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Concetta Eliana Gattullo
Ruolo
Ricercatore a tempo determinato - tipo A
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL SUOLO,DELLA PIANTA E DEGLI ALIMENTI
Area Scientifica
AREA 07 - Scienze agrarie e veterinarie
Settore Scientifico Disciplinare
AGR/13 - Chimica Agraria
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
La completa caratterizzazione elementare di campioni ambientali e agroalimentari è un punto chiave nella ricerca scientifica e nel controllo di qualità. In questo contesto, l'uso di metodologie analitiche che impiegano raggi X consente di analizzare diverse tipologie di campioni riducendone al minimo la preparazione ed evitando, così, la perdita o la contaminazione dei campioni, come spesso accade a seguito di processi condotti in umido. Inoltre, queste metodologie consentono di ridurre i tempi e i costi di analisi, nonché di limitare l‟uso di prodotti chimici. Presso l'Università di Bari è stato di recente realizzato il "Micro X-ray Lab", un laboratorio all'avanguardia internazionale, dotato di strumenti che impiegano raggi X al fine di caratterizzare campioni ambientali, agroalimentari e biologici. Il laboratorio, finanziato dalla Regione Puglia (Reti di Laboratori Pubblici di Ricerca), è dotato di quattro diversi spettrometri di fluorescenza di raggi X, un diffrattometro di raggi X per polveri, un microscopio elettronico a scansione a pressione variabile con sorgente ad emissione di campo e detector di raggi X a dispersione di energia e un microtomografo ad alta risoluzione. Una prima analisi speditiva in situ, viene effettuata con la fluorescenza di raggi X portatile (pEDXRF). In seguito, la concentrazione totale dei vari elementi viene stimata con maggior precisione in laboratorio mediante la fluorescenza di raggi X a dispersione di lunghezza d'onda (WDXRF). Nel caso di suoli, sedimenti e materiali geologici è inoltre possibile studiare la loro composizione mineralogica mediante la diffrazione di raggi X su polveri (XRPD). Per mezzo della micro fluorescenza di raggi X (μXRF) è possibile studiare la distribuzione degli elementi in campioni biologici o inorganici con una risoluzione spaziale di 25 μm. Per campioni più piccoli o per avere una maggiore risoluzione (fino a poche decine di nanometri), è possibile impiegare il microscopio elettronico accoppiato alla microanalisi (FESEM-EDX). Mediante la fluorescenza di raggi X a riflessione totale (TXRF), è possibile stimare la concentrazione di elementi in tracce, a livello di ppb, in campioni sia liquidi che solidi (in sospensione). Questa tecnica consente anche di analizzare micro volumi (10-20 μl) di campione, come nel caso di fluidi biologici, sia animali che vegetali. Infine, attraverso la microtomografia (μCT) è possibile studiare la struttura interna dei campioni con una risoluzione submicrometrica.
Chromium (Cr) pollution of soil is a serious environmental problem, especially in industrialized areas. Risks for human and environmental health are strictly connected to Cr oxidation state, which is usually trivalent or hexavalent in soil. While Cr(III) is stable, scarcely mobile and weakly toxic, Cr(VI) is highly soluble, mobile and carcinogenic. Among the different remediation strategies, stabilization/solidification (S/S) is used as rapid and cost-effective technique for heavy metal polluted soils. It consists of the addition of appropriate materials to the polluted soil, mostly under alkaline conditions, in order to chemically and/or physically transform the contaminant in a stable and less toxic form. Waste materials like coal fly ash or other cheap sources of Si and Al can be used to stabilize heavy metals in soil (Terzano et al., 2005). This study aims at evaluating a new S/S process for the reduction of Cr(VI) to Cr(III) in polluted soils and the incorporation of Cr(III) in newly formed minerals by using a reactive mixture of glass and aluminum (recovered from solid municipal wastes) and an alkaline hydrothermal treatment.
L’indagine del suolo e delle forme di inquinamento in esso presenti, fino a livelli micrometrici, è uno strumento essenziale ai fini della comprensione delle cause di inquinamento e della definizione e realizzazione delle strategie di bonifica. In presenza di inquinamento da metalli pesanti (MP), non è sufficiente individuare gli elementi con concentrazioni superiori ai valori soglia di contaminazione stabiliti dalla legge, ma occorre altresì indagare la speciazione dei MP e la loro biodisponibilità. In questo studio, tecniche analitiche innovative che impiegano raggi-X e procedure convenzionali sono state utilizzate per caratterizzare alcuni suoli prelevati a Taranto e Altamura (BA), in siti contaminati da MP. Durante il campionamento, sono state individuate le zone a maggiore concentrazione di MP mediante fluorescenza portatile di raggi-X. I campioni sono stati sottoposti alle principali analisi chimico-fisiche, inclusa l’estrazione con DTPA. Il contenuto totale di MP è stato determinato con ICP-AES, dopo digestione acida in microonde. La distribuzione di MP nelle fasi solide del suolo è stata indagata mediante estrazioni sequenziali (metodo BCR modificato, 4 step), nonché analisi di microfluorescenza di raggi-X (μ-XRF) su sezioni sottili di suolo. Un’aliquota finemente macinata di ciascun campione è stata analizzata mediante diffrazione di raggi-X quantitativa e fluorescenza di raggi-X a dispersione di lunghezza d’onda. I due suoli di Taranto, simili tra loro per le proprietà fisico-chimiche (franco sabbiosi, calcarei, pH=8, Corg 2,8%) e mineralogiche, sono risultati caratterizzati da un contenuto elevato di Cu (229 e 140 mg/kg), Pb (415 e 292 mg/kg) e Zn (636 e 574 mg/kg). La frazione estratta in DTPA non ha superato il 12% (Cu), 17% (Pb) e 5% (Zn) rispetto al totale. Le estrazioni sequenziali hanno rivelato che oltre il 92% di questi MP è associato alle frazioni recalcitranti del suolo. In media, il 76% (Cu), 60% (Pb) e 77% (Zn) sono stati determinati nella frazione residua, e il 22% (Cu), 36% (Pb) e 16% (Zn) al termine del IV step (frazione potenzialmente legata alla sostanza organica e ai solfuri). Le mappe μ-XRF hanno rivelato una distribuzione eterogenea di Cu, Pb e Zn, con spot ad elevata concentrazione di dimensioni variabili. I tre MP sono risultati spesso associati tra loro, facendo ipotizzare la presenza di leghe metalliche (stagno al Pb) riconducibili ad attività militari pregresse svolte nel sito. Tali risultati, unitamente ai dati ecotossicologici che hanno rivelato l’assenza di fitotossicità dei suoli, dimostrano la limitata mobilità e disponibilità dei tre MP. Tuttavia, i livelli di Pb misurati nell’estratto di DTPA superano i valori mediamente riscontrati in suoli prossimi a reti stradali, indicando un potenziale rischio ambientale per questo elemento. I dati relativi al sito di Altamura sono in fase di acquisizione. ACKNOWLEDGEMENTS La ricerca è stata finanziata dal Programma “Future in research” (UE, Regione Puglia, A.R.T.I.).
