in close collaboration with the local marine protected area (MPA): (a) a navis lapidaria wreck of the Roman imperial age; (b) various scattered and decontextualised finds; (c) a beached wreck, probably medieval; (d) some submerged built-structures that are part of the Bronze Age Scalo di Furno settlement; and (e) remains of structures (walls, buildings, burial areas). The last three pieces of evidence allow for the hypothesis of a significantly different ancient coastal landscape than that of the present and a ‘dynamic’ scenario over the centuries.
New precise measures of submerged archaeological and geomorphological markers in the Northeastern Adriatic Sea are provided. Six submerged archaeological sites were studied, dated ~2.0 ka BP, located along the NE Adriatic coast (Italy, Slovenia and Croatia). The altitudes of selected significant archaeological markers were measured with respect to the present sea level. The interpretation of the functional heights related with sea level at the time of their construction provided data on the relative changes between land and sea; these data have been compared with the predicted sea level rise curves, using new mathematical models for the glacio-hydro-isostatic contributions associated with the last deglaciation. The northeast Adriatic (Italy, Slovenia and Croatia) is an area of subsidence and we use the calibrated model results to isolate the isostatic from the tectonic contributions. This indicates that the Adriatic coast from the Gulf of Trieste to the southern Istria has been tectonically downlifted by no less then ~ 1.5 m since Roman times.
Nel settembre 2013 ha avuto luogo la seconda campagna di ricerche archeologiche subacquee e costiere nell’area portuale di Savudrija/Salvore, presso Umag/Umago (figg. 1-2), lungo la costa croata dell’Istria (la prima si era svolta nel maggio 2011), frutto di un accordo di collaborazione tra due atenei italiani, l’Università del Salento – Dipartimento di Beni Culturali e l’Università di Trieste - Dipartimento di Studi Umanistici, e due istituzioni croate molto attive in territorio istriano: il Museo Archeologico dell’Istria - Arheološki muzej Istre (AMI) e il Museo Civico di Umago - Muzej grada Umaga. Gli obiettivi principali delle due campagne erano la completa documentazione delle strutture sommerse, il posizionamento topografico delle strutture lungo la linea di riva (muri e c.d. cisterna), il reperimento di riferimenti cronologici per l’impianto e la frequentazione del bacino e delle infrastrutture portuali. Finalità ultima della ricerca, che prevede una terza campagna nel 2014, è la restituzione del paesaggio costiero di età romana, fase per la quale abbiamo più indicatori, nonché dei modi e delle forme del suo popolamento.
Nell’ambito di un accordo di cooperazione tra Università del Salento, Università di Trieste, Museo Archeologico dell’Istria-Pola e Museo Civico di Umago, è in corso d’opera un programma di ricerca che ha come finalità precipua la ricostruzione del paesaggio antico e della linea di costa in età romana a Salvore/Savudrija (Umago/Umag, Istria, Croazia), profondamente diversa da quella attuale a causa delle variazioni relative del livello del mare, innalzatosi di circa m 1,60 negli ultimi 2000 anni. Il primo obiettivo è stato il rilievo (eseguito sia con ecoscandaglio multibeam che con stazione totale) delle infrastrutture portuali superstiti, attualmente sotto il livello del mare: il possente antemurale meridionale, lungo circa 150 m, il molo interno e la banchina meridionale a questo connessa, mentre molo settentrionale e banchina occidentale erano già documentati negli studi pregressi. Sono state inoltre rilevate le strutture emerse lungo la linea di riva, che suggeriscono la presenza di edifici a carattere sia abitativo che produttivo e di opere di contenimento e di sostruzione; particolarmente conservata è la cosiddetta cisterna, poderosa costruzione a pianta quadrangolare, probabilmente identificabile con un vano pertinente a un piano seminterrato. Infine, saggi di scavo hanno interessato sia il molo meridionale che quello interno. Lo scopo era stabilire l’altezza della gettata di fondazione e la profondità del bed-rock, evidenziare le fasi costruttive e puntualizzare l’arco cronologico di impianto e frequentazione. Obiettivo ulteriore e finale è quello di contestualizzare questo bacino così significativo (40.000 mq) nella gerarchia portuale del paesaggio costiero istriano. I dati, in attesa di ulteriori conferme dallo studio dei materiali, permettono di proporre un’ipotesi di restituzione della fisionomia di questo tratto di costa in età romana, dei modelli insediativi e della relazione tra questo porto e il territorio che vi gravita
viene presentato un progetto per la realizzazione di un acquario in Santa Maria al Bagno (Nardò-LE) impostato sulla presenza di relitti sommersi (di cui la zona è ricca) piuttosto che sulla biodiversità marina
Le cave costiere di macine granarie e olearie sommerse o sollevate rispetto al livello attuale del mare possono essere significativi indicatori di movimenti verticali relativi mare-terra. Il contributo esamina una serie di cave costiere per l’estrazione di macine cilindriche ubicate in Italia meridionale ed in gran parte inedite: Capo d’Orlando e Letojanni in Sicilia; Soverato, Tropea e Capo dell’Armi in Calabria; Palinuro, Scario e Castellabate in Campania, San Vito presso Polignano in Puglia. Una rassegna delle destinazioni d’uso di questi manufatti evidenzia la longevità della macina cilindrica di diametro superiore al metro come strumento utile alla lavorazione sia dell’olio che dei cereali; questo rende difficoltoso precisare il range cronologico di gran parte dei siti in esame; l’unica cava che restituisce dati puntuali relativi al periodo di sfruttamento e abbandono è quella del Molare di Scario (Sa), grazie alla presenza di depositi stratigrafici e datazioni al radiocarbonio. I valori di profondità (rispetto al livello del mare) e l’età di questo sito coincidono perfettamente con l’andamento della curva glacio-idro-isostatica predetta. Ponendo sulla stessa curva i dati di quota attuale (rispetto al livello del mare) degli altri siti stabili (S. Vito di Polignano, Palinuro, Castellabate), si è potuto ipotizzare la possibile datazione degli stessi, con un processo inverso a quello solitamente applicato.
