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Patrizia Calefato
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
Area Scientifica
AREA 14 - Scienze politiche e sociali
Settore Scientifico Disciplinare
SPS/08 - Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi
Settore ERC 1° livello
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Settore ERC 2° livello
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Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Questo capitolo si occupa del corpo rivestito nell’ambito del sistema socio-culturale della moda. Vi viene affrontato il tema del rapporto tra questo corpo e l’identità, intesa sia come identità di genere che come identità culturale nella società contemporanea globale, nella quale i segni del vestire diventano a volte occasioni di conflitto o, viceversa, di traduzione culturale, come nel caso del velo islamico. Il capitolo approfondisce quindi i significati sociali delle pratiche di modificazione del corpo, dalla chirurgia estetica alle modificazioni permanenti (piercing, tatuaggi) all’abbronzatura. Infine, viene analizzato come il corpo della/del modella/o e il corpo alla moda con i suoi stereotipi agiscono nell’immaginario sociale, ponendo il corpo ai limiti di se stesso, per esempio in patologie come l’anoressia.
Intendendo in un senso ampio il campo della “moda”, comprendendovi cioè non solo l’abbigliamento in senso stretto, ma anche il rapporto tra il corpo e il suo rivestimento e l’ambiente circostante insieme al mondo degli oggetti di uso comune, il testo analizzerà il tema dello stile inteso come differenziazione misurata sui desideri, le attitudini, i gusti personali invece che sull’imitazione del gruppo sociale o dell’élite dominanti. Nel duplice carattere della moda, individuato alla fine dell’Ottocento da Georg Simmel, che oppone e congiunge imitazione e distinzione, è insomma oggi prevalente il secondo aspetto: il distinguersi. Mentre però nella teoria classica della moda questa distinzione si rendeva possibile per le classi agiate cui si conformavano le masse, si fa strada oggi una distinzione non ostensiva, non intesa cioè come lusso o privilegio, ma come adattamento dell’indumento o dell’oggetto alla più personale e intima configurazione dell’idea di corpo proprio e di benessere individuale.
Fashion and city are built together starting from the signs and languages that draw on the multiple universes of social discourses and of contemporary communication forms: musical and visual cultures, consumer habits, artistic practices, youth trends, styles of subordinate metropolitan groups and intercultural hybridizations. “The city is the realization of the ancient human dream of the labyrinth”, wrote Walter Benjamin. There is a close connection — poetic, semiotic and textual — between fashion and city. At the core of this lies a nucleus that may be termed “the street”. The street is where taste experiments with the time’s atmosphere, the crossover zone between cultures and tensions, and the physical and metaphorical space in which the city makes sense by virtue of shared social practices.
Fashion journalism is often misunderstood as being shallow and unimportant. In fact, it is a major force in the media centered around one of the world's largest international industries, and the ramifications of fashion shows and new lines of designer clothes carry around the world. Fashion journalism requires a delicate ear for words and a deep appreciation for the fashion industry.
Geczy and Karaminas single out the imagery, in its literal meaning of corpus of images feeding people and society. This imagery is actually a ‘double’ for fashion, which is not the copy of a so called master, but fashion itself as perpetual and actual presence of duplicity. Looking into painting, drawing, photography, cinema, new media, and music videos the authors convey an excellent research not only on fashion as visual culture, but also on how fashion highlights the cognitive and social roles of representation and imagination.
Fashion is a system through which individual and collective representations of body and identity are made. Covers, garments and decorations on the skin create the body, forge it in its being in the world. The clothed body is a combination of signs which include garments, hair-style, make-up, tattoos, and decorations: in other words, everything that makes the body a cultural element and not simply a natural element. Time and language are the main forms of fashion: through fashion we “see” how time passes, and fashion “speaks” via its multiple signs. As an example, let’s think of how the tight connection between music cultures, sub-cultural styles and fashions in the Sixties changed the perception of fashion itself in daily life: miniskirts, jeans and casual clothes became, at the same time, the symbol of an era, as well as of the “timeless” features of culture and imagination. Fashion has a twofold nature: on the one hand, it marks the contact areas between the clothes and the body activating the senses; on the other hand, it places the individual’s body within the social one.
