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Barbara Poliseno
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
Area Scientifica
AREA 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/15 - Diritto Processuale Civile
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
La sentenza di fallimento può comportare alcune rilevanti conseguenze anche sugli atti compiuti dal debitore fallito, pregiudizievoli alle ragioni dei creditori. Essa produce l'immediato effetto di recuperare quel che resta del patrimonio, sia beni che diritti: l'attivo utile a soddisfare in tutto o solo in parte, ma in eguale misura, la massa dei creditori concorsuali, non è circoscritto alla disponibilità effettiva del fallito, ma comprende, infatti, anche i beni e i diritti fuoriusciti dal patrimonio per mezzo di atti o pagamenti che il debitore aveva compiuto prima della dichiarazione di fallimento. L'attività di ripristino della garanzia patrimoniale dei creditori si svolge, da un lato, attraverso l'istituto della inefficacia ex lege di una serie di atti compiuti dal debitore (artt. 64 e 65 l. fall.) e, dall'altro, attraverso la revocabilità giudiziale (artt. 66-70 l. fall.) di quegli atti nei confronti dei quali non sussistono i presupposti per l'inefficacia automatica. Con il nuovo assetto normativo, la tutela in forma specifica di tipo ripristinatorio fornita al creditore pare assottigliarsi a fronte dell’ineluttabile passaggio dalla par condicio creditorum intesa come regola giuridico formale alla “par condicio fondata sulle ragioni dell’economia”. In particolare, con riguardo ai margini di operatività dell’azione revocatoria fallimentare, la dimidiazione del periodo sospetto, da un canto, e l’introduzione di un catalogo di “esenzioni“ prescritte dal novellato art. 67, 3° comma, l. fall., dall’altro, riflettono la metamorfosi sociale ed economica della categoria della “insolvenza”.
La legge n. 219/2012 costituisce un traguardo essenziale dell’ordinamento interno a fronte della necessità, più volte sollecitata dalla sistema giuridico convenzionale ed europeo, di equiparare allo status di figlio legittimo quello dei figli nati fuori dal matrimonio. Sennonché, se la rilevanza storica della riforma si registra in modo inequivocabile sul piano del diritto sostanziale, le novità inerenti agli aspetti processuali non si rivelano propriamente risolutive: per un verso, la tutela giurisdizionale del figlio minore rimane differenziata per le controversie tra coppie di genitori non coniugati; per l’altro, al sistema del doppio binario in punto di competenza e rito applicabile per i figli legittimi e naturali si frappongono forme di simultaneus processus che mal si conciliano con la generale disposizione, di cui al novellato art. 38, 2° comma, ultima parte, disp. att. c.c., secondo la quale le controversie in materia di affidamento e mantenimento del minore sono regolate dalle forme del rito camerale. Anche le nuove disposizioni in tema di attuazione degli obblighi a carattere patrimoniale a tutela del minore, nonostante l’introduzione della regola, da più parti attesa, dell’esecutività immediata di tutti i provvedimenti emanati sia dal tribunale ordinario che dal tribunale per i minorenni, tracciano un nuovo impianto generale di garanzie del credito agli alimenti e/o al mantenimento senza, al contempo, prevedere alcun criterio di collegamento con le norme speciali tuttora vigenti.
L’esigenza di concentrare la tutela giurisdizionale del minore dinanzi ad unico ufficio giudiziario ha sollecitato la giurisprudenza più recente ad allentare le maglie delle rispettive competenze del tribunale ordinario e del tribunale per i minorenni; in questa direzione, con l’ordinanza in epigrafe, la Cassazione attribuisce al tribunale ordinario la competenza a provvedere sulla revisione delle condizioni di separazione dei coniugi relative all’esercizio della potestà e all’affidamento dei figli minori anche a fronte di condotte pregiudizievoli di uno dei genitori o di grave abuso. Ciò, tuttavia, non esclude che, in presenza di una situazione di pregiudizio del minore, il tribunale per i minorenni debba d’ufficio, su istanza dei parenti ovvero (come è avvenuto nella fattispecie rimessa al Tribunale per i minorenni di Bari in rassegna), del pubblico ministero, adottare i provvedimenti opportuni. Rimane ferma, in ogni caso, la competenza del Tribunale per i minorenni in ordine alla decadenza dalla potestà genitoriale ex art. 330 c.c.
