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Claudia Minniti
Ruolo
Ricercatore a tempo determinato - tipo B
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Beni Culturali
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-ANT/10 - Metodologie della Ricerca Archeologica
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
In ancient times the knuckle-bone had probably both a ritual function linked to the practice of divination and a profane use as game piece for infants and adults. This bone can derive from different animal species and when found in large numbers is invariably associated with cultic, funerary or public spheres. A fair amount of worked and unmodified knuckle-bones has recently come to light in Italy from the cemeteries of Le Grotte near Populonia (4th-3th BC) and of Poggio Picenze in Abruzzo (3rd-2nd BC). Zooarchaeological analysis of these knuckle-bone groups contributes to our understanding of several aspects of the ancient use of this particular bone, such as the choice of the animal the different types of modifications and the effects and significance of the different types of depositions
Si presentano in forma preliminare i risultati dello studio della fauna del sito di Mersin-Yumuktepe. Lo studio dei resti animali provenienti dai livelli del Neolitico indica un’economia basata quasi esclusivamente sull’allevamento delle tre principali categorie di animali domestici (bovini, caprovini e suini), mentre lo sfruttamento delle specie selvatiche doveva rivestire un ruolo marginale. I caprovini costituiscono la maggioranza dei resti tra gli animali domestici. La discreta percentuale di resti di maiale riscontrata nei livelli del Neolitico antico di Yumuktepe risulta più alta di altri insediamenti coevi del Vicino Oriente; questo aspetto sarebbe indicatore dell’aspetto umido della regione e confermerebbe il carattere di stanzialità del sito fin dalle fasi più antiche di occupazione. Anche il recupero di resti di micromammiferi sembrerebbe convalidare il carattere di stabilità dell’insediamento neolitico. L’importanza economica dei caprovini si mantiene particolarmente alta nelle fasi successive, in particolare nei livelli del Calcolitico tardo e del Bronzo antico, mentre nella fase ittita antica si registra un discreto incremento dell’allevamento bovino. La selvaggina continua ad esercitare un ruolo marginale. In età bizantina l’allevamento di bovini caprovini e suini risulta più equilibrato, mentre la cacciagione ha acquistato maggiore importanza.
Zooarchaeology of ancient Ebla (Syria)
Si presentano in forma preliminare i risultati dello studio della fauna del sito di Mersin-Yumuktepe. Lo studio dei resti animali provenienti dai livelli del Neolitico indica un’economia basata quasi esclusivamente sull’allevamento delle tre principali categorie di animali domestici (bovini, caprovini e suini), mentre lo sfruttamento delle specie selvatiche doveva rivestire un ruolo marginale. I caprovini costituiscono la maggioranza dei resti tra gli animali domestici. La discreta percentuale di resti di maiale riscontrata nei livelli del Neolitico antico di Yumuktepe risulta più alta di altri insediamenti coevi del Vicino Oriente; questo aspetto sarebbe indicatore dell’aspetto umido della regione e confermerebbe il carattere di stanzialità del sito fin dalle fasi più antiche di occupazione. Anche il recupero di resti di micromammiferi sembrerebbe convalidare il carattere di stabilità dell’insediamento neolitico. L’importanza economica dei caprovini si mantiene particolarmente alta nelle fasi successive, in particolare nei livelli del Calcolitico tardo e del Bronzo antico, mentre nella fase ittita antica si registra un discreto incremento dell’allevamento bovino. La selvaggina continua ad esercitare un ruolo marginale. In età bizantina l’allevamento di bovini caprovini e suini risulta più equilibrato, mentre la cacciagione ha acquistato maggiore importanza.
All’interno dell’insediamento messapico di età arcaica (VI secolo a.C.) di Castello D’Alceste (San Vito dei Normanni, BR), in Puglia, gli scavi dell’Università del Salento hanno messo in luce un edificio di grande estensione, caratterizzato da una ampia corte aperta fiancheggiata da vani coperti sul lato occidentale. All’interno della corte una struttura in pietre di forma semicircolare è stata identificata come la base di un altare che trova puntuali riscontri nelle rappresentazioni di altari sacrificali su vasi attici . Anche altri elementi rimandano ad una interpretazione rituale del contesto, fra i quali la presenza di frammenti di louteria e alcune caratteristiche del campione dei resti animali associato . Particolarmente significativo è la presenza dei resti di un vitello di circa due anni e di una vacca di quattro anni rinvenuti all’interno di una piccola fossa messa in luce in uno dei vani adiacenti alla grande corte. La presenza di tracce di macellazione su alcune ossa, la mancanza di tracce di combustione sulla superficie dei resti e l’integrità di alcuni elementi anatomici suggeriscono la bollitura della carne dopo averla separata dalla matrice ossea. L’omogeneità del campione e la simultaneità del riempimento della fossa farebbero propendere non per un’azione consuetudinaria, bensì esclusiva e dunque rituale.
