Effettua una ricerca
Alessandro Isoni
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Storia Società e Studi sull'Uomo
Area Scientifica
Area 14 - Scienze politiche e sociali
Settore Scientifico Disciplinare
SPS/03 - Storia delle Istituzioni Politiche
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Il presente contributo mira a porre in luce l'innovativo ruolo giocato dal Comitato di salute pubblica nell'attività di direzione e guida durante il conflitto che vide opposta la Francia rivoluzionaria alle principali monarchie europee. Prendendo avvio dall'incauta dichiarazione di guerra all'Austria del 20 aprile 1792, il saggio giungerà, dopo un rapido esame dei principali eventi del 1792, a focalizzarsi sulle principali misure politiche adottate dal Governo rivoluzionario durante l'estate e l'autunno del 1793 al fine di salvare la Francia dall'invasione delle armate straniere. Più specificatamente, l'attenzione sarà rivolta, da un lato, all'esame delle principali riforme politiche, economiche e militari e, dall'altro, alla figura dei répresentants en mission inviati presso le armate dalla Convenzione nazionale, insieme ai commissaires inviati dallo stesso Comitato di salute pubblica. In questo modo, sarà possibile apprezzare sia lo straordinario attivismo della Convenzione nazionale sia il fondamentale ruolo di leadership esercitato dal Comitato di salute pubblica, con quest'ultimo in grado di migliorare la industria degli armamenti, riorganizzare i quadri dell'esercito e, infine, arruolare e armare quattordici armate della Repubblica capaci di sconfiggere la Prima Coalizione. Grazie all'esame dell'enorme sforzo bellico posto in essere dall'intera società francese, sarà possibile apprezzare meglio come il Governo rivoluzionario abbia inaugurato un approccio che sembra prefigurare la guerra totale di cui gli altri paesi europei avrebbero fatto esperienza solo durante la Prima guerra mondiale.
Il settore della cooperazione europea in materia forestale si presta molto bene a rappresentare una sorta di paradigma delle modalità assunte dal processo di integrazione europea e di come esso si sia sviluppato nel corso di questi decenni. Infatti, l'intervento comunitario nel settore forestale è stato caratterizzato dalla prevalenza dell'approccio fondato sul concetto cardine del processo di integrazione europea, vale a dire lo spill-over. Con questo termine inglese – che può essere tradotto in italiano con ricaduta, ripercussione – nel linguaggio politologico si suole indicare il principale strumento di cui si è avvalso il metodo funzionalista di integrazione europea che, come sappiamo, ha prevalso sin dai primi anni '50 del XX secolo nel processo sfociato, infine, nell'istituzione dell'Unione europea nel 1992. Proprio il 1992 rappresenta una sorta di anno magico per lo sviluppo delle prime forme di intervento comunitario in ambito forestale, sulla falsariga dello straordinario moto di riforma cui fu sottoposto l'edificio comunitario negli anni successivi alla fine della guerra fredda. Infatti, le principali ragioni che hanno portato ad inaugurare una prima, seppur timida politica di intervento comunitario in ambito forestale, trovano la loro origine in settori apparentemente distanti dalla gestione dei boschi e delle foreste ma che, in realtà, dimostrano la bontà di una teoria e di una pratica di integrazione suscettibili di condurre a risultati insperati. Le principali ragioni che condussero nel 1992 ad iniziare a parlare di una strategia comunitaria per i boschi e le foreste risiedono in almeno due ordini di fattori. Il primo e anche il più importante è sicuramente costituito dalla crisi della PAC, con il suo corollario di sovrapproduzione e di deficit strutturale, come conseguenza della insostenibile politica di sostegno ai prezzi adottata nei decenni precedenti. Al fine di ridurre l'incidenza della PAC sul bilancio comunitario, nel 1992 vedeva finalmente la luce la prima significativa riforma della politica agricola comune – la c.d. Riforma MacSharry – che prevedeva una riduzione del sostegno al settore agricolo e una radicale riforma della concezione stessa dell'agricoltura europea, che sarebbe dovuta passare dal paradigma produttivista a quello multifunzionale. In questo senso, si iniziava a rendere indispensabile una riduzione dello sfruttamento dei suoli agricoli, attraverso l'incentivazione dei processi di rimboschimento e una rinnovata sensibilità nei confronti delle risorse forestali, intese come potenziali fonti alternative di integrazione al reddito dei contadini. Accanto a questa concezione, sicuramente prevalente e tipicamente funzionalista – si stagliava anche la recente sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali e del problema della deforestazione, che proprio nel 1992 conoscevano uno