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Giulio De Simone
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Scienze Giuridiche
Area Scientifica
Area 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/17 - Diritto Penale
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH2 Institutions, Values, Environment and Space: Political science, law, sustainability science, geography, regional studies and planning
Settore ERC 3° livello
SH2_4 Legal studies, constitutions, comparative law
Nel presente saggio ci si interroga sulle possibilità e sui limiti di una dogmatica della responsabilità corporativa, ritagliata sulle fattezze dei soggetti metaindividuali, e, in particolare, ci si sofferma sulla categoria della colpevolezza (con specifico riferimento all'imputabilità, alle scusanti e all'errore sul precetto, ma anche al dolo e alla colpa). Si analizza, inoltre, il paradigma ascrittivo codificato dal legislatore italiano nel d.lgs. n. 231 del 2001, che può dirsi, in un certo qual modo, misto, ibrido o sincretistico, in quanto, pur ispirandosi, evidentemente, al classico modello di responsabilità per imputazione (Zurechnungsmodell), presenta già taluni tratti salienti del paradigma di responsabilità originaria o per fatto proprio (originäre Verbandshaftung) e, in particolare, il riconoscimento, più o meno esplicito, della colpevolezza di organizzazione come criterio soggettivo d'imputazione e come presupposto della responsabilità della societas, la quale, tuttavia, potrebbe anche essere dogmaticamente reinterpretata come l'autentico "fatto" della persona giuridica, che, in quanto tale, dovrebbe farsi gravitare nell'orbita dell'Unrecht, prima ancora che in quella della Schuld.
Nel contributo si analizza il contenuto della decisione delle Sezioni Unite della Cassazione nel notissimo processo ThyssenKrupp (sentenza n. 38343 del 2014), con specifico riferimento alla responsabilità della società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a. ai sensi dell’art. 25-septies d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (omicidio colposo plurimo aggravato), in relazione ai tragici fatti verificatisi nello stabilimento di Torino nel dicembre 2007. L’analisi della sentenza offre lo spunto per soffermare l’attenzione su talune questioni di grande rilevanza e di notevole interesse, quali quella della reale natura della responsabilità da reato degli enti, della compatibilità coi principi costituzionali della relativa disciplina, del significato che assume il criterio oggettivo d’imputazione dell’interesse o vantaggio e della sua adattabilità alle fattispecie colpose, dell’efficace attuazione del modello organizzativo.
Il tema trattato nella monografia è quello dello stalking, di cui si analizzano i profili socio-criminologici e la disciplina normativa. L'attenzione si focalizza, in particolare, sulla fattispecie tipizzata nell'art. 612-bis c.p.
Nell'articolo si analizzano i profili socio-criminologici del fenomeno dello stalking e la struttura oggettiva della fattispecie di atti persecutori, configurata nell'art. 612-bis c.p.
Il saggio analizza la questione, tuttora controversa, relativa alla possibilità di configurare un concetto di colpevolezza per le persone giuridiche, che sia in grado di legittimare, nei loro confronti, l'attribuzione di una responsabilità da reato.
Nel contributo si analizzano i vari modelli di responsabilità da reato delle persone giuridiche (e in particolare quello introdotto con il d.lgs. n. 231 del 2001) e se ne valuta la compatibilità con i principi costituzionali relativi alla materia penale
Nel presente saggio, si tratta la questione, tuttora assai controversa, della natura della responsabilità da reato delle persone giuridiche, introdotta dal d.lgs. n. 231 del 2001. Sono analizzati, inoltre, i criteri oggettivi di imputazione, previsti nello stesso d.lgs. 231 (art. 5), e ci si sofferma, in particolare, sulla problematica compatibilità del criterio dell'interesse o vantaggio con la struttura dei reati colposi
Il volume collettaneo offre una completa trattazione del quadro normativo e degli sviluppi giurisprudenziali riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Sono inoltre analizzate due nuove fattispecie introdotte, in tempi relativamente recenti, dalla legge 6 novembre 2012, n. 190: il traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.) e la corruzione tra privati (art. 2635 c.c.).
Oggetto del presente contributo è il tema, tuttora assai controverso, della responsabilità da reato dei soggetti collettivi. Si analizza, in particolare, la questione della compatibilità dei diversi paradigmi ascrittivi coi principi costituzionali relativi alla materia penale
Il presente lavoro monografico tratta la questione della responsabilità penale delle persone giuridiche. È un Modethema, di cui già da tempo si discute e di cui è ragionevole supporre che ancora si discuterà per molto tempo. Si prendono le mosse (cap. II) da una ricostruzione storica delle diverse fasi attraverso le quali si è svolto, nel corso del tempo, il tormentato rapporto tra persone giuridiche e diritto penale. L’analisi abbraccia un arco temporale molto ampio, che va dal passato remoto dell’esperienza giuridica (diritto romano e medievale) agli anni Settanta del secolo scorso, mettendo in evidenza la relatività storica, condizionata dalla necessità politica, del societas delinquere non potest, e il suo carattere non ontologico, già a suo tempo sottolineati dalla migliore dottrina. Vengono quindi (cap. III) poste in luce le esigenze politico-criminali che hanno portato al superamento di quel “costoso” principio e poi si analizzano, sul versante dogmatico, quelli che sono i tradizionali argomenti a cui si è fatto ricorso per escludere che le persone giuridiche possano avere cittadinanza nel diritto penale (incapacità di azione, incapacità di colpevolezza, incapacità di pena, etc.). Ciò che si auspica, alla fine, è la creazione di un altro diritto penale, rimodellato sulle fattezze dei soggetti metaindividuali, al cui interno gli stessi principi costituzionali potrebbero trovare una meno rigorosa e più flessibile attuazione. La seconda parte della monografia è dedicata all’analisi del diritto vigente. Si prendono in considerazione, da un lato (cap. IV), le ipotesi di responsabilità e i meccanismi sanzionatori previsti prima (o comunque al di fuori) del d.lgs. n. 231 del 2001 e, dall’altro (cap. V), l’inedito paradigma ascrittivo “codificato” nello stesso d.lgs. 231, la cui entrata in vigore ha rappresentato senza alcun dubbio, nell’intero panorama normativo italiano, uno degli eventi più rilevanti e più significativi degli ultimi decenni.
Il contributo analizza il problema della responsabilità da reato dell'ente ex art. 25-septies d.lgs. 231/2001, considerando anche gli orientamenti giurisprudenziali, con particolare riferimento ai criteri di imputazione
Il presente saggio ha per oggetto la questione della responsabilità penale delle persone giuridiche ed analizza le tradizionali obiezioni che, sul versante dogmatico, sistematicamente riemergono nei corsi e ricorsi del dibattito scientifico: incapacità di azione e di colpevolezza; supposta incompatibilità col principio di responsabilità per fatto proprio e con il nullum crimen sine culpa. Ci si sofferma, in particolare, sulla colpevolezza di organizzazione, che si profila per la prima volta, come autonoma categoria sistematica, nel pensiero di Klaus Tiedemann, e sui suoi principali referenti normativi a livello comparatistico. L’analisi si focalizza quindi sui criteri d’imputazione soggettiva messi a punto nel d.lgs. n. 231 del 2001. Ci si interroga, quindi, sulla collocazione sistematica della colpevolezza di organizzazione, che potrebbe anche essere dogmaticamente reinterpretata come l’autentico “fatto” della persona giuridica, riconducibile, in quanto tale, all’Unrecht piuttosto che alla Schuld.
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