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Adelina Rita Bisignani
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI LETTERE LINGUE ARTI ITALIANISTICA E CULTURE COMPARATE
Area Scientifica
AREA 14 - Scienze politiche e sociali
Settore Scientifico Disciplinare
SPS/02 - Storia delle Dottrine Politiche
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Il saggio muove dagli interventi di Tocqueville intorno al problema della laicità dell'insegnamento che esplose in Francia tra gli anni'30 e '40 dell'Ottocento. Tocqueville respinse sia la tesi dei laici che tendevano a escludere qualsiasi presenza della cultura cattolica dall'insegnamento, sia la tesi dei cattolici che pretendevano di riconquistare una egemonia nell'universo scolastico. Sulla base della sua conoscenza della democrazia americana Tocqueville riteneva necessaria la presenza della cultura religiosa nella vita civile come via per la formazione di un senso comune civile. Tuttavia, escludeva qualsiasi ingerenza della Chiesa nella vita politica.
Il saggio affronta il tema della cittadinanza politica attraverso la lettura di recenti opere di Étienne Balibar, che ha messo in evidenza come tale tema debba, oggi, essere affrontato in una prospettiva transnazionale. L’autrice mette in evidenza l’attenzione portata da Balibar non solo alla tradizione marxista, ma anche, e soprattutto, alla pratica politica di Gandhi. Una parte del saggio è dedicata alle tesi della studiosa americana Wendy Brown intorno alle tendenze degli Stati nazionali a rinchiudersi in se stessi. Ma, respingendo le tesi della Brown, il saggio mostra come sia possibile e necessaria una costituzionalizzazione dei diritti di cittadinanza e della stessa sovranità su basi sovranazionali e inter-etniche. Questo implica non l’assimilazione dell’ “altro”, ma il riconoscimento dell’ “altro” nella sua diversità. Da qui, la necessità di muoversi nella prospettiva di una crescente «democratizzazione della democrazia», concetto che costituisce il centro della riflessione di Balibar.
Analisi del contetto tocquevilliano di democrazia in rapporto alla rivoluzione del 1848
Discussione del rapporto tra intellettuali e politica nella Firenze dall'unità d'Italia al fascismo
La recensione affronta il tema dostoevskiano del Grande Inquisitore, che Zagrebelsky ripropone con grande finezza, per discutere la struttura del potere delle società moderne. Si evidenzia, così, l'attualità della figura dell'Inquisitore come di colui che impone un generale conformismo delle coscienze.
Il volume tenta una interpretazione delle fondamentali categorie teoriche di Tocqueville in una prospettiva storica. I materiali utilizzati disegnano la visione della democrazia che il pensatore francese ha elaborato tra gli anni ’30 e gli anni ’50 dell’Ottocento. L’autrice intende mostrare come l’indagine delle mutazioni sociali, intervenute nella prima metà dell’Ottocento, e delle differenze strutturali esistenti tra la realtà europea e quella americana siano i termini dominanti della riflessione tocquevilliana. Anzi, si potrebbe dire che sia proprio la Parigi del XIX secolo, dominata dal denaro e attraversata da profonde contraddizioni, il vero oggetto della ricerca di Tocqueville. In questo orizzonte, le vicende del ’48, che Tocqueville ripercorre nei suoi Ricordi, evidenziano il sorgere di una nuova epoca storica caratterizzata dal formarsi di nuove soggettività e di un nuovo tipo di conflittualità sociale Nel volume sono, altresì, ricostruite le tesi di Tocqueville intorno al fenomeno del pauperismo e alla funzione che la religione assume nel governo della democrazia.
Il saggio analizza le tesi di Walter Benjamin intorno alla definizione di un materialismo storico che respinge l’idea socialdemocratica di progresso. Dopo aver ricostruito le argomentazioni di Benjamin sulla concezione blanquista di rivoluzione e sulla utopia socialista di Fourier, l’autrice tenta una definizione della visione della storia di Benjamin. Tale visione respinge sia la concezione evoluzionistica e teleologica della storia, sia l’idea della rivoluzione-evento. Viene, così, evidenziata l’idea di una critica della modernità che ha al suo centro non più la figura dell’operaio, come nell’ortodossia marxista, ma quella del flâneur. Il flâneur è colui che meglio di altri sa interpretare la struttura della città. La conosce. Ne sa la storia e, perciò, non si lascia dominare dal mondo delle merci. Per queste ragioni, egli rappresenta il disincanto e lo spirito critico della modernità.
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