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Antonio Marzo
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Studi Umanistici
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-FIL-LET/10 - Letteratura Italiana
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Il capitolo propone, dopo il profilo biografico completodi Antonio Cesari, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale dell'abate veronese, prestando particolare attenzione al complesso degli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
Il capitolo propone, dopo un compiuto profilo biografico di Antonio Enzo Quagliio, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale dello studioso padovano, prestando particolare attenzione alla parte relativa agli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
Il capitolo propone, dopo un compiuto profilo biografico di Arturo Pompeati, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale dello studioso ferrarese, prestando particolare attenzione alla parte relativa agli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
Il capitolo propone, dopo un compiuto profilo biografico di Emilio Pasquini, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale dello studioso bolognese, prestando particolare attenzione alla parte relativa agli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
Il capitolo propone, dopo un compiuto profilo biografico di Francesco Flamini, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale dello studioso bergamasco, prestando particolare attenzione alla parte relativa agli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
Il capitolo propone, dopo un compiuto profilo biografico di George John Warren Vernon, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale dello studioso inglese, prestando particolare attenzione alla parte relativa agli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
Il gesuita genovese Giovanni Battista Pastorini (1650-1732), finora noto quasi esclusivamente come autore del sonetto Genova mia, se con asciutto ciglio, appare ora, alla luce di una piú precisa ricostruzione del profilo biografico e intellettuale, una figura di rilievo nel panorama letterario tra Sei e Settecento, e in particolare nella storia del dantismo gesuitico. Cultore di Dante, di cui favorí la lettura tra gli studenti dei collegi loyolani, egli compose tra l’altro le Bellezze dantesche, un commento parziale (e inedito) alla Commedia, della quale propone la spiegazione letterale di alcuni passi scelti dell’Inferno e del Paradiso. Si tratta di un abbozzo sperimentale, ovvero del pionieristico tentativo di procurare uno strumento, poi sempre piú perfezionato nel corso del tempo, in grado di soddisfare la moderna esigenza di promuovere lo studio di Dante, soprattutto a livello scolastico. E mentre funge da archetipo del piú organico commento del Venturi, il lavoro del Pastorini testimonia altresí il grado di evoluzione raggiunto da quella linea “filodantesca” elaborata alla fine del Cinquecento da Roberto Bellarmino con l’intento di riportare il poeta fiorentino e la sua opera nell’orizzonte ideologico della Compagnia di Gesù
Il capitolo propone, dopo un compiuto profilo biografico di Giuseppe Campi, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale del filologo e lessicografo modenese, prestando particolare attenzione alla parte relativa agli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
Il poeta dialettale Giuseppe De Dominicis (1869-1905), noto con lo pseudonimo di Capitano Black, fu anche un appassionato cultore di Dante, trovando in lui un maestro di stile, una guida morale e una delle principali fonti d'ispirazione, come dimostra innanzitutto il poema allegorico Canti de l'autra vita ('Canti dell'altra vita'). Un ulteriore segno del suo amore per il poeta fiorentino è la traduzione in dialetto leccese dei vv. 37-75 di Inf. XXXIII, con la quale egli si inserisce nel "genere" letterario, di recente istituzione, costituito dai vari adattamenti vernacolari della Commedia, assai numerosi proprio nei decenni post-unitari. Il lavoro si segnala non solo per il carattere divulgativo, ma soprattutto come concreta testimonianza del ruolo fondamentale di Dante nella formazione dei giovzni intellettuali meridionali.
