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Grazia Maria Masselli
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università degli Studi di Foggia
Dipartimento
Dipartimento di Studi Umanistici. Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-FIL-LET/04 - Lingua e Letteratura Latina
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH5 Cultures and Cultural Production: Literature, philology, cultural studies, anthropology, study of the arts, philosophy
Settore ERC 3° livello
SH5_1 Classics, ancient literature and art
The sphere of emotions becomes the place of contact and mediation between the ars rhetorica and the ars scaenica in the face of a man that becomes spectator of a visible, theatrical and dramatised reality: from the school of Ancient Rome to the mass media of today’s world.
Sofonisba, bellissima regina cartaginese, fascinosa e irresistibile, perfida e sensuale, coraggiosa e risoluta nel darsi la morte, ‘recita’ la parte della protagonista di questo commento ai capitoli 12-15 del XXX libro dell’Ab urbe condita di Tito Livio. Nella cornice della II guerra punica, alla temperantia e alla continentia di Scipione l’Africano, il vir gravis che aveva posto a suprema lex il bene dello Stato, si oppone la libido di Massinissa, follemente sedotto dalla bellezza e dal fascino della regina, fino a quel momento moglie del suo rivale Siface. In questo incrocio di valori e di sentimenti, Sofonisba appare ‘arbitra’ del destino del proprio uomo di turno e si rivela capace di sottrarlo alle proprie responsabilità civili e militari, prima di farlo optare per un inconciliabile codice ‘elegiaco’. Gli attori di questo dramma vivono dunque un contrasto virtù-vizio, ma anche un contrasto Amore-Ragion di Stato: è su tale vibrante contrasto che Francesco Petrarca, in particolare nel V libro dell’Africa, riscrive questo episodio storico, pagando con serietà e acribìa il suo debito nei confronti della tradizione, la stessa tradizione che alimenta nella sua fantasia di poeta la risemantizzazione del tragico rapporto d’amore tra Massinissa e Sofonisba.
L’indagine è volta a rintracciare i modi che sostengono l’attacco aggressivo e polemico nei confronti di un avversario, di cui si vogliono ribaltare le posizioni politiche e/o religiose, scavando nella mancanza di un suo codice etico e di una sua dirittura morale. Tali modi, che sono già presenti nella retorica degli scrittori pagani e che esplicitano lo stato d’animo di una persona che agisce infensa mente, senza risparmiare, nella sua oratio, nulla che afferisca alla acerbitas, alla contumelia e alla vehementia, si mantengono inalterati quando entrano a far parte della vis polemica con cui i Padri della Chiesa contestano le posizioni dogmatiche dei loro avversari. Ne consegue l’interesse a rintracciare concretamente una linea di continuità, che, ad esempio, sulla scorta di argumenta afferenti alla categoria dell’identità (patria, interpretatio nominis), accosta all’Ovidio autore dell’Ibis il Tertulliano autore dell’adversus Marcionem.
Lo studio affronta il problema della traduzione e della imitazione all’interno della poetica del Marino e, in particolare, nei Canti dell’Adone riservati alla maga Falsirena.
Lungo un percorso dall’Antico al Moderno, la ricerca si incentra sul mito di Glauco, il pescatore che in modo del tutto casuale aveva visto trasformarsi radicalmente la sua natura e il suo destino di mortale, ritrovandosi novus incola ponti (Ov. met. 13,904), dal respiro immortale: è in particolare Ovidio, a cavallo fra il XIII e il XIV libro delle sue Metamorfosi, ad accendere la fantasia di Ercole Luigi Morselli, prosatore e drammaturgo pesarese, considerato negli anni Venti il massimo poeta del teatro italiano; il suo dramma Glauco ridefinisce la grammatica del mito antico attraverso un originale equilibrio tra scrittura classica e moderna, lirica e verista, tragica e comica; la ‘riscrittura’ produce un altro Glauco, cui si affidano temi come l’ulissismo, il desiderio di gloria, l’amore, la morte, espressione di un animo, quello del Morselli, profondamente umano e desideroso di sfuggire alla piatta e volgare realtà.
Livius (30,13,8-14) had entrusted to Scipio and Syphax the dialectical process that would have lead to the painful, bitter, tragic and poignant admission by the king loser of the perturbatio animi: at the end of his social and civil parabola, Syphax identifies Sophonisba as the cause of his ruinous débâcle. Differently from the ‘detorsio in rem comicam’ of Livius (Syphax lays down the mask of the King and wears the pathetic lover’s one), Alfieri, in order to avoid a tragicomic outcome, redeems Syphax by giving him back the attitude of a king in perpetual and irreconcilable conflict with Rome: through the unexpected suicide, Siphax gets finally rid of the chains that Scipio had only temporarily removed to let him feel free to talk, but not to act.
Il saggio si occupa del rito romano della devotio in Liv. 8,9,4-8, rito analizzato nei suoi aspetti simbolici, magico-religiosi.
By means of enchantment, if in the metamorphoses by Ovidio (7,179-293) the regenerating nature regenerates a human being before he completes his exhisistential iter, in the Filocolo by Boccaccio the nature regenerates the nature and accelerates both the rebeginning and the mature status against the expected rhythms of the seasons. Ovidio docet by the topos of the garden blossoming out of season, between the miracolist christian tradition and the medieval magic, connected in a not religious way by Boccaccio for the courtly atmosphere: the intervention of the wizard is reduced to an ability challenge and almost an anticipation of the science progresses and it is not anymore an expression of pietas erga patrem but the answer to the capricious moods of a pleased and clever lady.