Waterlogged wood samples of Ulmus sp. and Fraxinus sp. from the ancient harbor of Otranto in Southern Italy were radiocarbon dated by accelerator mass spectrometry (AMS) and examined for physical and chemical changes to assess the degree of degradation. The analyzed woods were dated to the 2nd half of the twelfth – 1st half of the thirteenth centuries AD. The results of all the used methods (maximum water content, basic density, shrinkage, XRD analysis and holocellulose content) indicated a low level of degradation in the inner part of the wooden find. The outer and middle part, on the other hand, showed a greater degradation level. An important result is the identification of a not homogeneous degradation in the different parts of the examined wooden block, which will affect the design of the consolidating treatment
Nel 2011 e 2013. hanno avuto luogo le campagne di ricerche archeologiche subacquee nell’area portuale di Savudrija/Salvore presso Umag/Umago dove si trovano gli resti di porto romano. In origine il bacino antico comprendeva una serie di infrastrutture, alcune delle quali ancora visibili nonostante lo stato di conservazione sia stato talora pesantemente compromesso dalla violenta azione del moto ondoso. Appariva di forma subtriangolare, delimitato da due moli o antemurali contrapposti alla stessa altezza. La superficie interna corrispondeva a circa 46.000 mq. Non é più attualmente visibile il molo nord, che, all’epoca della ricognizione di Degrassi, era lungo circa 50 m, attualmente risulta inglobato nel molo moderno. A ridosso del molo settentrionale e collegata a quello si trovava la banchina lunga 70 m. Gli obiettivi principali delle due campagne erano la completa documentazione delle strutture sommerse, il posizionamento topografico delle strutture lungo la linea di riva, il reperimento di riferimenti cronologici per l’impianto e la frequentazione del bacino e delle infrastrutture portuali. La documentazione ha richiesto la pulizia preliminare delle strutture e il rilevamento delle strutture sommerse. In entrambe le campagne sono stati condotti saggi di scavo: nel 2011 é stato indagato l’imponente molo/antemurale meridionale, nel 2013 il “molo” interno; lo scavo stratigrafico ha permesso di recuperare i dati relativi a cronologia, tecnica costruttiva e destinazione d’uso e di formulare una prima ipotesi di ricostruzione del paesaggio costiero antico.
L'articolo delinea modi e dinamiche insediative della fascia costiera tergestina; descrive inoltre la portualità cittadina, articolata in un porto esterno e in una riva attrezzata interna; brevi note sono riservate alle merci e ai circuiti preferenziali.
