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Lucinia Speciale
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Beni Culturali
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-ART/01 - Storia dell'Arte Medievale
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
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Lo studio mette a fuoco una peculiarità iconografica della Natività degli Avori di Salerno. La figura femminile che compare a destra della Vergine potrebbe essere identificata con Zela o Zelomi, la 'buona' levatrice menzionata nella versione latina dei Vangeli dell'infanzia, meglio nota come vangelo dello Pseudo Matteo. La presenza di questa rara soluzione iconografica - comune agli avori di Salerno e alla placchetta di Washington, pertinente al complesso cosiddetto 'di Grado' - lascia sospettare che l'origine di quest'ultima debba ritenersi occidentale e non siropalestinese come generalmente si ritiene.
Il testo presenta il cuscino serico che accompagnava una dei reliquiari più antichi e prestigiosi del tesoro del Sancta Sanctorum. Il pezzo, recuperato a inizio Novecento, fu ritrovato all'interno della teca cruciforme che Pasquale I fece realizzare per ricoverarvi una croce gemmata che il Liber Pontificalis riporta al tempo di papa Sergio I. La scheda presenta una nuova ipotesi di lettura sul motivo originale della stoffa e sulla sua possibile cronologia. Il cuscino appartiene a un corpus di tessuti serici di straordinario valore liturgico e storiografico. Buona parte delle ricerche sull'origine e la diffusione delle stoffe preziose presenti nei tesori ecclesiastici del medioevo europeo scaturirono dal recupero di questo importante stock di tessuti. La mostra che ha offerto il pretesto per un riesame dell'opera raccoglie alcuni dei più antichi paramenti liturgici che siano conservati nell'Occidente latino. L'esposizione prevede due sedi: i Musei Vaticani e il Musée d'Art sacré du Gard. L'occasione espositiva che ha dato luogo a una nuova ricognizione autoptica e al restauro del manufatto, ha permesso di riaprire anche la riflessione storica sull'origine e la data degli altri tessuti serici documentati a Roma a partire dall'VIII secolo.
E' l'abstract di una relazione, apparsa nella versione definitiva in altra sede.
Il contributo ripropone, con nuovi argomenti, l'attribuzione a una bottega italomeridionale del più antico set di gioco in avorio scolpito che ci sia pervenuto per trasmissione storica.
Breve profilo della più antica produzione libraria decorata, greca e latina, documentata nell'area pugliese.
L'articolo offre un esame dei più recenti ritrovamenti pittorici emersi dal cantiere di scavo di San Vincenzo al Volturno, ricollocandoli nel panorama della pittura italomeridionale tra XI e XII secolo.
Il contributo offre una rilettura storico-critica del rapporto che lega i frammenti del ciclo 'desideriano' della navata del S. Salvatore di Brescia alle pitture di S. Maria foris portas di Castel Seprio, ripercorrendo l'ampio dibattito - tuttora molto vivace - che distingue la fortuna critica di quest'ultimo monumento. Le matrici culturali e la cronologia d'esecuzione del ciclo di S. Maria foris Portas sono tuttora uno dei problemi più controversi della storia della pittura dell'alto medioevo. Al di là delle conclusioni, programmaticamente aperte, del lavoro, lo studio vuole offrire qualche spunto di riflessione sulle difficoltà di lettura che lo stato di conservazione delle opere impone all'analisi stilistica e sulla progressiva crescita d'importanza degli strumenti diagnostici negli studi di storia dell'arte.
Lo studio propone una rilettura dell'unico elemento superstite del ciclo affrescato con la vita di S. Cecilia, anticamente presente nel portico d'ingresso della basilica di S. Cecilia in Trastevere. Il dipinto, del quale si presenta una preziosa riproduzione di fine Cinquecento, conserva l'episodio finale della sequenza con le storie della santa, nel quale erano raffigurati la deposizione del corpo e il suo miracoloso rinvenimento da parte di Pasquale I. Il particolare rilievo che assume questo episodio, tratto dal Liber Pontificalis e inserito per la prima volta nella vita illustrata, trova un interessante parallelo nella rielaborazione della leggenda agiografica che avviene all'interno dell'attiva comunità religiosa presente in S. Cecilia quasi certamente in concomitanza del pontificato di Pasquale II. Le insegne del pontefice addormentato risultano in effetti databili ai primi decenni del XII secolo.
Il contributo prende in esame la Chiamata e il Sacrificio di Gedeone, una delle scene più controverse del ciclo affrescato di Sant'Angelo in Formis. L'immagine è centrata sulla rappresentazione di un albero dalla forte valenza simbolica - il terebinto - e presenta un soggetto piuttosto raro nell'iconografia biblica. La sua presenza a Sant'Angelo in Formis ha sollecitato molti interrogativi, in relazione alla struttura del programma e alla data di realizzazione dell'intero ciclo affrescato, che potrebbe essere avvenuta in due tempi (Toubert 1990, Toubert 1997). L'analisi delle diverse varianti che l'episodio biblico sembra conoscere nella tradizione occidentale e bizantina - unita a una più generale riconsiderazione del ruolo che la scena assume all'interno della sequenza di Sant'Angelo in Formis - offre nuovi spunti per la sua interpretazione.
