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Raffaele Di Raimo
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Scienze Giuridiche
Area Scientifica
Area 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/01 - Diritto Privato
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH2 Institutions, Values, Environment and Space: Political science, law, sustainability science, geography, regional studies and planning
Settore ERC 3° livello
SH2_4 Legal studies, constitutions, comparative law
A differenza di altre crisi sistemiche, conosciute nel passato più o meno recente, quella attuale non appare transitoria. Essa sembra invece investire, dalle fondamenta e per intero, il modello socio-economico fondante il capitalismo del mondo occidentale. Parte rilevante di tale modello è costituita dal sistema del diritto privato moderno, nato dalle due rivoluzioni (borghese e industriale) e caratterizzato da un’impronta razionalistica, per un verso, e marginalistica per altro verso. Sistema che si è evoluto, anche profondamente, nel passaggio al Novecento, mantenendo tuttavia vive le proprie categorie ordinanti e riuscendo ad attraversare anche la grande frattura propria di quel passaggio senza interrompere la continuità del proprio impianto logico formale: mai abbandonato, sia pure progressivamente adeguato ai mutamenti della realtà che da quel passaggio iniziarono una progressiva accelerazione. Le categorie del diritto dei privati sono oggi al centro di un dibattito o, meglio, di numerosi diversi dibattiti mossi dalla diffusa sensazione che in larga parte siano esaurite la loro capacità conoscitiva e la loro utilità pratica. Tra le aree dove più significativamente ciò si manifesta è certamente quella della finanza. Entro i generali confini di questa si trova poi in particolare la finanza derivata, additata quale causa della prima crisi – quella seguita allo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti – e poi anche come principale responsabile dei più gravi episodi di crisi di debito sovrano negli anni più recenti; ancora, come fattore di trasformazione (ovvero, in chiave critica, di deformazione) del ruolo delle banche di gestione del rischio sistemico e, di seguito, di contagio dei bilanci dei medesimi enti creditizi. Qui, le categorie proprie della finanza contemporanea appaiono ad un tempo corresponsabili della crisi economica nonché esse stesse componenti del sistema investito dalla crisi. Connotata dall’assenza di connessione strutturale con fenomeni di produzione o di circolazione di ricchezza e dall’assenza assoluta di correlazione con beni o valori collocati nella realtà esterna ovvero con la così detta economia reale, la finanza derivata si può, insomma, considerare come una metafora della crisi. Essa si rivela perciò sede privilegiata di osservazione della consistenza e della resistenza delle categorie civilistiche tradizionali o, ancora, della adeguatezza di quelle nuove a fronte della realtà della contemporanea. A guardare dall’alto, sia la proprietà che il contratto, che la responsabilità civile, i tre pilastri strutturali del sistema privatistico dei diritti ne sono infatti toccati profondamente. Per ovvie ragioni – avendo l’attività finanziaria pur sempre a epicentro oggettivo beni originati e/o costituiti da rapporti negoziali – la scena è tuttavia, inequivocabilmente occupata dal contratto. In breve: i soggetti e la disciplina della capacità, la conclusione e i conflitti d’interessi, la causa e l’oggetto, i rimedi dei contratti della finanza derivata sfuggono per moltissimi versi all’inquadramento nelle linee delle corrispondenti categorie tradizionali. È perciò in primo luogo con riguardo al contratto che, messe a fuoco le peculiarità e le ragioni di irriducibilità agli usati concetti, occorre chiedersi cosa esse esprimano rispetto alle attitudini funzionali del principale strumento di esercizio dell’autonomia privata e, di conseguenza, rispetto agli stessi contenuti di quest’ultima nel sistema fondato sull’ordine pubblico costituzionale e comunitario. Il terreno è smisurato: è possibile coprirne una porzione minima, limitata, oltre che ai rapporti contrattuali, in tale ambito, per scelta, (quasi) esclusivamente ai profili inerenti ai soggetti e ai procedimenti formativi, rispetto ai quali è, ad avviso di chi scrive, più immediatamente percepibile l’effetto della crisi, di accelerazione de
La solidarietà costituzionale assume diverse fisionomie, riassumibili in tre diversi volti, dal pieno e libero sviluppo della persona nelle formazioni sociali, all'attività personale svolta con finalità altruistica, alla produzione a mezzo dell'impresa esercitata senza scopo di lucro. In tutte le ipotesi lo scopo ideale è, e deve essere, definito in positivo, non potendosi rappresentare esclusivamente come un carattere negativo (non lucratività)
La vicenda dei contratti finanziari derivati continua a dominare la scena della scrissi economica. Il contributo precisa i contorni funzionali delle diverse tipologie e profila soluzioni in termini di qualificazione e rimedi ai problemi specificamente connessi all'utilizzo di interest rate swap.