Il Progetto è nato da una prospettiva nuova della ricerca, che è anche una prospettiva nuova della conservazione, della valorizzazione e della fruizione dei giacimenti archeologici: l’archeologia dei paesaggi, in questo caso costieri, per restituire agli stessi l’integrità e la comune identità. Questa prospettiva e questa finalità informano la Convenzione 2001 dell’Unesco sulla Protezione del Patrimonio Culturale Subacqueo, e la Misura Interreg a cui afferiva il Progetto, cioè la “cooperazione nella cultura, nella comunicazione, nella ricerca e tra istituzioni, e per l’armonizzazione dei sistemi”. La prima convenzione tra il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università degli Studi di Trieste, il Museo del Mare “Sergej Mašera” di Pirano e l’ENEA (Ente Nazionale per l’Energia e l’Ambiente - Progetto Speciale Clima Globale), ha successivamente coinvolto altre istituzioni italiane e slovene: la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia e il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università di Trieste (DiSGAM), l’Istituto per la Tutela dei Beni Culturali della Slovenia, Unità territoriale di Pirano e il Gruppo di Archeologia Subacquea della Slovenia; coordinatrice Rita Auriemma, che ha anche curato, insieme a Snježana Karinja, Museo di Pirano, la serie di eventi. Sono state indagate strutture preromane e romane parzialmente o totalmente sommerse ed evidenze archeologiche presenti nella fascia immediatamente retrostante, lungo il tratto di costa compreso tra le foci del Timavo e Pirano, che hanno fornito importanti indicazioni sui modi e sulle fasi del popolamento costiero nell’antichità. Risultati di grande rilievo sono quelli relativi alle trasformazioni del profilo costiero, alle variazioni del livello del mare e più ampiamente climatiche, che testimoniano quanto può essere significativo l’apporto della ricerca storico-archeologica al fine sia di una profonda conoscenza dell’ambiente e delle modificazioni che lo hanno interessato e lo interesseranno, sia di un corretto uso dello stesso.
Roman age fishponds along the Istrian and Dalmatian coast were studied with the aim of using the data as sea-level markers. Although the Adriatic fishponds do not display the architectural features (crepidines, channels, etc.) that can be observed in the Tyrrhenian ones and serve as precise sea-level markers, their structural elements can be used to define the sea-level rise. Fishponds at S. Bartolomeo and Fisine in Slovenja, Kupanja, near Parenzo, and at Katoro, near Umago, in Croatia, were studied and measured. The pool investigated in the island of Svrsata Vela, on the Kornati Islands, represents a different feature. Located on the northwest coast of the island, adjacent to the southern part of the gulf, it is a single square pool, with dimensions clearly less than the Istrian fishtanks, similar to those associated with the Tyrrhenian villae maritimae. These data (the altitude of archaeological markers below sea level) were corrected for tide and pressure and compared with predictions derived from the SELEN glacio-hydroisostatic model. Comparison with the predicted sea level allows calculation of tectonic rates that range between 0.63 and 0.89 mm/year since Roman times.
Nell’ambito del Progetto Storie dal mare (Università di Trieste- Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia) è stato condotto un programma di ricerche nella Laguna di Marano (Ud); ubicata in corrispondenza dello sbocco a mare di alcuni dei principali corsi d’acqua anticamente navigabili, l’area lagunare e perilagunare fu interessata nelle varie epoche da un’intensa antropizzazione - già dal Neolitico - e da un rilevante ruolo commerciale connesso con lo sfruttamento delle vie d’acqua fluviali, evidente soprattutto in età romana. Dopo le ricerche preliminari si sono avviate indagini in vari siti della laguna oggi sommersi o semisommersi; le attività subacquee hanno interessato l’insediamento sull’isola di Bioni, le strutture presso l’isola di S. Andrea, un vano con pavimentazione musiva documentato a Piere d’Isela, i resti di Piere del Ficariol, l’eccezionale complesso edilizio a Piere del Tribel, con vari ambienti, forse destinati anche all’immagazzinamento di merci. Le indagini geoarcheologiche restituiscono un paesaggio profondamente diverso, con varie presenze disposte lungo i canali che in antico rendevano la laguna “cerniera” tra vie di mare e vie di terra.
Nella nostra proposta di restituzione del paesaggio costiero antico attraverso lo studio delle evidenze archeologiche ed in particolare delle unità residenziali e degli approdi a quelle connesse, risultano particolarmente rilevanti due aspetti: la loro valenza come markers dell’evoluzione geomorfologica e delle variazioni relative del livello del mare e l’omogeneità delle forme e dei modi del popolamento costiero. L’area più occidentale, coincidente con il lacus Timavi, è quella che più violentemente è stata alterata dall’azione dell’uomo: in antico doveva essere caratterizzata da una laguna protetta probabilmente da isole, con un’ampia zona boschiva verso terra e insediamenti di vario genere lungo o in prossimità delle acque dolci e salate: particolarmente significative, oltre ai luoghi di culto, ai centri produttivi e termali, appaiono le residenze, sempre dotate di approdi, che punteggiano le rive di questo sistema endolagunare. Alla laguna costiera del Lacus Timavi ed a Castellum Pucinum seguiva un tratto di costa alta, meno ospitale, comunque segnata da attività di intenso sfruttamento delle risorse: la zona tra Duino/Sistiana e Grignano, che aveva alle spalle una fiorente industria di estrazione litica, cui erano connesse alcune delle ville individuate sul ciglione carsico. Probabilmente, visto dal mare, il paesaggio tra Sistiana e Trieste non doveva essere molto dissimile dall'attuale: ville su più livelli, basse e dissimulate tra la vegetazione, con piccoli approdi sul mare, comuni forse a più insediamenti. L’analisi recente del numeroso materiale manoscritto lasciato da Alberto Puschi ha aperto nuove ed interessanti vie d’indagine. In particolare, il panorama dei siti archeologici a noi noti nell’area tra Monfalcone e Grignano si è arricchito di notizie inedite e ha permesso di precisare ulteriormente l’assetto residenziale di questo comparto.