In Seneca, Medea, pars altera inaudita by the ‘judge’ Creon, hurts the trial procedure followed by the King of Corinth, who has passed a conviction of exile against her, identifying the crimen and related responsibility. Her oratio is based on the qualitas iuridicialis adsumptiva: in regard to Creon, Medea does not acknowledge the culpa and exalts the commoda obtained by him from her committed crimina (comparatio); by applying the principle of the cui prodest, Medea asserts that the culpa is of Jason, the real cause of her crimina (remotio criminis). Furthermore, the matter of the ‘reddere beneficium’ and of the gratitude for the ‘indirect’ benefits comes to light.
Assecondando la prospettiva di analisi attraverso cui un rhetor come Tiberio Claudio Donato, nelle sue Interpretationes Vergilianae, avrebbe presentato il caso ‘processuale’ riguardante Enea, causa mortis della moglie Creusa, Orfeo, in un ipotetico tribunale, si sarebbe potuto difendere dall’accusa di aver provocato la morte definitiva della moglie Euridice attraverso il ricorso allo status venialis e avrebbe potuto avanzare la richiesta di venia purgativa per imprudentiam. Le parole del culex, nuovo e singolare arbiter, che nella circostanza interpreta le ragioni della parte lesa (Euridice) e non risparmia pesanti accuse all’indirizzo del marito ‘neglegens’, lasciano al contempo affiorare l’excusatio dell’imputato Orfeo, che ha infranto la norma imposta dagli dèi, voltandosi a guardare la donna che amava: il suo peccatum è stato determinato dalla perdita di controllo della ragione ed è tale da escludere la piena volontarietà.
The questionable reuse of Seneca (epist. 84) by Macrobius (Sat. 1, praef. 5-11) is the result of a different intentio: an imitative-creative intentio in Seneca, an educational-pedagogical intentio in Macrobius. Petrarca’s work (Fam. 1,8; 22,2; 23,19) has been animated by the concept of the creative imitatio and the greater adherence to the Seneca’s text. Petrarca resumes the "father-son" metaphor, which is absent in Macrobius' work, signifying identitas rather than similitudo.
Il campo di indagine è quello della magia, in cui i destini delle persone o gli esiti delle vicende che riguardano la società sono affidati a una puntuale prassi locutoria e a una meticolosa ritualità cinetica: voci come quelle di Livio, Virgilio, Ovidio, Petronio, Plinio il Vecchio o Apuleio collaborano, con le loro testimonianze, a dar vita a una letteratura sui generis per vocabolario e per contesti, una letteratura che ammicca a un retroterra di superstizione, di medicina popolare e di magia e la cui comprensione è agevolata, quando possibile, da puntuali osservazioni di rhetores e di grammatici; è proprio loro il merito di indurci a recuperare in quei testi una tradizione ancestrale e un mondo per noi altrimenti oscuro. Grazie a queste incursioni in una mentalità così singolare, affiora il millenario miraggio, tutto umano, di poter modellare o condizionare la realtà in modo più consono alle proprie aspirazioni o addirittura di poter vincere il complesso di ‘accidenti’ che complicano l’esistenza dell’uomo. Questa fiduciosa credenza opera nei confronti di divinità o entità del cielo e della terra con una serie affascinante di modalità: ora predispone coartanti formule magico-religiose, ora privilegia artate corrispondenze fra desiderata umani ed eventi naturali, al fine di annientare su presupposti analogici la realtà ostile, ora suscita, facendosi scudo dei termini di legge o della religione di stato, le tenaci resistenze da parte di chi si sente minacciato da pratiche occulte e intende mantenere lo status quo. In questo duello, giocato tutto nella clandestinità, si confrontano e si scontrano, oltre a intenzioni umane divergenti, anche una straordinaria perizia verbale e una raffinata conoscenza dei ritmi e delle forme con cui gli elementi della natura si offrono per collaborare con l’uomo. A fare da ‘padrini’, in occasione di questi duelli, saranno immancabilmente scienze, dati i tempi, più o meno esatte, ma agguerrite: filologia, botanica e medicina.
La materia è desunta da Livio e ruota intorno a un intreccio politico-sentimentale che coinvolge l’avvenente Sofonisba, il suo ‘debole’ e sfortunato consorte Siface e l’antico/novello spasimante Massinissa. Costui, prigioniero della passione per la regina cartaginese, ha audacemente preteso, con un nuovo matrimonio, di poter disporre - quasi fosse una sua prigioniera - di quella regina, che ‘iure belli’ apparteneva ai Romani e al loro comandante Scipione l’Africano. Nelle nuove strade (tragedia, epica, novellistica, melodramma), che altri e più moderni ‘auctores’ hanno inteso aprire per conferire/restituire una dignità morale e patriottica ai tre personaggi (che rischiavano di essere per sempre archiviati in una storia piccolo-borghese dai risvolti scandalistici, promossi dalla discutibile interpretazione dell’istituto matrimoniale, laddove Sofonisba, senza essere diventata vedova, si ritrovava contemporanemente moglie di due mariti), si individuano le soluzioni con cui i rifacitori hanno sfidato il loro pubblico e, in generale, il perbenismo, che dopo l’avvento del cristianesimo avrebbe filtrato ogni rivisitazione di quel temerarium atque impudens consilium, che Massinissa aveva contratto ab amore. In controluce, a fare da ‘aiutante’ nei confronti di Sofonisba, è stata - a sorpresa - Didone, e questo grazie allo sviscerato amore di Petrarca (Africa) per Virgilio.
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