nota a Cass., ord. 26 gennaio 2015, n. 1349 e 14 ottobre 2014, n. 21633
Gli interventi normativi del 2008 e del 2009, nonché il collegato lavoro, segnalano un nuovo habitus della disciplina dell’istituto della estinzione del processo anche per le controversie di lavoro. Il rilievo d’ufficio della fattispecie estintiva risolve, almeno in parte, numerose questioni interpretative sorte in ordine alle forme e ai termini previsti per il perfezionamento delle ipotesi di chiusura del processo senza una decisione di merito o di rito. Il confronto con le singole ipotesi di inattività, semplice o qualificata, consente di registrare, per un verso, i margini di successo della nuova disciplina, per l’altro, le evidenti contraddizioni sulle quali si evidenzia la necessità di ricorrere a letture interpretative a carattere “correttivo”. La nuova fattispecie estintiva prevista per il processo del lavoro in caso di mancata comparizione delle parti all’udienza ex art. 420 c.p.c., l’estinzione “di diritto” introdotta per il processo previdenziale e, infine, il riferimento all’abrogata ipotesi di estinzione del processo, in caso di mancata tempestiva riassunzione del processo sospeso dal giudice che aveva rivelato l’omesso esperimento del tentativo di conciliazione ex art. 412 bis c.p.c. (ancora operante per processi pendenti alla data di entrata in vigore della l. 183/2010), in relazione alla metamorfosi dell’istituto del tentativo di conciliazione, sollecitano una presa di posizione nel più vasto panorama giurisprudenziale e di dottrina.
La declinatoria di competenza del tribunale barese e la «trasmissione degli atti» del procedimento de potestate al pubblico ministero presso il tribunale ordinario investito del giudizio di separazione, risponde al principio di concentrazione delle tutele formalmente riconosciuto dal legislatore del 2012 con il novellato art. 38 disp. att. c.c.; sennonché il simultaneus processus ivi previsto presuppone che il procedimento da “trasmettere” al tribunale ordinario coinvolga le stesse parti del processo in corso davanti a quest’ultimo, e pertanto, non può realizzarsi se, come nel caso di specie, l’azione diretta ad incidere sull’esercizio della potestà genitoriale sia stata promossa dal pubblico ministero minorile.
L’art. 6, l. 162/2014 introduce la procedura di negoziazione assistita dagli avvo-cati per le soluzioni consensuali di separazione, divorzio nonché di modifica congiunta delle condizioni di separazione o di divorzio già pattuite, anche in pre-senza di figli minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o non economicamente autosufficienti, attribuendo al Pubblico ministero una funzione giurisdizionale cognitiva in senso proprio sulla crisi familiare.
In tema di ammissibilità del regolamento di competenza su istanza del pubblico ministero minorile ma per la competenza del tribunale per i minorenni per i procedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale introdotti prima del giudizio di separazione o divorzio tra i genitori
In tema competenza, rispettivamente, in ordine al reclamo avverso i provvedimenti resi in ordine all’affidamento e al mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio resi dal tribunale ordinario, e in ordine alla decadenza dalla potestà genitoriale promossa dopo la sentenza di separazione ma prima della notificazione della citazione in appello della stessa
Nota in tema di competenza in ordine al mantenimento e all’affidamento del minore in caso di pregiudizio
Nota in tema di estinzione del processo societario per mancata tempestiva notifica dell’istanza di fissazione di udienza
In tema di competenza del tribunale ordinario per i procedimenti de potestate
Sulla competenza del tribunale collegiale sulla domanda per la decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c., ove sia già pendente il procedimento di revisione delle condizioni di divorzio
In tema di provvisoria esecuzione del decreto di revisione delle condizioni di separazione dei coniugi
Nota in tema di mancata comparizione all’udienza delle parti
In tema di competenza in termini limitativi della potestà genitoriale in sede di revisione delle condizioni di separazione di coniugi
Nota in tema di assegnazione della casa familiare
La tutela del minore nel processo civile si realizza, tenendo conto prioritariamente della peculiare natura dell’«interesse» in gioco, in forme e modi diversi a seconda che il minore, quale «soggetto debole della vita di relazione» e quale «soggetto di diritti», sia destinatario, diretto o indiretto, della decisione ovvero in base alla tipologia di controversie e dei soggetti coinvolti. A causa della frammentazione e della evanescenza del tessuto normativo, il quadro di riferimento complessivo appare assai lacunoso e presenta molteplici profili di incerta interpretazione con specifico riferimento alle modalità di partecipazione del minore al processo e alle tecniche di attuazione dei provvedimenti del giudice volti a incidere sulla sua sfera sostanziale. L’opera, attraverso la ricognizione delle numerose e talvolta contraddittorie fonti in materia, nonché del dibattito in dottrina e in giurisprudenza, si propone di condurre a unità sistematica i profili esaminati.
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