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Angela Carbone
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE, PSICOLOGIA, COMUNICAZIONE
Area Scientifica
AREA 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Settore Scientifico Disciplinare
M-STO/02 - Storia Moderna
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
La condizione delle donne appartenenti agli strati più bassi della società, già di per sé strutturalmente precaria, diventava drammatica e pericolosa in assenza di una famiglia e di figure maschili destinate al controllo e alla protezione del loro onore, elemento cardine di un sistema culturale sul quale si fondavano i destini femminili: moglie, madre, monaca. L’assenza di un uomo – padre, fratello, marito – rendeva la donna ancora più vulnerabile, potenzialmente deviante e la prostituzione diveniva, molto spesso, l’alternativa alla miseria, l’unica possibilità di sopravvivenza. Nel variegato, e quanto mai articolato, panorama della carità cristiana e della beneficenza, sostenuto sia dalla Chiesa che da iniziative di benefattori e cittadini laici, fra XVI e XVII secolo fiorirono numerosi conservatori e ritiri destinati alle prostitute pentite, alle donne pericolate, ripudiate o separate, alle fanciulle pericolanti. Nel lungo periodo, negli anni a cavallo fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, in un clima sociale, amministrativo e istituzionale rinnovato dal dominio francese, l’assistenza alle donne subì profondi cambiamenti: dall’opera privata di carità, foriera di redenzione e salvezza dal peccato e di tutela dal pericolo attraverso la reclusione anche per tutta la vita, si passò all’intervento statale che, attraverso misure quali il lavoro e l’alfabetizzazione, si preoccupava di formare buone madri di famiglia e oneste lavoratrici. L’intento di questo lavoro è quello di ricostruire, attraverso un minuzioso e appassionato scavo documentario presso l’Archivio di Stato di Bari, le vicende storiche di un istituto del capoluogo destinato alle donne peccatrici pentite e alle fanciulle pericolanti: l’Asilo di Pietà. La storia di questo istituto risulta speculare al processo di innovazione che investì il tema della carità e della beneficenza in Italia, così come negli altri paesi europei, tra Settecento e Ottocento. Le carte d’archivio hanno permesso non solo di delineare un rapporto dialettico fra autorità ecclesiastiche e statali, tra gruppi familiari e classi dirigenti, ma anche di restituire la voce a tante donne sole, abbandonate, prive del sostegno materiale e morale di una famiglia, che la miseria e la perdita dell’onore avevano relegato ai margini della società, confinate all’ombra di una macchia infamante.
Il presente contributo intende fornire uno spaccato sulla condizione della donna nel Mezzogiorno moderno attraverso una lettura di genere di una fonte fiscale del periodo austriaco: la numerazione ostiaria di Matera nel 1752. Una lettura caleidoscopica della fonte presa in esame, con particolare attenzione alle modalità di registrazione delle donne e alle relative informazioni sociodemografiche presenti, consente di ricostruire un affresco della condizione femminile nel quale si dipanano, dinanzi agli occhi del ricercatore, singole figure femminili ognuna delle quali colta in un particolare momento del proprio ciclo di vita, all'interno della dimensione domestica: fanciulle in età da marito, mogli e madri, nubili e vedove, serve e padrone.
L’Italia detiene il primato in Europa per quanto riguarda le fonti storiche utilizzabili ai fini demografici. Una grande quantità di materiale risalente già ai primi secoli dell’età moderna, spesso in buono stato di conservazione, è disponibile negli archivi sia delle grandi città che dei piccoli centri. L’intento del volume è quello di ripercorrere la storia della popolazione italiana attraverso le fonti a carattere demografico prodotte nel corso dei secoli. Si punta l’accento sul ruolo e sugli interventi che, secondo modalità temporali e geografiche differenti, i poteri costituiti – la Chiesa e lo Stato – hanno adottato in tale processo di produzione. Attraverso un lungo arco temporale che va dal XV secolo e giunge ai nostri giorni, il lettore è introdotto idealmente all’interno degli archivi, i luoghi della memoria. Superando l’approccio quantitativo, le aride cifre, le statistiche, gli aggregati vengono scissi nei loro elementi costitutivi: le persone. Uomini e donne del passato, sottratti all’anonimato, riprendono vita e colore. Lo scavo archivistico di fonti e documenti restituisce la memoria di coloro che hanno così lasciato traccia, nella polvere, del loro passaggio, inconsapevoli protagonisti della nostra storia. Una storia non solo fatta di numeri e statistiche ma che guarda ai comportamenti individuali e sociali attraverso l’analisi delle fonti relative al matrimonio, alla dote, all’infanzia, alla violenza e all’emarginazione.
