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Daria De Donno
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Storia Società e Studi sull'Uomo
Area Scientifica
Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Settore Scientifico Disciplinare
M-STO/04 - Storia Contemporanea
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Nell’ultimo decennio si è andato consolidando nel dibattito storiografico un filone di studi che dedica ampia attenzione alla sfera “emozionale”, alla relazione tra spinta sentimentale/passionale e opzioni ideologico-politiche, offrendo, in particolare rispetto al Risorgimento, prospettive di lettura che hanno l’obiettivo di dare voce alla “pluralità delle storie” che hanno contribuito alla costruzione dello Stato nazionale. Indubbiamente la sfida è impegnativa. Si tratta di seguire le tracce lasciate da uomini e da donne che vivono una stagione di forte fermento e di grande inquietudine socio-politica, di individui che scelgono, nel momento in cui aderiscono ad un sistema di valori “eversivo”, di complicarsi la vita, di rischiare, di affrontare disagi, persecuzioni, detenzioni e spesso di andare consapevolmente incontro alla morte per l’affermazione di un ideale e per la realizzazione di un progetto politico e privato. Questa chiave interpretativa, che permette di leggere il Risorgimento non più come un fenomeno elitario ma come un “movimento” ad ampia partecipazione, stimola ad indagare sulla varietà di percorsi, di situazioni, di rapporti che riguardano altri protagonisti coinvolti in vario modo nel processo unitario, i cui destini si incrociano in veri e propri circuiti di “fratellanza politica” e si saldano nell’accesso alla rete dell’impegno. Partendo da queste coordinate scientifiche, l’intento della mia ricerca è quello di ricostruire l’esperienza di un patriota leccese di orientamento mazziniano, Nicola Valletta (1829-1915), la cui vicenda (ancora poco conosciuta) può rappresentare un contributo per tentare di delineare, lungo le traiettorie di un recit de vie, il ruolo svolto nel contesto del Mezzogiorno borbonico da tanti “piccoli cospiratori”, per lo più giovani, in lotta “col fucile, la penna, le idee”, animati da ampie aspettative ed entusiasticamente disponibili all’azione politica. Procedendo per indizi, per sparute tracce di presenza e/o di assenza, per possibili ipotesi interpretative a causa della scarsità delle documentazioni (almeno allo stato attuale dell’indagine), è venuto alla luce un percorso interessante, quello di un giovane affiliato mazziniano, ricordato soprattutto per la partecipazione alla sfortunata spedizione di Sapri, la cui esistenza è stata scandita per molti anni dai disagi delle persecuzioni, dalle sofferenze delle galere borboniche, dalla prospettiva temibile e costante della morte. Significativi anche gli esiti. Dopo l’Unità per quasi tutti gli anni Sessanta Valletta continua l’azione cospirativa a Napoli a sostegno della questione veneta e romana con la collaborazione al giornale mazziniano l’Italia del Popolo e nell’ambito del partito d’Azione. Una volta ritornato nella provincia leccese e stabilitosi a Gallipoli, egli accetta un modesto lavoro di impiegato presso una ricevitoria del Lotto, rifiutando – a differenza di tanti altri suoi “compagni di avventura” - quei riconoscimenti e quegli onori che poteva ottenere per la legittimazione che gli veniva dallo status di patriota. La sua esperienza di vita, attraversata da scelte difficili e da alte idealità, da tensioni politiche e da estreme sofferenze, diviene così emblematica di un'esistenza che lega tra loro, in una fitta rete di valori “irrinunciabili”, molte figure di patrioti del Risorgimento.
Alla luce del più recente dibattito storiografico, il contributo analizza, attraverso più documenti e con una prospettiva ravvicinata, l’influenza e le iniziative del movimento neutralista in provincia di Bari rispetto a un fronte interventista che nell’immaginario collettivo sembra avere occupato con più prepotenza i versanti della modernità (nell’armamentario comunicativo e simbolico) e della mobilitazione di piazza. Il caso di studio al contrario offre un inedito e significativo spaccato di un’attiva partecipazione pubblica dei neutralisti, sopratutto per il ruolo di primo piano svolto nel dibattito sulla guerra e nelle azioni contro di essa dalle componenti più giovani del partito socialista e del movimento sindacalista rivoluzionario pugliese, confutando in sostanza il quadro interpretativo di “relativa calma” e di rassegnazione che caratterizzerebbe nella lotta pro e contro l’intervento, a seconda dei territori, le regioni a sud di Roma durante i “dieci mesi di passione” tra la dichiarazione di neutralità e l’entrata dell’Italia nella Grande Guerra.