L'articolo evidenzia le dinamiche di formazione del relitto dei bronzi di Punta del Serrone, a nord di Brindisi; si tratta di un carico di nave "rottamiera" che, probabilmente dopo un violento impatto contro la scogliera rocciosa, si è disperso su un'area abbastanza vasta; alcune notazioni sono riservate ai materiali fittili e metallici frammisti ai frammenti di statue bronzee, in gran parte estranei al carico.
Descizione dei contenuti della mostra Terre di mare, allestita a Trieste, Grado, Portorose, Ljubljana , ideata ed organizzata dalle autrici del contributo, per il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Trieste ed il Museo del Mare “Sergej Mašera” di Pirano, in collaborazione con l’ENEA, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università di Trieste, l’Istituto per la Tutela dei Beni Culturali della Slovenia, Unità territoriale di Pirano, ed il Gruppo di Archeologia Subacquea della Slovenia.
New data are presented for late Holocene relative sea-level changes in two coastal sites of Sicily and Calabria, southern Italy. Reconstructions are based on precise measurements of submerged archaeological remains that are valuable indicators of past sea-level position. The archaeological remains are millstone quarries carved on sandstone coastal rocks and nowadays partially submerged which, to the authors’ knowledge, are used for the first time as sea-level markers. Millstones of similar typology are located on the coast of Capo d’Orlando (northern Sicily) and Capo dell’Armi (southern Calabria). When the archeologically-based sea-level position is compared with the shoreline elevation provided by geological markers (Holocene beachrock, Late Pleistocene marine terraces), a refined understanding of relative sea-level changes and rates of vertical tectonic movements for these coastline locations is gained.
The coasts of Italy still preserve several remnants of coastal quarries built in antiquity, that now provide insights into the intervening sea-level changes occurred during the last millennia. In this paper, we show and discuss a new class of sea level indicator consisting of millstones carved along the rocky coast of southern Italy since 2500 BP, that are currently submerged. They were extracted from beachrocks, sandstones or similar sedimentary rocks, easier for carving by ancient carving tools. Our study focuses on 10 coastal sites located at Capo d’Orlando, Avola, and Letojanni, in Sicily; Soverato, Tropea, and Capo dell’Armi, in Calabria; Castellabate, Palinuro, and Scario, in Campania; and Polignano San Vito, in Apulia. Unfortunately, only limited archaeological information is available for these anthropic structures. Scario, one of these millstone quarries discussed here, has been dated through independent archaeological remains, allowing us to restrict the exploitation age to the end of XVII century. Present day elevations of these coastal sites were obtained through geo-archaeological surveys calibrated using the nearest tidal stations, together with geomorphological and tectonic interpretations. Data were compared against the latest sea level predictions based on glacio-hydro-isostatic models. Our results allow proposal of the age-range of these millstone quarries and to estimate the intervening relative sea level changes since the time when they were carved.
In marine archaeology, many artifacts made of metallic or organic material are found in different state of conservation depending of the environment in which they are discovered. Once brought to the surface for study or display purposes, the artifacts need to be treated properly otherwise they deteriorate in a short lapse of time. The fragility of organic artifacts and the volumetric variation caused by the marine life on or surrounding them and water lead to the need for measuring the physical dimensions soon after an artifact is extracted from the sea. In an ideal context, it would be appropriate to preserve and restore the archaeological elements rapidly and with the latest methods but due to the large number of artifacts, the cost of complete restoration activities becomes prohibitive for the funding available in public institutions. For this reason, many public laboratories are resorting to digital technologies for documentation, restoration, display and conservation. In this paper, we illustrate the experience of the University of Salento in this area of archaeology using 3D imaging technology. The interest sprang from the need to develop a protocol for documentation and digital restoration of archaeological finds discovered along the coast of Torre S. Sabina (BR) Italy.
Progettazione e cura, con V. Degrassi, della mostra “In queste terre, nel corso del tempo”: Centro di Promozione Turistica, Sistiana, Duino (Ts), 19 ottobre – 18 novembre 2012.
Progettazione scientifica e cura della mostra (con Paola Maggi) “Alle porte del mare. Paesaggi d’acqua e di storia nella laguna di Marano”, realizzata dall'Università di Trieste - Dipartimento di Studi Umanistici e dal Comune di Marano in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia (Marano, Vecchia Pescheria, 31.08 – 03.11.2013).
