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Gioia Bertelli
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI LETTERE LINGUE ARTI ITALIANISTICA E CULTURE COMPARATE
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-ART/01 - Storia dell'Arte Medievale
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Sulla base della documentazione scritta e di quella riveniente dalla lettura delle strutture murarie risulta possibile retrodatare la costruzione della chiesa e ascriverla all'epoca del vescovato di Sabino. Molto probabilmente il tipo icnografico messo in opera va ricondotto alle architetture che Sabino aveva potuto vedere a Costantinopoli all'epoca del suo mandato come legato pontificio
Indagini archeologiche realizzate negli ultimi decenni hanno portato in luce una serie di testimonianze di età altomedievale che si integrano perfettamente con i dati noti della città tra XII e XIII secolo. Scarse sono le attestazioni riguardo alla sviluppo del sito per il periodo romano, per l’età paleocristiana, concentrate nell’area intorno alla cattedrale romanica, e per quella longobarda, mentre il momento relativo all’occupazione bizantina (X-XI secolo) ha restituito dati nuovi e interessanti che, messi in relazione con quanto rimane ancora visibile, permettono di restituire alcuni aspetti dell’abitato, soprattutto nell’area compresa tra il monastero di San Benedetto, la Cattedrale e la Basilica di San Nicola, prima dell’inizio della sua costruzione (1087). Si sono analizzate le architetture ancora esistenti riferibili a questo arco cronologico mettendo in rilievo le caratteristiche icnografiche, decorative, musive, derivate dal mondo occidentale e da quello bizantino, le cui testimonianze sono ben individuabili in una serie di piccoli edifici, a navata unica, triabsidati e probabilmente cupolati.
Viene analizzata, sulla base dei risultati di indagini archeologiche, l'area della residenza del Catapano, poi danneggiata e atterrata quando la città venne conquistata nel 1071 da Roberto il Guiscardo. Su quell'area venne poi edificata la Basilica di San Nicola, in cui sono state reimpiegate spolia bizantine.
Si tratta di tre testimonianze di lastre scolpite, decorate con motivi desunti direttamente dal repertorio bizantino
Attraverso l'analisi delle strutture architettoniche ancora esistenti nelle diverse regioni dell'Italia meridionale (Campania,Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna)si è realizzato un quadro completo, finora mai compiuto, dei differenti modelli icnografici messi in opera tra IV e VII secolo, riconoscendo influenze provenienti da aree diverse del mondo mediterraneo (Africa, Spagna, Oriente),e soluzioni del tutto autoctone. Oltre allo sviluppo dell'architettura attenzione è stata prestata anche alla decorazione musiva sia parietale che pavimentale e a quella di tipo plastico, manifestazioni anche queste tributarie di sollecitazioni provenienti da zone differenti del bacino del Mediterraneo.
Per la prima volta, dopo i recenti restauri, è stato analizzato in maniera organica l’articolato ciclo pittorico che decora la Grotta del Peccato originale nei pressi di Matera. Il ciclo, che oggi occupa due pareti della struttura, prende le mosse sulla parete meridionale dagli episodi della Genesi che si concludono con scene relative al Peccato dei Progenitori; propone sulla zona alta della parete orientale episodi della vita di san Pietro, tratti dalla Passio Sanctorum Apostolorum Petri et Pauli, e nelle tre absidiole sottostanti gruppi di santi e sante, della Vergine, in abiti da basilissa, con il Bambino. Anche sulla parete occidentale dovevano essere presenti affreschi in continuità con quelli della Genesi, come è stato possibile chiarire. L’esame condotto ha portato, per un verso, a individuare nel riferimento petrino stretti legami con la Chiesa di Roma, ribaditi anche dalla presenza dell’Agnus Dei al di sopra dell’abside centrale; per l’altro a evidenziare l’originalità dei modelli utilizzati nelle scene della Genesi. In effetti chi ideò il ciclo propose per i primi episodi soluzioni iconografiche che non discendono dagli archetipi conosciuti (Codice Cotton) ma che sono improntate a una originalità compositiva del tutto nuova. Stilisticamente il ciclo, in cui si distinguono gli interventi di varie mani, l’utilizzazione di sagome per accelerare i tempi di lavoro, una breve interruzione nella stesura degli affreschi e il conseguente cambio di maestranze, presenta soluzioni che permettono di trovare agganci con gli affreschi di San Vincenzo al Volturno dell’epoca dell’abate Epifanio (824-842); di conseguenza la testimonianza materana può essere ascritta in modo convincente alla seconda metà del IX secolo, proprio sulla scia delle esperienze volturnensi. Meno definibili sono le funzioni della struttura, probabilmente di origine funeraria, sulla committenza, da riferire a un personaggio di alta levatura intellettuale, e sulla fruizione, inserita come è la grotta all’interno di una gravina, in parte occupata da un ridotto insediamento in rupe, certamente collegato con un casale sviluppatosi nel soprassuolo.
