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Saverio Di Benedetto
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Scienze Giuridiche
Area Scientifica
Area 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/13 - Diritto Internazionale
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Since some decades, the international regulation of environmental issues can be represented in unitary terms, as international environmental law. Conversely, a legal discipline that might be called “international agricultural law” does not exist. Although there are several international rules and even treaties involving agricultural matters, these are disparate and heterogeneous. This fact shows the asymmetrical positions of agriculture and the environment in international law. As a consequence, this chapter focuses less on the environment than it does on agriculture. Moving from international rules and instruments regarding agriculture, it tries to show the existing interaction with environmental law. Finally, it offers some suggestions on a possible agroecological evolution in international law.
This book represents the first attempt to investigate the relations between Law and Agroecology
Il contributo affronta il tema della disciplina normativa dei boschi e delle foreste nelle costituzioni latino-americane che riconoscono soggettività giuridica alla "Natura".
Il 18 luglio 2014 un tribunale arbitrale costituito presso la Permanent Court of Arbitration, sulla base dell'Energy Charter Treaty e secondo le UNCITRAL Arbitration Rules, ha condannato la Russia a pagare un risarcimento di circa 50 miliardi di dollari in favore delle compagnie straniere che possedevano le quote maggioritarie del gigante petrolifero Yukos, a causa della asserita esistenza di un'espropriazione illecita da parte delle autorità russe. Questa decisione riveste un'importanza fondamentale per il diritto internazionale degli investimenti, in virtù della compresenza di diversi temi cruciali, quali la rilevanza delle prerogative sovrane, l'intersezione con altri regimi giuridici, il ruolo dei principi generali di diritto.
L’articolo si occupa di quella prassi dei tribunali arbitrali UNCITRAL sugli investimenti esteri in cui la tutela dell’imprenditore straniero si interseca con istanze pubbliche di protezione dell’ambiente. Il tema è di grande rilevanza, poiché vi è il rischio che un’applicazione rigida e autoreferenziale dei trattati sugli investimenti porti a una compressione delle prerogative sovrane di tutela di interessi pubblici fondamentali, quale quello ambientale. L’articolo ricostruisce sistematicamente tale prassi, partendo dall’interrogativo su quale sia il grado di integrazione possibile delle istanze di tutela ambientale nell’interpretazione delle regole internazionali sugli investimenti e analizzando gli argomenti giuridici impiegati dai tribunali a tal fine. L’analisi della prassi arbitrale e la sua sistemazione è svolta individuando tendenze interpretative comuni e mostrando in particolare il contributo di essa nel porre in relazione il c.d. ‘diritto internazionale sugli investimenti esteri’ con altre parti e principi del diritto internazionale pubblico, secondo una logica quindi divergente da quella dei c.d. regimi giuridici autonomi (self contained regimes).
This book addresses an issue of increasing importance in public international law: the controversial relationship between international investment law (IIL) and environmental protection. The inquiry underlying this book can be briefly summarized as follows: is it possible to reconcile foreign investor rights and environmental protection? Or more precisely: how and to what extent can environmental concerns be integrated into the strict logic of international investment rules? International practice raises more specific queries: is a state obliged to pay compensation for the indirect expropriation of foreign investments due to environmental regulations? Is it possible for a country to withdraw a foreign investor’s permit to carry out a dangerous activity without infringing the international standard of fair and equitable treatment? These questions, although quite simple in themselves, open the door to complex and multiform answers and solutions. Scholars studying the relevance of environmental and human health concerns in the context of IIL usually prefer to either address specific issues (e.g. regulatory expropriations, freezing clauses, etc.) or to limit their scrutiny to specific legal contexts (e.g. the North American Free Trade Agreement). Some scholars have focused on the matter more comprehensively by identifying points of friction between investment rules and environmental protection and by detecting or proposing various solutions. On the whole, the doctrinal approaches appear fragmentary, mirroring in essence the multiform nature of IIL (its multiple and autonomous sources create a kind of legal patchwork, which is only partially “unified” by the practice of arbitral tribunals) and all of these debates may be situated in the broader context of discourses on the fragmentation of international law. With this in mind, this book is not engaged in a search for the chimera of a single legal formula which radically resolves the antagonism between foreign investments and environmental concerns. Instead, it gathers and scrutinizes the legal arguments and solutions in arbitral case law and investment treaties around this inquiry. By extrapolating and ordering the insights from this vast and heterogeneous mass of available practice, the book outlines a possible method for reconciling investor rights and environmental concerns, which is centred around the model of legal exception. Finally, when discussing the relationship between rule and exception, it counters possible objections to the proposed model coming from theories affirming the indeterminacy of international law, by highlighting the role of legal principles according to the Dworkinian theory. More broadly, this attempt to analyse and order available arguments for integration and to sketch out an interpretative method has the purpose of not leaving this delicate matter to the mere discretion of arbitrators, according to a simple case-by-case approach. As such, this book essentially examines investment regimes and it is first and foremost a study of international investment law. Although other fields of international legal practice, such as certain human rights instruments, are also concerned with the foreign investments and environmental protection, the peculiarities of IIL, as a sui generis system of law with a marked influence on state sovereignty, suggest limiting the subject matter to experiences within this sector of international law. At the same time, comparisons with other fields of international law, in particular WTO law, provide crucial insights and are broadly employed to address the subject at hand. Moreover, this inquiry into the integration of environmental issues into the context of IIL may provide a paradigmatic model for the broader theme of integrating non-economic matters into the tissue of rules that protect foreign investments.