straordinario risultato politico e mediatico grazie alla conferenza di Rio de Janeiro, organizzata dalle Nazioni Unite nella città brasiliana per discutere sui rischi della deforestazione in Amazzonia e sui conseguenti rischi per la salute del pianeta e per la stessa sopravvivenza della specie umana. È evidente, da queste poche righe, come la questione dell'agricoltura e del cambiamento climatico abbia consentito di allargare l'ambito di intervento dell'Unione europea al settore delle foreste e dei boschi, anche attraverso la prima definizione di una politica forestale a fini industriali, come peraltro aveva già rivelato la decisione del Consiglio del 29 maggio 1989 di istituire un Comitato permanente per studiare le questioni inerenti il settore forestale, seguita poi nel 1997 e nel 1998 dalle decisioni della Commissione europea di istituire dei comitati incaricati di occuparsi esclusivamente del ruolo delle risorse forestali nell'ambito della PAC e delle problematiche relative alle industrie di trasformazione del legno. Dunque, ritornando alla premessa iniziale
This book represents the first attempt to investigate the relations between Law and Agroecology
Il contributo analizza l'influenza delle ideologie della "terza via" sull'Alta Autorità della CECA, concentrandosi in particolare sui suoi compiti e sull'organizzazione. Prendendo avvio dal dibattito scientifico sullo status giuridico del primo tentativo riuscito di integrazione europea, il contributo riscotruisce l'ampia gamma di ideali e di legami personali tra differenti gruppi e persone che nel corso degli anni '30 e 40' del XX secolo operarono in Francia, oltre che prendere in esame alcune misure economiche adottate nello stesso paese durante il periodo post-bellico.
Il contributo affronta il tema della disciplina normativa dei boschi e delle foreste nelle costituzioni latino-americane che riconoscono soggettività giuridica alla "Natura".
The paper analyzes the history of the European cooperation in the Mediterranean Sea. Starting from the Cold War period and from the decolonization process, the Author tries to reconstruct the political premises and the interventions implemented by the European Economic Community, analyzing the limits of an Eurocentric approach. After the Berlin Wall fall and the Maastricht Treaty, the new opportunities offered by an enlargement towards East suggested European Union to start a Euro-Mediterranean Partnership with North Africa and Middle East States, in order not lo lose a strategic area for the European security. The Barcelona Process, inaugurated in 1994 in the Spanish city, aimed to create a free trade area within 2010 in a context of peace and cooperation. Unfortunately, both the limits of the project and the evolution of the international situation, with the rise of Islamist terrorism, together with some intrinsic limits of the Partnership, led to a partial failure, obliging European States and EU to elaborate a new kind of cooperation, launched by French government in 2008 with the name of Union for the Mediterranean. The outbreak of the Arab Spring in 2011 has temporarily stopped this new experiment of cooperation, confirming, then again, the importance of the Mediterranean theatre in the age of globalization.
After a quick look at some of the new provisions introduced by the Lisbon Treaty, the article aims to bring to light some of the legal and ideological implications related to the decision of erasing all references to the term “Community” from the Lisbon Treaty. Starting from an etymological analysis of the term “Community”, the research explores how the decision to give such a name to the first successful experiments of European integration in 1951 and in 1957 was, on the one hand, a cultural legacy of the Thirties and Forties and, on the other hand, necessary in order to achieve some political goals. In line with this, it will be possible to understand how the term «Community», quite unusual in the context of international organizations, allowed for more opportunities than the term “Union”, which seems, prima facie, to embody the old federalist dream of the United States of Europe.
Avviato da un breve esame delle principali teorie giuridiche e politologiche che, nel corso degli ultimi decenni, hanno cercato di definire la forma costituzionale assunta dal processo di integrazione europea, il lavoro mira a sviluppare alcune riflessioni relative alle differenze prospettiche esistenti tra il principio di sussidiarietà e le ipotesi federalistiche auspicate da più parti come possibili soluzioni al deficit di democrazia dell’Unione europea. La tesi della ricerca è che il federalismo e il principio di sussidiarietà obbedirebbero a due universi concettuali profondamente diversi, tanto da poter essere definiti quasi come antitetici.