Studio che present l’analisi dei resti faunistici provenienti dalla struttura I della terramara di Gaggio (MO)
Da sempre, nel mondo antico e fino ai nostri tempi, l’astragalo ha rivestito un ruolo particolare dalla duplice funzione: sacrale nella pratica della divinazione e profana nel gioco di giovani e adulti. Gli astragali utilizzati a tal fine possono appartenere a diverse specie animali. Soprattutto se tratti da piccoli ruminanti e suini, le loro dimensioni sono modeste e permettono agevolmente la manipolazione di più ossa contemporaneamente. Gruppi di astragali, talora modificati, sono stati rinvenuti in numerosi siti della penisola. I gruppi più numerosi di astragali si trovano in contesti funerari e religiosi. Uno dei rinvenimenti più famosi è quello della necropoli ellenistica di Locri Epizefiri, dove sono documentate diverse tombe anche con gruppi che superano anche i 1000 esemplari. Recenti sono i rinvenimenti all'interno della necropoli di Le Grotte a Populonia (IV-III a.C.) e quella abruzzese di Poggio Picenze (III-II a.C.). Casi significativi di uso cultuale sono invece quelli della stipe votiva del Lapis Niger nel Foro Romano (VI a.C.) e dei bothroi di Vaste presso Lecce (IV-III a.C .). Una dettagliata analisi dei campioni citati, correlata ad una ricca base documentaria di comparazione, permette di chiarire diversi aspetti legati all'uso di quest'osso, come la scelta della specie animale di appartenenza, le diverse tipologie di interventi modificatori, le modalità e il significato delle deposizioni.
Nel presente lavoro sono stati analizzati i dati archeozoologici che riguardano gli aspetti paleo-economici delle comunità che si sono susseguite nel corso dell’età del Bronzo e della prima età del Ferro nell’area geografica corrispondente all’attuale Lazio. Segue quindi lo studio dell’approvvigionamento e consumo alimentare nella piena età del ferro fino alla tarda-antichità. In particolare per il periodo classico sono presentati i risultati delle analisi archeozoologiche da numerosi contesti della città di Roma.
Vengono presentati i risultati dello studio condotto sui resti faunistici provenienti dal riempimento del pozzo US 469 della città etrusca di Veio, datato alla fine del IV secolo a.C. L’esame delle ossa sembra evidenziare una forte componente cultuale che ha influenzato la composizione del campione. La specie maggiormente attestata è il maiale e si osserva una particolare frequenza delle porzioni craniali che, nella parte sommitale del riempimento, sigillano il pozzo; si sono inoltre individuate alcune ossa di maiali uccisi entro i primi giorni di vita.
Numerosi contesti indagati in questi anni nel territorio di Roma e inquadrabili tra la fine del I secolo a. C. e il IV secolo d. C. hanno restituito diverse frammenti di osso animale con evidenti tracce di taglio che lasciano ipotizzare la presenza di una produzione artigianale legata all’utilizzazione dell’osso. Si tratta infatti di campioni formati sia da oggetti e strumenti finiti che da scarti della lavorazione dell'osso, del corno e dell'avorio. Ai campioni già editi dalle pendici nordorientali del Palatino e dall'area della Meta Sudans, si sono aggiunti di recente nuovi campioni provenienti dalla stessa area, dall'area dell'Arco di Costantino e dai rinvenimenti effettuati all'interno del Colosseo e nell'attiguo Criptoportico detto Passaggio di Commodo. Un'altra importante area di lavorazione è stata invece messa in luce nel quartiere di Trastevere, nelle indagini archeologiche condotte in Via Sacchi. Questo nuovo campione di oggetti in osso e scarti di lavorazione va quindi ad aggiungersi a quello già noto del Gianicolo proveniente dall'area del tempio di Iside. Questo contributo quindi vuole analizzare nel dettaglio i nuovi campioni sopra menzionati e definire le aree di localizzazione urbanistica delle botteghe di Roma specializzate nella lavorazione artigianale dell'osso e dell'avorio.