Tra i fenomeni qualificabili come finanziari, la finanza derivata è quella che forse di più e meglio può essere riguardata nella prospettiva delle categorie civilistiche; rectius, nella prospettiva specifica della consistenza e della resistenza delle categorie civilistiche a fronte della realtà della crisi economica. A guardare dall’alto, sia la proprietà che il contratto, che la responsabilità civile, i tre pilastri strutturali del sistema privatistico dei diritti ne sono infatti toccati profondamente. Per ovvie ragioni – avendo l’attività finanziaria pur sempre a epicentro oggettivo beni originati e/o costituiti da rapporti negoziali – il centro della scena è qui, tuttavia, inequivocabilmente occupato dal contratto. In breve: i soggetti e la disciplina della capacità, la conclusione e i conflitti d’interessi, la causa e l’oggetto, i rimedi dei contratti della finanza derivata sfuggono per moltissimi versi all’inquadramento nelle linee delle corrispondenti categorie tradizionali. È perciò in primo luogo con riguardo al contratto che, messe a fuoco le peculiarità e le ragioni di irriducibilità agli usati concetti, occorre chiedersi cosa esse esprimano rispetto alle attitudini funzionali del principale strumento di esercizio dell’autonomia privata e, di conseguenza, rispetto agli stessi contenuti di quest’ultima nel sistema fondato sull’ordine pubblico costituzionale e comunitario.
“Prodotti tossici”. “Strumenti di distruzione di massa”. “Mostri simboli della finanza deviata”. Sulla scena della crisi dell’economia occidentale, in un ampio campione della sua rappresentazione mediatica, i prodotti finanziari derivati (nelle più recenti tipologie dei derivati su crediti) occupano una posizione considerevole. altra cosa è qualificare sub specie juris un fatto in quanto tale, altra cosa è collocare il mede-simo fatto in un contesto sistematico, giuridico ed economico, più ampio o, ancora meglio, collocarlo in una vicenda dinamica di sistema. La qualificazione del fatto (contratto derivato su crediti) è senz’altro il punto di partenza: necessario ma non sufficiente per articolare una valutazione, sia pure sommaria, in ordine alla funzione e alla relativa meritevolezza. Funzione e meritevolezza dalle quali parimenti dipen-dono (o si dovrebbero far dipendere) l’interpretazione della disciplina esistente, la sua integrazione ove necessaria, la selezione dei rimedi e l’eventuale segnalazione della necessità di ulteriore o differente re-golamentazione. Quanto sia rilevante la considerazione degli interessi perseguiti in concreto è deducibile peraltro assai chiaramente dalle pagine della dottrina economica e giuridica finanziaria, dove ai nostri prodotti sono assegnate proprietà e controindicazioni esattamente speculari: essi consentono di ottimizzare la gestione del rischio di credito ma possono disincentivare la medesima gestione; conferiscono stabilità agli opera-tori del mercato finanziario ma sono altresì in grado di minare la medesima stabilità provocando eventi catastrofici altamente contagiosi; contribuiscono alla diffusione di informazioni in ordine al valore dei crediti dai quali derivano e sono però anche causa di opacità dei mercati. Non è perciò sufficiente l’osservazione in astratto delle attitudini dei relativi schemi contrattuali ed è invece necessario individua-re elementi di valutazione che consentano di inquadrare la