Bisphenol A (BPA) is an endocrine disruptor compound (EDC) of xenobiotic origin occurring in natural waters and wastewaters, especially in the most industrialized and urbanized areas. Recent investigations report the use of ligninolytic fungi for the removal of aromatic contaminants, including some EDCs, from different matrices. Humic acids (HA) are widely spread in all natural systems and their presence is ascertained to interfere with microbial growth and activity. The objective of this study was to assess the capacity of three ligninolytic fungi, Trametes versicolor, Stereum hirsutum and Pleurotus ostreatus, to remove BPA at the concentration of 4.6 mg L1 from water. Fungal growth on potato dextrose agar (PDA), in the absence and in the presence of a leonardite HA or a green compost HA, was evaluated during the biodecontamination process. The methodological approach adopted in this study excluded the presence of the mycelium in the contaminated water. Results obtained evidenced a relevant removal of BPA by any fungus when PDA only was used as growing medium. The addition of leonardite HA and compost HA stimulated the mycelial growth of any fungus, especially T. versicolor, and significantly enhanced the removal of the contaminant from water by, respectively, T. versicolor only and T. versicolor and S. hirsutum.
Arsenic (As) is a metalloid element, often found in soils and wastes around mines and industrial sites treating As-bare minerals. The assessment of the bioavailability of As in these soils is crucial in order to protect human and ecosystems health. Earthworms are often used to assess the bioavailability of As in soils (Langdon et al., 2003). In this work, Eisenia andrei was exposed to As-polluted soils from two sites in Italy (Valle Anzasca and Scarlino). Different X-ray based techniques and bioassays were used to evaluate the concentration, speciation and distribution of the As both in soils and earthworms.
Plants can cope with Fe deficiency by either acidifying the rhizosphere and enhancing the ferric chelate reductase activity (strategy I) or by releasing high affinity complexing compounds known as phytosiderophores (strategy II). In this research, tomato, barley and cucumber plants were grown hydroponically in an Fe free (–Fe) nutrient solution using the RHIZOtest. Fe-deficient (–Fe) plants were grown on a calcareous agricultural soil and root. Root exudates were determined quali-quantitatively using HPLC and colorimetric analyses. The accumulation of nutrients in plant tissues was measured by ICP-OES. Soil mineral modifications were assessed by XRD and SEM-EDX. Root exudates obtained by the hydroponic system were higher than those obtained from the soil extracts; plant uptake and adsorption by soil particles could be, at least in part, responsible of this result. After a 6-day soil contact the plants show a visible recovery from Fe deficiency symptoms at leaf level suggesting the efficacy, of root exudate release in the mobilization of Fe into soluble soil forms and its uptake. Moreover, significant soil mineral modifications were observed. At last, organic ligands released in Fe-deficient soil conditions show very complex exudation patterns both in monocotyledonous and dicotyledonous plants. For instance, barley plants besides the dominant release of phytosiderophores also significant amounts of amino acids and traces of organic acids were found. The results of this research will enable to better understand the soil influence on the release of root exudates, the dynamics of mineral weathering in the rhizosphere and the capability of plant species to mobilize and take up poorly soluble Fe forms.
Plants release in the rhizosphere flavonoids and organic acids which exert multifunctional roles. In a recent study, we observed that the flavonoid rutin, alone or combined with genistein or organic acids (citrate, malate, oxalate), usually present in plant exudates, mobilized Fe from a calcareous soil with a great efficiency. However, the effects of these exudates on soil mineralogy, especially on Fe-bearing minerals and clays, remained unexplored. This work aims at evaluating the changes in the mineralogical composition of a calcareous soil after 24h-treatment with an aqueous solution of rutin (35 μM), alone or combined with other flavonoids (10 μM) or organic acids (1 mM). After centrifugation, the solid fraction was dried, homogenized with corundum (internal standard) and analysed by X-ray powder diffraction (XRPD), using the Rietveld method for mineralogical quantification. XRPD analysis of the natural soil revealed the presence of calcite (57.0%), illite (17.9%), smectite (5%), quartz (4.2%), heulandite (2.8%), and amorphous phases (13%). No Fe-oxides and oxyhydroxides were detected. In all the treatments with rutin, the sum of illite and smectite considerably increased, compared to the natural soil, especially when rutin was combined with organic acids or genistein. Conversely, the amorphous residue decreased. It can be assumed that the increase of illite+smectite was caused by the transformation of the amorphous phases into clay minerals. Rutin and its combinations with organics possibly mobilized Fe from soil along with other cations which could then find suitable conditions to recrystallize as new forming clay minerals. Na, K, and Ca could enter in the interlayer regions of phyllosilicates, while Al and Si could induce the formation of new sheets. Although the variation in soil mineralogy could not be easily related to Fe mobilization, it was evident that some treatments producing the higher Fe solubilization showed also the higher increase of the illite+smectite fraction.
