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Francesco Giaccari
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Scienze dell'Economia
Area Scientifica
Area 13 - Scienze economiche e statistiche
Settore Scientifico Disciplinare
SECS-P/07 - Economia Aziendale
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH1 Individuals, Markets and Organisations: Economics, finance and management
Settore ERC 3° livello
SH1_10 Management; marketing; organisational behaviour; operations management
Il lavoro propone una riflessione sul governo dei musei pubblici locali e del loro rapporto con le collettività di riferimento, alla luce delle istanze emergenti dall’attuale contesto socio-economico, in vario modo riconducibili all’idea-opportunità-necessità di pensare o ri-pensare il ruolo del museo pubblico nella società contemporanea, non solo in quanto istituto di conservazione del patrimonio culturale, ma come istituto a concreto servizio della società e del suo sviluppo. Al centro vi è l’attenzione su un cambiamento di paradigma nell’intendere il rapporto tra i musei e le comunità di riferimento: dall’essere autorità culturali al divenire mediatori culturali, favorendo il coinvolgimento delle comunità nel processo di rappresentazione del passato, comprensione del presente e promozione del futuro di un patrimonio culturale. In considerazione del dibattito esistente in letteratura e delle prassi museali nel contesto globale, il lavoro ha l’obiettivo di esplorare le pratiche italiane di community engagement nei musei pubblici locali e le potenziali implicazioni sulle condizioni di esistenza di tali istituti.
This paper deals with destination management issues, within the debate about the relation between cultural tourism and seasonal adjustment of tourist flows. The research aimed to empirically test some managerial choices theorized by the main literature as those capable of increasing tourist flows in off-season, such as: cultural offer, short breaks, co-marketing with low-cost airlines and systemic organization of public and private actors. To this end, the research based on the action research approach and followed a two-steps methodology. The first step concerned the design and implementation of a pilot project, called “Lecce capital of weekend”, focusing on all the above mentioned choices; the second one involved a survey carried out by the analysis of 2.590 interviews, structured on four samples (visitors, hospitality, traders and travel agencies), useful to define the features of captured tourist demand and the additional tourist flow generated by the pilot project. Finally, it verified its economic impact on local economy by using I-O method. The achieved results show that such managerial choices are able to determine an increase in tourist flows in off-season having a positive economic impact on local economy. The paper is divided into four parts. After a brief introduction on the subject matter (1), it exposes the theoretical framework of reference (2), describes the research design (3) and discusses the achieved results (4). Finally, it reports some conclusions about the managerial and theoretical implications for further advances in the field.
Il lavoro, pur potendosi collocare tra i contributi economico-aziendali allo studio delle aggregazioni culturali, nasce nell’ambito di un gruppo interdisciplinare di ricerca, con l’intento di proporre un modello di valorizzazione del patrimonio culturale basato sullo sviluppo di ‘conoscenza relazionale o embedded’. A tal fine, dopo un breve inquadramento economico-aziendale sul ruolo delle relazioni socio-economiche ai fini della valorizzazione del patrimonio culturale, lo studio offre una lettura critica del sistema di catalogazione attualmente in uso, per evidenziare le caratteristiche della conoscenza da sviluppare, il relativo processo cognitivo-informativo ed i connessi strumenti tecnici di produzione e gestione. Il modello delineato nel lavoro è proposto come uno strumento utile agli enti gestori di patrimoni culturali per favorire relazioni sinergiche tra i vari portatori di interesse sul patrimonio culturale, che nel medio e lungo termine sono suscettibili di generare condizioni per lo sviluppo di cultura localizzata (capitale relazionale) e produzioni idiosincratiche, con relativi effetti in termini di incremento del livello di attrattività e competitività territoriale. La conoscenza in tal modo generata, quindi, rappresenterebbe una risorsa immateriale strategica per lo sviluppo del territorio e delle attività connesse. Il lavoro presenta i risultati di un gruppo di lavoro composto da ricercatori di settori disciplinari diversi (economia aziendale, ingegneria dell’informazione, sociologia, conservazione beni culturali) e afferenti all’Università del Salento e a quella di Patrasso (Grecia).