I “dieci mesi di passione” tra la dichiarazione di neutralità (3 agosto 1914) e l’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra (24 maggio 1915) sono contrassegnati da una contesa che vede il Paese spaccarsi tra una maggioranza neutralista e un’agguerrita e vivace pattuglia interventista che riesce a imporre le proprie ragioni nelle “radiose giornate di maggio”, dopo che il governo si è impegnato con il Patto di Londra a entrare in guerra accanto alle potenze dell’Intesa. Rispetto a tali esiti e di fronte a uno schieramento non interventista largamente prevalente dall’estate 1914 e fino ai primi mesi del 1915, si è fatto strada un interrogativo: «che cosa hanno fatto concretamente i neutralisti per impedire la guerra?» La questione riveste un’indubbia importanza poiché finora non ha avuto la sua giusta considerazione storiografica in un panorama di studi che ha privilegiato la lettura delle logiche e delle culture politiche del neutralismo, perdendone di vista il peso sul piano della mobilitazione e della partecipazione dal basso. L’intento è stato quello di tracciare in maniera organica una «mappa della resistenza degli italiani all’ingresso in guerra» per cogliere in una visione più complessiva l’impatto e la portata delle “prassi neutraliste” in un contesto spaziale che abbraccia l’intero territorio nazionale (o quasi). Il libro si divide in due sezioni; una di carattere tematico sui vari neutralismi (socialista, anarchico, cattolico, giolittiano, parlamentare, femminile), con affondi in segmenti strettamente funzionali a una più articolata comprensione (gli interventisti, l’ordine pubblico, la politica interna, le relazioni internazionali...); la seconda si sofferma sulle dimensioni territoriali del fenomeno, con ricerche (per la maggior parte di prima mano) sulle realtà locali da cui emergono tessuti sociali e culturali, spaccati di inedito attivismo nelle pratiche e nelle forme di opposizione alla guerra, svelando in molti casi “un’eccedenza” sottovalutata e talvolta imprevista. Da quest’ultima prospettiva, a offrire uno scenario di sorprendente dinamismo è il Mezzogiorno e in particolare la Puglia, dove, a dispetto di una storiografia che ha spesso restituito un quadro di “relativa calma”, si riscontra una presenza rilevante della piazza neutralista, sebbene a intensità variabili. In particolare, nell’area centro settentrionale della regione, la provincia di Bari presenta un ambiente particolarmente inquieto che dall’agosto del 1914 e fino al maggio del 1915 esplode, tra contraddizioni e distinguo, in una vasta mobilitazione per la neutralità, soprattutto grazie all’azione di un gruppo di giovani socialisti che si impegnano nella “resistenza a oltranza” all’ingresso dell’Italia in guerra, con l’impiego di strategie di comunicazione dal forte impatto emotivo.
Il dibattito storiografico sulla storia delle donne, con particolare riferimento alle scritture femminili, si è arricchito in tempi più recenti di ricerche che hanno fatto emergere, talvolta in maniera imprevista, una pluralità di percorsi al femminile che in molti casi esulano, si sganciano dai modelli classici della femminilità. Gli itinerari di vita (pubblici e privati), nelle loro numerose interazioni, permettono, infatti, di comprendere in maniera più ravvicinata realtà, ambiti, contesti per esplorare e reinterpretare un’epoca attraverso nuovi codici narrativi, sociali, politici. Da questo punto di vista, risulta significativa la vicenda della giornalista e scrittrice Maddalena Santoro, figura di intellettuale dinamica ed emancipata, che da Lecce giunge a Milano, dove con il ‘mestiere della scrittura’ riesce a ritagliarsi uno spazio rilevante nello scenario culturale del ventennio fascista. L’indagine, condotta attraverso l’intreccio progressivamente sempre più fitto di piani di lettura differenti (dalle trame dei romanzi alle annotazioni giornalistiche, dalle recensioni alle scritture private) ha svelato la “presenza” di una donna, di una letterata, di una professionista fortemente attiva nelle pieghe di una società pensata al maschile. Ma ha acceso anche spie significative su altri fronti. Da un lato ha permesso di cogliere esperienze, mentalità, prese di posizione, contraddizioni nell’ambito del milieu di regime in cui la scrittrice lavora; dall’altro ha consentito di mettere in rilievo e di valutare il ruolo di mediazione con il potere esercitato da una intellettuale/donna non-engagée, che si esplicita nel complesso e spesso ambiguo panorama culturale e politico del fascismo al femminile.
La ricostruzione della carriera professionale, amministrativa e politica di un protagonista del notabilato liberale (Giuseppe Pellegrino, 1856-1931) ha offerto occasione per riconsiderare - grazie all'incrocio di una pluralità di fonti di provenienza diversa (private/pubbliche) - alcune questioni storiografiche per lo studio del personale politico. In primo luogo, ha permesso di ripercorrere le stagioni dell'ascesa e di riflettere sulle variabili nella ricerca del consenso, sottolineando l'importanza di partire dalle esperienze individuali e dai quadri ambientali, nella stretta liaison tra biographie et contexte. Ma non solo, poiché negli esiti l'analisi ha contribuito a fare leggere con nuove prospettive l'interpretazione tradizionale della categoria del notabilato, frequentemente ancorata a filo doppio alle prassi del clientelismo. Nel caso affrontato, di fatto, è emerso che il ricorso a comportamenti illeciti (pure estesi e radicati) si accompagna a programmi organici e a pratiche virtuose che si dispiegano nella capacità di ascolto e nell'attenzione rivolta alle aspettative del territorio, divenendo nello stesso tempo tramite per sollecitare la partecipazione dei cittadini alle procedure e alle pratiche della rappresentanza.
Along the network of a narration taking advantage of official documentation and private sources, this research wants to realise the impact of public policies aiming at appraising geographically suburban medium urban realities, with the task of identifying perceptions and representations of civic contexts within a national overview. In particular, there is a reference to holidays arranged in Lecce between 1896 and 1898, organised within a wider project of a town fit to combine, in a process of urban modernisation, cultural tradition and technological process. Sport competitions, theatre performances, concerts, feasts, and innovative measures to welcome visitors become effective tools of promotion significantly affecting the whole system in terms of circulation of people and goods, attraction, and establishment of social networks relating also to spare time.
In recent years, international historiography has shared a revived interest in the role and function of the European classes of notables between the nineteenth and twentieth centuries, particularly in the field of local prosopographical research. Taking these inputs as its starting point, the following study outlines the characters and peculiarities of the notables living in Basilicata, and focuses on the period from the unification of Italy to the end of World War I. By investigating their role as political mediators in centre-periphery relations, it also aims at highlighting the complex process of their rise and legitimacy, which was deeply influenced, particularly from 1880s-90s, by their autonomous choices both as to their professional development and commitment in local institutions.
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