Il ferro (Fe) è tra gli elementi più abbondanti nel suolo, ma è scarsamente disponibile per le piante in condizioni di pH neutro e alcalino. In Fe-carenza, le dicotiledoni aumentano la disponibilità di Fe nella rizosfera essudando protoni e composti organici ad azione complessante e/o riducente, come acidi organici (AO), flavonoidi e amino acidi (AA). Sebbene il ruolo degli AO sulla mobilizzazione del Fe dal suolo sia stato accertato, resta da comprendere meglio quello delle altre classi di composti. Inoltre, è opportuno indagare sull‟effetto di tali essudati sulla mineralogia del suolo, data la connessione tra i processi di mobilizzazione/assorbimento dei nutrienti e l‟alterazione dei minerali. In questo studio, è stata valutata inizialmente la composizione degli essudati radicali di cetriolo (Cucumis sativus L.) allevato in Fe-sufficienza (+Fe) ed in Fe-carenza (-Fe). Il contenuto di AO, sostanze fenoliche e AA negli essudati delle piante –Fe è risultato nettamente superiore a quello delle piante +Fe. Successivamente, è stata studiata, in un sistema chiuso, l‟interazione tra un suolo calcareo e alcuni composti determinati negli essudati radicali, quali AO (citrato, malato, ossalato) e flavonoidi (quercetina, rutina, genisteina), sia da soli che in combinazione. Dopo 24 ore, è stata determinata la concentrazione di Fe in soluzione mediante ICP-OES, e la composizione mineralogica del suolo mediante XRD. Inoltre, è stata studiata l‟alterazione mineralogica nel suolo rizosferico di piante di cetriolo +Fe e –Fe usando un sistema rhizotest. Nel sistema chiuso, la rutina, sia sola che combinata con gli AO o con la genisteina, ha estratto una quantità di Fe almeno due volte maggiore di quella estratta dal citrato; inoltre, ha dissolto tra il 12% ed il 41% delle fasi amorfe del suolo, ed ha favorito la neosintesi di illite e smectite. Nel suolo rizosferico, il cetriolo –Fe ha dissolto il 55% di amorfo, senza tuttavia promuovere la formazione dei fillosilicati. Pertanto, si può ipotizzare che, nel sistema chiuso, gli elementi liberati dall‟amorfo siano rapidamente precipitati a formare fillosilicati, mentre, nel sistema aperto (suolo rizosferico), tali elementi vengano assorbiti dalla pianta o lisciviati, sottraendosi così alla cristallizzazione. Esperimenti condotti con altre specie vegetali hanno dimostrato che l‟alterazione e la neosintesi dei minerali sono influenzate dalla strategia di mobilizzazione del Fe adottata dalla pianta.
Iron (Fe) deficiency is one of the major agricultural problems which highly affects the production of cultivated plants, especially in calcareous soils. Therefore, studying Fe uptake and homeostasis in plants is extremely important to develop new agricultural practices aiming at increasing Fe availability in soil for plant nutrition. However, determining Fe concentration and distribution in plants by XRF methods is not always simple, especially in Fe-deficient plants, where Fe concentration can be even below 1 ppm. In this study we investigated the potentiality of different XRF techniques to detect, quantify and map Fe distribution in different plant tissues. In particular, we used synchrotron micro-XRF to map quantitatively Fe in leaf and root (with a confocal geometry) tissues. For comparison, Fe maps were also acquired by using laboratory micro-XRF instruments, both commercial and in-house built. Advantages and limitations, in comparison to synchrotron-based methods will be discussed. In particular, Fe distribution was investigated in leaves of cucumber plants (Cucumis sativus L.) grown in different conditions (-Fe, +Fe, +Fe-chelates) whit three laboratory micro-XRF spectrometers, two polychromatic polycapillary focused micro-XRF and a mono-chromatic micro-XRF developed by the XMI Group at Ghent University. The data showed that, as expected, synchrotron XRF measurements gave better results in a shorter time. However, XRF laboratory instruments gave good results, which can be still useful for agronomic studies. While the mono-chromatic source gave a better signal to noise ratio, thus providing better spectra for quantitative evaluation even at low ppm levels, the two commercial instruments provided better maps (also thanks to the smaller beam size), which means more accurate information about Fe distribution throughout leaves tissues. TXRF is another XRF method very useful to quantify Fe in plant samples, even below 1 ppm level. This technique is particularly suitable to determine Fe concentration in xylem sap and plant tissues with a very limited sample preparation, thus reducing the costs and the artefacts caused by an extensive sample manipulation. Examples from plants grown in symbiosis with plant-growth-promoting-bacteria (PGPB) or cultivated with innovative agronomic practices will be presented. In particular, roots and leaves of cucumber were analysed as powder suspensions while samples of xylem sap, extracted from olive trees, were analysed directly. An increase of Fe concentration was observed in both root and leaves of cucumber treated with PGPB. On the contrary, no variation of Fe concentration was found in the xylem sap of olive trees. In conclusion, all these examples are intended to show the major advantages and limitations of using XRF techniques to study Fe homeostasis in plants and suggest the best XRF analytical approach to be adopted according to the specific case study.
La complessità e la varietà del sistema suolo pone problematiche metodologiche inerenti lo studio dell'inquinamento da parte di metalli pesanti. Lo sviluppo di metodologie analitiche che permettono di studiare campioni di suolo su scala micrometrica consente oggigiorno di analizzare e comprendere le interazioni che intercorrono tra l'inquinante e le varie componenti solide del suolo. Tra queste tecniche, la spettroscopia di microfluorescenza di raggi X a dispersione di energia (μXRF) è uno strumento molto utile in campo ambientale in quanto consente di effettuare in maniera non distruttiva l'analisi multielementare del campione, conoscere la distribuzione spaziale degli elementi in esso contenuti e quindi comprendere le relazioni tra i diversi elementi. In questo lavoro vengono presentati tre diversi casi di studio in cui l'uso della spettroscopia μXRF si è rilevato di fondamentale importanza per la comprensione della distribuzione e speciazione di metalli pesanti quali arsenico, cromo e rame. I campioni inquinati da arsenico provengono da siti di estrazione dell'oro (Valle Anzasca, Piemonte) e aree industriali (Scarlino, Toscana), mentre i suoli contenenti rame sono stati campionati in vigneti (Turi, Puglia). Infine, il suolo contaminato da Cr è un suolo sabbioso (Ginosa Marina, Puglia) su cui è stato simulato uno sversamento di Cr(VI) e su cui sono state condotte delle prove di risanamento mediante tecniche di solidificazione/stabilizzazione (S/S). Le analisi sono state eseguite su sezioni sottili di suolo (spessore 32 μm) impiegando uno spettrometro di microfluorescenza di raggi X equipaggiato con una sorgente policapillare di rodio (diametro del fascio 25 μm) e due detector SDD. Le analisi sono avvenute in vuoto (20 mbar), al fine di analizzare anche elementi leggeri (da Na a Cl), usando un tempo di acquisizione di 10 ms/px. Dalle analisi emerge che, per quanto riguarda il sito di Valle Anzasca, l'arsenico si trova sempre in associazione col ferro, formando delle deposizioni attorno a granuli di sabbia di quarzo e feldspati. Al contrario, nei suoli di Scarlino, As e Fe presentano distribuzioni differenti. Se nel primo caso i dati concordano con i risultati delle estrazioni sequenziali, nel secondo caso i risultati sono discordanti, in quanto le estrazioni sequenziali suggeriscono un legame dell'arsenico con fasi cristalline di Al o Fe. Il rame presente nei suoli agricoli pugliesi mostra una distribuzione abbastanza uniforme nel campione, molto probabilmente ascrivibile all'associazione del Cu con la sostanza organica del suolo, ma sono anche visibili correlazioni con lo zolfo, riconducibili all'impiego di CuSO4 come fungicida. Infine, in suoli inquinati da Cr(VI) e trattati in condizioni idrotermiche alcaline con scarti di vetro e alluminio da RSU si è osservato l'intrappolamento del Cr in macroaggregati di neoformazione contenenti Fe, Si, Al e K, la cui dimensione aumenta all'aumentare del tempo del trattamento. In conclusione, attraverso la microfluorescenza di raggi X è possibile determinare la distribuzione di metalli pesanti all'interno di campioni di suolo inquinati ed individuare eventuali correlazioni con altri elementi, al fine di comprenderne la speciazione. Inoltre, accoppiato ad altre metodologie di indagine, come le estrazioni sequenziali, consente di comprendere meglio la tipologia di legame tra l'inquinante e le componenti del suolo. Infine, la μXRF è uno strumento estremamente utile per valutare e mettere a punto processi di bonifica di suoli contaminati.