This chapter explores the pivotal contribution of Gino Zappa to the development of Economia Aziendale. In a theoretical sense there are two quite distinct Gino Zappa. The first one is represented by his book of 1910, in which he developed in detail, but closely followed in principle, the writings of his own Master, Fabio Besta. The focus remains essentially on capital. The second one, emerging in a famous lecture in 1926, published the following year, and fully formed in a series of volumes in the 1930s, with later updates, created the generally accepted basis of Economia Aziendale, with the emphasis fundamentally changed to income rather than capital. A number of key implications are explored and discussed.
Teoria e prassi degli strumenti del controllo direzionale si sono sviluppate in maniera sistematica e razionale con la crescita dimensionale delle imprese. La loro origine, peraltro, come evidenziato da numerosi studi, è anteriore, anche se variabile, nelle forme e nei tempi, nei diversi contesti osservati. In Italia, si è verificato uno sfasamento temporale nell’utilizzo dei modelli di controllo, soprattutto se si confronta la realtà delle grandi corporation anglo-sassoni, nella prima metà del secolo scorso. Le ragioni sono riconducibili alla struttura produttiva del Paese e all’orientamento prevalente della dottrina, nella fase di industrializzazione. Tuttavia, la successiva diffusione degli strumenti di controllo, soprattutto derivanti dalla prassi nord-americana, è stata favorita anche dalle intense relazioni intessute da imprese italiane, all’avanguardia nel periodo della ricostruzione. Il lavoro illustra il caso della Cornigliano S.p.A., azienda genovese operante nell’ambito della siderurgia pubblica.
Il dibattito sul persistente divario di sviluppo del Mezzogiorno e sulle sue cause ha sperimentato in quest’ultimo periodo un rinnovato interesse, in concomitanza con le analisi storiche promosse in occasione delle ricorrenze sulla nascita dello Stato unitario, oltre che nell’ambito più generale della definizione delle scelte di politica economica. I ritardi accumulati dalle regioni meridionali sono, nell’opinione unanime, tali da determinare riflessi sfavorevoli e non sostenibili se proiettati sul piano della complessiva crescita economica e sociale del Paese. In tale quadro, molte delle recenti analisi pongono maggiore attenzione sulle possibili modalità di sviluppo della diffusa imprenditorialità caratterizzante alcune aree del Mezzogiorno, sia pur rappresentata in massima parte da imprese di modeste dimensioni, sottocapitalizzate e con una carente propensione a sviluppare necessari percorsi di aggregazione. Sullo sfondo, invece, rimangono gli studi interessati ad analizzare il peso della grande impresa presente nei poli industriali del Mezzogiorno, scontando, forse, un pregiudizio che tende ad inquadrare il fenomeno della grande dimensione come eredità di passate scelte di politica industriale, che non ha saputo incidere sulla promozione della capacità imprenditoriale di contesto e non ha avuto la forza di modificare gli assetti sociali delle aree interessate. Tra l’altro, la controversia, lungi dall’esaurirsi in contrapposte tesi accademiche, presenta una forte valenza normativa se si guarda all’obbligo di definire le premesse necessarie per orientare le concrete scelte di utilizzo delle risorse, nazionali e comunitarie, destinabili a favorire gli insediamenti industriali ed i processi di ristrutturazione. In questa prospettiva, sembra appropriato ripercorrere alcuni tratti dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno. Lo strumento utilizzato per trasferire nel Mezzogiorno la capacità produttiva di alcuni settori fondamentali per lo sviluppo del Paese (siderurgia, energia, automotive, ecc.) fu l’impresa a partecipazione statale che ebbe un ruolo di grande significato anche nella diffusione di moderne prassi organizzative e gestionali. Invero, l’esperienza dell’impresa a partecipazione statale nel processo di industrializzazione dei primi decenni che seguirono la fine della guerra può essere letta sotto molteplici angolature, non da ultima quella più propriamente aziendalistica, tesa ad evidenziarne le modalità di governo e la rispondenza ai principi economico-aziendali nel corso della sua evoluzione. In questa sede, tenendo conto delle premesse formulate, si farà riferimento alle imprese del settore siderurgico ed in particolare alla nascita ed alla successiva evoluzione del cosiddetto IV Centro siderurgico di Taranto, stabilimento che assorbì in massima parte la produzione di acciaio dell’Italsider, una delle più importanti imprese a partecipazione statale.
