Effettua una ricerca
Francesco Defilippis
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Politecnico di Bari
Dipartimento
Dipartimento di Scienze dell'Ingegneria Civile e dell'Architettura
Area Scientifica
Area 08 - Ingegneria civile e Architettura
Settore Scientifico Disciplinare
ICAR/14 - Composizione Architettonica e Urbana
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH3 Environment, Space and Population: Sustainability science, demography, geography, regional studies and planning, science and technology studies
Settore ERC 3° livello
SH3_7 - Spatial development, land use, regional planning
The poster illustrate a summary of the work conducted by the students of the Architectural Design Studio 2. The common subject is the construction of new urban poles in the suburbs of the cities of Palagianello and Castellaneta through the use of low-density traditional building types. The façade plays a key role as an element of the relation between the domestic space of the house and the public space of the city.
Il contributo affronta criticamente la questione della forma degli insediamenti di villeggiatura del territorio costiero sud-barese, ragionando sulla relazione tra idea di città, principi insediativi e forma naturale del territorio stesso. L’assunto di partenza è nel valore attribuito alla natura, intesa non tanto nella sua accezione sintetica e figurativa di “paesaggio”, ma soprattutto come struttura fisica dotata di specifici caratteri formali e spaziali, descrivibili attraverso la topografia e la topologia, e in quanto tale capace di fornire elementi utili alla scelta e alla definizione e dei principi insediativi. La geografia dei luoghi possiede ed esprime, infatti, misure, ritmi, orientamenti, gerarchie, e spazialità, elementi che il progetto di architettura, soprattutto nell'atto della fondazione di nuovi insediamenti, deve saper riconoscere ed esprimere attraverso le sue forme, definendo un'idea di relazione con essi. È questa la lezione della città antica: assumere la forma fisica del territorio come elemento della costruzione della città, ovvero come "radice etimologica della sua forma". L'idea della città giardino, così come intesa ed interpretata dalla cultura contemporanea dell'abitare, sembra essere inadeguata all'assunzione di questi caratteri dei luoghi, delle differenze e delle peculiarità espresse dalla loro forma fisica, a causa del suo principio insediativo che implica la diffusione indifferente e pervasiva sul territorio di unità edilizie seriali e ripetitive (recinti con ville all'interno) tenute insieme da una maglia funzionale di percorsi. Questo è evidente soprattutto in un territorio come quello della costa sud-barese, il cui carattere "tellurico", espresso dalle incisioni carsiche delle lame e dallo spessore e articolazione delle falesie che definiscono la linea di costa, non è riconosciuto dagli insediamenti contemporanei che lo occupano con indifferenza. Eppure l'idea storica di costruzione di questo territorio per "capisaldi", per "isole" architettoniche nella natura (abbazie, masserie, villaggi di pescatori, ...), cioè per sistemi finiti che si addensano nei punti cospicui definiti dalla sua orografia, commentando ed esaltandone la forma fisica, è ancora leggibile e testimonia per differenza la sua validità in quanto ordine formale capace di rappresentare l'identità di questi luoghi. Un ordine formale che, opportunamente rinnovato attraverso l'assunzione di nuovi paradigmi, può definire nuove idee di città corrispondenti non solo al nostro modo di intendere il rapporto con la natura ma soprattutto al carattere di quei luoghi la cui vocazione è basata proprio sulla bellezza della natura stessa.
Il libro affronta il tema del rapporto tra idea di spazio, forma e costruzione nell’architettura in pietra da taglio in ambito mediterraneo. Il suo obiettivo è quello di identificare l’architettura in pietra da taglio attraverso l’individuazione dei suoi principi costitutivi e la definizione dei suoi caratteri. Tali caratteri, da cui dipendono l’identità e la riconoscibilità di quest’architettura, riguardano essenzialmente le sfere della tettonica, ovvero la forma tecnica degli elementi della costruzione e la loro sintassi costruttiva, della spazialità, ovvero la natura e il valore degli spazi generati da tale sintassi, e, infine, dell’espressività, ovvero la forma architettonica come esito di un processo di individuazione formale degli elementi della costruzione. Le categorie analitiche adottate per l’individuazione e la descrizione di questi caratteri, esplicitando le “qualità” costitutive delle architetture stereotomiche in pietra, assumono un valore progettuale cioè definiscono quel sistema di riferimenti e di paradigmi concettuali sul quale, a nostro parere, devono compiersi le scelte formali del progetto in relazione al suo oggetto e rispetto al quale le stesse forme del progetto assumono senso. Il libro vuole essere, pertanto, un contributo alla ricerca delle forme contemporanee dell’architettura di pietra; esso si fonda sulla convinzione che la pietra da taglio, in quanto materiale da costruzione, e la stereotomia, in quanto arte e tecnica del costruire in pietra, possono ancora concorrere alla costruzione delle forme del nostro tempo, alla pari di altri materiali e delle tecniche ad essi corrispondenti, ma é necessario riscriverne i principi e, conseguentemente, aggiornarne le tecniche alla luce delle nuove tecnologie. Questa azione rifondativa non può non partire dallo studio delle architetture in pietra da taglio del passato, vale a dire dalla riappropriazione dei saperi teorici e tecnici sottesi alla loro realizzazione e dalla riscoperta dei loro caratteri come valori generali e irrinunciabili dell’architettura.
