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Luciano Monzali
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
Area Scientifica
AREA 14 - Scienze politiche e sociali
Settore Scientifico Disciplinare
SPS/06 - Storia delle Relazioni Internazionali
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Il saggio analizza alcuni aspetti dell'azione e della percezione di Aldo Moro nelle relazioni con la Jugoslavia comunista.
L’obiettivo del saggio è di ricostruire le relazioni italo-francesi nel corso della guerra di Libia nella prospettiva del governo di Parigi e della sua diplomazia. La questione libica era stata uno dei problemi su cui si erano confrontati Roma e Parigi per costruire un rapporto di amicizia e collaborazione. Gli accordi italo-francesi del 1900 e del 1902 garantirono alla Francia il riconoscimento italiano dei suoi diritti sul Marocco, mentre assicurarono al governo di Roma il disinteressamento francese verso Tripoli e la Cirenaica. Il breve riaprirsi della questione marocchina, in seguito alla crisi franco-tedesca del luglio 1911, fornirono all’Italia l’occasione per agire in Tripolitania e Cirenaica. Il governo di Roma manifestò pieno sostegno alle posizioni francesi nel corso della crisi diplomatica con Berlino, rifiutando di appoggiare le richieste dell’alleato tedesco e sposando una neutralità benevola verso la Francia. Ritenendo di aver già regolato la questione del riconoscimento francese dei diritti italiani sulla Tripolitania e sulla Cirenaica con gli accordi del 1900 e del 1902, il governo italiano scelse di non informare direttamente ed anticipatamente Parigi sulle proprie intenzioni di risolvere la questione libica con la forza né di chiedere alcun via libera alla Francia. La Francia dimostrò un atteggiamento cordiale ed amichevole verso i progetti di conquista italiani. Il ministro degli Esteri de Selves comunicò, di sua iniziativa e prima dello scoppio della guerra italo-ottomana, all’ambasciatore italiano a Parigi, Tittoni, che la Francia avrebbe osservato lealmente gli accordi che legavano i due Paesi relativamente alla Tripolitania. Ma non mancarono i diplomatici francesi che segnalarono che la guerra contro l’Impero ottomano rischiava di scatenare un conflitto generale e che la conquista italiana dei territori libici avrebbe mutato radicalmente gli equilibri politici e militari del Mediterraneo avvantaggiando la Triplice Alleanza. A partire dai primi mesi del 1912, dando per scontata la conquista italiana della Tripolitania e della Cirenaica e come conseguenza dell’attivismo militare e politico dell’Italia nel Mediterraneo orientale, Parigi e Londra cominciarono a riflettere seriamente sull’opportunità di legare maggiormente il governo di Roma alla Triplice Intesa. La diplomazia francese constatò che la presenza dell’Italia in Libia cambiava in maniera significativa gli equilibri militari e politici nel Mediterraneo. I rapporti italo-francesi, però, non uscirono rafforzati dalla crisi libica. Le tergiversazioni e i ritardi francesi nel procedere al riconoscimento della conquista italiana della Libia dopo il trattato di pace italo-ottomano dell’ottobre 1912 furono un chiaro errore di Poincaré e mostrarono la sua scarsa duttilità e la sua rigidità; ma essi erano anche un indicatore del fatto che in fondo la Francia vedeva con preoccupazione il rafforzamento dell’Italia nel Mediterraneo, poiché la considerava ancora un potenziale alleato bellico della Germania.
Analisi di alcuni aspetti del pensiero politico dell'intellettuale istriano Diego De Castro.
Il saggio delinea e mostra l'importanza della dimensione adriatica nella politica estera di Aldo Moro negli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
Analisi degli aspetti fondamentali della politica estera italiana verso i Paesi del Corno d'Africa negli anni Sessanta del Novecento.
Il volume offre un insieme di analisi e interpretazioni su vari aspetti della politica estera italiana verso i Paesi balcanici negli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
Giulio Andreotti, allievo e stretto collaboratore di Alcide De Gasperi, fu uno dei politici italiani della Prima Repubblica che dedicò maggiore attenzione al problema dei rapporti con l’Austria e alle vicende del Trentino e dell’Alto Adige-Sudtirolo. Da De Gasperi Andreotti trasse la convinzione che la via del negoziato pacifico con l’Austria e con i Sudtirolesi e la ricerca di un compromesso con la Südtiroler Volkspartei fossero il modo migliore per affrontare e risolvere la vertenza altoatesina, e nel corso della sua lunga attività politica e governativa come presidente del Consiglio e ministro degli Esteri il politico romano si dimostrò un costante e convinto fautore del dialogo con la minoranza di lingua tedesca. Sulla base della ricca e inedita documentazione conservata nell’Archivio privato di Giulio Andreotti, Luciano Monzali delinea un’analisi dettagliata e approfondita delle relazioni fra Italia e Austria nel corso degli anni Settanta e Ottanta e getta nuova luce su aspetti poco noti delle vicende politiche dell’Alto Adige-Sudtirolo. Di particolare interesse è la ricostruzione del negoziato diplomatico, fondata su documenti mai usati e pubblicati in precedenza, che portò alla conclusione della controversia sull’applicazione dell’accordo De Gasperi-Gruber e alla chiusura della vertenza altoatesina fra Italia e Austria nel giugno 1992. Andreotti svolse un ruolo decisivo in tali vicende, dimostrandosi erede e prosecutore della lezione di politica estera di De Gasperi, fondata sul sostegno al processo d’integrazione europea e alla coesistenza pacifica fra gli Stati vicini, e sul considerare le autonomie regionali e locali uno strumento di pace e unione dei popoli europei.