Il contributo intende fornire un aggiornamento dei dati della ricerca archeologica sui giacimenti subacquei lungo le coste della Puglia meridionale, nel basso Adriatico e nello Ionio, condotta dall’Università del Salento nel corso degli ultimissimi anni. L’incremento delle conoscenze e la disponibilità di un ingente corpus di evidenze ha determinato lo sviluppo di riflessioni su temi diversi, che si possono però ricondurre a tre linee principali di ricerca: l’archeologia dei paesaggi costieri, l’archeologia navale, l’archeologia subacquea come strumento metodologico per la storia economica dell’antichità. Le novità riguardano in particolar modo una serie di nuovi carichi ed il riconoscimento di classi di materiali che testimoniano ulteriori importazioni da varie aree del Mediterraneo, così come l’ampia diffusione di produzioni locali; lo scavo del relitto di Torre S. Sabina (Br), eccezionalmente conservato, come esempio di costruzione navale tardoantica; l’individuazione di scafi di età medievale e postmedievale, con l’armamento di bordo; l’incremento di markers archeologici delle variazioni relative del livello del mare, come il settore sommerso dell’insediamento protostorico di Scalo di Furno (Porto Cesareo, Le), i numerosi esempi di relitti spiaggiati lungo tutta la costa e le strutture portuali sommerse di età medievale ad Otranto. I nuovi dati confluiscono, come i precedenti, nel Sistema Informativo della Carta Archeologica Subacquea del Salento, in costante ampliamento, aggiornamento e perfezionamento; è in corso d’opera il progetto di un’applicazione in rete per la gestione dei dati cartografici e alfanumerici relativi alle evidenze archeologiche subacquee e costiere del Salento, per l’ upgrade della Carta in un WebGIS da associare a quello già parzialmente strutturato della Carta dei Beni Culturali della Puglia.
L'articolo presenta i dati emersi dallo studio dei materiali ceramici di età romana restituiti dai siti della fascia costiera di Trieste, in particolare dall’area delle Bocche del Timavo e dalla penisola muggesana. La precocità dell’aspetto cronologico emerge con particolare evidenza nei siti di “Casa Pahor” e di “Palazzo d’Attila” nell’area delle risorgive del Timavo, che sembrano pertinenti un complesso architettonico unitario. Analoga precocità cronologica si registra nel vicino deposito di Punta dei Cocci e nel Terzo Ramo del Timavo, entrambi sotto il livello del mare. A Stramare, presso Muggia, particolarmente ricco è il repertorio di ceramica grigia, la cui datazione precoce, risalente alle fasi di prima romanizzazione, unitamente all’abbondanza dei rinvenimenti, ha fatto ipotizzare la presenza in loco di un’area produttiva. Altri fenomeni degni di nota sono l’eterogeneità delle evidenze e la pluralità dei mercati. Il nucleo di materiali subacquei dal Terzo Ramo del Timavo è quello che riflette una maggiore pluralità di presenze, a conferma della vocazione emporica e della precocità del sistema portuale endolagunare; la fase romana è documentata da un ventaglio di classi e produzioni. Nel deposito di Punta dei Cocci particolarmente interessante risulta l’insieme delle sigillate – italiche e galliche - che documentano una frequentazione dell’area dall’età augusteo-tiberiana a quella trainaea con una massiccia concentrazione di pezzi inquadrabili in età claudio-neroniana. I contenitori da trasporto evidenziano il rapporto privilegiato con la pars orientalis del Mediterraneo, analogamente a quanto accade anche in altri siti adriatici: i contenitori provenienti dall’area egea e pontica superano le presenze africane e sono secondi alle produzioni italiche. Le produzioni adriatiche caratterizzano, in misura maggiore o minore, tutti i contesti da noi esaminati. Rappresentano comunque, in tutti i casi, il blocco maggioritario, con alcuni – lievi – décalages temporali. Gli indici di presenza delle produzione iberiche sono quasi trascurabili, fatta eccezione per le anfore betiche da salagione (Dressel 9) riutilizzate in opere di bonifica. Le anfore iberiche e le sigillate sudgalliche potrebbero essere testimoni di un legame privilegiato tra l’area del Castellum Pucinum e il Mediterraneo occidentale.
Lo studio delle anfore da trasporto rinvenute nei contesti dell’alto e del basso Adriatico qui presentati permette di delineare, per il III e il IV sec. d.C., linee di tendenza e aspetti comuni, individuabili nella contrazione delle produzioni italiche cui fanno da contrappunto l’egemonia delle anfore orientali e il progressivo incremento delle importazioni nordafricane. Queste dinamiche rientrano in una koiné adriatico-padana, che riflette il modello del commercio di redistribuzione, di cui sono protagonisti grandi ports of trade, come Aquileia e Brindisi lungo la costa occidentale, cui si affianca una serie di approdi minori satelliti. The study of transport amphorae from some northern and southern Adriatic sites shows common features and trends. During III-IV century A.D., the supremacy of eastern Mediterranean amphorae and the increase of importations from North Africa occur, while the Italic productions vanish almost completely. These dynamics are part of an Adriatic Sea/Po Valley koiné that reflects a redistribution pattern, where the protagonists are big ports of trade – for instance, Aquileia and Brindisi along the western coast – with some others satellite landing-places.