Il canto XIII dell’Inferno, dedicato ai suicidi e agli scialacquatori (violenti contro sé e le pro-prie cose), condannati nel secondo girone del settimo cerchio, è sicuramente uno dei piú celebri e studiati della Commedia di Dante, ma che, insieme ad annose cruces esegetiche (basti pensare all’oscuro riferimento al suicida anonimo), contiene ancora diversi aspetti critici che attendono di essere messi a fuoco e sistematizzati. Nel tentativo di offrire una piú corretta chiave ermeneutica, e quindi un contributo alla loro definizione, Il saggio, che si sviluppa lungo le linee tradizionali delle lecturae dantesche, con la spiegazione e l’interpretazione verso per verso dell’intero canto, si intende mettere in evidenza le riprese lessicali, concettuali e immaginative attraverso le quali si intende assicurare compattezza strutturale e continuità narrativa a un gruppo di canti, che si estende dall’XI all’inizio del XVII, nematicamente omogenei, incentrati come sono sulla violenza e sulle varie forme in cui essa si esprime. Naturalmente ciò ha comportato anche il superamento della tradizionale dicomizzazione del canto, che per altro ha favorito la concentrazione dell’attenzione sulla prima parte, dedicata alle pene dei suicidi e all’embematico personaggio di Pier delle Vigne, giungendo finalmente a una vicione unitaria del canto stesso e delle problematiche morali in esso affrontate.
Il saggio offre i risultati di una prima indagine compiuta sugli autografi delle poesie di Vittorio Bodini al fine di mettere in luce gli aspetti piì rilevanti del suo metodo di lavoro e quelli ancora poco considerati della sua poetica.
Dall'ampia produzione di traduzioni dialettali della "Commedia", che a partire dalla prova d'autore di Carlo Porta ai primi dell'Ottocento si è sviluppata in maniera abbastanza omogenea in ogni parte d'Italia, sono state isolati e studiati i casi in cui oggetto dell'adattamento vernacolare è stato il solo canto V dell' "Inferno". In particolare si tratta di due versioni integrali, quella di G.B. Vigo e di G. Vicini (ovvero Èl Cino), rispettivamente in genovese e in bolognese, alle quali se ne aggiungono altre quattro (di G. Acquisti in ferrarese, di C. Frigiolini in piemontese, di P. Bonini in friulano e di A. Sestito in calabrese)limitate all'episodio di Paolo e Francesca. Questi autori hanno saputo proporsi come un campione emblematico di quello straordinario mondo di personaggi che nella loro profonda ammirazione per la poesia di Dante hanno trovato le ragioni per impegnarsi tanto nell'impossibile impresa di creare un equivalente, linguisticamente nuovo, della "Commedia", quanto in una più o meno libera rielaborazione. Questo oscuro e misconosciuto lavoro è stato altresì il mezzo piú efficace attraverso il quale la poesia dantesca si è diffusa presso gli strati meno colti della società ed è diventata davvero patrimonio di tutti, da un lato contribuendo a far riconoscere nelle nostre antiche origini culturali i valori dell'identità nazionale e dall'altro aggiungendo un non piccolo tassello alla fortuna di Dante e della sua opera nel corso degli ultimi due secoli.
Si tratta di uno studio in vista della pubblicazione, nell'ambito dell'Edizione Nazionale dei Commenti danteschi, promossa dal Centro Pio Rajna, del commento alla Commedia del p. Pompeo Venturi. In particolare, sono state ricostruite le fasi elaborative del commento venturiano, pubblicato in tre redazioni diverse nel 1732, nel 1739 e nel 1749. Il lavoro si inserisce nel contesto nel contesto del rinnovato interesse nei confronti di Dante e della sua opera maggiore, che caratterizza la cultura letteraria dell'Italia della prima metà del Settecento. In questo quadro, esso riveste un grande valore storico-culturale, in quanto rappresenta il primo commento integrale alla Commedia dopo quelli di Ludovico Dolce e Bernardino Daniello, realizzati nella seconda metà del Cinquecento, ponendosi naturalmente come punto di partenza, anche per la notevole fortuna di cui ha goduto fino ai primi del XIX secolo, della moderna critica dantesca. Ma lo studio, rivedendo in parte i giudizi di Foscolo e Gioberti, che imputavano ai gesuiti un atteggiamento pregiudizialmente ostile nei confronti del poeta fiorentino, ha cercato soprattutto di mettere in evidenza come il commento del Venturi, sia pure con incertezze e gravi contraddizioni, costituisca l'approdo criticamente consapevole di una linea più moderata che a partire dalla fine del Cinquecento si era affermata all'interno della Compagnia di Gesù.
