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Cantine Due Palme Soc. Coop.Va Agricola A R.L.
Acronimo
Non Disponibile
Partita Iva
01430150746
Codice ATECO
11.02.10
INDUSTRIA DELLE BEVANDE
Data di costituzione
Non Disponibile
Descrizione sintetica dell'oggetto sociale
Non Disponibile
L’obiettivo principale del progetto è quello di sviluppare nuove soluzioni, tecnologicamente avanzate, in grado di analizzare e comunicare la distintività dei prodotti tradizionali jonico salentini per rafforzare la loro penetrazione commerciale, con particolare riferimento ai mercati esteri. Ciò permette anche di contrastare il cosidetto “italian sounding”. L’approccio metodologico di riferimento è quello del marketing experience, nella convinzione che la competitività dei prodotti tipici locali deve necessariamente passare attraverso lo sviluppo di un modello di differenziazione basato sulla storia, la cultura, la tradizione del territorio di appartenenza. L’approccio proposto con il progetto tende a sviluppare soluzioni tecnologiche capaci di introdurre innovazioni architettoniche, organizzative, ma anche di flusso e di concetto.
La presente proposta intende validare e trasferire un sistema di supporto decisionale che potrà rappresentare un’efficace soluzione gestionale innovativa in olivicoltura, ed in generale potrà essere integrato in altri sistemi di gestione delle risorse sviluppati per processi produttivi agricoli a basso impatto ambientale, e/o essere funzionale alla tracciabilità dei processi produttivi (quale strumento di supporto tecnico) in un’ottica di salvaguardia della qualità ambientale. In Puglia, i settori produttivi ortofrutticolo e vitivinicolo, con oltre 330.000 ettari (22,4% della SAU regionale), sono tra i maggiori utilizzatori della risorsa idrica, avendo una superficie irrigata di oltre 213.000 ettari ed un fabbisogno irriguo stimato di oltre 600 Mm3/anno, ed essendo l’irrigazione una tecnica indispensabile per assicurare la redditività delle produzioni e per favorire il raggiungimento di elevati standard qualitativi del prodotto. Una gestione sostenibile della risorsa idrica a livello aziendale richiede la definizione rigorosa dei criteri di programmazione irrigua, quale processo decisionale teso a determinare quando (‘turno irriguo’) e quanto irrigare (‘volume irriguo’). Le scelte tecniche relative alla programmazione irrigua contribuiscono a determinare l’efficienza dell’irrigazione, ed è fondamentale a tal fine saper calcolare i volumi stagionali di irrigazione anche in relazione agli stadi fenologici maggiormente sensibili alla carenza idrica. La programmazione irrigua può essere realizzata attraverso metodi tecnico-scientifici basati sulla determinazione dello stato idrico del terreno e/o della coltura e sulla simulazione del bilancio idrologico. A tale riguardo, ad esempio, negli ultimi anni numerosi servizi agrometeorologici italiani hanno attivato modelli di bilancio idrico in grado di fornire agli utenti indicazioni circa i fabbisogni irrigui delle colture, e numerosi ricercatori e tecnici hanno valutato l’utilità e l’efficacia di moderni sensori applicati al sistema suolo/pianta per il supporto dell’irrigazione, anche nell’ottica di una sua completa automazione. A conferma di questo orientamento, l’iniziativa della Commissione Europea denominata “European Innovation Partnership (EIP) on Water”, tra le principali priorità per un miglioramento della gestione della risorsa idrica, indica quella di sviluppare specifici “Modelli e Sistemi di Supporto Decisionale” (M-SSD), basati sull’impiego integrato delle nuove tecnologie disponibili in ambito informatico, modellistico, elettronico e della sensoristica applicata. Inoltre, diversi sono stati i progetti finanziati in ambito europeo con il Sesto e Settimo Programma Quadro (EU–FP) con l’obiettivo di applicare M-SSD per la gestione dell’irrigazione, quali IRRIQUAL, FLOW-AID, FIGARO, WATERBEE.Tuttavia, nonostante siano oggi numerosi gli strumenti e le tecnologie in grado di agevolare e perfino automatizzare la programmazione irrigua, questi non conoscono ancora una effettiva diffusione a livello aziendale a causa, ad esempio, della difficoltà di disporre di parametri dei modelli sufficientemente calibrati per le diverse situazioni pedo-climatiche, di configurare i modelli a livello dei singoli lotti aziendali (spesso numerosi), e della necessità di disporre di strumenti e tecnologie di facile applicazione, di costo ridotto e capaci di potersi adattare alle più varie tipologie aziendali. Per tali ragioni, recentemente lo IAMB, in collaborazione con gli altri soggetti partecipanti ha sviluppato il progetto HYDRO-TECH attraverso il quale è si è proceduto alla ricerca ed allo sviluppo industriale di un sistema integrato di supporto decisionale (M-SSD) per la gestione aziendale dell’irrigazione, presentato recentemente anche nell’ambito del ‘Festival dell’Innovazione 2013’ organizzato dalla Regione Puglia.Il M-SSD sviluppato con il progetto HYDRO-TECH si basa sull’integrazione di una serie di componenti software ed hardware, tra le quali: a) un modello di bilancio idrico delle colture basato sugli standard internazionali della FAO; b) un modulo di supporto decisionale che elabora le previsioni meteo e fornisce indicazioni sulla programmazione irrigua di breve periodo; c) moderne tecnologie informatiche ed ICT per il trasferimento rapido delle informazioni dal campo ad un data-cloud in cui avviene l’elaborazione dei dati; e) specifici datalogger per l’acquisizione dei dati da sensori di campo e per il controllo remoto dei dispositivi irrigui; f) sensori di campo per l’acquisizione continua dei dati meteorologici ed per il monitoraggio continuo del sistema suolo/pianta; g) specifiche applicazioni informatiche (software), progettate per i moderni dispositivi ‘mobile’ (tablet, smartphone, ecc.) con interfacce-utente che consentono di gestire agevolmente ed in tempo reale la programmazione irrigua. Attraverso la presente proposta progettuale (IRRI-TECH) si intende pertanto passare dalla fase di ricerca e sviluppo industriale del progetto HYDRO-TECH, a quella di: - validazione del M-SSD attraverso una sperimentazione di pieno campo realizzata con riferimento ad un numero elevato di colture e di contesti pedo-climatici regionali; - trasferimento ed adozione delle innovazioni tecnologiche presso una rete di aziende ortofrutticole e vitivinicole opportunamente selezionate a livello regionale,nonché a favore di diversi potenziali utenti finali (tecnici, servizi di consulenza,studenti, ecc.); - diffusione di nuove conoscenze tecnico-scientifiche in materia di nuove tecnologie per la gestione sostenibile dell’irrigazione.
