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Carmela Ventrella
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
Area Scientifica
AREA 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/11 - Diritto Canonico e Diritto Ecclesiastico
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
La rappresentazione di particolari sistemi valoriali nella codificazione degli accadimenti ha prodotto, nell’evoluzione della storia, variazioni importanti nella costruzione del ‘tempo’ pubblico. L’affermazione dirompente del cristianesimo si manifestò nell’istituzione del dies dominica come giorno festivo secondo un’ ‘idea’ diversa del tempo e della fedeltà all’osservanza delle norme favorendo una originale concezione del fluire degli eventi, in una successione scandita da propri ritmi religiosi nel cammino terreno. In un ribaltamento delle prospettive, in un momento di netta frattura con il passato, gli ideali repubblicani portarono ad un’ assolutistica visione laica del tempo in un tentativo di introdurre un calendario civile nel quale, in un rivoluzionario mutamento della dinamica memoriale degli eventi nel senso del culto e del dominio dell’uomo, le ricorrenze sacre furono soppiantate dalle celebrazioni dei valori sociali e delle virtù civiche. Il recupero del ‘tempo’ cristiano, unitamente all’affermarsi della secolarizzazione, ha determinato, poi, nel contesto sociale, la convivenza di modelli cultuali e il sorgere di nuovi rituali collettivi. Il tramonto di un’omogeneità ideologica diversa prospettiva nel senso dell’ottica pluridirezionale del tempo civile in uno schema aperto all’alternatività. Sul versante della continuità dei princìpi che regolano lo scandire del tempo, sia pure nello sviluppo delle modalità espressive, interessanti risultano le numerose petizioni inviate dai governi nazionali volte alla correzione di un’ agenda a cura della Commissione europea (c.d. Diario Europa) che, con riferimento all’anno scolastico 2010/2011, aveva soppresso le principali festività cristiane; ancor di più, risultano significativi sia l’immediato accoglimento delle stesse, con il ripristino del Natale e della Pasqua nell’edizione successiva del calendario negli Stati membri dell’UE, sia l’impegno politicamente assunto a non ripetere in futuro quell’inammissibile ‘bourde’. culturale, identificantesi con le religioni tradizionalmente intese, ha definito il profilarsi di una
In una prospettiva volta a consolidare l’unità della Chiesa attraverso la conservazione delle pluralità rituali, la sollecitudine per la situazione dei cattolici di rito orientale nel mondo ha rappresentato un punto fermo dell’ attività del magistero ecclesiastico. Paradigmatica, a tal proposito, risulta essere l’enciclica di Benedetto XIV Allatae sunt del 1755 che, in una lettura moderna del progetto di conversione dei popoli, evidenzia la necessità di rispettare le tradizioni delle singole Chiese sui iuris quale parte del patrimonio universale. L’ingente flusso migratorio che caratterizza la società odierna impone, invero, una riflessione con particolare riferimento al profilarsi di nuove esigenze di tutela individuale e collettiva nella prospettiva identitaria. La convivenza forzata, nei medesimi spazi, dei credi e delle religioni crea i presupposti per un’analisi in merito alle concrete possibilità di soddisfazione di tali occorrenze, come evidenzia la vivace casistica giurisprudenziale di settore nei singoli Stati. Il problema della tutela positiva della libertà religiosa investe, però, anche profili interconfessionali e, ancor più significativamente, intraconfessionali. La consapevolezza giuridica della pari dignità delle Chiese, attraverso il riconoscimento dell’eredità spirituale e liturgica, disciplinare e teologica, nelle diverse sue tradizioni, quale patrimonio della Chiesa universale, in un “superamento” dell’esclusività del diritto canonico latino quanto all’assoggettamento alle sue leggi di tutti i battezzati, viene a volte contraddetta da atti territorializzanti, che inducono ad una rilettura dell’elemento tradizionale della praestantia ritus latini. In questa prospettiva si pone la legge del celibato degli ordinati in sacris che, pur non rivestendo carattere di definitività, costituisce un punto caratterizzante il patrimonio dottrinale della Chiesa latina.