funzione economica perseguita in concreto. In questo senso, la medesima qualificazione del fatto può essere reputata incompleta fintanto che di es-so si abbia una percezione statica, isolata dal contesto dell’attività finanziaria e dal complesso dei relativi rapporti i quali soltanto riescono ad esprimere appieno gli interessi volta per volta in gioco. Ebbene, l’analisi degli interessi pone al centro dell’attenzione due ordini di conflitto prospettati dal fenomeno della esternalizzazione e della circolazione del rischio, la quale rappresenta l’essenza funzio-nale del fenomeno: a) conflitto nel rapporto tra intermediario e acquirente degli strumenti; b) conflitto sistemico, tra intermediari e, appunto, sistema economico, in ragione della funzione ad essi assegnata. Diverse cose condivisibili sono state dette. Innanzitutto, che i prodotti finanziari derivati sono soltanto per parte standardizzati e per larga parte, tutti quelli negoziati fuori dai mercati regolamentati, sono ati-pici e non valutabili a priori neanche da un punto di vista strutturale o, meglio, non valutabili in maniera standardizzata. Alla complessità tecnica si unisce la mancanza di omologazione. Peculiarità, questa, dei prodotti finanziari, in un mercato, al contrario, connotato dall’omologazione quale garanzia essenziale di qualità per i consumatori. Standardizzazione, dunque. L’osservazione coglie l’essenza del problema del controllo a monte: da un lato, la standardizzazione consente l’apprezzamento di ciascun singolo prodotto; dall’altro lato, essa (non l’informazione agli investitori) garantisce le trasparenza complessiva dei mercati necessaria affinché la loro regolazione si possa reputare efficace. In secondo luogo, si è det-to che alcuni prodotti dovrebbero essere semplicemente vietati, tracciando una linea rossa non oltrepas-sabile dall’iniziativa dell’ingegneria finanziaria. Certo è che occorre neutraliz
Tra le categorie ordinanti dell’esperienza giuridica moderna, il contratto è quello che forse più limpidamente, nel corso del tempo, ha espresso i (differenti) fondamenti ideologici che ne hanno condizionato l’elaborazione. È perciò, invertendo la prospettiva, anche la categoria che a mezzo dei sui sviluppi e della evoluzione del pensiero, non soltanto giuridico, testimonia della correlativa storia politica sociale ed economica dei Paesi dell’Europa occidentale con maggiore dovizia di particolari. Di quest’ultima, la storia del contratto racconta le lente correnti profonde come pure i rapidi movimenti di superficie, la continuità, le discontinuità e le fratture
La Corte d'Appello di Milano compie un passo estremamente rilevante nella direzione di una adeguata soluzione di problemi propri della finanza derivata OTC. Condivisibilmente, riafferma la strumentalità del ruolo dell’intermediario rispetto all’interesse del cliente. Supera la distinzione tra funzioni di copertura e speculativa. Dichiara la nullità dei contratti in ragione della mancata percezione del rischio da parte di entrambe le parti e del connesso valore dei medesimi contratti. Afferma tuttavia la nullità per mancanza della causa. Ma la causa c’è ed è lecita. Mancano invece l’oggetto e l’accordo. Meglio sarebbe, comunque, guardare direttamente agli interessi perseguiti in concreto, poiché essi sono spesso chiaramente immeritevoli talsì da giustificare il giudizio in termini di nullità.