This article focuses on the relationships between the ‘clothed’ body and its technological, communicative, and substitutive prosthesis in the contemporary age. The concept of prosthesis has been deeply and broadly analyzed by social sciences, from Leroi-Gourham to McLuhan, in relation to both the physical and the communicative enhancement of the human body. The two perspectives – one biological and, the other cultural – are strictly connected today. Umberto Eco has described different functions of prostheses: substitutive, extensive, intrusive and magnificative (Eco, 1997). The latter seems prevalent at present. According to Eco, it consists in ‘doing with our body something that perhaps we have dreamed to do, but that we never succeeded in doing’. I explain this idea of ‘magnifying’ the body through the perspective of both cultural studies and fashion theory, using examples including the two cases analyzed by Stefano Rodotà (2012): a) the decision of the Court of Arbitration for Sport in Lausanne in 2008 to admit double-amputee sprinter Oscar Pistorius to the Beijing Olympics; b) the case of Aimée Mullins, the double-amputee Paralympic athlete, activist, actress and model, who modelled for Alexander McQueen in 1999 on two handmade carved-wood prostheses. In the prosthetic body, the substitutive function of the prosthesis cannot be separated from its aesthetic or communicative functions. Fashion, in this sense, concerns a sort of ‘second nature’ of the body that, far from being a neo-scientific conception, consists in the embodiment of the cultural, sensorial, aesthetic, communicative and technological dimensions, as part of the body itself. At the same time, these dimensions enhance the concepts of both life and nature. The sex appeal of the inorganic (Walter Benjamin) is no longer a paradigm through which the fashionable body is seen as a ‘corpse’; on the contrary, it expresses some new ethical aspects of the vitality of the body itself.
Il titolo di questo libro riprende quello di uno dei suoi capitoli dedicato a Persepolis, l’autobiografia a fumetti della disegnatrice iraniana-francese Marjane Satrapi. In uno dei suoi disegni, l’autrice presenta un autoritratto di sé da ragazzina mentre indossa proprio questi due indumenti per le strade di Teheran: un foulard avvolto sui capelli, secondo i dettami del “vestire modesto”, accostato al giubbotto jeans, simbolo universale del casual pop. L’immagine fa da metafora per introdurre i temi trattati nel libro: il concetto di cultura, la corporeità e il genere, i flussi culturali globali e le migrazioni di popoli, la comunicazione e il tempo della serialità. Il metodo di studio incrocia le prospettive della sociologia della cultura e della socio-semiotica ponendosi nella tradizione ampia degli studi culturali. I transiti, le traduzioni e le connessioni che caratterizzano la nostra epoca sono gli elementi attraverso cui l’analisi scientifica si lega all’esperienza del quotidiano.
In questo articolo affronterò il tema del rapporto tra la moda italiana e le forme di riuso – reale o immaginario – del tempo, della memoria e della storia. Il punto di partenza è costituito dalla suggestiva immagine, usata da Walter Benjamin, della Tigersprung, il balzo di tigre nel passato che la moda rappresenta. Le attuali forme di riproduzione dei segni di moda sembrano confermare e rafforzare questa immagine: la moda guarda infatti oggi sempre più al passato come riserva di immagini e di citazioni che ritornano nel presente assumendo nuovi significati. Le forme di questo ritorno sono il vintage, il revival e il riuso: attraverso di esse, il sistema semiotico della moda ci permette di fare i conti con il tempo e con gli oggetti e i segni che il tempo lascia dietro di sé. Mi interrogherò su come questo processo tipico della moda contemporanea in generale si declini in particolare nel caso italiano. La moda è un settore in cui l’Italia è stata sempre leader non solo dal punto di vista economico, ma culturale nel senso più ampio. Il nostro paese è il luogo fisico e ideale in cui a partire dal dopoguerra è nato e fiorito quell’Italian Style, che ancor prima del Made in Italy, ha costituito una formula a tutto campo, un virtuoso intreccio di culture in cui la moda si coniugava al cinema, all’arte, alla letteratura, alla ricerca scientifica e tecnologica, alla gastronomia, al turismo. Tutti ambiti non riducibili al “business”, alle piatte ma spietate leggi del mercato, cui invece si è data mano libera nell’epoca della globalizzazione, in nome del neoliberismo vincente. Ambiti che invece oggi è essenziale recuperare a un nuovo rilancio e a una nuova collaborazione che accolgano il decisivo apporto della ricerca, sia tecnologica che umanistica, e che riuniscano idee in ambito sia locale che internazionale, dato che oggi ogni genere di “autarchia” è insensata. Attingerò a materiali visuali (in primo luogo il cinema) e a casi specifici che evidenzino come si sia fatta strada, nel paese del leggendario Italian Style, una maniera speciale di seguire la moda, o di inventarsela in senso vero e proprio, ricorrendo a soluzioni a basso costo, da un lato, e al riciclo dei segni e degli oggetti, dall’altro.