Il contributo presenta un dipinto su tavola con l'immagine della Vergine con bambino, proveniente dalla chiesa del convento francescano dei Ss. Cosma e Damiano "in mica aurea" di Roma. La Madonna di S. Cosimato, relativamente poco nota agli studi, rientra in una tipologia molto documentata a Roma e nella regione romana tra XII e XIII secolo. In base alle caratteristiche formali, l'esecuzione dell'opera potrebbe agevolmente collocata intorno alla metà del XIII secolo. In effetti, lo stile della tavola rivela una certa parentela con le pitture della 'Sala Gotica', riferibili, com'è noto al 1235-1247. Più o meno allo stesso momento (1234 -1246) risale un importante ciclo di lavori architettonici messo in opera da Jacopa Cenci, prima badessa della comunità di clarisse che si insediò a S. Cosimato, la più antica e prestigiosa fondazione benedettina di Trastevere. Un aspetto di non minore interesse rivela la storia del dipinto, che il "Libro dell'antichità del Monastero di S. Cosimato", redatto agli inizi del XVII secolo da Orsola Formicini, dichiara proveniente da uno degli altari dall'antico S. Pietro: quello dei Ss. Processo e Martiniano, realizzato da Pasquale I (817-824). Quale che ne sia l'autorevolezza, la fonte segnala con una certa fedeltà un carattere reale del dipinto. In corrispondenza di uno degli angoli della tavola, si indovinano tracce di una stesura pittorica precedente, che un'indagine strumentale potrebbe forse rendere più leggibile.
Tradurre senza travisare: un problema scientifico
Lo studio offre una lettura storico-critica aggiornata della produzione libraria di lusso legata alla committenza sveva e propone una nuova interpretazione delle miniature di dedica del Vat. Pal. lat. 1071. Il codice contiene la più antica versione illustrata del trattato "De arte venandi cum avibus" composto da Federico II, ma il suo corredo illustrativo deve essere riferito al figlio Manfredi, che ne arricchì il testo, commissionandone verosimilmente anche l'edizione illustrata.
l'articolo illustra gli aspetti più rilevanti di una tipologia di manoscritto illustrato tipicamente italomeridionale: quella dei rotoli liturgici detti dell'Exultet. Con questo nome è comunemente identificato un corpus di circa 30 manoscritti illustrati, realizzati tra il X e il XIV secolo, contenenti il testo e la notazione musicale del canto che accompagna la benedizione del cero pasquale. Di questa singolare categoria di manufatti librari, il lavoro mette a fuoco gli elementi che più si prestano ad un lavoro di carattere interdisciplinare.
Lo studio offre una piccola campionatura delle immagini del pane che caratterizzano la tradizione illustrativa cristiana, dalle origini al primo XII secolo. La panoramica prende avvio dalle forme molto realistiche che accomunano le prime rappresentazioni paleocristiane del pane, attestate nelle immagini dell'Ultima Cena. L'indagine prosegue mettendo a fuoco il processo di rapida cristallizzazione degli elementi della mensa eucaristica, evidente già alla fine del VI secolo. Infine accompagna l'evoluzione del motivo nelle rappresentazioni dei secoli centrale del medioevo, sino al recupero della dimensione plastica delle forme, che affiora nelle rappresentazioni evangeliche del primo XII secolo.
Il contributo ricolloca, nella tradizione storiografica, la pubblicazione della raccolta "Un art dirigé: Réforme grégorienne et Iconographie", Paris, 1990, e quella della sua versione italiana, integrata e aggiornata dall'autrice, Hélène Toubert e da chi scrive.
Il contributo illustra l'aspetto grafico dei due autografi della Cronaca del monastero romano dei Ss. Cosma e Damiano "in mica aurea", redatta dalla badessa Orsola Formicini nei primi anni del Seicento. L'opera, conservata in due esemplari d'apparato, documenta la storia del monastero a partire dalle sue origini altomedievali. la veste decorativa dei due volumi, corredati da un interessante corpus di immaginette sacre a stampa, offre un interessante 'revival' del cartulario medievale.
Il contributo presenta alcuni materiali d'archivio e un busto ottocentesco, ricavato da una delle sculture architettoniche della Porta di Capua.
Il testo offre una scheda storico-critica breve, ma scientificamente corretta, della struttura e dello stato di conservazione del Codex Purpureus di Rossano Calabro, il più cospicuo dei tre codici purpurei miniati della tarda antichità che ci siano pervenuti.
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