Soluzioni meccanico impiantistiche per la valorizzazione della componente bioattiva dei sotto-prodotti della filiera viti-vinicola


Acronimo

SOLBIOGRAPE

Tipologia Ambito fonte

Regionale

Programma

DGR Puglia "Ricerca in Agricoltura" 2012-2014


Call / Bando / Intervento specifico

Avviso per Proposte proget. di Ricerca e Speriment. in Agricol.

Capofila/Coordinatore

Consiglio Nazionale Delle Ricerche - Istituto Di Scienze Delle Produzioni Alimentari (ISPA)

Soggetti Partner Pugliesi


Soggetti Partner Non Pugliesi

  • Non Disponibile

Referente Scientifico

Giovinazzo Giovanna

Costo Totale del Progetto

150.000,00 €


Contributo Totale del Progetto

100.000,00 €

Data di inizio

2016

Data di fine

03/10/18


Abstract

L’aumento delle conoscenze sul ruolo funzionale degli antiossidanti naturali e sulla probabile tossicità di quelli sintetici ha dato un nuovo impulso alla sperimentazione di nuove fonti da cui ottenerli. Poiché l’impiego di antiossidanti nell’industria alimentare è rivolto alla conservazione di aroma, colore e contenuto vitaminico, sarebbe molto importante poter utilizzare, a questo scopo, solo composti di origine naturale. Questa tendenza è motivata non solo dalla necessità di riciclare i sottoprodotti della filiera vitivinicola, ma anche dalla consapevolezza che i polifenoli sono in gran parte localizzati nelle bucce del frutto del vite. Secondo l’OIV (“Organizzazione Internazionale della vite e del vino”), nel 2012, le industrie enologiche italiane hanno prodotto 40 milioni di ettolitri di vino, risultando, insieme alla Francia, i maggiori produttori a livello mondiale (16% della produzione globale). Durante i processi di vinificazione il volume di residui solidi che viene prodotto è notevole. Infatti i residui rappresentano approssimativamente il 20% di materia secca dell’uva raccolta. Con la pressatura di 100 kg d’uva si producono circa 25 kg di vinacce. Il 50% delle vinacce è costituito dalle bucce, il 25% dai raspi ed il restante 25% dai vinaccioli. Le aziende vinicole del Sud Europa, in base al regolamento CE 1493/99, erano obbligate a conferire gli scarti (vinacce e fecce) alle distillerie, dove le ulteriori forme di trasformazione sono produzione di alcool per distillazione ed estrazione di olio di vinaccioli, seguite dall’incenerimento dei residui solidi finale. Oggi i residui di lavorazione dell’uva vengono smaltiti anche attraverso distribuzione sul terreno, impiegati per l’alimentazione animale, distrutti o utilizzati per la produzione di biomasse o compostaggio. Tra i composti bioattivi contenuti nelle bucce d’uva e nei vinaccioli, in particolare alcuni polifenoli, a differenza della maggior parte dei carotenoidi e delle vitamine, non sono sintetizzate chimicamente e quindi devono essere estratte da fonti vegetali. I polifenoli (principalmente acido ellagico, quercetina, resveratrolo, antocianine) hanno importanza rilevante per le loro proprietà salutistiche. Il loro impiego come integratori nell’alimentazione umana ed animale è in rapida crescita. Dal 1879, anno in cui è stata isolata per la prima volta l’enocianina, sono stati messi a punto diversi brevetti per ottenere soluzioni acquose concentrate di antocianine da impiegare negli alimenti. Gli inconvenienti, che si presentano più frequentemente e che hanno limitato l’utilizzo dei coloranti naturali negli alimenti, sono la loro scarsa stabilità durante i processi di estrazione e trasformazione. Di conseguenza per la ricerca è un obiettivo prioritario lo studio di nuove fonti a basso costo con alte concentrazioni in molecole stabili. In conclusione, lo sfruttamento dei sottoprodotti di origine vegetale come fonte di composti funzionali ha i presupposti per essere un settore promettente il cui successo richiede una cooperazione multidisciplinare. La sfida del prossimo futuro sarà rispondere, con la ricerca, alle seguenti necessità: 1) ridurre la quantità di sottoprodotti; 2) studiare processi in grado di utilizzare completamente, su larga scala ed in maniera economicamente conveniente, i sottoprodotti delle filiere agroalimentari. 3) verificare, nel recupero dei sottoprodotti, l’efficienza del processo di recupero e la possibilità di impiego delle sostanze bioattive come alimenti funzionali. 4) mettere a punto metodi analitici specifici per la caratterizzazione e la quantificazione dei composti funzionali contenuti nei sottoprodotti di lavorazione; 5) valutare l’efficienza del recupero come reattività antiossidante, attività antimicrobica e proprietà coloranti dei residui.