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Giovanni Laudizi
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Beni Culturali
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-FIL-LET/04 - Lingua e Letteratura Latina
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH5 Cultures and Cultural Production: Literature, philology, cultural studies, anthropology, study of the arts, philosophy
Settore ERC 3° livello
SH5_1 Classics, ancient literature and art
la riflessione di Seneca sull’amicizia si fa più attenta in particolare al tempo, in cui egli sta per essere costretto all’abbandono della vita politica e volgersi all’ideale della vita contemplativa. In tal modo il filosofo, una volta allontanato dai privilegi della vita di corte, trasferiva il suo impegno nella sfera privata, passando dall’educazione e dalla formazione del principe a quella di un amico.
INTRODUZIONE CON COMMENTO DEL DE SICILIAE ET CALABRIAE EXCIDIO CARMEN
Nella lettera 47, in cui Seneca affronta il problema degli schiavi, e in particolare come i padroni devono trattare gli schiavi e come devono comportarsi con essi, egli afferma che tutti gli uomini, schiavi e liberi, nascono ex isdem seminibus e godono dello stesso cielo, respirano, vivono, muoiono come i liberi
La resa latina di singoli termini greci e poi di sentenze greche costituisce per Seneca un problema con il quale confrontarsi continuamente, tanto è vero che nelle sue opere filosofiche, come abbiamo detto sopra, le citazioni greche in originale sono quasi del tutto assenti, e ad esse si preferisce dare una forma latina attraverso una traduzione più o meno letterale o più libera. In altre parole, il filosofo, pur essendo consapevole dell’estrema egestas del latino rispetto al greco, non rinuncia allo sforzo di sfruttare tutte le risorse della lingua latina per riprodurre convenientemente il lessico e i concetti greci. Naturalmente non interessa tanto a Seneca l’aspetto puramente formale della comunicazione letteraria, quanto piuttosto il contenuto che assume dal punto di vista filosofico un’importanza fondamentale. Si comprende così il senso dell’affermazione di Seneca che la saggezza si può raggiungere anche senza gli studi liberali: quid est autem quare existimem non futurum sapientem eum qui litteras nescit, cum sapientia non sit in litteris? Res tradit, non verba (ep. 88,32). Emerge qui un'opposizione fondamentale nelle lettere di Seneca, quella tra verba e res, e tra dicere e facere, tra il vuoto formalismo delle parole e il vivere secondo la norma etica, dimostrando che l'otium filosofico richiede un'azione morale in cui si dispieghino la virtus e la voluntas. Il filosofo, allora, che non deve lasciarsi sedurre dall’ornatus né ricercare gli applausi del pubblico, deve avere di mira non il piacere degli ascoltatori, ma la loro utilità: non delectent verba nostra sed prosint (ep. 75,5). A questo scopo eminentemente pratico sono piegate le esigenze letterarie, che, tuttavia, conservano tutta la loro importanza, perché il linguaggio filosofico senecano, che attraverso l’admonitio mira a colpire direttamente l’animo dell’ascoltatore per convertirlo alla filosofia e indirizzarlo alla sapientia, non può fare a meno di utilizzare tutti gli artifici della retorica.
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