Obiettivo del volume è ricostruire i momenti fondamentali delle vicende politiche della minoranza italiana in Dalmazia nel corso del Novecento e di analizzare le fasi principali dell'azione internazionale dell'Italia verso lo Stato jugoslavo unitario in quell'epoca storica.
L’articolo analizza i tentativi del governo italiano di ottenere annessioni territoriali in Africa orientale e settentrionale a l’atteggiamento di Roma verso la creazione del sistema dei mandati della Società delle Nazioni durante i negoziati alla Conferenza della Pace di Parigi. Obiettivo italiano fu di convincere Gran Bretagna e Francia a cedere territori ai confini della Somalia italiana e dell’Eritrea per permettere al nostro Paese di accerchiare l’Etiopia e affermare l’egemonia italiana nel Corno d’Africa. L’Italia desiderava altresì rafforzare la propria posizione in Libia rispetto ai domini francesi e britannici circostanti. Londra e Parigi rifiutarono le domande di Roma temendo l’espansionismo italiano. La strategia politica e diplomatica italiana indica che il nostro Paese perseguiva una politica coloniale antiquata e tradizionalista, poco sensibile e attenta ai mutamenti nell’opinione pubblica e nel sistema politico internazionale prodotti dalla prima guerra mondiale. Per esempio i politici e i funzionari italiani mostrarono poco interesse verso la creazione di forme di controllo internazionale sulle ex colonie tedesche .
Il libro è un tentativo di ricostruire gli aspetti fondamentali della politica estera dell'Italia verso l'Europa centrale e i Balcani negli anni fra le due guerre mondiali, sottolineando continuità e discontinuità fra epoca liberale ed età fascista
Raccolta di saggi sulle vicende storiche e sociali delle regioni Istria e Puglia
Riflessione sulle relazioni storiche fra italiani e croati.
Obiettivo di questo saggio è riscostruire i principali momenti e aspetti dell’azione politica e culturale europeista di Rosario Romeo, uno dei massimi intellettuali liberali dell’Italia repubblicana, militante del Partito Repubblicano Italiano e deputato al Parlamento europeo dal 1984 al 1987, anno della sua improvvisa morte. Fonti fondamentali della nostra analisi sono stati gli scritti giornalistici e politici dello storico siciliano e i testi dei suoi discorsi al Parlamento europeo. In Romeo l’impegno europeista era motivato dalla speranza che attraverso una più forte integrazione fra Mezzogiorno italiano e Europa centro-settentrionale fosse possibile superare il ritardo sociale e economico del Sud d’Italia. Forte era poi il suo timore che, con l’indebolimento dei valori nazionali italiani, senza un solido aggancio all’Europa lo Stato unitario italiano entrasse in crisi. Da qui la sua battaglia al fianco di Altiero Spinelli per la creazione di un’Europa federale.
Mario Toscano, uno dei maggiori storici delle relazioni internazionali nel Novecento e capo del Servizio Studi del Ministero degli Affari Esteri per molti anni, ebbe il non comune destino di potere integrare l’attività di riflessione e analisi teorica tipica dell’uomo di studio con la partecipazione diretta all’azione internazionale dei governi italiani nel secondo dopoguerra. Il libro ricostruisce i momenti fondamentali della politica estera dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale, mettendo in luce il ruolo di Toscano come ispiratore e consigliere di importanti ministri degli Esteri quali Gaetano Martino, Attilio Piccioni e Giuseppe Saragat: in particolare il volume rivela aspetti nuovi ed inediti delle drammatiche vicende della questione dell’Alto Adige. Viene analizzata poi la vasta produzione pubblicistica dello storico piemontese, finalizzata a favorire un profondo ripensamento ideologico ed interpretativo della politica estera italiana, la quale doveva adattarsi ai traumatici mutamenti in atto nel sistema internazionale e cercare di delineare una propria visione dei problemi della politica mondiale.
Il saggio descrive i tentativi italiani di preservare il controllo delle proprie colonie dopo la seconda guerra mondiale e analizza il ruolo di Pietro Quaroni nel dibattito politico e nelle iniziative diplomatiche intraprese a tal fine dalla diplomazia italiana
Il libro analizza i momenti fondamentali delle relazioni politiche fra l'Italia e l'Afghanistan negli anni fra le due guerre mondiali. Protagonista dei rapporti italo-afghani fu Amanullah, sovrano dell'Afghanistan dal 1919 al 1929, per poi divenire esule in Italia fino alla morte nel 1960.
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