Il progressivo allargamento del processo di interpretazione dei mercati ed il connesso di sviluppo dei modelli di analisi strategica e dei metodi di misurazione dei risultati aziendali, propone concetti e prassi elaborati su basi differenti se paragonati agli schemi tradizionali. Il confronto necessario e per certi versi inevitabile spinge ad approfondire i principi consolidati dell’Economia aziendale, rafforzandone la validità al fine di indagare e misurare la produzione economica. Negli studi di Economia aziendale il tema della finalità del bilancio d’esercizio ha alimentato, nel tempo, un vivace dibattito. Il principio fondamentale, condiviso dai più autorevoli studiosi, interpreta forme e contenuti del bilancio in relazione ai fini che con tale strumento si intende raggiungere. Ovvero, criteri di valutazione e modalità di rappresentazione dei valori sono determinati in coerenza con il fine prescelto. Il problema si sposta, quindi, sulla definizione della finalità da attribuire, atteso il carattere polisemico del bilancio. Questa fondamentale questione è stata affrontata dal prof. Coda in modo originale. Egli evidenzia le potenzialità del bilancio come strumento atto a conoscere o a far conoscere, ma orienta la funzione del bilancio a strumento di conoscenza e misurazione della produzione economica d’impresa. La tecnica contabile ed il connesso procedimento di formazione del bilancio devono servire a misurare i processi di trasformazione economica e di circolazione finanziaria organizzati nel sistema d’impresa. L’argomento è di stretta attualità considerando la diffusione dei principi contabili di matrice internazionale fondati sull’approccio decision usefulness, che trasforma il bilancio in uno strumento atto a far conoscere, un sistema informativo orientato a favorire in prevalenza i bisogni degli investitori. Il lavoro, partendo dalle riflessioni del prof. Coda, propone alcune osservazioni con lo scopo di contribuire ad un confronto necessario per orientare gli studi economico-aziendali nell’attuale contesto.
La teoria economica dell'impresa cooperativa; la teoria economico-aziendale delle imprese cooperative; la indivisibilità del ruolo delle imprese cooperative, le cooperative di comunità: la Comunità Cooperativa di Melpignano
Il presente lavoro si sofferma sui comportamenti contabili delle imprese in liquidazione proponendo uno studio comparato tra Paesi civil law e Paesi common law. In particolare, l’articolo rappresenta una rassegna delle pratiche contabili applicate a livello internazionale (Europa continentale e contesto Anglo-sassone), in materia di liquidazione. Specifica attenzione è rivolta alle basi valutative adottabili nella redazione dell’informazione contabile nelle liquidazioni aziendali, considerando anche i possibili trattamenti contabili di riferimento per l’informazione di bilancio delle società IAS-compliant.
Il lavoro tratta delle diverse operazioni straordinarie di cessazione, approfondendo la nozione economica, i profili giuridici ed i conseguenti aspetti contabili.
Il lavoro si colloca nel dibattito sulla valorizzazione del ruolo sociale del museo nelle società contemporanee. Adottando la prospettiva economico-aziendale ed esplorando le evoluzioni intervenute in tema di policy culturale e prassi museale, si propone di indagare le potenziali implicazioni sugli attuali assetti istituzionali e di management derivanti da un rinnovato rapporto tra musei e cittadini.