Il saggio affronta il dibattito in corso nell'Unione europea in merito ad un presunto "deficit democratico" dell'Unione europea, imputabile alla mancata previsione di un rapporto di fiducia tra la Commissione europea e il Parlamento europeo. Anche alla luce delle riflessioni svolte da Walter Bagehot durante l'Età Vittoriana, l'analisi svolta nella ricerca mira a mettere in discussione questa premessa, riportando il ruolo del Parlamento europeo nell'alveo delle cinque funzioni tradizionali che, a giudizio di Bagehot, le assemblee rappresentative sono chiamate a svolgere, in cui la funzione legislativa è quella di minore importanza. Nel corso dei decenni, viceversa, tutte le riforme adottate nell'UE hanno avuto come obiettivo il coinvolgimento del PE nel processo decisionale, mentre contemporaneamente andavano sviluppandosi una serie di istituti tipici del diritto parlamentare - alcuni inediti, altri calchi di tradizioni costituzionali comuni - che inducono a ritenere datato il dibattito sul "deficit democratico", ormai superato dalla formazione di una società civile europea impegnata diuturnamente in un dibattito improntato ai principi tipici dell'argomentazione logica, base della formazione di una opinione pubblica europea.
Il saggio esamina il ruolo e la riflessione svolta dalla figura intellettuale e politica di Antonio de Viti de Marco durante il primo conflitto mondiale. Esponente di spicco della democrazia radicale e convinto sostenitore dell'opzione liberista come chiave per affrancare il Mezzogiorno d'Italia dalla morsa del sottosviluppo politico ed economico, allo scoppio della Prima guerra mondiale de Viti de Marco fu uno dei pochi che, in Italia, seppe inquadrare la necessità dell'intervento in guerra a fianco dell'Intesa come necessario, oltre che completare il processo di unificazione nazionale, soprattutto per sconfiggere il principale nemico del progresso nell'Europa dell'epoca, vale a dire l'imperialismo della Germania guglielmina e dell'Impero austro-ungarico. Il saggio ricostruisce le basi teoriche e politiche su cui andò maturando tale precisa impostazione politica, dimostrando come essa derivasse dall'influsso esercitato sul marchese salentino dalle riflessioni sviluppate nei circoli liberali progressisti britannici, oltre che dalla profonda ammirazione nutrita nei confronti di Woodrow Wilson, che fecero di de Viti de Marco uno dei principali esponenti del wilsonismo italiano.
Articolo che discute intorno alla possibilità di costruire una dottrina transnazionale del diritto costituzionale, rispetto alla persistenza delle categorie concettuali e cognitive del diritto costituzionale statale.
Il contributo mira a porre in luce, in una prospettiva storica, lo sviluppo dei poteri e delle funzioni della Commissione europea, e come questo abbia avuto delle ripercussioni sulle procedure in atto e sulle dinamiche legate al personale e alla sua organizzazione.
Il saggio prende avvio dal concetto di "tradizioni inventate", coniato da W. J. Hobsbawm e T. O. Ranger nel 1983, con l'obiettivo di valutare quanto possa essere fuorviante una falsa rappresentazione delle storie nazionali. Il presente contributo tende innanzi tutto a dimostrare come questa categoria storiografica posso essere applicata al concetto di "Dieta mediterranea" introdotto nel 1952 dall'americano Ancel Keys. Secondo il celebre scienziato, la dieta mediterranea - fondata su una piramide alimentare composta di frutta, verdura, carboidrati, proteine naturali e olio extra vergine di oliva - sarebbe stata la principale causa della bassa incidenza di malattie cardiovascolari nel mezzogiorno d'Italia rispetto agli indici diffusi nei paesi dell'opulento Occidente. Tuttavia, sebbene l'intuizione di Ancel Keys fosse corretta sotto il profilo medico-clinico, l'operazione culturale posta in essere, funzionale alla diffusione di questa pratica alimentare attraverso la ricostruzione di un presunto stile di vita mediterraneo, si fondava su alcune premesse completamente errate. Il risultato di questo vero e proprio patchwork culturale era la descrizione di un mondo che non era mai esistito, giungendo così ad una tipica lettura orientalista di un contesto ritenuto esotico e di cui non si coglieva sino in fondo la profondità storica. L'esame della dichiarazione con cui nel 2010 l'UNESCO ha riconosciuto la dieta mediterranea come patrimonio culturale immateriale dell'umanità servirà a dimostrare come questa descrizione della realtà mediterranea piena di clichés e di stereotipi contribuisca in modo decisivo ad impedire un autonomo modello di sviluppo per le popolazioni coinvolte.