La definizione di strategie sostenibili per il rimedio dei suoli inquinati da metalli pesanti rappresenta una delle principali sfide ambientali, considerato che i metalli pesanti non sono degradabili e quindi tendono ad accumularsi nel suolo. Tra le diverse metodologie di bonifica, quella della stabilizzazione/solidificazione (S/S) è sicuramente una delle più efficaci ed economicamente vantaggiose. Essa consiste nell’apporto al suolo di materiali e/o reagenti chimici capaci di ridurre la solubilità e la tossicità degli inquinanti e/o di immobilizzarli all’interno di fasi solide di neosintesi. In questo studio, è stato testato un metodo innovativo di S/S per la stabilizzazione del cromo esavalente (Cr(VI)) in un suolo sabbioso mediante l’impiego di materiali di scarto, quali vetro e alluminio provenienti da RSU, in condizioni idrotermiche alcaline. L’obiettivo è stato quello di valutare la capacità della tecnica di S/S di ridurre il Cr(VI) a Cr(III), forma meno tossica e molto stabile nel suolo, e di immobilizzare successivamente il Cr(III) in minerali di neoformazione. Il suoloè stato inquinato artificialmente con una soluzione di K2Cr2O7 fino a 1500 mg kg-1 (Cr totale) e lasciato poi indisturbato per 3 mesi fino a stabilizzarsi ad una concentrazione finale di 580 mg kg-1 di Cr(VI). E' stato quindi addizionato con una miscela di vetro e alluminio polverizzati e KOH (MIX), in rapporto di 1/10 e 1/20 (MIX:suolo, m/m). I campioni di suolo+MIX sono stati trasferiti in barattoli di HDPE, addizionati con acqua (1:2 m/v) e conservati in stufa a 90°C. Due controlli di suolo senza MIX, trattati a 90°C solo con KOH e solo con acqua, sono stati preparati in contemporanea. Dopo 1, 7, 30 e 60 giorni è stata prelevata da ciascun barattolo un’aliquota di suolo per la determinazione del Cr(VI) e le estrazioni sequenziali del Cr . Inoltre, al fine di comprendere i meccanismi di stabilizzazione del Cr, i campioni sono stati sottoposti ad analisi mineralogica mediante diffrazione di raggi X (XRPD), e di micro fluorescenza di raggi X (µ-XRF). Il trattamento S/S ha prodotto una netta e rapida diminuzione della concentrazione di Cr(VI) nel suolo, soprattutto in presenza di MIX. Dopo soli 7 giorni, la concentrazione di Cr(VI) nel suolo+MIX si è ridotta del 94% e 98% rispetto a quella iniziale (per le miscele 1/10 e 1/20, rispettivamente). Nei campioni controllo, la riduzione è stata invece del 71% (controllo con KOH) e 85% (controllo senza KOH). Prolungando il trattamento fino a 60 giorni, le concentrazioni di Cr(VI) si sono ridotte ulteriormente, risultando il trattamento con MIX sempre quello più efficace (sia 1/10 che 1/20). Inoltre, in presenza di MIX, la mobilità del Cr si è significativamente ridotta rispetto ai controlli, come dimostrato dalle estrazioni sequenziali. Infatti, già dopo 7 giorni ben il 95% e 87% del Cr totale è apparso legato al suolo in forme stabili (per le miscele 1/10 e 1/20, rispettivamente), mentre nei controlli solo il 55% e 38% del Cr è risultato stabilizzato nella fase solida (in presenza e assenza di KOH, rispettivamente). Nei successivi rilievi, la stabilità del Cr è aumentata considerevolmente nel tempo, anche nei controlli, senza tuttavia raggiungere i risultati ottenuti in presenza di MIX. L’analisi mineralogica ha rivelato in tutti i campioni una diminuzione di quarzo e illite e, in alcuni casi, la formazione di zeolite (edingtonite). Il trattamento idrotermico alcalino ha modificato profondamente la struttura del suolo, come dimostrato dall’analisi µ-XRF, e favorito l'intrappolamento del Cr in macroaggregati contenenti Si, K, Al, Fe e Mn. Ulteriori indagini microanalitiche sono in corso per studiare i meccanismi di inclusione del Cr in tali aggregati.
Il ruolo della componente biotica del suolo nei processi rizosferici di mobilizzazione e assorbimento dei nutrienti è ancora oggetto di ampia discussione. Tuttavia sono sempre più numerose le evidenze a supporto di un ruolo determinante svolto dai Plant growth-Promoting Rhizobacteria (PGPR) sull’accumulo dei nutrienti nei tessuti vegetali che è il risultato anche di ciò che accade alla rizosfera nei cicli biogeochimici dei diversi elementi/nutrienti. Pertanto, lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare gli effetti fisiologici e biochimici indotti dal PGPR Azospirillum brasilense su piante di cetriolo cresciute in un suolo calcareo. Inoltre, sono stati valutati anche gli effetti indotti dal rilascio di essudati radicali sulle componenti mineralogiche del suolo. A tale scopo, le piante di cetriolo sono state cresciute per 14 giorni in coltura idroponica in condizione di carenza di Fe e successivamente poste in contatto per 7 giorni con un suolo calcareo inoculato con A. brasilense. Al momento del campionamento, sono stati rilevati i parametri di crescita delle piante, i profili quali-quantitativi degli essudati rilasciati e il contenuto dei nutrienti nei tessuti. Inoltre, le variazione nella componente mineralogica del suolo sono state studiate mediante la tecnica XRPD (X-ray powder diffraction). I risultati ottenuti mostrano che la presenza di A. brasilense nel suolo facilita il recupero delle piante dalla clorosi ferrica, molto probabilmente tramite la modulazione dell’attività di essudazione della pianta, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. In particolare, è stato evidenziato che due amminoacidi, la glicina e il glutammato, potrebbero essere coinvolti nell’interazione tra la pianta e il microrganismo nel processo di mobilizzazione del Fe dal suolo. L’analisi XRPD del suolo rizosferico di piante di cetriolo cresciute in carenza di Fe ha evidenziato una drastica riduzione della componente amorfa, probabilmente causata dal rilascio di amminoacidi, composti fenolici e acidi organici. In ogni caso, tali analisi hanno evidenziato che gli essudati rilasciati da piante di cetriolo carenti di Fe sono in grado di indurre modificazioni nella componente mineralogica del suolo calcareo in un breve lasso di tempo (7 giorni).