Le corti internazionali dei diritti dell'uomo, come nel caso della CEDU, garantiscono usualmente una protezione dell'ambiente solo in un modo indiretto, quando applicano regole volte a proteggere valori differenti quali la vita umana o la privata abitazione, in controversie che coinvolgono (anche) la lesione di beni naturali o ecologici. Questo articolo tratta dell'approccio particolare riguardo alla protezione dell'ambiente sviluppato dalla Corte Inter-Americana dei diritti dell'uomo, nel definire e tutelare il diritto di proprietà collettiva sulle terre ancestrali delle popolazioni indigene e tribali. L'idea è che un tale diritto svolga in sé una funzione diretta di tutela ambientale, in virtù del carattere intrinsecamente ecologico di una siffatta proprietà collettiva. L'esistenza di questa funzione intrinseca di tutela ambientale comporta importanti conseguenze anche sul rapporto di tale diritto con i poteri pubblici deputati alla protezione del bene-ambiente, come il recentissimo caso Kalina dimostra.
A partire dal maggio del 2015 la Commissione Europea si è occupata del sistema di soluzione delle controversie privato-Stato in materia di investimenti esteri - ad oggi consistente nella creazione di tribunali arbitrali ad hoc su impulso di investitori stranieri e sulla base di clausole arbitrali contenute in trattati di investimento - sviluppando un’iniziativa volta a modificarlo che vede al centro la proposta di istituzione di una corte multilaterale sugli investimenti (Multilateral Investment Court). Il tema appare di notevole importanza ed attualità, perché le decisioni in materia di investimenti abbracciano temi molto ampi e sono suscettibili di influire in modo incisivo su fondamentali politiche interne (energetiche, ambientali, sanitarie, etc.). Le ragioni alla base della proposta di una Multilateral Investment Court risiedono nel fatto che l’attuale sistema di soluzione di controversie tra Stati e investitori stranieri basato sull’arbitrato solleva dubbi, sia nell’opinione pubblica che tra gli operatori del settore, in termini di legittimità, trasparenza, accountability e coerenza delle decisioni. Scopo del presente contributo è quello di analizzare la proposta della Commissione per l’istituzione, attraverso un trattato internazionale, della suddetta corte multilaterale sugli investimenti, dotata di un primo e un secondo grado di giudizio. Tale proposta risulta certamente valida per fugare parte dei dubbi sollevati, ma appare di dubbia realizzabilità e di limitata efficacia complessiva, perché finirebbe per scardinare un sistema di soluzione delle controversie in via di consolidamento e sempre più recettivo delle istanze ‘sostanziali’ di rispetto delle legislazioni interne. Di conseguenza, sembra possibile suggerire una strada di riforma c.d. “mediana”, consistente nel recuperare una delle opzioni della proposta iniziale della Commissione, quella che prevedeva l’istituzione di un tribunale multilaterale sugli investimenti competente solo per decidere dell’eventuale appello delle decisioni prese dai tribunali arbitrali secondo i meccanismi già oggi esistenti.