L’aumento delle conoscenze sul ruolo funzionale degli antiossidanti naturali e sulla probabile tossicità di quelli sintetici ha dato un nuovo impulso alla sperimentazione di nuove fonti da cui ottenerli. Poiché l’impiego di antiossidanti nell’industria alimentare è rivolto alla conservazione di aroma, colore e contenuto vitaminico, sarebbe molto importante poter utilizzare, a questo scopo, solo composti di origine naturale. Questa tendenza è motivata non solo dalla necessità di riciclare i sottoprodotti della filiera vitivinicola, ma anche dalla consapevolezza che i polifenoli sono in gran parte localizzati nelle bucce del frutto del vite. Secondo l’OIV (“Organizzazione Internazionale della vite e del vino”), nel 2012, le industrie enologiche italiane hanno prodotto 40 milioni di ettolitri di vino, risultando, insieme alla Francia, i maggiori produttori a livello mondiale (16% della produzione globale). Durante i processi di vinificazione il volume di residui solidi che viene prodotto è notevole. Infatti i residui rappresentano approssimativamente il 20% di materia secca dell’uva raccolta. Con la pressatura di 100 kg d’uva si producono circa 25 kg di vinacce. Il 50% delle vinacce è costituito dalle bucce, il 25% dai raspi ed il restante 25% dai vinaccioli. Le aziende vinicole del Sud Europa, in base al regolamento CE 1493/99, erano obbligate a conferire gli scarti (vinacce e fecce) alle distillerie, dove le ulteriori forme di trasformazione sono produzione di alcool per distillazione ed estrazione di olio di vinaccioli, seguite dall’incenerimento dei residui solidi finale. Oggi i residui di lavorazione dell’uva vengono smaltiti anche attraverso distribuzione sul terreno, impiegati per l’alimentazione animale, distrutti o utilizzati per la produzione di biomasse o compostaggio. Tra i composti bioattivi contenuti nelle bucce d’uva e nei vinaccioli, in particolare alcuni polifenoli, a differenza della maggior parte dei carotenoidi e delle vitamine, non sono sintetizzate chimicamente e quindi devono essere estratte da fonti vegetali. I polifenoli (principalmente acido ellagico, quercetina, resveratrolo, antocianine) hanno importanza rilevante per le loro proprietà salutistiche. Il loro impiego come integratori nell’alimentazione umana ed animale è in rapida crescita. Dal 1879, anno in cui è stata isolata per la prima volta l’enocianina, sono stati messi a punto diversi brevetti per ottenere soluzioni acquose concentrate di antocianine da impiegare negli alimenti. Gli inconvenienti, che si presentano più frequentemente e che hanno limitato l’utilizzo dei coloranti naturali negli alimenti, sono la loro scarsa stabilità durante i processi di estrazione e trasformazione. Di conseguenza per la ricerca è un obiettivo prioritario lo studio di nuove fonti a basso costo con alte concentrazioni in molecole stabili. In conclusione, lo sfruttamento dei sottoprodotti di origine vegetale come fonte di composti funzionali ha i presupposti per essere un settore promettente il cui successo richiede una cooperazione multidisciplinare. La sfida del prossimo futuro sarà rispondere, con la ricerca, alle seguenti necessità: 1) ridurre la quantità di sottoprodotti; 2) studiare processi in grado di utilizzare completamente, su larga scala ed in maniera economicamente conveniente, i sottoprodotti delle filiere agroalimentari. 3) verificare, nel recupero dei sottoprodotti, l’efficienza del processo di recupero e la possibilità di impiego delle sostanze bioattive come alimenti funzionali. 4) mettere a punto metodi analitici specifici per la caratterizzazione e la quantificazione dei composti funzionali contenuti nei sottoprodotti di lavorazione; 5) valutare l’efficienza del recupero come reattività antiossidante, attività antimicrobica e proprietà coloranti dei residui.
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