The paper illustrates the research carried out by the author at the School of Architecture of Bari on the form of contemporary city, with particular reference to the Mediterranean city, and its crisis. Against the indifferent continuity of the urban sprawl, against its "amorphous" and unlimited condition, the research proposes and explores a new order founded on the idea of "città per parti", theorized by Aldo Rossi and revised by O. M. Ungers in the proposal for the reconstruction of the city of Berlin (1977). In this project, called The cities within the city, the city of Berlin is assumed as a laboratory for experimenting the idea of "city as archipelago", where the "islands" are the unitary and recognizable parts of the city (neighborhoods and monumental areas) and the "sea" are the green spaces of nature, which have the role to confer a new upper unity to the city. This metaphor expresses an idea of city that seems to correspond not only to the morphological conditions of the contemporary city but also to our aspiration to assume the green spaces of nature as the new collective places of the city. It contains the two interpretative keys for the solution of the problems of form of our large "formless" cities: the recognition of the polycentric character of the contemporary city and the role of the "vacuum" as space of relation between its built parts. It expresses a settlement principle which is based on the unity, the autonomy and the formal identity of the "islands" as well as on the concept of nature as "context" of the urban construction. The open and "dilated" spaces of the nature become the places through which the relation between the urban "islands" is established. The city is thus conceived as an "open" and "discontinuous" system, constituted by many "cities" and unified by the empty spaces of the nature which hold the new public places. In the light of this principle, the urban voids within the contemporary city (remaining rural areas or brownfield sites) represent an occasion for rethinking the form of the city, a "resource" for the formal individuation of the preexisting and new "islands" of the "city-nature". They should never be intended as residual areas to be occupied and "clog", according to the logic of the expansion like wildfire. These unbuilt areas, whose position is often not casual, should be transformed into "green intervals" necessary to individuate the parts of the city, corresponding to its "centers", and to confer a new unity to the city itself. On the other hand, the settlement principle of the "urban islands", constitutively founded on the discontinuity and "finiteness" of the built parts, presents the problem of the individuation of the "island" as a unit of the urban construction. Therefore, a crucial step of the research is the definition of the form of the settlement units. This step poses two problems: the first related to the definition of the building types of the unit as well as of the urban spaces wi
La bellezza delle nostre città è spesso legata all'immagine sintetica espressa dai fronti urbani che esse mostrano verso gli spazi di natura su cui si affacciano, eletti come luoghi della rappresentazione della loro identità. Considerando la natura come terra libera da occupare o come ostacolo all'edificazione continua e diffusa, la città contemporanea ha perso il senso della costruzione del limite verso i suoi spazi aperti, non riconosce più nell'assunzione e nella costruzione del limite un momento centrale del processo di definizione della propria forma. Questo scritto documenta la ricerca condotta dall'autore sulle grammatiche insediative relative alla costruzione del limite tra città e natura, tra parti di città e brani di natura, grammatiche fondate su una rinnovata idea di natura, intesa come “contesto” della costruzione urbana, e su idee di città rivolte alla “densificazione” e alla finitezza delle sue parti piuttosto che alla dispersione indifferente e alla continuità informe.