L’interesse della letteratura e della pratica civilistiche verso la partecipazione della P.A. a enti del Libro primo del codice civile ha conservato per lungo tempo dimensioni assai ridotte: limitato al tema non esattamente centrale della natura e della disciplina delle c.dd. fondazioni di partecipazione, da un lato, e, dall’altro lato, a quello della qualificazione strutturale e sostanziale degli enti tra diritto privato e diritto pubblico. Le relative discussioni sono state a lungo parimenti circoscritte. Su un piano generale, limitate nella sostanza al confronto tra la posizione strutturalista, orientata a guadagnare libertà e diritti all’ombra dell’abusata formula della «persona giuridica di diritto privato» e la posizione sostanzialista, orientata a conservare lo statuto pubblicistico e i relativi controlli ogni qual volta l’interesse perseguito e il patrimonio siano riferibili all’area pubblicistica. In via specifica, poi, discussioni frammentarie connesse all’analisi di singole figure direttamente prevista dalla legge, dotate di proprie funzioni e proprie discipline, come tali in buona misura emarginate sia rispetto alle tematiche generali degli enti del Libro primo, sia rispetto a quelle, parimenti generali, del partenariato pubblico/privato. La tematica si presta ad assumere tuttavia diversa luce in conseguenza delle previsioni contenute in alcuni provvedimenti normativi recenti, tra loro sostanzialmente coevi e forse riferibili a una complessiva idea di riforma dell’iniziativa economica ascrivibile ai settori primo (quello pubblico) e terzo (quello privato non lucrativo) dell’economia. Tali previsioni, in particolare, inducono una riflessione in ordine alle modalità e alle potenzialità della collaborazione pubblico privato in un contesto oggi fortemente condizionato dalla crisi economica qual è quello delle istituzioni del welfare nella prospettiva dell’efficienza nella produzione di beni e servizi sociali.
La categoria dei contratti di servizi ha confini sfumati. Il tentativo di definizione operato guardando alla struttura aiuta ma non troppo: si dice, il contratto è di servizi quando non è di cessione dei beni. Defini-zione negativa la quale a sua volta profila una bipartizione visibilmente grossolana. Meglio muovere dalla consapevolezza che l’analogia strutturale – quand’anche fondata sull’identità materiale della prestazione – non ga-rantisce analogia di qualificazione né, conseguentemente, identità di disciplina applicabile e con la aggiuntiva consapevolezza che l’analisi funzionale non si può limitare alla considerazione di qualche carattere generico della pre-stazione.
Il tema della liquidazione conduce al cuore di una delle aree maggiormente sensibili al confine tra diritto privato e politica del diritto: l’area ove trovano luogo le funzioni del valore monetario (non quella, di secondo momento, di medio nello scambio e quelle invece) prioritarie, strumentali rispetto alle scelte distributive di risorse scarse operate dagli ordinamenti e alla tutela coattiva di tali scelte. Conduce in tale direzione la coniugazione tra liquidazione e destinazione, la quale impone l’analisi dell’essenza funzionale della liquidazione. Beni e utilità sono riconosciuti tali dal diritto in relazione a specifici interessi alla cui realizzazione sono destinati. Lo stesso processo di oggettivazione giuridica ha cioè quale elemento determinante la destinazione, ovvero la sintesi del collegamento funzionale tra l’interesse, elemento centrale delle situazioni soggettive rispetto alle quali si realizza il processo, e l’utilità che delle medesime situazioni costituisce il terminale oggettivo. In parole più semplici, la legge prima che l’autonomia privata naturalmente destina, poiché non vi può essere oggettività giuridica senza destinazione. La liquidazione nella sua essenza funzionale è procedimento inverso: di obliterazione della destinazione attraverso la traduzione di utilità concrete – come tali apprezzabili in ragione di un proprio valore marginale – in valori monetari, come tali neutrali. A questa stregua il tema si presenta estremamente complesso, articolato su differenti piani tra loro interconnessi. La soluzione coerente dei problemi pratici che a esso si possono reputare riferibili implica il chiarimento di aspetti teorici generali e una presa di posizione su premesse talvolta esclusivamente ideologiche.
Nella disciplina dei mercati il danno c.d. ultra-compensativo ha presupposti differenti e assume rilievo autonomo rispetto al risarcimento avente finalità compensativa, ovvero ripristinatori di situazioni soggettive lese. La ultracompensatività si lega infatti a misure di tipo conformativo del mercati rispetto a modelli economici predeterminati e opera perciò a livello di sistema anziché di rapporto.
La dialettica unità/frammentazione accompagna la storia del fenomeno giuridico ed costituisce una chiave per la sua interpretazione. La storia attuale esprime tuttavia la tendenza a una forma di frammentazione o meglio di frattura - quella tra diritto e coscienza collettiva - che non ha precedenti e porta con sé la negazione delle stessa funzione del diritto.
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