We studied the last 2 ka sea level change along the Italian, Slovenian and Croatian coastlines (Eastern Adriatic Sea) using archaeological and geomorphological markers surveyed between Duino and S. Simonov, along the eastern part of the Gulf of Trieste. Moreover, we present 14C AMS analyses provided on lagoonal fossil shells compraised between 9.7 an 4.6 ka BP at altitude between -1.3 and -4.5 m in Istria. Many Authors (Pirazzoli, 1980; Fouache et al., 2000; Benac et al., 2004) published geomorphological, archaeological and sismotectonic research works between the coast of Duino (Trieste) up to the central coast of Croatia (Zadar). Along the limestone coast, the Authors revealed a quasi-continous occurence of a submerged marine notch at a depth between –0.5 m and –1.0 m. In addition, Roman age archaeological markers were measured at depths lower than –0.5 m and often lower than –1.0 m. Antonioli et al. (2004) provided geomorphogical observations on marine notches in the Gulf of Trieste between –0.7 m and –2.55 m. Since the northern part of the Gulf is dominated by highly conservative limestone rocks, we provide new detailed geomorphological measurements, surveying a continous marine notch in 11 different sites. In this area there are no archaeological remains related to sea level changes. On the contrary, since the southern coast between Stramare (Italy) and Izola (Slovenija) is dominated by Flysch, there are no notches but 5 submerged archaeological sites. The altitude of the marine notch vary between –0.65 m on the Miramare olistoliths and –0.9 m in Canovella de’ Zoppoli. The depth of the notch increases in direction of Duino, from –1.3 m close to the Sistiana Harbour to –2.55 m below the castle of Duino. This situation highlights a clear SE-NW tilting versus in the Gulf of Trieste. Braitenberg et al. (2005), on the basis of tidal gauge data (over 110 years) and the movement of the last 30 years of the Grotta Gigante pendulum, hypothesized that NW movements could still be active. In the southern part of the Gulf, the mean values of the tide and pressure-corrected archaeological measurements (all provided by harbour stones) indicate a depth of -1.6±0.5 m for the 2 ky Bp sea level (Roman age – I sec. A.D., dated with an amphora at the base of the stones), assuming the top of the wall of the harbours at an altitude of about -0.9 m.
Nel corso degli ultimi anni le attività di ricerca del gruppo di lavoro afferente al Dipartimento Beni Culturali dell’Università del Salento hanno considerevolmente incrementato la banca dati del sistema informativo della Carta Archeologica Subacquea. In particolare, risultano di notevole rilevanza alcuni relitti di età medievale e moderna, peraltro rinvenuti in ambiente di spiaggia, alati o arenatisi, ed attualmente giacenti tra -1.5 e -2.5 m; elemento comune è la valenza di indicatori di variazioni relative del livello del mare e del profilo costiero, da comparare con i modelli eustatici più recenti, come la curva di Lambeck. Il relitto del Bacino Grande di Porto Cesareo (Le), scoperto nel 2010, è stato datato tramite C14 (CEDAD – Università del Salento) tra fine del IX e X secolo; alcune peculiarità costruttive rimanderebbero al Mediterraneo orientale, ponendo quindi stimolanti quesiti sulla possibile provenienza del natante e sulle influenze culturali che denota. Un tassello significativo per la conoscenza dell’importante sito archeologico rappresentato dalla baia di Torre Santa Sabina (Br) è costituito dal presunto relitto postmedievale Torre S. Sabina 5, individuato già nel 1999 a seguito di una operazione congiunta dell’ICR e del Museo Provinciale di Brindisi, ma oggetto di un nuovo intervento di scavo dell’Università del Salento nel 2010. Lo studio di vari reperti, talora attribuiti allo stesso scafo, mira a precisarne entità e cronologia. Il relitto delle Cesine (Le) è una grossa imbarcazione di età moderna (XVIII – XIX secolo) molto ben conservata (oltre 25 m in lunghezza) con spesso fasciame, ordinate grosse e serrate e lamina di rame di rivestimento, a cui sono presumibilmente riferibili due cannoni poco distanti. Analogo ad esso è il relitto di Torre Rinalda (Le), alcuni chilometri più a nord, nella cui area poppiera si è individuata una serie di barilotti contenenti polvere da sparo, palle di moschetto e sostanze antidetonanti. I processi formativi di questi relitti trovano un prezioso riferimento in un atto notarile degli inizi dell’Ottocento, che attesta lo scampato naufragio di una nave salpata da Trieste ed incagliatasi proprio nelle acque antistanti le Cesine.
