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Fabio Moliterni
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Studi Umanistici
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-FIL-LET/11 - Letteratura Italiana Contemporanea
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH5 Cultures and Cultural Production: Literature, philology, cultural studies, anthropology, study of the arts, philosophy
Settore ERC 3° livello
SH5_2 Theory and history of literature, comparative literature
Il volume raccoglie saggi e articoli nati da occasioni di studio diverse. Il lavoro critico che li accomuna è rivolto a un’indagine sulla storia degli intellettuali nell’Italia del Novecento. Si muove tra figure apparentemente marginali e momenti non sempre canonizzati e riconosciuti (Francesco Torraca e l’eredità di De Sanctis nel settore degli studi letterari tra Otto e Novecento, gli scrittori vociani e il nazionalismo, Slataper e Piero Jahier, la voce di Roberto Roversi che percorre segretamente tutta la seconda parte del secolo fino a tempi a noi vicini, l’esperienza di Furio Jesi tra anni Sessanta e Settanta), fornendo riletture di opere celebri come il Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, ovvero tentando di tracciare un profilo dell’intellettualità italiana che aspira a presentarsi come un possibile, ulteriore frammento utile alla conoscenza storica della cultura letteraria novecentesca.
Tornare a parlare della “Voce”, in particolare nella sua pirma fase (1908-14), comporta inevitabilmente un’operazione di verifica problematica che chiama in causa non soltanto il presente di quel momento specifico della storia sociale e culturale italiana, ma anche il passato della nazione e in generale gli esiti post-risorgimentali della costruzione dello Stato unitario, a partire dalle forme di organizzazione della cultura e dalle dinamiche sociali che coinvolgono tra fine Ottocento e primo Novecento la «classe dei colti». È su questo crinale che nel saggio si sciegle di misurare l’ampiezza e la varietà eterogenea della fenomenologia intellettuale che si raccoglie intorno alla “Voce” durante l’«annata triste» del 19111.
Gli anni del carteggio con Vittorio Bodini (1954-1960) rimandano per Sciascia al tempo lungo e stratificato degli esordi. Si tratta di una documentazione preziosa in grado di gettare una luce parzialmente inedita sul tirocinio letterario dello scrittore e piu` in generale sul processo di formazione della sua biografia intellettuale, che vive, come e` noto, sotto il segno dell’eclettismo e della sostanziale pluralita` di innesti e riferimenti culturali. Nel tratteggiarne i contorni, per addentrarsi in questo periodo di maturazione della sua fisionomia intellettuale, conviene da subito adottare un’ottica mobile e dinamica che sia capace di testimoniare il movimento ‘pendolare’ che caratterizza la posizione di Sciascia nel campo culturale del suo tempo, tra ‘provincia’ (Sicilia), Europa e nazione.
Gli studi compresi in questo volume tentano di mettere in evidenza lo sfondo moderno o neomodernista, le diramazioni nient’affatto scontate della tensione riflessiva e concettuale di Sciascia e della sua idea di letteratura, la natura ambivalente e bifronte del suo pensiero. E in particolare provano a indagarne l’aspetto strutturale, ovvero la dimensione generativa di complesse configurazioni semantiche e formali che attraversano dagli esordi alle ultime opere la sua scrittura, non trascurando di fare luce su certi aspetti apparentemente minori o laterali del suo profilo intellettuale, sulle stratificazioni storico-politiche e geo-letterarie della sua formazione (l’antifascismo in fieri, il socialismo liberale o libertario, l’attività editoriale, la composizione della sua biblioteca ideale e materiale, la continuità Spagna-Sicilia). Per i saggi dedicati al romanzo storico (Il Consiglio d’Egitto), alle forme dell’inchiesta indiziaria (La scomparsa di Majorana, L’affaire Moro) o alle ragioni della lunga fedeltà verso l’“adorabile” Stendhal si adoperano i modi dell’indagine narratologica, tornando sulla questione del “metodo” e delle intersezioni tra storia e finzione, tra ricerca storica e ricerca letteraria che percorrono l’opera di Sciascia secondo una tradizione che parte dalla Storia della colonna infame e arriva fino alla microstoria antropologica di Carlo Ginzburg. Negli altri contributi si ricorre, per il versante in versi e in prosa della sua opera, all’analisi stilistica o alla critica tematica: rintracciando ad esempio la frequenza e la funzione della figuralità zoomorfa che turba lo stile e il pensiero sciasciano, in una fenomenologia negativa dell’esistente che guarda a Leopardi e a Pirandello e risente via via di una lettura “totalitaria” o apocalittica del reale, inteso come regno delle sopraffazioni e della violenza perpetrate dal Potere, dell’eterna sconfitta della ragione.
I percorsi intellettuali di Vittorio Bodini e Leonardo Sciascia occupano un posto di primo piano nella storia della cultura (non solo meridionale) del Novecento. Quello che emerge dal loro carteggio, che qui si pubblica per la prima volta in veste integrale, è l’affascinante profilo di due scrittori curiosi e poliglotti, poeti e narratori di talento e dalle letture sterminate, con una tensione mai dismessa verso la mappatura di esperienze poetiche e letterarie che dalla provincia del Sud approdano in Europa e arrivano fino al mondo arabo-ispanico. Forse le pagine più rivelatrici dell’epistolario sono proprio quelle incentrate sulla attività di traduzione e promozione editoriale; in particolare sui progetti portati a compimento e su altri mai realizzati, come un’antologia della poesia spagnola contemporanea o una collana dedicata alle scritture antiche e moderne del Mediterraneo. Intanto Sciascia e Bodini perfezionavano o completavano il rispettivo apprendistato letterario con la pubblicazione di opere fondamentali quali Le parrocchie di Regalpetra (1956), Dopo la luna (1956) e la traduzione del Chisciotte di Cervantes (1957).
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