Vengono presentati i risultati dello studio dei resti faunistici rinvenuti a Populonia in un’abitazione di età romana situata lungo la strada basolata orientale parallela a quella che dall’area sacra della sella sale verso il monumento delle Logge sulla pendice settentrionale del Poggio del Telegrafo. Sono state riconosciute quattro fasi di occupazione della struttura delle quali la più antica risalente alla prima fase di romanizzazione della città di Populonia (seconda metà del II sec. a.C.) e l’ultima alla prima metà del I secolo d.C. Il campione faunistico esaminato viene confrontato con i dati precedentemente analizzati riferibili ai resti recuperati sull’acropoli e databili al III sec. a.C. I resti ossei appartengono prevalentemente agli animali domestici utilizzati a fini alimentari, tra i quali prevalgono i suini sui caprovini, mentre i bovini sono meno rappresentati. Essi riflettono chiaramente la condizione alimentare di un contesto abitativo. L’analisi delle età di morte delle tre categorie di domestici indica un prevalente interesse per la carne. È anche documentato il consumo di carne selvatica; le specie sono quelle già attestate: capriolo, cinghiale e lepre, cui si aggiunge il cervo.
Il fine di questo lavoro è quello di sottolineare l’importanza della documentazione archeozoologica per la comprensione dei riti e sacrifici nel mondo antico. Le questioni che vengono poste hanno una valenza fondamentale. Quali nuove informazioni i resti animali possono offrirci e come interagiscono con le altre fonti documentarie sui rituali nell’antichità? Fino a che punto i resti animali documentano una realtà differente da quella documentata da altre fonti? Ci sono rituali che possono essere rivelati soltanto dai resti animali? Questo contributo affronta queste tematiche da prospettive geografiche e cronologiche differenti.
economia animale e ruolo degli animali commensali nel sito di Yumuktepe (Turchia)
Over the last decade the study of chicken in the archaeological context has received increased attention. Most published studies have focused on a number of core subjects: the identification of the chicken’s wild ancestor,1 its spread from Asia to Europe,2 the earliest introductions of it into Europe3 and the first evidence of intense economic exploitation.4 It is commonly accepted that the domestic chicken originated from the red jungle fowl (Gallus gallus), which was first domesticated in eastern Asia, perhaps through multiple, independent domestication events.5 The timing of the initial domestication, as well as its spread to the Middle East and Europe, is still unclear. In Italy, chicken remains are mentioned in contexts as early as the ninth century BC, although these require verification.6 By the sixth century BC, however, the occurrence of chicken in Italy is clearly attested.7 In the Classical period, domestic fowl (Gallus domesticus) is often associated with funerary and ritual contexts. The gradual increase of its archaeological representation from the fourth century BC to the sixth century AD,8 indicates that chickens only became widespread in the Roman period, when they began to be exploited as a valuable meat source. This increase is also expressed in a number of well-known literary sources. Roman authors, such as Columella and Pliny the Elder (first century AD), mention the occurrence of a diversity of chicken breeds and management practices. Although chicken was exploited as a source of food in the Middle Ages, there are no medieval written sources detailing the husbandry practices adopted at that time in Italy. Shifts in size throughout the Middle Ages, likely linked to differential management strategies, have been identified in Rome.9 This could indicate the occurrence of changes in human-chicken interactions from the Early to the Late Middle Ages in Italy. This paper aims to investigate husbandry practices adopted at rural and urban sites in Central Italy and the importance of chicken in the Central Italian medieval food economy.
Strontium Isotope Analysis applied on changes in livestock supply in Britannia between the Iron Age and the Roman period
Si presentano in forma preliminare i risultati dello studio della fauna del sito di Mersin-Yumuktepe. Lo studio dei resti animali provenienti dai livelli del Neolitico indica un’economia basata quasi esclusivamente sull’allevamento delle tre principali categorie di animali domestici (bovini, caprovini e suini), mentre lo sfruttamento delle specie selvatiche doveva rivestire un ruolo marginale. I caprovini costituiscono la maggioranza dei resti tra gli animali domestici. La discreta percentuale di resti di maiale riscontrata nei livelli del Neolitico antico di Yumuktepe risulta più alta di altri insediamenti coevi del Vicino Oriente; questo aspetto sarebbe indicatore dell’aspetto umido della regione e confermerebbe il carattere di stanzialità del sito fin dalle fasi più antiche di occupazione. Anche il recupero di resti di micromammiferi sembrerebbe convalidare il carattere di stabilità dell’insediamento neolitico. L’importanza economica dei caprovini si mantiene particolarmente alta nelle fasi successive, in particolare nei livelli del Calcolitico tardo e del Bronzo antico, mentre nella fase ittita antica si registra un discreto incremento dell’allevamento bovino. La selvaggina continua ad esercitare un ruolo marginale. In età bizantina l’allevamento di bovini caprovini e suini risulta più equilibrato, mentre la cacciagione ha acquistato maggiore importanza.
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