La fluorescenza di raggi X a riflessione totale (TXRF) è una tecnica analitica emergente, che negli ultimi anni è stata applicata a un numero considerevole di materiali e settori spaziando dall'analisi dei semiconduttori alla caratterizzazione di prodotti agroalimentari. A differenza delle altre tecniche di fluorescenza di raggi X, il ridotto effetto di autoassorbimento da parte del campione consente di effettuare l'analisi chimica multielementare in tracce fino a livelli di ppb e sub ppb, risultando competitiva con altre tecniche più consolidate come l'ICP-OES. Nel presente lavoro la TXRF è stata impiegata per caratterizzare campioni biologici al fine di i) controllare la qualità di prodotti agroalimentari, ii) individuarne ”impronte digitali” ionomiche e iii) monitorare l'inquinamento ambientale in aree industriali. La caratterizzazione al fine del controllo di qualità è stata effettuata su frutti di pomodoro (Solanum lycopericum L.), alimento importante specialmente nella dieta mediterranea. Campioni di pesca (Prunus persica L.) sono stati analizzati per individuarne specifici “pattern” ionomici in grado di metterli in relazione con le pratiche agronomiche impiegate per la produzione. Infine, è stata condotta una caratterizzazione chimica multielementare di api bottinatrici (Apis mellifera L.) campionate da alveari opportunamente collocati in aree prossime a siti industriali e oggetto di monitoraggio ambientale. Le analisi sui frutti di pomodoro e le api sono state condotte sui campioni tal quali, essiccati e macinati per mezzo di un mulino planetario con giare in zirconio. Per le pesche, si è proceduto con l‟analisi del succo, estratto dalla polpa per centrifugazione, e del nocciolo, in seguito a macinazione. Le analisi hanno portato alla completa caratterizzazione elementare dei campioni di pomodoro rivelandone il contenuto di micronutrienti e senza evidenziare la presenza di alcun elemento potenzialmente nocivo per la salute umana. Nel caso delle pesche sono state individuate differenze nel profilo ionomico a seguito delle diverse pratiche agronomiche impiegate per la produzione. Infine, nelle api è stata registrata una variazione dei contaminanti ascrivibili alle attività industriali monitorate (principalmente Fe e Zn) nei diversi mesi dell'anno.
La micro-tomografia computerizzata di assorbimento di raggi-X (X-ray microCT) è una tecnica di imaging tridimensionale che consente di indagare la struttura interna di un campione in maniera non distruttiva. Nei comuni micro-tomografi da laboratorio il fascio conico di raggi-X (cone beam) emesso dalla sorgente radiogena incontra il campione rotante, e viene in parte assorbito ed in parte trasmesso, in maniera proporzionale al locale coefficiente di assorbimento µ (dove µ∝Z4). L’insieme delle proiezioni acquisite in corrispondenza di ciascuno step di rotazione del campione consente così una ricostruzione via software, che restituisce la distribuzione tridimensionale dei coefficienti di assorbimento nell’ambito dell’intero volume indagato. Le applicazioni della microCT sono le più trasversali, dalla medicina alle scienze dei materiali, dalle geoscienze all’informatica e così via. Vedere dentro un oggetto senza doverlo distruggere (tanto più importante quando il campione a disposizione è limitato, di particolare interesse scientifico o prezioso), eseguire analisi quantitative di porosità, volumi, superfici, osservare modificazioni strutturali in corrispondenza di prove di carico o cambiamenti termici controllati, rendono di fatto la microCT sempre più indispensabile nei moderni laboratori. In questa presentazione verranno mostrate alcune possibili applicazioni in campo Agrario, Ambientale ed Alimentare, ottenute mediante uno strumento da laboratorio con una risoluzione massima di 350 nm. In particolare, allo scopo di evidenziare alcune delle potenzialità della tecnica verranno mostrati i risultati relativi a campioni di: Suolo: in base ai diversi valori di µ relativi alle frazioni principali, è possibile distinguerle e svelarne le caratteristiche morfometriche, quali volume, superficie, ecc. Laddove è presente un sufficiente contrasto fra le diverse componenti è anche possibile discriminare le diverse fasi mineralogiche, porosità e apparati radicali delle piante; Biochar: ne può essere calcolata la porosità e la superficie attiva, parametri fondamentali per studiare il materiale come ammendante col suolo; Semi: le strutture interne possono essere visualizzate e studiate senza "aprire" il seme; Lombrichi: le caratteristiche morfologiche dell’organismo vengono mostrate con una risoluzione di pochi micron in modo da poter “entrare” nei diversi organi e visualizzarne una qualsiasi sezione; Pane e prodotti da forno: può esserne determinata la struttura e la porosità al fine di migliorare la qualità del prodotto. I diversi esempi evidenziano come la microCT sia uno strumento molto importante per le moderne indagini analitiche grazie sia alla possibilità di imaging in senso stretto, sia per analisi quantitative di tipo strutturale (es. porosità, area superficiale), consentendo in alcuni casi notevoli miglioramenti in termini di consumo di tempo e di qualità del dato rispetto ad altre metodologie analitiche tradizionali.
This study was carried out in two olive orchards (Olea europaea L., cv. Chemlali) located in a polluted area near a fertilizers factory and in a control unpolluted site, managed with similar cultivation techniques. The aim was to investigate the physiological and biochemical responses of polluted plants (PP), exposed to atmospheric metal contamination (Cd, Cu, Fe, Mn, Ni and Pb) as compared to control plants (CP). Leaves, roots and fruits of PP showed a depression of their non-enzymatic and enzymatic antioxidant defences and a disruption of their hormonal homeostasis. The anomalous physiological status of PP was also demonstrated by the lower values of pigments in leaves and fruits, as compared to CP. Atmospheric metals negatively affected olive oil chemical and sensory quality. However, despite metal deposition on fruit surfaces, the accumulation of potentially toxic metals in olive oil was negligible. Considering that olive oil is an important food product worldwide and that many productive olive orchards are exposed to several sources of pollution, this work could contribute to clarify the effects of atmospheric metal pollution on olive oil quality and its potential toxicity for humans.