Il presente contributo, fondato sull'analisi dello Status animarum della Parrocchia di San Pietro Caveoso di Matera del 1808 (lettura e schedatura del documento, inserimento in computer di tutte le informazioni ed elaborazione dei dati, presentati attraverso la realizzazione di articolate tabelle), ricostruisce le caratteristiche demografiche della popolazione, le strutture familiari e il numero dei componenti, la vedovanza femminile e la solidarietà familiare, i mestieri e le professioni esercitate dalla popolazione attiva.
Il presente contributo intende avviare una riflessione sullo stretto rapporto tra attività tipografica e modelli assistenziali, tra lavoro minorile e infanzia irregolare, un rapporto sinora poco conosciuto e poco studiato. In particolare, la ricerca, di cui in questa sede si presentano i risultati, sulla base dell'analisi dei fondi archivistici relativi ad alcuni orfanotrofi maschili del Mezzogiorno ottocentesco, ha permesso di ricostruire l'organizzazione del lavoro e la richiesta di orfani tipografi da parte degli imprenditori locali dell'industria editoriale fino a ricostruire biografie individuali di fanciulli reclusi che, grazie all'apprendimento del lavoro tipografico in orfanotrofio, riscattarono dignitosamente e con successo un'infanzia fragile e ai margini della società.
Il volume accompagna il lettore alla scoperta di pagine di storia di uno dei luoghi più suggestivi d’Italia nel corso del Settecento: Matera. Percorrendo idealmente la città, tra vicoli e precipizi non solo legati alla struttura morfologica del territorio ma anche alle strutture mentali e sociali che da sempre accompagnano l’esistenza umana, viene restituita, sulla base di un appassionante scavo archivistico e di fonti iendite, la memoria storica di una società del Mezzogiorno moderno. I temi trattati nel volume investono un ampio raggio di problematiche che, partendo dallo studio della popolazione attraverso le misure della demografia e dell’identità, toccano diversi aspetti della vita sociale: la famiglia, l’articolazione socio-professionale, la mobilità geografica, l’assistenza alle frange più deboli della popolazione, poveri, mendicanti, vedove, donne sole, orfane senza famiglia. Il volume è composto da quattro capitoli: il primo, dal titolo La popolazione: le misure della demografia e dell’identità; il secondo, In famiglia: strutture e articolazione socio-professionale; il terzo, Ai margini della società: poveri e mendicanti; infine, il quarto capitolo, dal titolo La tutela dell’onore: l’assistenza alle fanciulle orfane. La città diventa, così, il luogo privilegiato per uno studio delle politiche assistenziali a sostegno di quelle categorie più facilmente esposte ai contraccolpi delle congiunture economiche e del mercato del lavoro, in cui si intersecano e si sovrappongono i poteri costituiti – lo Stato e la Chiesa – le istituzioni, l’aristocrazia e il patriziato urbano, i protagonisti di tante storie di emarginazione e miseria, di solitudine e stigma sociale.
Il presente contributo intende ricostruire il ruolo e il funzionamento degli istituti destinati agli orfani e ai trovatelli, cioè ai fanciulli abbandonati, a Reggio Calabria nel corso dell'Ottocento. Le fonti storiche, custodite presso l'Archivio di Stato del capoluogo, hanno permesso non solo di delineare le forme di intervento attuate dai singoli enti e i modelli assistenziali ma anche le caratteristiche demografiche e sociali dei tanti fanciulli orfani e trovatelli che trascorsero parte della loro vita nei cinque istituti cittadini a loro destinati: quattro istituti femminili (tre conservatori e un ospizio delle orfanelle) e un orfanotrofio maschile. In linea con un modello consolidato e diffuso su tutto il territorio italiano nel corso del XIX secolo, anche la città reggina assiste i fanciulli più fragili e bisognosi con l'intento principale di tutelare ed educare le ragazze, preservandole nell'onore, e di offrire una adeguata formazione professionale ai ragazzi, al fine di un loro futuro riscatto sociale.
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