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Franco Paparella
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Scienze dell'Economia
Area Scientifica
Area 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/12 - Diritto Tributario
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH2 Institutions, Values, Environment and Space: Political science, law, sustainability science, geography, regional studies and planning
Settore ERC 3° livello
SH2_4 Legal studies, constitutions, comparative law
In occasione della riforma realizzata con la legge delega n. 80 del 7 aprile 2003 e con il D. Lgs. n. 344 del 12 dicembre 2003, nel Testo Unico delle imposte sui redditi è stata introdotta, con una soluzione innovativa, la disposizione di cui all’art. 113 il cui fine è quello di favorire la conversione dei crediti vantati dagli enti creditizi in partecipazioni al capitale sociale dell’impresa in temporanea difficoltà finanziaria. Probabilmente la chiara limitazione dell’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della norma non ha favorito l’attenzione della dottrina e, a distanza di quasi un decennio dalla sua introduzione, appare opportuno fare il punto della situazione allo scopo di verificare la razionalità dell’intervento legislativo che tende ad agevolare il risanamento delle imprese in difficoltà finanziaria temporanea ed a salvaguardare altri interessi rilevanti (ad esempio, il mantenimento dei livelli occupazionali, la prosecuzione dell’attività dell’impresa, la conservazione del valore dei complessi aziendali, etc…) tramite la trasformazione dei propri debiti verso il sistema bancario in capitale di rischio. Infatti, sebbene in prima battuta essa delinei un regime di favore (o, comunque, in deroga alle regole ordinarie) per i soggetti istituzionalmente deputati a finanziarie il sistema delle imprese, in realtà, pare principalmente diretta ad ampliare le modalità di soddisfazione dei debiti dell’impresa in difficoltà finanziaria, fornendo ai creditori generalmente più esposti nuove opportunità fiscali sulla base di modalità diverse da quelle che determinano l’apertura di una procedura concorsuale o, comunque, una fase liquidatoria.
La recente soppressione dell’iscrizione a ruolo è una novità legislativa che sovverte un sistema tradizionale allo scopo di rendere più celere ed efficace la riscossione coattiva. Tale finalità non è perseguibile per i settori del diritto tributario in cui l’iscrizione a ruolo ha una funzione essenzialmente ricognitiva della pretesa tributaria ed in questo contesto si colloca l’ammissione al passivo fallimentare dei crediti fiscali. In proposito, quindi, la novità legislativa non appare sorretta da valide ragioni sistematiche e determina inconvenienti di rilevante importanza, soprattutto sul piano della tutela giurisdizionale, che rischia di compromettere il delicato equilibrio tra par condicio creditorum e interesse fiscale che sembrava in qualche modo assicurato con l’impianto normativo risultante dalla riforma del 1999.
L’istituto dell’amministrazione straordinaria non presenta un quadro giuridico definito nel diritto tributario nonostante i ripetuti interventi del legislatore nell’ultimo decennio tendenzialmente orientati a favorire il superamento della crisi di talune grandi imprese aventi un rilievo particolare per l’economia nazionale oppure la prosecuzione delle attività pubbliche di carattere “essenziale”. In aggiunta, nonostante i complessi problemi che determina una procedura dai profili assai complicati, i contributi della dottrina sono pochi, riferiti ad una sistema di diritto sostanziale non attuale e, nella gran parte dei casi, trascurano i principi generali della nostra materia mentre recentemente sono sopraggiunte diverse prese di posizione dell’Amm. Fin., le quali, nel tentativo di fare chiarezza, spesso hanno prospettato soluzioni discutibili frutto dell’applicazione di principi non meglio precisati ritenuti desumibili dal sistema vigente.
Due recenti ordinanze della Corte di Cassazione si sono occupate dell'ammissione al passivo dei crediti tributari, affrontando questioni nuove, mai esaminate in giurisprudenza, che assumono un rilievo particolare anche in relazione alle recenti novità intervenute nel settore della riscossione. Con tali provvedimenti è stato affermato che, in analogia agli obblighi e agli oneri a carico di qualsiasi creditore, la pretesa fiscale non gode di particolari prerogative ai fini della presentazione della domanda di insinuazione al passivo mentre non sembra fondata la questione riguardante la legittimazione residuale dell'Amm. Fin. rispetto alla competenza primaria dell'agente della riscossione. Inoltre i due provvedimenti prospettano conclusioni opposte in merito alla notifica della cartella di pagamento ma la questione è da considerare superata alla luce della nuova disciplina dell'accertamento esecutivo.