Background and purpose: Recycling waste materials by transformation into new useful products requires that both the starting raw material and the transformed commodity are chemically and physically characterized for safety and quality issues. In this context, X-ray analyses can provide valuable tools to non-destructively investigate the chemical composition as well as the internal structure of materials with trace-level sensitivity and (sub)micrometric resolution. Methods: At the Micro X-ray Lab different new generation X-ray-based instruments are available: a X-ray powder diffractometer (XRPD), a portable energy dispersive X-ray fluorescence (pXRF), a wavelength dispersive X-ray fluorescence (WDXRF), a total reflection X-ray fluorescence spectrometer (TXRF), a micro X-ray fluorescence spectrometer (μXRF), a high resolution X-ray microtomograph (μCT), and a variable pressure field emission scanning electron microscope (VP-FESEM) equipped with energy dispersive X-ray microanalysis (EDX). Results and Conclusions: The instrumentations available at the Micro X-ray Lab allow for fast non destructive chemical analyses of all types of solids and liquids, powders, suspensions and particles, from bulky materials down to nanometer sized samples. In addition, 2D chemical mapping and 3D volume rendering of different types of raw and transformed materials is possible. Such combined X-ray approach is used to support the development of new technologies in recycling waste materials.
Besides the variety of colours and flavours, microgreens show interesting nutritional properties, mainly regarding their contents of mineral nutrients and bioactive compounds. To date, the literature has prevalently focused on the individual nutritional features of microgreens usually belonging to Brassicaceae. The present study reports an articulated nutritional profile of six genotypes of microgreens, belonging to three species and two families: chicory (Cichorium intybus L., Puglia's local variety 'Molfetta', CM, and cultivar 'Italico a costa rossa', CR) and lettuce (Lactuca sativa L. Group crispa, cultivar 'Bionda da taglio', LB, and 'Trocadero', LT), from Asteraceae; and broccoli (Brassica oleracea L. Group italica Plenk, Puglia's local variety 'Mugnuli', BM, and cultivar 'Natalino', BN) from Brassicaceae. All the microgreens, except LB, can be considered good sources of Ca, whilst LT and CM also showed considerable amounts of K. As regards bioactive compounds, Brassica microgreens were the richest in phenolic antioxidants. The microgreens also presented higher amounts of α-tocopherol and carotenoids compared to mature vegetables. In particular, broccoli microgreens and LB showed the highest amounts of vitamin E, while Asteraceae microgreens presented the highest levels of carotenoids. Due to their delicate tissues, fresh cut microgreens showed a shelf life not exceeding ten days at 5 °C. The results obtained highlight the possibility to exploit genetic biodiversity in order to obtain tailored microgreens with the desired nutritional profiles, with particular regard to mineral nutrients and bioactive compounds. Appropriate pre- and post-harvest strategies should be developed, so as to allow microgreens to retain as long as possible their nutritional value.
Natural terrestrial and aquatic systems can be polluted with xenobiotic compounds possessing hormone-like activity, commonly known as endocrine disruptors (EDs).among EDs, there are bisphenol a (BPA), a component of plastics, 17α-ethinylestradiol (EE2), present in oral contraceptives, and linuron (LIN), a common herbicide. This work investigated the capacity of seedlings of radish and ryegrass to remove coexisting BPA, EE2 and LIN from three different aqueous media, a water enriched with natural organic matter (NOM) at a concentration of 20 mg/l, a lake water and a river water. BPA, EE2 and LIN were spiked at concentrations of 1, 0.1 and 1 mg/l (ed1,0.1,1), respectively, as well as tenfold higher concentrations(ed10,1,10). Radish was much more efficient than ryegrass, and removed the compounds in the order EE2>BPA>LIN, averagely in the three media, at both EDS concentrations. in particular, with ed1,0.1,1 mix, the highest removal was obtained for EE2 in all media (100%) and the lowest removal for LIN in nom solution (34%). with ed10,1,10 mix, radish removal capacity was maximum for EE2 in lake water (88%) and minimum for LIN in river water (30%). At both ED concentrations, ryegrass removed the compounds in the order BPA>EE2>LIN, averagely in the three media. in particular, with ed1,0.1,1 mix, removal was maximum for EE2 in lake water (73%) and minimum for LIN in nom solution (6%). also with ed10,1,10mix, ryegrass seedlings removed significant amounts of EDS with a maximum for BPA in lake water (58%) and a minimum for LIN in river water (3%).
Phytoremediation of waters by aquatic organisms such as algae has been recently explored for the removal of organic pollutants possessing endocrine disrupting capacity. Monoraphidium braunii, a green alga known for rapid growth and good tolerance to different natural organic matter (NOM) qualities, was tested in this study for the ability to tolerate and remove the endocrine disruptor bisphenol A at concentrations of 2, 4 and 10 mg L−1, either in NOM-free or NOM-containing media. NOM at concentrations of 2, 5 and 20 mg L−1 of DOC, was added because it may interfere with xenobiotics and modify their effects, modulate algal growth performances or produce a trade-off of both effects. After 2 and 4 days of algal growth, the cell number and size, the maximum quantum yield of photosystem II in the dark or light adapted state, and the chlorophyll a content were recorded in order to evaluate the algal response to bisphenol A. Moreover, the residual bisphenol A was measured in the algal cultures by chromatographic technique. Results indicated that after 2 and 4 days bisphenol A at the lower concentrations was not toxic for alga, whereas at the highest concentration it reduced algal growth and photosynthetic efficiency. The sole NOM and its combinations with bisphenol A at the lower concentrations increased the cell number and the chlorophyll a content of algae. After 4-day growth, good removal efficiency was exerted by M. braunii at concentrations of 2, 4 and 10 mg L−1 removing, respectively, 39%, 48% and 35% of the initial bisphenol A. Lower removal percentages were found after 2-day growth in the different treatments. NOM at any concentration scarcely influenced the bisphenol A removal. On the basis of data obtained, the use of M. braunii could be reasonably recommended for the phytoremediation of aquatic environments from bisphenol A.