Questo articolo indaga la possibilità di offrire strumenti di tutela di diritto internazionale per le foreste ad alto valore ecosistemico, nell’ambito dei sistemi di protezione dei diritti umani. In particolare, nella prassi qui analizzata, la tutela del bene-foresta avviene mediatamente, attraverso l’attribuzione a un gruppo di individui della titolarità di un diritto fondamentale funzionalmente collegato a tale bene. Una tale prospettiva di tutela si collega al tema, più ampio, dei diritti delle popolazioni indigene e tribali, e trova rispondenza nella prassi della Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo, proprio a riguardo di (aree di) foresta tropicale, erogatrice di servizi ecosistemici fondamentali. L’articolo, dopo aver ricostruito i vari modelli di tutela della proprietà, evidenzia le peculiarità della prospettiva di tutela ‘comunitaria’ della foresta nell’ambito del possesso e della gestione, da parte delle comunità autoctone, delle proprie terre ancestrali, così come sviluppata dalla giurisprudenza della Corte Interamericana. Nella parte conclusiva si propongono spunti per una ricostruzione in chiave ecosistemica del rapporto tra popolazione e foresta.
This collective volume is the outcome of an experiment in transdisciplinary scientific research started in 2012 with the creation at the University of Salento (Italy) of a group of researchers called LAIR (an acronym for “Law and Agroecology – Ius et Rus”), and continued in 2013 with the organisation of an International Conference in Lecce entitled "Agroecology and Law: A Transdisciplinary Dialogue". On the level of the academic training of the authors, the approach based on transdisciplinarity explains why in the volume are included, besides legal scholars, also scholars of ecology, landscape ecology, agronomy, food governance, chemistry, engineering, history of agroecosystems and political institutions, rural sociology, and ethics. Among the legal scholars are representatives of various fields: from Roman law to international and comparative law; from constitutional, public, and administrative law to private and agricultural law; from environmental and landscape law to consumer law. There is a growing awareness of profound changes in the socioeconomic paradigm that have taken place in agriculture. Agriculture has evolved from the monofunctional perspective, referring exclusively to the production of goods for private use (raw materials to be used for food or industrial purposes) and to the remuneration of producers for those goods, towards a multifunctional vision. It is recognised that agriculture provides fundamental ecosystem services, inspired by the principle of sustainable development and conforming to the rule of environmental cross-compliance. This process of transformation has been accompanied by the emergence of a vibrant and expanding field of international research, namely agroecology. Agroecology has progressively integrated the points of view of various disciplines: agronomy, ecology, environmental sciences, geography, sociology, anthropology, history, economics, ethics, and political science. Agroecology has evolved through overcoming the traditional frontiers between “natural” and “social” sciences and examining the concept of agroecosystem viewed as a socio-ecological system. Law, however, has remained separate and very far from the debate within agroecology. This book proposes to explore, for the first time in a direct and broad-spectrum way, the relationship between law and agroecology. These two branches of knowledge that hitherto have not really communicated with each other are now called upon to become reciprocally acquainted, giving rise to a process of coevolution. On the one hand, agroecology is called upon to integrate within itself the point of view of law. This means studying the complexities of agri-food systems also in the light of normative and institutional variables, with the lens of categories such as rights, duties, powers, responsibilities, and procedural safeguards. On the other hand, law is called upon to review its own “internal geometries,” confronting them with the agroecological paradigm. In this sense, it must address the necessity of overcoming the divisive approach that so far has kept separate, on the disciplinary level, agricultural law and environmental law and, more generally, has disarticulated the legal regulation of closely linked matters, such as agriculture, environment, landscape, and food. This volume intends to allow an open exchange between legal and non-legal systems of thought with regard to agroecology. At the same time, it deals with the experiences of different countries, in order to start up a fertile dialogue destined to continue into the future. On a structural level, the volume is composed of three parts. The first part addresses the methodological issues entailed in linking agroecology to law. The second part aims to identify some concrete challenges that agroecology presents to law, highlighting the correspondence between multifunctionality of agriculture and multidimensionality of the relationships bet
Uno dei temi più discussi del diritto internazionale dell’economia riguarda l’integrazione di regole e valori non commerciali all’interno dei vari regimi giuridici che lo compongono. Tanto il diritto del commercio internazionale — in particolare, il sistema dell’Organizzazione Mondiale del Commercio — quanto la miriade di accordi internazionali che promuovono e proteggono gli investimenti esteri non prevedono, salvo rare eccezioni, obblighi per gli stati direttamente riguardanti valori fondamentali quali l’ambiente, la salute umana, i diritti dei lavoratori, il patrimonio culturale ed archeologico. Viceversa, i vari obblighi che questi regimi creano in capo agli stati rischiano di porre limitazioni più o meno intense alla tutela di tali valori, quando le misure statali a ciò finalizzate risultano in contrasto con tali obblighi. La rilevanza dei valori non commerciali, nei regimi suddetti, può allora porsi, per così dire, al negativo, come possibile limite rispetto all’operatività delle regole fondamentali volte a liberalizzare gli scambi o a proteggere i diritti degli investitori. Il tema è stato fortemente dibattuto nell’ambito del regime del GATT 1947 prima e del diritto dell’OMC dopo, in particolare riguardo a controversie che coinvolgevano misure statali volte a tutelare l’ambiente e la salute umana, ed è stato principalmente affrontato nel contenzioso tra gli stati secondo lo schema ’regola — eccezione’, in particolare sulla base dell’Art. XX GATT (2) e disposizioni omologhe. Oggi la discussione sull’integrazione di valori non commerciali si è estesa al terreno, molto più ’accidentato’ e complesso, del diritto internazionale degli investimenti, dove una trattazione unitaria di tale questione sembra particolarmente difficile da perseguire, in ragione dell’elevata frammentazione delle fonti, a differenza di quanto accade per il sistema dell’OMC. Alla luce di tutto ciò, questo articolo si propone di ricostruire il modello di integrazione proposto dalla prassi applicativa dell’Art. XX del GATT e di valutare se e quanto esso sia riproducibile nel variegato ambito del diritto internazionale degli investimenti, anche in virtù della progressiva inclusione nei trattati sugli investimenti di clausole che prevedono «eccezioni generali»’ sul tipo di quelle dell'Art. XX GATT.