La moda non è ormai più quel sistema patinato fatto di lussi kitsch, modelle anoressiche, affaristi con i capitali in Svizzera, fashion victim, concept store di tendenza, locali lounge, marchi globalizzati. O meglio, è anche e ancora questo in parte, vetrina consunta di un immaginario che – soprattutto alla prova della crisi finanziaria del mondo occidentale – preserva i miti di un fasto che fu. Ma si è fatta strada in modo preponderante una rinnovata cultura della moda, che trova il suo humus soprattutto nelle pratiche sociali quotidiane che hanno al loro centro il corpo e i suoi modi di apparire e di comunicare. Il cinema e la fotografia, prima, ma poi anche la musica, le neotecnologie, gli spazi urbani, l’arte, il web, alimentano questa costellazione di segni tutti riconducibili in forme diverse a quanto chiamiamo “moda”, che sono però ben oltre la moda stessa. Di questi segni, di queste istanze, si occupa questo libro che affronta sia aspetti di fondo, sia aspetti apparentemente secondari o marginali, argomenti minuti, “curiosità”, delle mode e degli stili di vita. Si parte dai caratteri originari: dagli abiti della Magna Grecia al Medioevo; dal contributo dell’avanguardia futurista alla moda italiana e internazionale all’idea di Italian Style e di Made in Italy; dal rapporto della moda con la memoria attraverso il vintage agli scenari classici e contemporanei del lusso. Si rivolge poi l’attenzione a segni e simboli, come per esempio il velo, in grado di fare della moda un territorio di costante traduzione culturale. Esiste infatti un collegamento ideale tra mondi e generazioni che i segni del corpo rendono manifesto. Da Piazza Tahrir nella “primavera” nordafricana, alle strade della Stoccolma di Lisbeth Salander, c’è una stretta relazione tra lo stile espresso nell’abbigliamento e le forme di ribellione e di anticonformismo. E anche sesso e potere si incontrano e configgono, tra gli stereotipi in cui la moda rappresenta il maschile e il femminile e le sfide all’ordine del discorso dominante.
Luxury has been both celebrated and condemned throughout history right up to the present day. This groundbreaking text examines luxury and its relationship with desire, status, consumption and economic value, exploring why luxury remains prominent even in the context of a global recession. Using approaches from cultural studies, semiotic research and aesthetics, Luxury presents a wide range of case studies including urban space and new technologies, travel, interior design, cars, fashion ads and jewellery to explore what luxury represents, and why, in the contemporary world. The book is essential reading for students and scholars across a range of fashion studies, cultural studies and sociology, and anyone interested in the power and allure of luxury today.
Il concetto di “scrittura” fa riferimento non solo alla trascrizione alfabetica, ma all’intera attività umana di “inscrivere” il mondo con segni. Parole, immagini, numeri, racconti, testi: la scrittura è fatta di una materia composita che tocca tutti i nostri sensi. Oggi più che mai, la letteratura e le immagini, le parole e I corpi, le forme tradizionali della scrittura e le più avanzate tecnologie testuali si combinano tra loro quali espressioni della “scrittura” nel senso filosofico più profondo.