A new screening strategy using Petri dishes with a gradient of distances between germinating seeds and a metal-contaminated medium was used for studying alterations in root architecture and morphology of Arabidopsis thaliana treated with cadmium, copper and zinc at sub-toxic concentrations. Metal concentrations in the dishes were determined by anodic stripping voltammetry on digested agar samples collected along the gradient, and kriging statistical interpolation method was performed. After two weeks, all agar dishes were scanned at high resolution and the root systems analyzed. In the presence of all the three metals, primary root length did not significantly change compared to controls, excepting for zinc applied alone (+45% of controls). In metal-treated seedlings, root system total length increased due to the higher number of lateral roots. The seedlings closer to the agar sectors including metals showed a marked curvature and a higher root branching in comparison to those further away from the metals. This behavior, together with an observed increase in root diameter in metal-treated seedlings could be interpreted as compensatory growth, and a thicker roots could act as a barrier to protect root from the metals. We therefore propose that the remodeling of the root architecture in response to metals could be a pollution 'escaping strategy' aimed at seeking metal-free Patches.
Lo studio dei meccanismi biogeochimici che regolano il destino dei metalli pesanti (MP) nei suoli inquinati è indispensabile al fine di comprendere il grado di mobilità e biodisponibilità dei MP e, quindi, il loro effetto sull’uomo e sull’ambiente. Quando l’inquinamento interessa il suolo agrario, è ancora più urgente la comprensione di tali dinamiche, al fine di ridurre al minimo i rischi di trasferimento dei MP dal suolo alla pianta e, attraverso la catena alimentare, all’uomo. Il suolo possiede una propria capacità naturale di attenuazione dell’inquinamento da MP, che si esplica nei processi di complessazione da parte della sostanza organica, adsorbimento sulle superfici dei colloidi, intrappolamento nelle microporosità dei minerali primari e secondari, nonché precipitazione e coprecipitazione. Lo studio di tali importanti fenomeni richiede l’ausilio di tecniche in grado di risolvere l’estrema complessità del sistema suolo fino a livelli micrometrici. Nel presente lavoro, molteplici tecniche di analisi di raggi-X sono state utilizzate, congiuntamente a tecniche convenzionali, per indagare la distribuzione e l’eventuale immobilizzazione del Cr e altri MP (Zn, Pb e Cu) in un suolo agrario pugliese sottoposto nel passato ad ammendamento con compost miscelato a rifiuti di provenienza incerta. È stata condotta sui campioni di suolo una caratterizzazione chimico-fisica di base, che ha consentito di accertare la presenza, in media, di un elevato contenuto di Corg (130 g kg-1) e CaCO3 (105 g kg-1), nonché Cr e Zn in concentrazioni molto elevate (4480 e 1220 mg kg-1, rispettivamente), e livelli di Cu e Pb meno allarmanti ma comunque superiori ai limiti di legge. Le estrazioni sequenziali con il metodo BCR hanno rivelato la scarsa mobilità di Cr, Cu e Pb, tutti prevalentemente associati alle componenti organiche del suolo e ai minerali della frazione residua, ed una discreta mobilità dello Zn, distribuito per circa il 40% nella frazione riducibile o associata ai carbonati. La concentrazione di Cr(VI) è stata determinata con i metodi ufficiali USEPA (3060A e 7196A); tuttavia l’elevato contenuto di sostanza organica del suolo ha interferito negativamente sul metodo, dando recuperi pari a zero. L’analisi di diffrazione di raggi-X (XRD) ha evidenziato la presenza di calcite, quarzo, illite, rutilo, caolinite e albite, e l’assenza di minerali cristallini contenenti Cr o altri MP. L’analisi di fluorescenza di raggi-X a dispersione di lunghezza d’onda (WD-XRF) ha rivelato che il suolo inquinato ha un minore contenuto di Al e Si ed un maggiore contenuto di Ca, P e S rispetto al suolo di controllo (campionato nella stessa zona e non inquinato). L’analisi con microfluorescenza di raggi-X (μ-XRF) su sezioni sottili di suolo ha evidenziato la presenza diffusa di Cr, che è apparso distribuito in particelle di dimensioni variabili (da pochi micrometri a qualche millimetro). Il Cr è risultato associato a Ca, Zn, P, S e Fe, ma non a Si e Al. L’elaborazione degli spettri acquisiti per ciascun pixel della mappa di microfluorescenza ha consentito di indagare le correlazioni tra gli elementi. Lo studio della correlazione Si-Al (Fig. 1a) ha rivelato la presenza nel suolo di due frazioni, una alluminosilicatica di tipo autoctono (Fig. 1a, in verde), e una alloctona (assente nel suolo di controllo), quest’ultima ricca in Cr ma povera in Si e Al (Fig. 1a, Cr in scala di grigio). Numerose particelle contenenti Cr sono apparse circondate da un bordo alluminosilicatico, ben evidente soprattutto nelle particelle di dimensioni minori. L’analisi di microscopia elettronica a scansione accoppiata alla microanalisi (SEM-EDX) delle sezioni sottili e delle singole particelle di suolo ha confermato la presenza, nelle particelle, di uno strato esterno alluminosilicatico, e di una porzione interna ricca in Cr, Ca, Fe, P, S e Zn (Fig. 1
Plants have evolved two different strategies (Strategy I and II) to cope with Fe shortage, based on the exudation of organic and inorganic compounds to favor its mobilization and the root uptake. The role of the soil biotic component in the nutritional processes in the rhiszophere needs to be elucidated, since plants inoculated with PGPR showed an increased content of nutrients and a stronger resistance to abiotic stresses. The aim of the present work is the evaluation of the physiological effects, induced by Azospirillum brasilense in a calcareous soil on cucumber plants. Plants were grown in hydroponic Fe deficient solution followed by a 7-day period of contact with the A. brasilense-inoculated calcareous soil. At sampling, biometrics measurements, quali-quantitative analyses of root exudates and analyses of the nutrients content in plant tissues were carried out. Variations in soil mineralogy were assessed by X-ray powder diffraction (XRPD). Our results showed that A. brasilense facilitates plant growth in calcareous soils due to an enhanced recovery from the micronutrient deficiency. A. brasilense increases most likely the Fe availability within the rhizosphere by a) affecting the solubilisation of Fe thanks to the siderophore release and b) up and down-regulating the exudation activity of plants with an effect also on its molecular complexity. Further studies are needed to better understand and highlight the interactions between these two mechanisms and microorganisms. In particular, the present study shed light for the first time on two AAs, namely Gly and Glu, which could be involved in the plant-microorganism-soil interaction for the retrieval of Fe within a calcareous soil. XRPD analysis revealed a slight decrease of calcite and an increase of smectite under Fe-deficiency conditions.
