Effettua una ricerca
Daniela Longo
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università degli Studi di Foggia
Dipartimento
Dipartimento di Giurisprudenza
Area Scientifica
Area 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/15 - Diritto Processuale Civile
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH2 Institutions, Values, Environment and Space: Political science, law, sustainability science, geography, regional studies and planning
Settore ERC 3° livello
SH2_4 Legal studies, constitutions, human rights, comparative law
Il saggio esamina la novella della disciplina della competenza nella espropriazione presso terzi intervenuta con d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni in l. 10 novembre 2014, n. 162. Prendendo le mosse dalle criticità riscontrabili nella previgente disciplina della determinazione della competenza nella espropriazione di crediti, vengono valutate le conseguenze della previsione della regola generale che individua un collegamento tra competenza per l'esecuzione e luoghi di riferimento dell’esecutato e della eccezione, data dalla applicabilità del criterio previgente nelle espropriazioni presso terzi condotte nei confronti della Pubblica Amministrazione. Completa la disamina la valutazione dell'eventuale effetto che le modifiche esaminate possa riverberare sulla espropriazione forzata di beni presso terzi, concludendosi nel senso che debba oggi affermarsi in tale fattispecie il forum rei sitae.
L’articolo analizza l’evoluzione dottrinale, giurisprudenziale e infine legislativa della disciplina degli effetti sul processo civile della cancellazione di società dal registro delle imprese, proponendo una soluzione per ridurre le conseguenze pregiudizievoli per le parti. In particolare, a fronte della novella dell’art. 2495, comma 2°, c.c., intervenuta con l’art. 4 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, si è riconosciuta natura costitutiva alla cancellazione di una società dal registro delle imprese, sicché essa determina l’estinzione della società medesima. In giurisprudenza è conseguentemente sorto un contrasto sulle sorti del processo pendente al momento della cancellazione, composto da un complesso di pronunce della Suprema corte a Sezioni unite, intervenute nel 2010 (22 febbraio 2010, nn. 4060-4062) e nel 2012 (12 marzo 2013, nn. 6070-6072): nonostante sia un atto volontario, la cancellazione della società è stata equiparata alla morte della persona fisica, con conseguente successione a titolo universale dei soci a prescindere dalla effettiva attribuzione di una somma in sede di liquidazione, i quali rispondono nei limiti di quella che era la loro responsabilità patrimoniale mentre la società era in vita. Tale soluzione è suscettibile di determinare conseguenze disastrose sulla effettività e ragionevole durata dei processi in corso, a causa della possibile chiusura in rito delle liti pendenti nei confronti della società ovvero della configurazione del litisconsorzio necessario tra gli innumerevoli soci della società estinta. Al fine di ovviare a tali possibili pregiudizi conseguenti ad una precisa scelta della società nella persona del suo liquidatore, si è proposta l’adozione di una fictio iuris sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 10 l. fall. In tal modo, la società ormai estinta pro futuro deve ritenersi esistenti ai soli fini del processo pendente al momento della cancellazione, consentendo alla parte che non abbia dato corso all’evento di proseguire il processo e ottenere una pronuncia con efficacia di giudicato nei confronti dell’ente collettivo.
Il saggio analizza i dubbi interpretativi circa la natura del fermo amministrativo, connesse alla sua evoluzione normativa e giurisprudenziale. In particolare, la Cassazione compie un percorso ermeneutico analogo a quanto già operato in ordine alla iscrizione di ipoteca ex art. 77 d.p.r. 602 del 1973: superando la precedente configurazione del fermo amministrativo quale atto esecutivo o preordinato all'espropriazione, se ne afferma la qualificazione come misura alternativa all’espropriazione forzata. Una simile conclusione è pregna di conseguenze sul piano processuale, tra le quali è analizzata, in particolar modo, la qualificazione e la disciplina dell'impugnativa di fermo. Questa, non più inquadrabile nell'alveo delle opposizioni esecutive, rappresenta una azione di accertamento negativo, avente ad oggetto non soltanto la pretesa dell’esattore di eseguire il fermo ma anche eventualmente della pretesa creditoria, sicché va proposta secondo le regole del rito ordinario, nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore.