Homo comes from humus. The "land question" regards above all the qualities of coexistence between persons and it expresses the abilities to cultivate that experience.
Il libro pone al centro dell’indagine la sovranità territoriale sulle risorse naturali, intesa come diritto soggettivo dello Stato, per valutare se e in che termini il diritto internazionale generale preveda dei limiti all’esercizio della sovranità in funzione della tutela degli ecosistemi interni e quindi degli equilibri ecologici della Terra. La chiave di lettura proposta è la distinzione tra limiti esterni e limiti interni del diritto di sovranità. I primi consistono in situazioni soggettive di diversa natura, che qualificano un interesse esterno a quello dello Stato, in specie della Comunità internazionale nel suo insieme; i secondi sono invece delle conformazioni di quel diritto soggettivo – secondo l’ordinamento internazionale – espressive di specifiche finalità, come quella di integrità ecologica. L’idea del libro è che sia proprio un limite interno a poter concretamente realizzare una tutela degli ecosistemi degli Stati, nell’interesse delle popolazioni coinvolte e della Comunità internazionale, poiché più conforme sia alla prassi e alla struttura dell’ordinamento internazionale, sia alla logica ecosistemica della Terra.
Il volume raccoglie alcuni contributi sul diritto internazionale dell’economia che sono il risultato di studi svolti negli ultimi anni presso l’Università del Salento da un gruppo di studiosi nell'ambito di un percorso di ricerca comune su forme giuridiche e fenomeni economici, su scala sovranazionale e internazionale
This article deals with a key point of the Yukos dispute decided by the Permanent Court of Arbitration Tribunal, namely the role of the corporate veil invoked by the Claimants. The Tribunal firstly relied on this legal category in the 2009 interim award, to confirm the fulfillment by the Claimants of the nationality requirement, despite the fact that the claimant companies were controlled by nationals of the respondent State. Then, in the 2014 final award, it used the theory of corporate veil to refuse to consider the early acquisition of Yukos by the same Russian nationals. This doubtful Tribunal’s outcome is compared with a different perspective arising from the system set out by the European Convention of Human Rights and then criticized according to the legal principle prohibiting the abuse of right.
This article addresses the complex and topical issue of the relevance of environmental concerns in the context of international investment agreements, from the particular angle of assessing compensation when states are deemed to expropriate foreign investments by means of regulatory measures. Authors tend to concentrate their attention on the actual existence of an expropriation, by frequently asserting that the state goal of protecting fundamental non-commercial values should prevent international adjudicators from considering such national measures as compensable expropriation. Nevertheless, this approach would risk to translate the potential antagonism between different values recognised by international law (investments; environment) into a dichotomous choice in favour of one (full compensation) or the other (no compensation). The idea underlying this article is that in frequent complex cases, it would be preferable to calculate compensation by taking into account the non-commercial values at stake, rather than affording or negating compensation. In particular, a specific standard to assess compensation is proposed, to accurately balance the two antagonist interests: internalising environmental costs due to the expropriated assets. However, sound legal foundations are needed to support the proposed view. This article makes the argument that the standard of internalising environmental costs in the context of international investments law may be directly derived from general concepts of modern market theory (negative spillovers) as well as from important legal principles (such as unjustified enrichment) and linked to other common standards of equity.
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