Il regime delle perdite sui crediti nel sistema delle imposte sui redditi denota qualche elemento di irrazionalità nei casi in cui il debitore attraversa una situazione di crisi oppure è sottoposto ad una procedura concorsuale. Nonostante i ripetuti interventi legislativi a partire dalla riforma degli anni Settanta, tale situazione è imputabile ad un impianto normativo obsoleto, che presenta sostanziali differenze rispetto al criterio dettato dall’art. 2426 del Cod. Civ. e che ha favorito un indirizzo recente della prassi ministeriale, assai discutibile, eccessivamente ancorato al dato di diritto positivo oppure caratterizzato dall’unica esigenza di prevenire soluzioni contraddistinte da ragioni di convenienza fiscale. La disciplina recata dall’attuale art. 101, comma 5, del TUIR prevede che, nell’ipotesi di debitore sottoposto a procedura concorsuale, è consentita l’automatica deducibilità delle perdite sui crediti a prescindere da valutazioni in merito alla sussistenza degli “elementi certi e precisi” rilevanti nella generalità dei casi. Tuttavia, essa solleva almeno due problemi significativi - e cioè l’irrilevanza di taluni recenti istituti volti al superamento della crisi dell’impresa oggetto di specifica considerazione da parte dello stesso legislatore tributario (come gli accordi di ristrutturazione, i piani di risanamento ed i concordati di natura stragiudiziale) nonché i dubbi in merito all’imputazione della perdita al periodo d’imposta – i quali possono essere compiutamente esaminati solo dopo aver individuato la ratio legis, che è tendenzialmente riconducibile ad una esigenza di semplificazione del rapporto tributario. Quanto ai dubbi relativi all’individuazione del periodo d’imposta, si è dell’avviso che, contrariamente all’orientamento di maggioranza, pare difficile ravvisare nel dato normativo una presunzione legale assoluta (o relativa) e tanto meno una presunzione semplice, ma semplicemente un “effetto legale” collegato alla situazione individuale del debitore sottoposto a procedura concorsuale. In particolare, l’“automaticità” del meccanismo previsto dalla norma non implica un vincolo alla deducibilità delle perdite nell’esercizio di apertura della procedura concorsuale, né alcuna equiparazione o assimilazione tra detto ultimo evento e la sussistenza degli “elementi certi e precisi” ma, semplicemente, consente “in ogni caso” (ovvero a prescindere dalla sussistenza degli elementi certi e precisi), al verificarsi dell’evento fissato dalla legge (apertura della procedura concorsuale), il prodursi dell’effetto giuridico, scolpito dalla fattispecie legale, secondo un nesso di consequenzialità, che non pare sottoposto a vincoli sotto il profilo dell’imputazione al periodo d’imposta e che impone solo l’imputazione della perdita al conto economico. Invece, in merito all’asserita limitazione del campo di applicazione dell’art. 101, comma 5, del TUIR alle sole procedure che presuppongono lo “stato di insolvenza” e che richiedono un accertamento giudiziale della situazione economica e finanziaria dell’imprenditore (a scapito dei nuovi istituti che si fondano sullo stato di “temporanea difficoltà”), si è dell’opinione che dovrebbe essere attentamente riconsiderato il rilievo riconosciuto al controllo dell’autorità giudiziaria quantomeno nelle situazioni in cui la definitività della perdita è certa. Ciò in quanto può considerarsi superfluo il requisito volto a riconoscere lo stato di insolvenza del debitore in tutte le circostanze in cui il credito subisce definitivamente una riduzione nell’ambito di un procedimento dove trovano composizione una gamma di interessi di cui sono portatori una pluralità di soggetti. Nell’attesa di un intervento legislativo di razionalizzazione, a tale conclusione si può pervenire anche in via i
Il concordato preventivo non gode di una disciplina specifica ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto al punto che l’attenzione del legislatore fiscale si è storicamente indirizzata su due aspetti: la cessione e il trasferimento dei beni e dei diritti compresi nel patrimonio dell’impresa; gli effetti conseguenti alla riduzione delle passività per effetto della omologazione e della esecuzione della proposta concordataria. A tali norme saranno riservate le considerazioni successive non senza sottolineare l’attenzione particolare che l’art. 101 del TUIR dedica anche agli effetti nei confronti dei creditori a causa della perdita dovuta al minor realizzo del credito in ragione della percentuale di soddisfazione prevista dalla proposta concordataria.
Questo articolo affronta il tema dell'amministrazione straordinaria delle imprese in crisi esaminando taluni profili critici relativi al sistema delle imposte sui redditi. Essi sono sostanzialmente ascrivibili all'assenza di una disciplina compiuta sull’argomento. Dal punto di vista sostanziale, la procedura di amministrazione straordinaria non ha una configurazione unitaria. Nonostante la pluralità delle norme di riferimento, il quadro sistematico indica inequivocabilmente che la procedura di amministrazione straordinaria assume una connotazione diversa e persegue finalità distinte a seconda del programma individuato per realizzare il recupero dell'equilibrio economico (che può essere: programma di cessione dei complessi aziendali, di ristrutturazione o di cessione dei beni). Il sistema fiscale, sul tema, presenta un'inadeguatezza dovuta all'assenza di indicazioni normative espresse risalenti alla riforma del 1973. L'attuale contesto normativo è estremamente frammentato e di difficile coordinamento sistematico in quanto a fronte di un apprezzabile attivismo del legislatore sostanziale, sul fronte fiscale perdura un immobilismo ingiustificato, rispetto al quale non possono sopperire gli interventi dell'amministrazione finanziaria in assenza di una base legislativa volta a risolvere le questioni di fondo ed espressione delle scelte di ordine sistematico imprescindibilmente riservate al legislatore. L'articolo analizza il vuoto normativo sia con riferimento al Testo Unico delle imposte sui redditi sia in relazione all'Imposta Regionale sulle attività produttive, evidenziando i punti critici tanto dell'amministrazione straordinaria avente finalità liquidatorie quanto di quella con finalità di risanamento.
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