Lungo le coste adriatiche e ioniche si addensano giacimenti riferibili alla fase in esame, che presentano aree di particolare concentrazione ed un picco per la tarda repubblica, tra II e I sec. a.C. Per i giacimenti di età ellenistica il lavoro di revisione dei materiali, alla luce delle ultime acquisizioni degli studi ceramologici, si è rivelato particolarmente utile: in tutti appaiono quelle produzioni dell’Italia meridionale e della Sicilia, indici del boom agricolo e produttivo che interessa queste aree, e protagoniste di flussi di esportazione ormai consistenti, solitamente in associazione con anfore corciresi. La maggiore “densità” di testimonianze si registra però solo alla fine dell’età ellenistica, negli ultimi due secoli della repubblica: i carichi di produzioni “grecoitaliche tarde” e soprattutto adriatiche (Lamb. 2, Dr. 6A, anfore ovoidali) costituiscono il nucleo più numeroso. Ad esse si associano produzione greche, a conferma di quell’appartenenza dell’Adriatico alla “pars orientalis” del Mediterraneo. I carichi secondari sono rappresentati da ceramica fine e comune dell’Italia meridionale, di entrambi i versanti, e dell’area egea. Particolarmente emblematico appare il carico tardorepubblicano di Torre S. Sabina (Br), alla luce delle ultime indagini stratigrafiche condotte dall’Università del Salento. Vi figurano anfore di produzione locale ed egea – in particolare rodia – cui si associano ceramiche comuni da mensa, da dispensa e da cucina e ceramiche fini di produzione apula, come ceramica a pasta grigia, sovraddipinta, a vernice nera, anche nella produzione HFR (Hard Fired Red), e coppe a rilievo. È inoltre possibile riconoscere anche ceramiche di ambito tirrenico (Campana A e B) e manufatti provenienti dal Mediterraneo orientale, tra cui una notevole quantità di coppe megaresi (ca. 600 frammenti) e di Sigillata Orientale A. Si tratta di una preziosa attestazione di un commercio di redistribuzione che vede in Brindisi il suo epicentro. Va tuttavia sottolineato che l’ingente ed eterogeneo deposito di Torre S. Sabina, tuttora in corso di studio, comprende anche materiali da ascrivere alla discarica portuale, che rendono ancora problematica la restituzione complessiva di questo carico. I giacimenti con anfore Lamb. 2 e Dr. 6A e/o forme di transizione tra i due tipi sono particolarmente numerosi, lungo entrambe le coste dell’Adriatico; in alcuni di essi appare anche vasellame decorato di produzione norditalica o laterizi. Un’ultima notazione, infine, concerne le navi a dolia: rinvenimenti in Adriatico e Ionio hanno permesso di arricchire e precisare il quadro del commercio di vino sfuso di minor pregio e più largo consumo, trasportato nei grandi contenitori globulari e in anfore Dr. 2-4 di produzione adriatica.
As a part of the main Project Storie dal mare which has been carried by Department of Humanistic Studies, University of Trieste and in collaboration between Archeological Museum of Istria in Pula and Umag Municipal Museum in Croatia the research has been conducted in the Bay of Savudrija. The main aim of this project was the reconstruction of the ancient landscape and the evaluation of the shoreline during Roman Age. The goal of archaeological campaign in 2011 was to make a complete documentation of southern breakwater and pier (using the multibeam technique and total station) and to try to make topography of all roman architectural structures, visible along the coast. The ancient port basin in the bay of Savudrija includes a complex consisting of different structures, some of which are visible along the bay. The basin was triangular in shape, and was closed by two symmetrically placed breakwaters. The other archaeological structures as pier and walls on the coast extend themselves along the southern line of the bay. The area containing the Roman structures belonged to a section of the first lowest terrace of a Roman structure which during Roman Age should be extended towards the sea. A preliminary analysis of the archaeological materials excavated in the bay indicates that the area was used since the beginnings of the Empire until the Late Roman period, that is from the 1st to the 6th century.
