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Egeria Nalin
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
Area Scientifica
AREA 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/13 - Diritto Internazionale
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Il lavoro si occupa dei Protocolli n. 15 e 16 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), approvati e aperti alla firma nell’ambito del processo di riforma della CEDU e della Corte europea dei diritti dell’uomo al fine di alleggerire il carico di lavoro della Corte e di rafforzare, al contempo, il diritto al ricorso individuale dinanzi alla stessa. Dopo un breve esame del processo di riforma, iniziato con il Protocollo n. 14 alla CEDU e proseguito con la Dichiarazione e il Piano di Azione di Interlaken e le successive Conferenze di Izmir e Brighton, il lavoro esamina l’incidenza della Dichiarazione dei Brighton sui testi dei due Protocolli in esame. In particolare, viene ricostruito il significato e le implicazioni del nuovo riferimento al principio di sussidiarietà e alla dottrina del margine di apprezzamento, aggiunti al preambolo della CEDU dal Protocollo n. 15. Infine, il lavoro analizza la nuova competenza consultiva che consentirà alla Corte europea – quando in Protocollo n. 16 entrerà in vigore – di emanare sentenze pregiudiziali relative all’interpretazione e all’applicazione dei diritti contemplati dalla CEDU e dai suoi Protocolli e ne ricostruisce la portata di strumento di rafforzamento del dialogo e della interazione tra la Corte europea e i tribunali nazionali.
Il lavoro si occupa delle Camere straordinarie africane, istituite in base ad un accordo tra Senegal e Unione africana nell’ambito del Tribunal Régional Hors Classe e della Corte di appello di Dakar, in attuazione della sentenza resa dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) il 20 luglio 2012 nell’affare Questioni relative all’obbligo di punire o estradare (Belgio c. Senegal). Tale sentenza, nella quale la CIG si è pronunciata, per la prima volta, sulla portata degli obblighi nascenti dalla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, del 10 dicembre 1984, ha ordinato al Senegal di perseguire l’ex dittatore del Ciad Habré “without further delay”, ove non proceda all’estradizione. Dopo aver ricostruito gli obblighi contemplati dalla Convenzione contro la tortura secondo l’interpretazione della Corte internazionale di giustizia, il lavoro esamina la questione se le Camere straordinarie africane rappresentino un puntuale ed adeguato mezzo di esecuzione della sentenza della CIG e, in particolare, se esse possano costituire una modalità di adempimento dell’obbligo di iudicare o di quello di dedere, la cui osservanza è imposta al Senegal dalla Convenzione contro la tortura, prima, e dalla sentenza della Corte internazionale di giustizia, poi. A questo fine, il lavoro descrive la struttura e le competenze ratione personae e materiae del nuovo Tribunale ad hoc, anche per ricostruirne la natura giuridica, ossia se esso possa inquadrarsi tra i tribunali internazionali, tra quelli misti (o internazionalizzati), oppure sia un vero e proprio tribunale speciale interno, la classificazione delle Camere straordinarie come rientranti nell’uno o nell’altro genus incidendo sulla qualificazione dell’obbligo di cui esse rappresentano adempimento.
Il lavoro esamina in chiave critica il disegno di legge concernente la modifica dell’attuale legge attributiva della cittadinanza italiana al fine di valutarne, soprattutto alla luce dell’approccio restrittivo nell’utilizzo dello ius soli che lo caratterizza, la conformità al diritto dell’UE . Rilevato che la scelta di dilatare i tempi per l’attribuzione della cittadinanza italiana ai residenti di lungo periodo appare senza dubbio censurabile sul piano dell’opportunità politica, soprattutto alla luce delle indicazioni – di segno opposto – fornite negli ultimi anni dall’Unione, a partire dal Consiglio europeo di Tampere del 1999, e ricordato che la tutela della dignità umana – individuata come valore fondamentale dell’Unione (art. 2 TUE), oltre che come diritto inviolabile (art. 1 Carta dei diritti fondamentali) – presuppone, tra l’altro, la partecipazione degli individui alla vita pubblica della comunità in cui abbiano scelto di vivere e cui sentono di appartenere, il lavoro conclude che l’attribuzione allo straniero della cittadinanza nazionale sulla base dello ius soli, consentendo il godimento dei diritti politici, potrebbe contribuire a garantirne la piena osservanza. Infine, esso propone come concreto e importante fattore propulsore per il superamento di approcci restrittivi e utile elemento di integrazione la diretta attribuzione della cittadinanza europea agli stranieri residenti di lungo periodo da parte dell’UE, al fine di contribuire ad affermare un concetto di cittadinanza politica, pluralista, integratrice e partecipativa
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