Fra le disposizioni introduttive, in ambedue le codificazioni della Chiesa latina il can. 2 viene a rivestire una particolare importanza quanto alla ricostruzione del profilo del diritto liturgico in rapporto con il Codice di diritto canonico. Tale norma, in realtà, al di là delle indicazioni per una corretta interpretazione dei criteri circa gli effetti abrogativi del Codice sulla legislazione precedente, viene a stabilire i principi che regolano la concorrenzialità delle fonti in materia liturgica. Con riguardo a questi ultimi, in via preliminare è da osservare che la reciproca influenza tra la dottrina della Chiesa e la sua liturgia, tra le riforme codiciali e le varie edizioni dei Libri liturgici consentono, in generale, di evitare situazioni di contrasto, nello spirito di armonizzazione delle discipline secondo le esigenze dei tempi.
In alcuni Paesi europei un rinnovato significato civile, nell’odierna temperie culturale, accompagna la nascita della vita umana con una celebrazione pubblica intesa a segnare l’ingresso di un individuo nel consesso della Nazione di appartenenza; tale pratica, che intende fissare simbolicamente le basi di un’educazione ispirata a valori democratici, secondo la tradizione repubblicana francese, ha suscitato l’interesse di molti ambienti culturali anche in Italia, dove il c.d. battesimo civile ha storicamente rappresentato, in diverse aree, un fenomeno rilevante pure sotto il profilo socio-giuridico; l’analisi e la comparazione dei registri, parrocchiali e dello stato civile, hanno in realtà evidenziato come, a partire da metà ’800, fosse particolarmente diffuso un rituale di accoglimento alternativo a quello cristiano, le cui figure e simbologie venivano mutuate e reinterpretate alla luce dei principi di una religione secolarizzata
The present office aims to point out how, in evaluating the features concurring to the identity of the People of God, a central element is represented by the “festive time”; in the strict organization of the true religious model into ritual and symbolic structures, the belonging of the individual to the Christian community emerges as closely related to the features according to which sacred feasts are disciplined. In this context, synodal legislation embodies a normative identification paradigm for all the individuals who, according to their own condition and under the guidance of Sacred Pastors, having been christened concur to build a society based on the persistence of consent to a law inspired by divine rules and the achievement of utilitas in the afterlife.
Il periodo storico prescelto è particolarmente rilevante sotto il profilo dello sviluppo dei rapporti fra sacerdotium e imperium, per la comprensione del quale risulta imprescindibile l’apporto della legislazione sinodale delle province o di spazi geografici più estesi. Nella complessità della situazione storico-politica dell’Impero romano e nel confronto con i diversi modelli offerti dalle nuove entità territoriali, i concilii provinciali, interprovinciali e generali rappresentano il simbolo della logica della sintonia fra i due poteri alla base di una concezione dualistica dinamica le cui linee evolutive sono rinvenibili, significativamente, nell’intero percorso conciliare. Nei regni romano-barbarici convertiti nei quali le Chiese locali s’ impongono quali articolate, autonome realtà istituzionali lontane dall’influenza del vescovo di Roma, l’attività sinodale diventa il mezzo più importante di normazione con riflessi anche sulla legislazione civile, attesa l’universalità della sfera di applicazione decretata dallo stesso volere del potere secolare di dotare di certezza formale i canoni secondo quella tendenza che, per i concilii più rappresentativi, verrà a consolidarsi nel tempo. Sotto tal profilo, emblematiche le situazioni della Gallia merovingia e della Spagna visigota per le quali l’intensa attività conciliare mostra il vincolo che si viene ad instaurare tra la gerarchia ecclesiastica e il monarca, impegnati vicendevolmente in un’efficiente collaborazione per la riorganizzazione della società in profonda trasformazione. Diversa la posizione dell’ Italia il cui quadro politico-religioso non favorisce la via conciliare almeno fino all’VIII secolo quando la situazione cambierà a seguito del delinearsi dei rapporti fra il papato e la potenza carolingia.