Questo libro esplora il tema della scrittura, intesa non semplicemente come “trascrizione” di lettere e parole su una pagina, ma in un senso ancora più ampio, quale complesso lavoro di “incisione” di segni nel mondo, attraverso le svariate forme che la comunicazione va assumendo nella nostra epoca. Il libro parte dalla riflessione su come siano cambiati e cambino i concetti di creatività, autoralità, lavoro linguistico, libro, in particolar modo nell’era tecnologica, e come da questi si generi un’idea di scrittura di cui sono le tecnologie stesse a mostrare la complessità. Viene quindi proposta una interpretazione socio-semiotica delle composite scritture del web che hanno ridefinito i confini e le forme della testualità. La scrittura finisce così per il dispiegare a pieno le sue metamorfosi nei discorsi sociali, alcuni dei quali – in particolare dalla pubblicità, al turismo, al cibo, alla comunicazione politica – vengono analizzati. Scrittura e corpo mostrano, infine, alcuni nuovi aspetti del loro eterno intersecarsi e significarsi reciproco, in abiti come la moda, la fotografia, il linguaggio verbale.
Dans le contexte communicationnel actuel, le voyage et le mouvement à travers un espace jouent un rôle essentiel dans la définition des frontières et des formes du corps humain. Bruce Chatwin, l’écrivain nomade par excellence de la littérature contemporaine, rappelle que « l’être humain » se dit a-Gro ba en tibétain : ce terme désigne celui « qui va », « qui effectue des migra-tions » (Chatwin 1987). Cette connotation anthropologique n’a jamais été aussi pertinente qu’aujourd’hui : elle reflète la condition de millions de personnes dans le monde, boat people de tous les océans, pour lesquels le voyage est souvent synonyme d’espoir ou de mort.
Gli esseri umani si tatuano da almeno cinquemila anni. Una pratica simbolica che ha oggi una diffusione planetaria, con un portatore di tatuaggio su dieci in Europa, Italia compresa. Ma qual è il senso e il valore, per chi si tatua, dell’iscrizione indelebile di figure e lettere sulla superficie sensibile della pelle?
Nel titolo di questo testo, la scelta della ‘m’ minuscola per “made in Italy” è motivata dall’intenzione di dare a tale espressione, particolarmente nell’ambito della moda, non semplicemente un significato economico e merceologico, quanto un valore più ampio, che comprende ciò che si fa, si pensa, si progetta in Italia in forma diffusa e trans-settoriale. “Made in Italy” è un’indicazione di provenienza registrata e radicata nella storia, nella società e nell’immaginario. Se ciò che ha portato alla costruzione di questo meta-marchio negli ultimi decenni del Novecento è stata una esigenza identitaria volta a caratterizzare il prodotto italiano e la sua tradizione, oggi dall’idea di made in Italy (minuscolo), ma anche “stile italiano”, o “Italia” tout court, scaturiscono elementi propulsivi che hanno al loro centro valori, narrazioni, nuove identità aperte al confronto e trans-nazionali.
La miniserie The Pacific è stata prodotta nel 2010 da Stephen Spielberg e Tom Hanks per la HBO. Consiste di 10 puntate, ciascuna di circa 60 minuti, che raccontano le vicende parallele di un gruppo di marine americani impegnati sul fronte del Pacifico durante la II guerra mondiale.alcuni temi che saranno sviluppati in questo capitolo nello spirito dei metodi e delle finalità dell’intero volume: il tema della guerra come celebrazione massima della serialità dei corpi, all’interno della quale la cultura visuale permette di realizzare sezionamenti narrativi; il tema semiotico dell’intertestualità con particolare riferimento alla citazione visiva, che assume connotati specifici nel caso delle serie TV; il tema della memoria nella cultura visuale e nella storia; infine il tema della multimedialità della fruizione televisiva nell’epoca della “TV convergente”.