La forma della città contemporanea, la forma della “periferia”, rende manifesto un rapporto non risolto dalla nostra cultura dell’abitare: il rapporto tra città e natura, tra le forme della città e le forme della natura. Eppure i vuoti urbani, quelli collocati nella periferia ma anche quelli corrispondenti alle aree dismesse della città consolidata, sono le parti in cui la relazione della città con la campagna, la relazione della città con la natura “conservata” o da “ripristinare”, permetterebbe di sperimentare idee di città rinnovate e rispondenti alle nostre aspirazioni. I progetti di Carlo Moccia illustrati nell'articolo rappresentano una risposta possibile a questo problema della città contemporanea. Questi progetti corrispondono ad un’idea di città fondata su un rinnovato rapporto con la natura e indicano modi, grammatiche e sintassi per la sua costruzione. Essi costituiscono un contributo alla ricerca delle forme della città contemporanea e ci permettono di pensare alla città-natura come ad una aspirazione “realista” della cultura dell’abitare del nostro tempo.
Il contributo, costituito da un saggio, tre schede relative ai tre paradigmi assunti, un test di verifica e due "esercizi", indaga le possibili relazioni tra costruzione e luogo, tra le forme “tecniche” della costruzione e le forme “fisiche” del luogo. La ricerca a cui fa riferimento si fonda sulla convinzione che tra i diversi tipi di relazione che l’architettura può stabilire con il luogo, riconoscendo ed esprimendo un giudizio sui suoi diversi aspetti e significati, quella con la sua forma fisica sia da considerarsi una delle più importanti e “feconde” per il progetto contemporaneo. Affinché questa relazione abbia luogo è necessario assumere il fatto che la costruzione, intesa come strumento e non come fine per l’architettura, sia dotata di caratteri propri e che la scelta del sistema costruttivo avvenga in ragione dei suoi caratteri, cioè della corrispondenza dei suoi caratteri al tema posto dall'opera e al tipo, e non per adesione meccanica ad una prassi costruttiva dominante o ricorrente. È necessario, inoltre, guardare alla forma fisica dei luoghi come ad una forma dotata di caratteri propri, capaci di connotarli e di individuarli al di là del palinsesto dei significati e dei valori attribuiti nel tempo dall'uomo. Una volta assunte queste condizioni, è possibile constatare l’esistenza di una simmetria, un’analogia tra i caratteri delle forme della costruzione e quelli delle forme della terra, analogia che ci permette di istituire relazioni fondative, “strutturali” tra luogo e architettura che estendono il campo delle potenzialità espressive del progetto dei luoghi oltre la semplice adesione alle tradizioni costruttive “locali”.
Il libro propone una riflessione sul ruolo della storia e della tradizione nell'opera dei maestri del moderno, condotta attraverso lo studio della forma di cinque case: la casa a Stennäs di Erik Gunnar Asplund, la Landhaus Khuner di Adolf Loos, la casa a Muuratsalo di Alvar Aalto, la casa Breuer I di Marcel Breuer e la Glass House di Philip -Johnson. Superata la tesi ideologica secondo la quale il Movimento Moderno avrebbe rotto ogni legame con la storia, l’autore si pone l’obiettivo di offrire un contributo agli studi che hanno reso possibile tale superamento, assumendone il metodo di indagine basato sull'approccio tipologico. Il campo della ricerca è intenzionalmente limitato al tema dello spazio domestico riferito al tipo generale della casa isolata. Più degli altri, questo tema è costitutivamente legato alla tradizione poiché connotato da una relazione stabile e duratura tra le idee dell’abitare e le forme ad esse corrispondenti. Eletto come tema sperimentale per il suo valore etico e sociale, quello della casa finisce per diventare per i maestri del moderno il tema che rivela, in modi differenti rispetto alle diverse sensibilità personali, la maggiore continuità con la tradizione, la più interessante tensione verso la storia e i suoi paradigmi. Così le cinque case, indagate in chiave tipologica, manifestano la loro struttura sintattica e aprendosi al confronto “analogico” con gli esempi del passato che meglio corrispondono a quella struttura, fanno emergere i “riferimenti” assunti dai loro progettisti come paradigmi e rivelano le tecniche compositive utilizzate per operare le variazioni sulla loro intima struttura formale. Queste tecniche di variazione, a ciascuna delle quali corrisponde una delle cinque case, vanno dalla “trascrizione” all’“inversione”, cioè dalla conferma della struttura sintattica del paradigma alla sua tras-formazione. Il loro riconoscimento, in quanto tecniche che attestano e descrivono la relazione tra la forma “tradizionale” e la nuova “forma”, ci permette di collocare la storia dell’architettura in una nuova prospettiva, superando lo sterile dualismo oppositivo tra negazione e imitazione. Una prospettiva nella quale la storia assume il valore di “pura potenzialità” e si converte in “vasto territorio di referenti”, dei quali può ancora nutrirsi il progetto contemporaneo.
Condividi questo sito sui social