Hexavalent chromium (Cr(VI)) is one of the most dangerous metals in polluted soils because of its carcinogenicity and high bioavailability. Conversely, its reduced form Cr(III) is low-toxic and very stable in the soil, since it occurs mainly as precipitated hydroxides. Different strategies can be adopted to remediate Cr(VI)-polluted soils and, among these, solidification/stabilization (S/S) is very efficient, being usually a cost-effective and rapid technology. It consists on the soil treatment with materials or reagents able to decrease the solubility and toxicity of heavy metals and/or entrap them in stable solid phases. In this study, glass and aluminium recycled from municipal solid wastes were used to treat, under alkaline hydrothermal conditions, a Cr(VI)-spiked soil with the aim of reducing Cr(VI) to Cr(III) and immobilizing Cr(III) in insoluble newly formed solid structures. A sandy soil was spiked with a solution of Cr(VI) to obtain, after 3 months of aging, a stable concentration of 580 mg kg-1. The soil was then added with a mixture (MIX) of pulverized glass and aluminium (1/10 and 1/20 MIX/soil, w/w). The samples were then added with KOH and deionised water (1:2 w/v), and stored at 90°C in closed HDPE bottles. Two controls without MIX, one containing KOH and the other with water alone, were also prepared. After 1, 7, 30, 60 and 90 days, soil aliquots were sampled and analyzed for Cr(VI) concentration (methods USEPA 3060A and 7196A) and Cr fractionation (BCR sequential extractions). Chromium stabilization was further investigated by analyzing the soil samples for elemental distribution (micro X-ray fluorescence – μXRF), mineralogical composition (X-ray powder diffraction – XRPD), and 3D structure of the solid phases of new formation (high resolution micro X-ray computed tomography - μCT). The reduction of Cr(VI) to Cr(III) was accelerated and intensified by the S/S treatment. In fact, about 98% Cr(VI) was reduced in only 7 days of treatment with MIX 1/20. To obtain a similar result, 30 days of treatment with MIX 1/10 and 90 days with KOH alone were needed. Prolonging the S/S process, Cr(VI) concentration was further decreased proving that Cr(III), once reduced, is not re-oxidised. Chromium mobility decreased considerably and continuously during the treatment with MIX. After 7 days, the amount of Cr associated to the more recalcitrant soil fractions was higher than 85% in the presence of MIX (at both ratios), and equal to 55% and 38% in the controls with KOH and water, respectively. Soil structure was significantly modified by the alkaline hydrothermal treatment, as proved by the formation of large soil aggregates containing Cr along with Si and Al. In fact, the addition of MIX, enriching the soil with Si and Al, accelerated the formation of soil aggregates characterized by a high micro-porosity, as revealed by μCT analysis. In most of the samples, XRPD analysis revealed the formation of a K-zeolite (edingtonite) and a strong decrease of quartz and illite. However, the stabilization of Cr was not related to zeolite formation. The innovative S/S treatment tested in this study efficiently reduces Cr(VI) to Cr(III) in the soil and stabilises Cr in newly formed soil aggregates. Scanning electron microscopy analysis of soil aggregates is also going to be performed to better understand the mechanisms of Cr stabilization within the aggregates.
The study of trace elements in the environment requires sophisticated analytical techniques capable of probing the samples from the field scale to the microscopic scale. In addition, environmental samples can have very different aggregation states and compositions, and therefore highly versatile analytical procedures are desirable. X-ray based analytical techniques are suitable to address both these needs being very flexible for the analysis of all kind of samples (liquids, suspensions, solids, powders, living organisms, thin samples, etc.) at different length scales (from bulk to nanometer scale). Furthermore, X-ray analyses can provide different types of information (chemical, morphological, structural) which can be finally combined together for a more comprehensive view of specific environmental issues. Limited sample preparation and non destructivity are other two key characteristics which make X-ray analyses very effective for environmental applications. However, most often this type of instrumentation is dedicated to sectoral investigations and combining different techniques requires the involvement of a number of laboratories and analytical expertises. Within this context, a team of experts in different fields of X-ray analysis at the University of Bari has created a laboratory where different X-ray analytical techniques and expertises are available in a single place for several environmental applications. In particular, the following laboratory instrumentation is available: X-ray powder diffraction (XRPD), portable X-ray fluorescence (pXRF, for field studies), wavelength dispersive X-ray fluorescence (WDXRF), energy dispersive x-ray fluorescence (EDXRF), total reflection X-ray fluorescence (TXRF), micro X-ray fluorescence (μXRF), high resolution computed X-ray tomography (HRCT) and field emission scanning electron microscopy coupled with energy dispersive X-ray microanalysis (FESEM-EDX). Long experience with synchrotron X-ray analyses and connections with the main European synchrotron facilities also allows the team to perform advanced experiments with combined synchrotron X-ray techniques. All the information coming from both laboratory and synchrotron analyses, together with routine chemical-physical approaches, can be then combined to solve complex scientific problems related to trace elements in the environment. An overview of the techniques available at Micro X-ray Lab will be presented together with some applications in the field of soil, plant and Earth sciences.
Chemical, microstructural and mineralogical studies of minerals and materials require sophisticated analytical techniques capable of probing the samples down to the nanometer scale. In addition, since this type of sample materials can have very different chemical and physical characteristics, highly versatile analytical procedures are needed. X-ray based analytical techniques are suitable to address both these needs being capable of analysing all kind of samples (solids, liquids, suspensions, powders, thin films, etc.) at different length scales (from bulk to nanometer scale). Furthermore, X-ray analyses can provide different types of information (chemical, morphological, structural) which can be finally combined for a more comprehensive view of specific issues. Limited sample preparation and non destructivity are other two key characteristics which make X-ray analyses very effective for material science studies. However, most often this type of instrumentation is dedicated to sectorial investigations and combining different techniques requires the involvement of a number of laboratories and expertise. Within this context, a team of experts in different research fields from the University "Aldo Moro" and Polytechnic University of Bari has created the “Micro X-ray Lab”: a laboratory where different X-ray analytical techniques and expertises are available in a single place for several applications. In particular, the following laboratory instrumentation is available: powder X-ray diffraction (XRD), portable X-ray fluorescence (pXRF, for field studies), wavelength dispersive X-ray fluorescence (WDXRF), energy dispersive x-ray fluorescence (EDXRF), total reflection X-ray fluorescence (TXRF), micro X-ray fluorescence (μXRF), high resolution computed X-ray tomography (HRCT) and field emission scanning electron microscopy coupled with energy dispersive X-ray microanalysis (FESEM-EDX). Long experience with synchrotron X-ray analyses and connections with the main European synchrotron facilities also allows the team to perform advanced experiments with combined synchrotron X-ray techniques. All the information coming from both laboratory and synchrotron analyses, together with routine chemical-physical approaches, can be then combined to solve complex scientific problems related to Earth and material science. An overview of the techniques available at Micro X-ray Lab will be presented together with some applications in Earth and material sciences.
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