The paper aims to describe the significant results of the Interreg Italy–Slovenia Project “AltoAdriatico”. The project was conceived on a relatively new approach to the research, preservation, evaluation and fruition of archaeological sites, based on the landscape or global archaeology or, better, the geoarcheology (“an integrated way of understanding humans in dynamic landscapes’’, Barker and Bintcliff, 1999).The project concerned coastal landscapes (italians and slovenians) today separate, with the purpose to restore their common identity. Such approach and objectives are in compliance with UNESCO’s Convention on the conservation of underwater cultural heritage and guidelines of the Interreg program (cooperation in the sphere of culture, in research and strengthening of interinstitutional contacts). The initial agreement was signed by Dipartimento di Scienze dell'Antichità of Trieste University, Maritime Museum "Sergej Mašera"-Piran and ENEA Rome with the project "Global climate", later joined by other institutions The main objective was to analyse modes, patterns and phases of the ancient settlement system along the Trieste and Slovene coasts with a systematic research of the pre-Roman, Roman and mediaeval structures, which are partially or completely submerged, and archaeological sites situated on the coast between the mouth of the Timavo river (Trieste, Italy) and Piran (Slovenia). Furthermore, besides their historical values (chronology, function, tipology, building techniques, etc.), these structures are excellent markers of the relative sea-level changes. The measurements of their depth and the interpretation of the “functional height” have brought quantitative data on the relative rise of the sea (1.6 m since Roman times) and have enabled us to assess the threat status of the area in the future.
Il contributo descrive i risultati della ricerca triennale di archeologia dei paesaggi costieri condotta nell'ambito del progetto Interreg Italia-Slovenia IIIA "AltoAdriatico", che ha preso in esame la fascia costiera dalle Foci del Timavo e Pirano, con l’obiettivo di rileggere forme, modalità e fasi del popolamento antico e ridisegnare la fisionomia che questo comprensorio unitario mostrava in antico. Per quanto riguarda il territorio italiano, pur nell’evidente organicità, si notano alcuni settori che presentano caratteristiche peculiari. Il più orientale, coincidente con il lacus Timavi, è forse quello che più violentemente è stato alterato dall’azione dell’uomo: in antico doveva essere caratterizzato da una laguna protetta da isole, con un’ampia zona boschiva verso terra e insediamenti di vario genere lungo o in prossimità delle acque dolci e salate: luoghi di culto, residenze e centri produttivi, forse un'ampia zona termale e soprattutto, approdi di servizio alle singole ville ed uno o piu complessi propriamente portuali. Dopo il Lacus Timavi aveva inizio un tratto di costa alta, sicuramente meno ospitale ma non privo di risorse: nella zona era fiorente l’ estrazione della pietra – che continua ancora oggi nelle cave di Aurisina – e a questo tipo di attività erano probabilmente collegate alcune delle ville individuate sul ciglione carsico. Probabilmente, visto dal mare, questo paesaggio non doveva essere molto diverso dall’attuale: ville su più livelli, basse e seminascoste tra la vegetazione, con piccoli approdi, la cui forma, tipica dei tratti di costa rettilinei - con un molo a U o a “Γ” e, talvolta, con un secondo braccio minore per ridurre l’imboccatura - è stata replicata dai mandracchi di età moderna (Cedas, S. Croce, Filtri, Canovella, ecc.). Gli insediamenti di questo comprensorio potrebbero essere riferiti alla tipologia della villa suburbana: si tratterebbe di proprietà di famiglie che nel centro urbano avevano interessi politici e amministrativi e avevano così la possibilità di conciliare otium e negotium; i piccoli approdi/imbarcaderi erano destinati forse, come gli attuali, all’attracco delle imbarcazioni che facevano la spola con Tergeste, per il trasporto di uomini e rifornimenti. Nel territorio muggesano la conformazione del paesaggio è molto più duttile e disponibile allo sfruttamento delle risorse agricole. L’olivocultura è anche oggi una voce produttiva importante Sono chiaramente evidenti – grazie alla documentazione archeologica miracolosamente conservatasi - due nuclei a vocazione marittima: uno alla foce dell’Ospo, l’altro nell’insenatura di S. Bartolomeo; minore “visibilità” ha invece quello che, secondo Kandler e Degrassi, doveva coincidere con il porto cittadino, l’attuale piazza di Muggia L’epineion dell’Ospo mostra stanziamenti portuali alla foce ed una serie di insediamenti che probabilmente usavano la via fluviale, originariamente più spostata a nord. La baia di S. Bartolomeo, delimitata dai due avancorpi di Punta Sottile e Punta Grossa, è lo scenario emblematico di questo progetto: attualmente è “tagliata” in due da un confine, ma in antico rappresentava un comparto unitario, con una serie di presenze lungo la riva e nella fascia immediatamente retrostante. A Punta Sottile, nella parte più interna dell’insenatura e a Punta Grossa sono state indagati, nel corso del Progetto “AltoAdriatico”, piccoli moli di servizio alle ville retrostanti, segnalati in anni recenti, poderose strutture di attracco e peschiere. Tutte queste evidenze sommerse erano sicuramente in relazione con edifici sulla riva, di cui si vedevano tracce fino a qualche decennio fa. Attività estrattiva e sfruttamento delle risorse agricole e marittime dovevano caratterizzare questo comprensorio, che si distingue per ricchezza ed entità del suo patrimonio storico-archeologico.
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