Il contributo affronta l'esperienza delle unità della Royal Australian Navy inviate nell'ottobre del 1917 presso la base di Brindisi con lo scopo di rafforzare il blocco del Canale d'Otranto, posto in essere dalle unità navali dell'Intesa con l'obiettivo di ridurre il transito dei sommergibili austro-ungarici e tedeschi, autori di numerosi affondamenti a danno del naviglio mercantile alleato.
This collective volume is the outcome of an experiment in transdisciplinary scientific research started in 2012 with the creation at the University of Salento (Italy) of a group of researchers called LAIR (an acronym for “Law and Agroecology – Ius et Rus”), and continued in 2013 with the organisation of an International Conference in Lecce entitled "Agroecology and Law: A Transdisciplinary Dialogue". On the level of the academic training of the authors, the approach based on transdisciplinarity explains why in the volume are included, besides legal scholars, also scholars of ecology, landscape ecology, agronomy, food governance, chemistry, engineering, history of agroecosystems and political institutions, rural sociology, and ethics. Among the legal scholars are representatives of various fields: from Roman law to international and comparative law; from constitutional, public, and administrative law to private and agricultural law; from environmental and landscape law to consumer law. There is a growing awareness of profound changes in the socioeconomic paradigm that have taken place in agriculture. Agriculture has evolved from the monofunctional perspective, referring exclusively to the production of goods for private use (raw materials to be used for food or industrial purposes) and to the remuneration of producers for those goods, towards a multifunctional vision. It is recognised that agriculture provides fundamental ecosystem services, inspired by the principle of sustainable development and conforming to the rule of environmental cross-compliance. This process of transformation has been accompanied by the emergence of a vibrant and expanding field of international research, namely agroecology. Agroecology has progressively integrated the points of view of various disciplines: agronomy, ecology, environmental sciences, geography, sociology, anthropology, history, economics, ethics, and political science. Agroecology has evolved through overcoming the traditional frontiers between “natural” and “social” sciences and examining the concept of agroecosystem viewed as a socio-ecological system. Law, however, has remained separate and very far from the debate within agroecology. This book proposes to explore, for the first time in a direct and broad-spectrum way, the relationship between law and agroecology. These two branches of knowledge that hitherto have not really communicated with each other are now called upon to become reciprocally acquainted, giving rise to a process of coevolution. On the one hand, agroecology is called upon to integrate within itself the point of view of law. This means studying the complexities of agri-food systems also in the light of normative and institutional variables, with the lens of categories such as rights, duties, powers, responsibilities, and procedural safeguards. On the other hand, law is called upon to review its own “internal geometries,” confronting them with the agroecological paradigm. In this sense, it must address the necessity of overcoming the divisive approach that so far has kept separate, on the disciplinary level, agricultural law and environmental law and, more generally, has disarticulated the legal regulation of closely linked matters, such as agriculture, environment, landscape, and food. This volume intends to allow an open exchange between legal and non-legal systems of thought with regard to agroecology. At the same time, it deals with the experiences of different countries, in order to start up a fertile dialogue destined to continue into the future. On a structural level, the volume is composed of three parts. The first part addresses the methodological issues entailed in linking agroecology to law. The second part aims to identify some concrete challenges that agroecology presents to law, highlighting the correspondence between multifunctionality of agriculture and multidimensionality of the relationships bet
Il saggio affronta, in chiave critica, l'analisi svolta da Max Weber sulle cause della sconfitta della Germania guglielmina nel primo conflitto mondiale. In questo senso, il saggio ricostruisce l'assetto costituzionale del Secondo Reich come si era storicamente andato formandosi, concentrandosi, in particolare, sul peculiare ruolo svolto dalla Prussia e sulla preponderante figura del Cancelliere Otto von Bismarck, ritenuta una delle cause che avevano condotto alla mancata formazione di una classe politica all'altezza delle sfide poste dal conflitto. Il saggio si conclude con una valutazione critica delle soluzioni prospettate da Weber al termine del conflitto - in particolare, il nuovo ruolo del Capo dello Stato e le funzioni da assegnare alle commissioni parlamentari di inchiesta - che avrebbero condotto in futuro ad esiti contrastanti.