Nell'attuale contesto, segnato da diffuse preoccupazioni e auspici per e verso radicali cambiamenti tanto nell'ambiente e nell'economia quanto nella società, il lavoro propone alcune riflessioni sul ruolo ed il governo dei musei, alla luce del rapporto con le comunità locali e dell’importante funzione educativa ad essi largamente riconosciuta. Ci si interroga in particolare se e come i musei, soprattutto quelli più prossimi alle comunità locali, possano rappresentare agenti per il cambiamento sociale, la rigenerazione urbana ed il ringiovanimento economico dei territori, ferme restando le istanze emergenti dalla dialettica tra finalità istituzionale e vincoli di ordine economico. A tal fine si adotta la prospettiva economico-aziendale che qualifica il museo quale “soggetto-partecipe” dei contesti e si procede ad esplorare l’evoluzione intervenuta tanto a livello di policy nel rapporto tra musei, cultura e democrazia, quanto sul piano della museologia circa la costruzione del messaggio museale, per indagare con metodo deduttivo e procedimento euristico le eventuali implicazioni che una rinnovata funzione sociale è suscettibile di determinare sugli attuali assetti istituzionali e di management dei musei italiani.
Il periodo storico tra le due guerre fu caratterizzato da intense vicende che determinarono profonde conseguenze sulla struttura produttiva dell'Italia e il progressivo coinvolgimento delle grandi banche nel finanziamento dell'industria.
Since its origin, the cooperative organisation of economic activity has been analysed on the basis of alternative scientific paradigms. The different approaches are due to the multiple perspectives suggested by a phenomenon multi-faceted in itself and that can be observed starting from different premises and purposes. Starting from these considerations, it seemed us appropriate to analyse the cooperative forms of enterprise focussing on the economic aspects of the production of goods and services, carried out in enterprises in which the management is entrusted to bodies different from those allocating the financial capital. Taking this into account, the first part of this work will focus on the definition of the cooperative forms of enterprise in general economic theory and in business theory. On the basis of the theoretical-conceptual profiles of reference, this study proposes an interpretation of the cooperative enterprise representing a reference model of the economic production that can at the same time increase both the economic development and the wealth of a whole community. With specific regard to this latter aspect, the second part of this work will focus on two cooperatives from Puglia, structured as community-based cooperatives, which tend to associate the pursuit of economic goals with the social and economic development of the local communities in which they operate. Through the illustration of two case studies (the community-based cooperatives Melpignano and Jemma) this paper aims to highlight the potential of community-based cooperatives for the support and the economic and social development of local area and its residents.
The theory and practice of the management control tools developed in a systematic and rational way with the growing size of factories. Their origin, however, as shown by many studies, was previous, though their forms and timing varied according to the different contexts observed. In Italy, there was a delay in the use of control models, if compared to the big Anglo-Saxon corporations in the first half of the past century. The reasons for this delay were due to both the Italian production structure and the orientation of the prevailing doctrine, characterising the industrialization phase of the Country. However, the subsequent diffusion of the control tools, resulting mainly from the North-American practice, was also favoured by the intense relationships of the Italian companies, which were at the forefront of reconstruction, with their US partners. The present work illustrates the case of the Cornigliano SpA, a company based in Genoa and operating within the context of the Italian public steel industry.
In this paper we retrace some moments of the so-called extraordinary intervention in the Italian Mezzogiorno when entrepreneurial initiatives of great relevance were put under way in those regions. These initiatives still determine the structural conditions of the economic activity in many of these local contexts. The possible ways of development of the Southern regions in Italy is a controversial issue in the academic debate, but the studies in favour of the development of the widespread entrepreneurship outnumber the ones concerning the weight of large enterprises located in industrial settlement. This work can be placed in the latter rank of studies and it aims to demonstrate that the industrial development in the South Italy is possible, as revealed by the first phase of the 4th steel pole in Taranto (Puglia).
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