The concept of luxury is often linked to fashion. Even if those two terms have obvious different meanings, they both refer—in terms of goods and expenses —to the economic and cultural field of uselessness, excess, waste. Furthermore, in these years, a new element has been introduced to this relationship: distinction. Although we live in the age of global fast-fashion, distinction means nowadays creating a personal fashion, caring for the production processes, the workers’ conditions, environmental issues and the material “history” of what one wears. In other words: sustainability. Therefore fashion becomes luxurious, not only economically, but also highlighting values such as uniqueness, customisation and wellness—the same values on which luxury is based. Fashion and luxury can thus create a new critical and ethical paradigm. This paper will focus on this new paradigm of luxury concerning fashion, the word “critical” referring above all to the concept of “choice”. One can choose his/her clothes and can distinguish his/herself by taking care of the senses, of materials, of time. The first section of this paper will analyse how the concepts of fashion and luxury were defined and differentiated by Social Sciences at the beginning of the Twentieth Century (Sombart in Luxus und Kapitalismus. Duncker & Humblot, Berlin, 1913; Veblen in The theory of the leisure class. Macmillan, New York, 1899; Simmel in Psychologie der Mode. Die Zeit: Wiener Wochenschrift für Politik, Volkswirtschaft, Wissenschaft und Kunst 5 (54):22–24, 1895). The main aspect of this difference lies in the relationship with time of the two concepts: luxury is eternal and fashion is always changing. Then this paper will consider the critique of this “classical” differentiation operated by Fashion Theory—born in the last decades of the Twentieth Century as an autonomous field of research in Cultural Studies. The symbolic principles of modern luxury will be compared with the symbolic meaning of contemporary fast-fashion. The core of this paper is represented by the analysis on how fashion is rethinking its own patterns: from haute couture to the “fastest” brands, many fashion companies and designers are aware of ethical issues and sustainability, nowadays. Therefore sustainable luxury seems to be the only path for contemporary fashion culture and creativity. Finally, this paper will consider some examples as case studies, focusing especially on some new contemporary Italian fashion brands. One of these brands—Cangiari—will be analysed in detail as an ethical luxury brand, caring deeply for social commitment and sustainability.
E' un progetto di ricerca empirica nell'ambito della Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi. Obiettivo è l'individuazione di un legame di interdipendenza tra la trasformazione del gioco d'azzardo in fenomeno di massa e l'emergere del presentismo, atteggiamento temporale contemporaneo che elegge il presente ad unica dimensione strategica per l'azione.Come confermato dalla recente approvazione della legge regionale 43/2013 Contrasto alla diffusione del Gioco d'azzardo Patologico, anche in Puglia (3° regione per rapporto giocatori/popolazione dati Ipsad-Cnr 2011) la passione dilagante per l'azzardo assume i contorni di un'emergenza sociale che incide negativamente sulla qualità della vita del territorio (Ambito 2 Salute, Benessere e Dinamiche Socio-Culturali). Affrontato nel dibattito pubblico e scientifico prevalentemente attraverso la chiave di lettura della ludopatia, il tema appare oggi schiacciato nella cornice del disturbo di comportamento individuale. L'ipotesi progettuale è che esso sia, invece, per buona parte socialmente indotto: la sfida compulsiva alla sorte può essere interpretata come una declinazione alterata della progettualità di fronte al restringimento dell'orizzonte prospettico collettivo e all'incertezza strutturale che innerva nel profondo le società neocapitaliste. Per verificare l'ipotesi, il proponente intende avviare due programmi d'indagine: una rilevazione quantitativa tramite questionario e una qualitativa tramite interviste.
In Italia i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) si stimano oramai in alcune migliaia. Una prima forma di censimento è quella disponibile sul sito di Rete Gas nazionale (http://www.retegas.org). Si tratta spesso, soprattutto nel Mezzogiorno, di piccole realtà nelle quali si realizza una concezione culturale solidale, benché con ricadute anche dalla cifra utilitaristica, dei bisogni primari e dell'economia. I consumatori, unendosi, possono ridurre il peso dell'intermediazione commerciale e contribuire, attraverso canali alternativi a quelli del mercato orientato capitalisticamente, a conseguire benefici sul piano culturale, economico e della salute. Le ulteriori ricadute positive della cittadinanza organizzata in GAS sono: - minori costi a parità di qualità; - mettere assieme una domanda di prodotti tale da poter concordare con il produttore le caratteristiche dei processi produttivi, controllandone in primo luogo la salubrità e il rispetto di pratiche sedimentate nel tempo; - la promozione dell'economia locale e il km 0 per una parte notevole dei prodotti acquistati con un abbattimento dei consumi di CO2 e un'indiretta ristrutturazione del welfare.Sostanzialmente l'organizzazione dei consumatori permette di controllare la produzione, di stimolare una produzione diversa, effettivamente corrispondente ai propri bisogni e aspettative, riportando le merci al loro valore d'uso e non a quello di scambio funzionale solo al profitto.
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