Il saggio evidenzia le difficoltà interpretative delle recenti novelle del processo civile, causate dall’atecnicismo legislativo, inevitabile conseguenza di una legislazione frettolosa e continua, carente di riflessione e caratterizzata dall’affermazione della prassi parlamentare ‘decretazione d’urgenza-maxiemendamento alla legge di conversione-voto di fiducia sul nuovo articolo unico’. L’imprecisione linguistico-giuridica delle norme di nuovo conio impone all’interprete di discostarsi da una lettura grammaticale o sistematica, per privilegiare una ricostruzione storico-politica della norma, unica in grado di conferire un senso ad espressioni generiche o errate, anche attraverso il raffronto con progetti di legge mai presentati ai due rami del Parlamento o con analoghi istituti d’Oltralpe.
Il saggio analizza l'istituto della devoluzione dell’immobile allo Stato delineato dal novellato art. 85 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, proprio della esecuzione speciale per crediti di natura tributaria fondata sul ruolo (c.d. esecuzione esattoriale). La recente dichiarazione di incostituzionalità della norma ora richiamata, sotto il profilo dell’ingiustizia della determinazione del prezzo di assegnazione, offre lo spunto per vagliare la scarsamente investigata disciplina di siffatto istituto, evidenziandone le difformità rispetto all’assegnazione del bene staggito nell’esecuzione ordinaria, l’opportunità della dichiarazione di incostituzionalità nonché il perdurare di un rilevante favor legislativo nei confronti dello Stato assegnatario e di una complessiva incoerenza dell’istituto rispetto all’assegnazione forzata di diritto comune ed alla tutela esecutiva in genere.
Il saggio analizza l’introduzione e la novella della ricerca telematica dei beni da pignorare, evidenziando i dubbi interpretativi sulla struttura del procedimento, tra autonomia e unitarietà, aderendo alla tesi che ritiene il procedimento in esame unitario e individua nell’istanza al presidente una richiesta di pignoramento ad oggetto indeterminato. Tale premessa costituisce lo spunto per affrontare la problematica dell’idoneità dell’istanza al presidente ad impedire in maniera provvisoria e anticipata la decadenza del precetto. L'Autrice, in applicazione del principio di sufficienza del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante elaborato dalla Corte costituzionale coordinato con quello di scissione degli effetti della notificazione per le parti di un procedimento, conclude nel senso che sia sufficiente ai fini della conservazione degli effetti del precetto, ove compiuta entro il termine di cui all’art. 481 c.p.c., l’iniziativa assunta dal creditore per dare impulso all’esecuzione, ovverossia la mera istanza al presidente.
Il saggio analizza gli effetti sul processo esecutivo della c.d. sospensione esterna, con particolare rilievo all'ipotesi in cui il giudice dell'esecuzione erroneamente fondi su tale fattispecie una pronuncia di sospensione interna ai sensi dell’art. 624 c.p.c. L'A. sostiene l’abnormità di una sospensione del processo esecutivo fondata sull’unico “grave motivo” della già intervenuta sospensione della provvisoria esecutorietà da parte del giudice dell'impugnazione e la impossibilità di applicare a tale provvedimento abnorme la disciplina della sospensione interna al processo esecutivo. Per tale via, il saggio mira ad escludere che possa operare in una simile ipotesi il principio dell’apparenza, sicché la sospensione così disposta pur se non reclamata non può condurre alla dichiarazione di estinzione del processo esecutivo nei termini di cui all'art. 624, comma 3°, c.p.c.
Il saggio esamina le ultime e più importanti tra le numerose novità legislative recentemente apportate alla disciplina della riscossione coattiva. In controtendenza con le riforme del 2010, che miravano alla concentrazione ed efficienza della riscossione, con le riforme del 2012-2013 nate in un contesto caratterizzato dall'aggravamento della crisi economica, il legislatore ha privilegiato il perseguimento della pace sociale, talvolta anche a discapito dell’effettiva soddisfazione del credito. Ciò ha fatto, tra l’altro, ampliando i limiti dll’esecuzione, innalzando i termini funzionali a con-sentire l’adempimento spontaneo, creando una procedura idonea a condurre alla sospensione dell’esecuzione e all’eventuale estinzione del credito, nonché modificando le operazioni di vendita al fine di individuare un prezzo quanto più possibile prossimo al reale valore del bene.
Condividi questo sito sui social