Prendendo avvio dalle riflessioni sul futuro dell'Europa svolte da Gaetano Salvemini e Attilio Cabiati al termine della Prima guerra mondiale, il presente saggio mira ad analizzare i punti principali della riflessione di Carlo Rosselli in merito alla crisi morale e politica attaversata dalla civiltà europea durante gli anni '30. Ci si concentrerà, inizialmente, su come Salvemini e Cabiati abbiano favorito la conoscenza da parte di Rosselli della migliore tradizione federalista italiana e del più avanzato internazionalismo liberale, entrambi indispensabili per immaginare vie alternative rispetto alla configurazione diplomatica scaturita dai trattati di Versailles e dal rinnovato accentramento amministrativo imposto all'Italia dal fascismo. Dopo una prima adesione al magistero gobettiano, che collocava le cause dell'affermazione del fascismo in una prospettiva meramente nazionale, Carlo Rosselli, anche sulla scorta dell'assidua frequentazione con Andrea Caffi, cominciò un profondo ripensamento del fenomeno fascista, specie dopo la nomina di Hitler a cancelliere della repubblica di Weimar. Di fronte alla progressiva fascistizzazione del continente, Rosselli individuava una delle cause principali dell'affermazione dei regimi dittatoriali nella profonda crisi morale, prima ancora che politica, che aveva investito le ormai esauste classi dirigenti europee. La crisi europea, in questo senso, era solo una spia di una profonda sfiducia nelle formule vuote del pacifismo democratico e della stessa propaganda socialista, ritenute da Rosselli incapaci di opporsi con efficacia e vigore alla montante marea fascista. La necessità di ripensare un programma di rigenerazione politica e morale del continente su basi socialiste e liberali, adottando con decisione i principi dell'autonomia individuale e sociale, assumeva, nel pensiero di Carlo Rosselli, i contorni storici e geografici dell'intero continente europeo, per cui egli prospettava un percorso di liberazione dal fascismo, finalizzato ad una radicale configurazione dell'Europa su basi federaliste e di avanzata democrazia sociale. In tal senso, la parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa, oltre che come obiettivo politico a media scadenza, si candidava a divenire un potente mito politico intorno al quale coagulare la fede e le speranze di coloro i quali si opponevano ad un destino di sopraffazione che sembrava essere ineluttabile quando, nel 1937, i fratelli Rosselli furono barbaramente assassinati da sicari inviati da Mussolini.
This paper aims to offer an analysis of the Common Agriculture Policy over the past 60 years. Taking the poor conditions of European agriculture between the two world wars as a starting point, this analysis considers the reasons that compelled the EU founding fathers to insert agriculture among the key sectors seen to further integration. Furthermore, this study aims to demonstrate how the protectionist attitude adopted by the European Commission actually arose from a long tradition of intervention by national governments in almost every European State. As a matter of fact, the CAP was initially characterised, on the one hand, by a protectionist approach and, on the other hand, by a strong productivist attitude, in order to both guarantee European food independence and support farm incomes. These goals were attained, thanks to a price support system, which became very expensive with respect to the available EEC budget. In the 1980s, the European Commission came under the pressure of both national governments and economic globalisation, and consequently reviewed the CAP, thereby contributing towards a change of paradigm in the European agricultural sector. As a result of three main reforms—the MacSharry Reform (1992), the Agenda 2000 (1999) and the Fischler Reform (2003)—the CAP has become more centred on a multifunctional approach based on two principal pillars: firstly, aid towards food production, i.e. direct support to farmers, and, secondly, initiatives promoting the development of sustainable agriculture, according to an “agroecological” perspective, which allows for the protection of nature, as well as of regional cultures and traditions.
Condividi questo sito sui social