Nell’àmbito di un’indagine finalizzata ad una ricostruzione nell’attuale sistema dei rapporti tra Stato e Chiesa, l’art. 1 dell’accordo di Villa Madama continua a rappresentare un punto nodale per una riflessione complessiva sulla peculiare vicenda storica italiana; si tratta, infatti, di una disposizione che, per l’impatto originale ed innovativo, ha suscitato notevole attenzione sul piano ermeneutico. L’obiettivo del presente lavoro si propone, in realtà, di tentare una lettura che individui, nella interpretazione estensiva che la norma propone del principio di separazione tra Stato e Chiesa, una riformulazione di comuni categorie giuridiche, ponendosi quale tappa fondamentale nello sviluppo della dottrina dualistica. Tale impostazione, orientata all’istituzionalizzazione dell’elemento collaborativo, assurge a valore esemplare per le nuove dinamiche interordinamentali, consentendo un’analisi aggiornata della configurazione delle relazioni tra potere temporale e potere spirituale anche alla luce della rilevanza pubblica che il fattore religioso ha assunto nella situazione odierna, in un quadro compatibile con il principio di laicità.
Nella visione originale del mistero della redenzione legato alla passione del Cristo, la croce diventa il segno dell’identità religiosa di un popolo. Nel difficile confronto della nuova fede con i sistemi religiosi esistenti proprio il rinnovato simbolo della croce si pone come lo strumento di individuazione di una collettività nonché di rivendicazione della propria tipicità. Nell’Apologetico il signaculum corporis viene rappresentato come un segno di distinzione dei seguaci di Cristo ; questi, riferisce Tertulliano, sono noti per essere crucis religiosi e, in una testimonianza coeva a quella dello scrittore cartaginese, l’Octavius di Minucio Felice , si allude alle croci come oggetto di adorazione da parte dei cristiani . Nell’ideale dialogo tra Cecilio ed Ottavio, nella prospettiva pagana di reazione ed opposizione alla diffusione della dottrina monoteistica cristiana, tra le accuse popolari più gravi emerge quella di un culto, che concerne un uomo condannato a morte per un delitto e i legni lugubri di una croce; si legge: «…et qui hominem summo supplicio pro facinore punitum, et crucis ligna feralia, eorum caerimonias fabulantur, congruentia perditis scelerastique tribuit altaria, ut id colant quod merentur»
L’indagine mira a evidenziare come le festività rappresentino il modello omnicomprensivo dei ‘tipi’ dell’identità cristiana, contribuendo alla costruzione e al consolidamento del suo nucleo originario. Nella congerie dei sistemi religiosi tradizionali e delle sette ereticali, il termine populus ricorre frequentemente nelle norme sul ‘tempo’ divino, in un collegamento fra sistemazione delle esigenze rituali e affermazione di un dogmatismo autentico, divenendo le regole cerimoniali manifestazione dell’ortodossia e dell’unità di fede. Attraverso la conferma costante dei princìpi che regolano lo scandire del tempo, si è evidenziato come la festività sia espressione di una dottrina immutata ed immodificabile negli aspetti sostanziali. In un legame solidaristico per il raggiungimento dell’interesse supremo, nella considerazione di stati o ordini, gli atti esterni di devozione riproducono la concezione trascendentale della Divinità, secondo la regolamentazione dettata dalla volontà comune delle assemblee deliberative della Ecclesia. In questa prospettiva, la centralità del ‘tempo’ nella dimensione salvifica dell’uomo esalta il ruolo rappresentativo dei concilî. Sotto tale profilo, il valore delle norme sinodali sull’organizzazione cultuale appare determinante per l’individuazione dei presupposti attraverso i quali si configura e, al contempo, si distingue il popolo di Dio. In realtà la legislazione sinodale sulle ricorrenze sacre viene ad esprimere un paradigma normativo d’identificazione di quella moltitudine di uomini che, secondo la propria condizione e sotto la guida dei Sacri Pastori, in virtù del battesimo costruisce una società fondata sulla persistenza del consenso intorno ad un diritto ispirato a norme divine e sul perseguimento di un’utilitas ultraterrena.
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