Il 1804, anno in cui Carlo Porta incominciò a lavorare all'adattamento milanese del c. I dell'Inferno, segna anche l’inizio delle traduzioni dialettali della Commedia, in evidente ritardo rispetto a quelle assai precoci dell’Orlando furioso e della Gerusalemme liberata, ma in perfetta coincidenza con il rinvigorirsi della presenza di Dante nella cultura letteraria italiana, determinato – com’è noto – dal rifiorire degli studi danteschi tra la fine del Settecento e, appunto, i primi decenni dell’Ottocento. In breve tempo, il seme caduto su un terreno fertile diede i suoi frutti, che furono abbondanti e di diverse specie. Fino a questo momento, infatti, sono state censite ben oltre 200 traduzioni della Commedia, edite e inedite, composte tra i primi dell’Ottocento e il 2010. Tutto il materiale bibliografico raccolto è stato organizzato in tre sezioni, ciascuna delle quali risponde a un diverso criterio di ordinamento. Nella prima, i singoli testi sono disposti in ordine cronologico, in base alla data della loro prima pubblicazione o, nel caso di opere inedite o postume, quella della loro ultimazione; nella seconda, si è proceduto a un raggruppamento regionale delle versioni, mentre nella terza, esse sono state catalogate tenendo conto della parte di testo tradotta, partendo dalle traduzioni integrali del poema e passando poi a elencare, per ciascuna cantica, quelle integrali e quelle parziali, all’interno delle quali si trovano via via i gruppi di canti numericamente decrescenti, i canti singoli e le serie di terzine. Attraverso una rapida presentazione di casi significativi, sono state illustrate le tipologie in cui si articola questa produzione (traduzioni letterali, traduzioni libere, rifacimenti, parodie, ecc.). Ma soprattutto si è potuto verificare la sua diffusione sostanzialmente omogenea su tutto il territorio nazionale, che non giustifica la tradizionale attribuzione alle regioni dell’Italia settentrionale del primato, quantitativo e qualitativo, nel campo delle traduzioni dialettali della Commedia, anche qualora tale riconoscimento dovesse intendersi riferito soltanto alla fase piú antica del genere. I dati dimostrano poi la perdurante vitalità di questo tipo di letteratura, in linea con la crescente fortuna critica di Dante e con il ruolo centrale da lui conquistata nella cultura italiana degli ultimi due secoli. Né può sfuggire l'importane fondamentale funzione divulgativa delle traduzioni del poema dantesco, nel senso che esse hanno svolto – e svolgono ancora oggi, benché in forma e in misura diverse rispetto al passato – un ruolo rilevante e insostituibile nella diffusione della Commedia presso un pubblico vasto, tradizionalmente escluso dalla vita culturale e dalla fruizione dei classici.
Il capitolo propone, dopo un compiuto profilo biografico di Pompeo Venturi, la ricostruzione critica di tutta l'attività culturale del gesuita senese, prestando particolare attenzione alla parte relativa agli studi danteschi e specialmente al suo commento alla «Commedia».
L’etnologo palermitano Salvatore Salomone Marino (1847-1916), autore di importanti ricerche nel campo della letteratura popolare, si segnala anche per i suoi non occasionali interessi danteschi, da cui scaturirono alcune rilevanti iniziative, tese ad approfondire lo studio della lingua e della tradizione testuale della Commedia. Egli però, oltre che per aver scoperto, studiato e descritto il ms. Fondo Monreale 2, ora conservato nella Bibl. Centrale della Regione Siciliana, è da ricordare soprattutto per aver tradotto in siciliano « parola a parola » la preghiera di san Bernardo: un’iniziativa di assoluto rilievo nell’ambito degli adattamenti vernacolari del poema dantesco sia per la serietà dell’impegno intellettuale da cui è ispirata, sia per ragioni storico-culturali, essendo la prima ad affrontare la poesia del Paradiso.
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