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Francesca Romana Recchia Luciani
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI (DISUM)
Area Scientifica
AREA 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Settore Scientifico Disciplinare
M-FIL/06 - Storia della Filosofia
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Partendo da alcuni interrogativi, condivisi con filosofi contemporanei come Agamben o Nancy, come: che cosa è il contemporaneo? di chi e di cosa siamo contemporanei? cosa significa essere contemporanei? il saggio mette a tema il concetto di contemporaneità in rapporto alle mutazioni dello statuto dell'arte del presente, alla sua forma di merce e al suo consumo, a partire dalla sua condizione, che come quella umana in generale, è allo stesso tempo relazionale e vulnerabile.
Anders, un grande pensatore apocalittico, scopre attraverso l’enormità dei fatti storici del suo tempo vissuto, cioè tramite Auschwitz e Hiroshima, non soltanto gli esiti catastrofici della tanatotecnica nel suo intreccio con la tanatopolitica, ma anche la conferma di quanto aveva già intuito agli albori della propria riflessione filosofico-antropologica, cioè, la natura doppia, scissa e irrisolta del soggetto che nel mondo attuale vaga alla ricerca di un orientamento morale ed esistenziale perduto.
Cornel West, intellettuale afroamericano di primo piano, attraverso il suo "pragmatismo profetico" elabora l'eredità della tradizione pragmatista americana che partendo da Emerson, Whitman e James culmina nel pensiero illuminato di John Dewey.
L'attualità del genocidio ebraico e le forme di applicazione al mondo contemporaneo delle categorie storiche, filosofiche ed etiche derivate da esso .
La riflessione andersiana su media invita ad una riflessione morale innervata da una "antropologia liminale". Infatti Anders si sofferma sui limiti etico-morali dell'agire e sui loro significati, oltre che sulla loro comprensibilità e permeabilità, elaborando un pensiero etico intorno all'enormità degli eventi che quegli "apprendisti stregoni" che sono gli umani innescano e insieme subiscono, esercitando come novelli Prometeo un illimitato tecnopotere di cui non riescono a controllare gli effetti. D'altra parte anche all'invasione di immagini scaturita dai media corrisponde un’anchilosi dell’immaginazione che ci impedisce di percepire le catastrofi da noi stessi provocate, ed è per questo che Anders individua nella “rappresentazione perspicua” della “smisuratezza” dell’orrore estremo, causato da lager e bombe atomiche, la sola possibilità di promuovere un “ampliamento della fantasia morale” che sottragga in extremis l’umanità al suo tragico tecnodestino e, con esso, alla “fine della storia”.
Il pensiero e la produzione teoretica di uno dei più grandi filosofi del Novecento, Günther Anders, la cui riflessione si rivela sempre più decisiva per la comprensione della complessa fenomenologia del contemporaneo, sono il cuore dei saggi contenuti in questo libro. Essi indagano le originali idee di Anders spaziando dalle questioni politiche agli interrogativi etici che animarono il suo attivismo critico, attraversando il suo originale approccio estetico e il suo apporto nell’ambito della critica letteraria. Un pensiero originale che viene così fruttuosamente messo a confronto con quello di molti tra i più importanti intellettuali coevi, come Arendt, Adorno, Benjamin, Heidegger, Freud, Lacan, Levi, Montale, Morselli, Pasolini, Eco e altri, con l’auspicio di segnare un rilevante progresso conoscitivo e critico nel contesto della letteratura e degli studi andersiani in Italia. Il volume raccoglie contributi di Micaela LATINI, Natascia MATTUCCI, Maria Pia PATERNÓ, Francesca R. RECCHIA LUCIANI, Andrea RONDINI, Antonio TRICOMI.
Un percorso di "decostruzione" dell'"industria della memoria attraverso le attuali forme di socializzazione, politicizzazione, spettacolarizzazione della Shoah.
Anche nel caso della Shoah l’industria culturale globale ha contribuito significativamente alla costruzione di molteplici immaginari collettivi, nei quali occupa ormai una posizione di assoluto rilievo, non solo per le innumerevoli opere letterarie, filmiche, teatrali che vi si ispirano, ma anche per la crescente attenzione rivolta ai musei e ai luoghi della memoria. Ciò ha prodotto due conseguenze: da un lato, lo sterminio degli ebrei è assurto a paradigma del “male assoluto”, dall’altro rischia di trasformarsi sempre più in “merce di consumo”, esposta a ricostruzioni di circostanza, ma anche a manipolazioni e negazioni. il discorso pubblico sulla Shoah si confronta sempre più frequentemente, infatti, con una cultura pop che metabolizza ogni contenuto, riproducendolo all’infinito ma anche svuotandolo di significato. Una riflessione sugli immaginari e sul loro “buon uso” diventa quindi imprescindibile per cogliere il significato da affidare alle nuove generazioni in relazione alla cognizione di una catastrofe che ha segnato la storia umana e dei suoi riflessi sulla formazione di una coscienza civile. Se tutto può essere Auschwitz il rischio è che Auschwitz si riduca a nulla.
Partendo da una disamina della Shoah come oggetto culturale e come fenomeno della "popular culture", se ne analizzano le molteplici forme pubblico-politiche assunte nella "società dello spettacolo e della comunicazione" e, in particolare, la sua trasformazione mediatica in "paradigma del male assoluto" con gli effetti derivati di semplificazione e di neutralizzazione storica.
The character of Simone Weil, an original thinker and acute interpreter of her time, goes beyond the transient philosophical fashion and ephemeral cultural trends and stands out as one of the most intense and interesting personality of the last century. She has, in the course of her short life, reworked in a original way, her deep philosophical knowledge through a steady relationship with history and politics, at that time object of relentless thinking, but also of radical choices in which philosophy became the translation of a mode of existence. In this sense, hers was a real "philosophical life", since every theoretical, cultural or intellectual experience, came from events deliberately experimented and lived passionately. This inextricable intertwining of philosophy and existence, together with the sophistication of her theoretical analysis, the unusual ability to focus and deep interpretation, the uncompromizing ethics towards herself, the frantic search for the "absolute", have made made Simone Weil a key witness a tragic time of humanity that does not stop posing questions.
The aim of this essay is to try to explain what "understanding" is – as a particular form of activity that conveys practical and moral consequences – in the philosophical and ethical conceptions of Ludwig Wittgenstein, Max Weber and Peter Winch. The key-words around which this paper is structured are "understanding human behaviour", and this topic is tackled by comparing and contrasting these three authors for two reasons. First, because the kind of "understanding" that is in question here plays a fundamental role within the context of their specific philosophical and epistemological investigations, and in relation to the contribution that each of them gave – directly and/or indirectly – to the evolution of contemporary social sciences, in particular, sociology and cultural anthropology. Second, because it is a notion which shows a special kind of philosophical continuity between theoretical interests and practical attitudes in their shared concern about the ethical consequences of the action. For Wittgenstein and Winch, as well for Weber, ethics seems to be the hidden side of philosophy and human knowledge, but also the most relevant aspect in order to make intelligible the sense of a life.
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