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Annastella Carrino
Ruolo
Professore Associato
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI (DISUM)
Area Scientifica
AREA 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Settore Scientifico Disciplinare
M-STO/02 - Storia Moderna
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Uno degli elementi centrali del Mediterraneo settecentesco, investito da un’espansione significativa dei flussi mercantili, è la pluralità degli attori in campo. La massiccia istituzionalizzazione del mare, la strutturazione di convenienze e complementarietà economiche forti non gerarchizza rigidamente i protagonisti dello scambio. Molti micromercanti che la visione braudeliana del commercio per mare aveva confinato in spazi marginali riescono a installarsi sui grandi assi, contribuendo in maniera decisiva ad alimentarli. Fra costoro, i Liguri occupano una posizione di primo piano. Essi non sono gli eredi della gloriosa storia di Genova, ma provengono da alcuni borghi della Riviera di Ponente e mettono in campo forme diverse di razionalità, spesso efficaci e di successo. A bordo dei loro pinchi, entrano nei circuiti del commercio in grande, inventando modi nuovi di fare mercato, strumenti inediti per acquisire informazioni e fiducia. Alla base della loro vitalità vi è la mancata distinzione fra navigazione e commercio, l’inserimento nella più minuta geografia portuale e produttiva del Mediterraneo, l’uso spregiudicato ma giuridicamente sorvegliato della stratificazione normativa e istituzionale. La loro impresa è reticolare e fondata su rapporti parentali localizzati nel borgo di origine, base del reclutamento del personale e dei capitali e, al tempo stesso, appoggio logistico dei traffici e delle frodi. D’altronde, non è questo il loro unico modo di situarsi nei traffici mediterranei. A volte, essi sciolgono il nesso fra navigazione e commercio, investendo tutto sul secondo, allentano i legami parentali e solidaristici a vantaggio di quelli familiari, collocano il borgo di origine in un orizzonte più ampio, riuscendo a penetrare nelle grandi places marchandes. Il libro descrive questi mercanti inseriti dentro mondi che non ne prevedono la presenza
Fra XVIII e XIX secolo, in alcune aree rurali del Sud Italia la tradizionale produzione di olio di bassa qualità destinato alla manifattura del sapone e all'illuminazione viene rimpiazzata dalla produzione di olio alimentare. Questa innovazione, che suscita crescita e sviluppo, muta i circuiti mercantili e le relazioni sociali, induce differenziazioni territoriali, viene analizzata attraverso la biografia di un imprenditore provenzale sceso nel Mezzogiorno d'Italia, Pierre Ravanas. La sua idea è quella di trasferire una tecnologia semplice ma sconosciuta in una zona come quella del Mezzogiorno, forte produttrice di olio ma incapace di lavorarlo e commercializzarlo con successo. Il suo esempio verrà seguito da produttori e commercianti locali, aprendo al territorio nuove prospettive di guadagno e nuovi mercati.
Il volume è dedicato a Monopoli e in particolare alla chiesa e confraternita di S. Maria del Suffragio nonché al tema della morte, alle sue ritualità e alla sua iconografia in Terra di Bari. Questo ristretto ma intenso "universo barocco" viene indagato con diversi e convergenti metodi della storia socio-economica, della storia delle arti, della storia religiosa e delle scienze antropologiche. Appare straordinaria l'epifania della circolarità del tempo, in un ciclo dalla Nascita (la chiesa in origine era dedicata alla Natività di Maria) conduce fino alla Morte, nel segno però di una auspicata ri-Nascita, con l'uscita delle Anime dalle fiamme del purgatorio attraverso l'intermediazione della Madonna del Suffragio.La chiesa custodisce nove corpi mummificati, tra i quali emerge la bambina "Plautilla", che costituisce quasi il simbolo della confraternita e di una morte ritualizzata e "addomesticata", consegnata dal mondo del passato al presente.
La famiglia Rocca costituisce un esempio classico di family business. Vantaggi e svantaggi di questa forma di impresa rispetto alla sua efficacia economica e alla sua capacità di accumulazione e innovazione potrebbero essere ricostruiti anche in questo caso, sulla scia di vari esempi illustri, autonomizzando la sfera dell’imprenditoria da quella dei rapporti familiari, per farne meglio risaltare inadeguatezze e razionalità. Questo libro, facendo il percorso inverso, rimescola le carte ricomponendole sulla base di un presupposto che lo studio conferma: le decisioni d’impresa, in particolare quelle del family business, sono incomprensibili se sganciate dalla dimensione privata, con le sue emozioni, sentimenti, rancori, conflitti anche acuti, che di continuo si ripropongono fra i soci-parenti. D’altronde, il nesso inestricabile fra passioni e interessi permette loro di attraversare la crisi societaria continuando a vivere vite che restano reciprocamente legate una volta sciolti i nodi affaristici, e che si mantengono in una condizione dignitosa anche dopo il fallimento. In questo contesto, le donne, che la documentazione tende a nascondere sul piano della gestione diretta degli affari, si ridispongono in primissimo piano, e organizzano e alimentano la sopravvivenza della famiglia dopo la fine dell’impresa. Il loro ruolo si scompone in un ventaglio di esperienze individuali in cui la tensione fra i modelli femminili, vigorosamente normati e vissuti in precisi interni borghesi, e le singole esperienze di vita può assumere accenti anche drammatici.
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