Vengono illustrati i motivi per cui si è deciso di intervenire archeologicamente nell'area intorno alla chiesa conosciuta con il nome di Seppannibale
Viene esaminato il terrritorio in cui sorge la chiesa detta di Seppannibale e i rapporti intercorsi tra il piccolo villaggio, vissuto fino al VII sec. d.C.,lì identificato e la vicina città romana di Egnazia; viene anche proposta una rilettura della viabilità altomedievale
L’esame delle testimonianze architettoniche dell’arco cronologico considerato ha permesso di evidenziare soluzioni icnografiche improntate ora a modelli comuni ora maturate in territori anche lontani, affiancate nel contempo a sperimentazioni locali. Nonostante la maggior parte delle strutture rimangano a livello di fondazione, o comunque risulti priva di coperture, per alcuni edifici è ipotizzabile una copertura a capriate lignee o cupoliformi; in questo secondo caso derivata da modelli di architettura a pianta centrale di tradizione romana. Oltre a ambienti che precedevano la chiesa, solitamente a tre navate, e altri che la affiancavano, soprattutto tra V e VI secolo, l’influenza derivata dal mondo bizantino si coglie nell’adozione di alcune soluzioni particolari: l’abside rettangolare o poligonale esternamente e semicircolare all’interno, le bifore in facciata, i pastophoria; anche le intitolazioni e la loro ubicazione in zone bizantine sono spia degli esiti della guerra greco-gotica che nel Salento ha lasciato diverse testimonianze. I grandi edifici a pianta centrale assolvono funzioni diverse (chiese e battisteri) e adottano particolari planimetrie (doppio tetraconco per San Leucio a Canosa). Gli edifici erano poi corredati da una suppellettile scultorea quasi sempre di importazione dal mondo bizantino sia per il marmo impiegato sia per i motivi decorativi utilizzati; anche i rivestimenti pavimentali a mosaico riprendono schemi usuali nell’area mediterranea, in specie greca (cattedrale di VI secolo di Bari). Nell’alto medioevo fa la sua comparsa un modello icnografico del tutto nuovo, applicato soprattutto in edifici di piccole dimensioni; questo prevede una copertura a cupole in asse sull’unica navata o su quella centrale nel caso di edifici trinavati. Si tratta di una soluzione sperimentata in Puglia già a partire probabilmente dal VII secolo (San Pietro di Crepacore) e che nell’edificio di Seppannibale (fine VIII secolo) propone il modello più evoluto.
L’analisi del ciclo affrescato che si sviluppa ancora in gran parte all’interno della piccola chiesa a due cupole in asse, nota con il nome di Tempietto di Seppannibale, in agro di Fasano (BR), ha portato a formulare alcune considerazioni del tutto nuove circa la cronologia, lo stile e la committenza. L’edificio doveva essere tutto affrescato, anche sulle volte a semibotte che ricoprono le due navatelle con tratti di velaria particolarmente interessanti. Il ciclo presenta scene particolarmente articolate sulle superfici delle due cupolette con episodi tratti dall’Apocalisse giovannea, disposti su piani decorativi diversi. All’immagine, sopravvissuta solo in parte, del Figlio dell’Uomo con la spada in bocca tra i sette candelabri, fa da contraltare l’altra con la Donna insidiata dal drago; nella seconda cupoletta è san Giovanni il principale attore della grande scena conservataci; simmetricamente a questa è stato possibile riconoscere, attraverso l’analisi di pochi elementi, la presenza di un Cristo stante, che calpesta un serpente, affiancato da un personaggio con nimbo quadrato. Si tratta evidentemente del committente, probabilmente il vescovo da cui doveva dipendere la chiesa, forse quella di Brindisi, spostata nell’alto Medioevo a Oria. Lo stile degli affreschi, che trova rimandi in miniature dell’Italia settentrionale e nei cicli di San Vincenzo maggiore (dell’epoca di Giosuè, 796-816) e della cripta di Epifanio (824-842) a San Vincenzo al Volturno, sembra precedere di qualche tempo i confronti richiamati e porsi dunque in continuità con le testimonianze superstiti della Santa Sofia di Benevento (770/780). Il committente molto probabilmente dovette essere stato influenzato dagli scritti del monaco benedettino Ambrogio Autperto (+784), autore di un Commentario sull’Apocalisse molto conosciuto nell’alto Medioevo.
Nel sito di Grumentum, ove è la chiesa di San Laverio, costruita sul luogo in cui questi venne martirizzato, è stata rinvenuta una conchiglia del tipo pecten, detta anche iacobea, poiché identificativa di chi compiva il pellegrinaggio al Santuario di San Giacomo a Compostela. L'oggetto, ritrovato in una sepoltura medievale, testimonia quindi la presenza di un pellegrino compostellano in un'area funeraria legata alla figura di un martire locale.
L'obiettivo della ricerca, pur se ambizioso, è la ricognizione di tutto il patrimonio pittorico rupestre pugliese e la realizzazione di un database online di accesso pubblico. Si tratta in prima analisi di cercare i siti mediante bibliografia, localizzarli geograficamente per poter effettuare i sopralluoghi, chiedere i dovuti permessi per ottenervi l'accesso, realizzare una campagna fotografica a tappeto' di tutte le tracce pittoriche all'interno degli invasi; la seconda fase richiede lo studio delle fonti bibliografiche, la schedatura del materiale fotografico d'archivio (Fototeca della Soprintendenza e archivi privati) e l'implemento con le campagne realizzate ad hoc durante le ricerche suddette, dunque il caricamento di tutto questo materiale, con una breve scheda critica, sulla piattaforma online appositamente creata. Il sito sul quale tutto il materiale sarà catalogato, Pittura rupestre in Puglia, sarà di libero accesso, per favorire la conoscenza del territorio a chiunque effettui una ricerca su un qualsiasi motore di ricerca. Le schede saranno inoltre completate dalle informazioni per l'accesso alle grotte. Il fine è la divulgazione di un patrimonio che sta velocemente scomparendo e che potrebbe invece avere notevoli ricadute positive sull'incremento del turismo culturale, sorprendentemente in crescita nella nostra regione. Seguirà la pubblicazione dei risultati in una monografia di grande impatto editoriale.
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