Effettua una ricerca
Marina Castellaneta
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
Area Scientifica
AREA 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/13 - Diritto Internazionale
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
La diffusione del fenomeno del negazionismo, in particolare dell’Olocausto, che ha in sé una forte connotazione discriminatoria, ha spinto la comunità internazionale a occuparsi dell’individuazione dei limiti alla libertà di espressione nei casi in cui vengano diffuse opinioni volte a negare l’esistenza di crimini contro l’umanità come l’Olocausto, accertati sul piano storico anche grazie a tribunali internazionali e interni. Sia sul piano internazionale sia su quello nazionale sono stati adottati atti che vietano il negazionismo nei confronti di fatti storici accertati oltre ogni dubbio, come l’Olocausto, limitando, in questi casi, il diritto alla liberà di espressione. Tali divieti sono stati esaminati dalla Corte europea dei diritti umani che in diverse pronunce ha considerato conforme all’articolo 10 della Convenzione dei diritti umani sulla libertà di espressione la punizione sul piano interno degli autori di tesi negazioniste, considerando tali opinioni come espressioni di discriminazione razziale o religiosa nei confronti di un gruppo. In particolare, proprio alla luce dell’assoluta gravità del fenomeno del negazionismo, la Corte, in diverse occasioni, ha ritenuto che “the negation of clearly established facts such as Holocaust would be removed from the protection af Article 10 also thank to Article 17” e questo al fine di garantire l’impianto e i valori espressi nella Convenzione. Di conseguenza, alla luce della prassi della Corte si può ritenere che le tesi negazioniste non rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae della Convenzione in quanto contrarie ai valori fondamentali della Convenzione e della democrazia.
La ricerca che ha condotto alla pubblicazione dello scritto sui conflitti armati è stata incentrata, in primo luogo, sull’evoluzione che la guerra ha subito, nelle sue modalità di realizzazione e nel quadro giuridico, dal diritto internazionale classico ad oggi. Dopo aver analizzato la nozione attuale di conflitto armato e il ruolo dell’effettività nel diritto internazionale sono state considerate le fonti di diritto umanitario e gli elementi idonei a definire i conflitti armati internazionali. In particolare, con riguardo alle regole dello ius in bello nei conflitti internazionali, si è tenuto conto degli sviluppi anche sul piano interno in ordine alla classificazione dei soggetti coinvolti: i combattenti legittimi e quelli non privilegiati e i civili. A questo riguardo oggetto di analisi sono state le tutele imposte dal diritto internazionale per determinate categorie di civili e di beni e per i prigionieri di guerra, nonché i principi generali che regolano la condotta della Potenza occupante. Riguardo alla condotta delle ostilità e ai metodi di combattimento, particolare attenzione, anche tenendo conto della giurisprudenza dei tribunali internazionali, è stata rivolta al principio di distinzione, a quello di necessità e al principio di proporzionalità. Dopo aver analizzato la disciplina dei conflitti navali e aerei, della neutralità e delle regole sulla cessazione dei conflitti, la ricerca è stata svolta con riguardo ai conflitti armati non internazionali. In ultimo, è stata considerata la responsabilità penale individuale per i crimini commessi nel corso dei conflitti armati internazionali e interni.
La tutela della libertà di espressione si è affermata sul piano internazionale sia come diritto dell’uomo da riconoscere a ogni individuo sia come valore fondamentale la cui protezione è strumentale a garantire l’esercizio di altri diritti e ad assicurare l’affermazione di valori e principi democratici. L’indicata libertà è stata inclusa come diritto in numerosi atti internazionali universali e regionali, che hanno contribuito a rafforzare, anche grazie agli strumenti di garanzia previsti in taluni di tali trattati, la tutela del diritto. Dopo l’analisi delle norme introdotte negli atti internazionali universali e regionali, individuati gli elementi di convergenza negli atti esaminati, con particolare riguardo alla posizione «privilegiata» dei giornalisti che ha condotto anche all’affermazione di norme ad hoc nel diritto internazionale umanitario, si è passati a verificare se possa ritenersi esistente una norma di carattere consuetudinario. Accertato che gli organi di controllo previsti negli atti internazionali a tutela dei diritti dell’uomo e altri organi che agiscono in quest’ambito hanno individuato una peculiare situazione dei giornalisti, la ricerca è stata incentrata sulla prassi giurisprudenziale in particolare della Corte europea dei diritti dell’uomo, nonché di altri organi di garanzia, per verificare se tali organi abbiano anche definito particolari strumenti per l’effettiva attuazione del diritto alla libertà d’informazione. In questa direzione, nel secondo capitolo è stata considerata la protezione delle fonti dei giornalisti, condizione essenziale per l’esercizio effettivo della libertà di informazione con particolare riguardo alla confidenzialità delle fonti nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e negli altri organi internazionali, anche con riferimento al diritto dei corrispondenti di guerra di non svelare le fonti dinanzi ai tribunali penali internazionali. E’ stato poi considerata, in un’ottica comparata e anche al fine di accertare l’effettiva attuazione sul piano interno, la tutela delle fonti negli ordinamenti interni e i profili di contrasto presenti nella legislazione italiana rispetto al diritto internazionale. Nel prosieguo, tenendo conto che gli atti internazionali a tutela della libertà d’informazione analizzati nel primo capitolo riconoscono la possibilità, per le autorità nazionali, di stabilire limiti all’esercizio della libertà di espressione, da applicare in via eccezionale, qualora vi sia l’esigenza di tutelare diritti altrui (come reputazione e privacy) o interessi di carattere più generale come la sicurezza nazionale o la salute pubblica, la ricerca è stata incentrata sulla portata di detti limiti. Ed invero, l’analisi è stata compiuta anche con specifico riferimento alle critiche a politici e a persone pubbliche, a magistrati e ai casi di cronaca giudiziaria, valutando il rapporto tra diritto alla libertà di stampa e altri diritti fondamentali come l’equo processo. Un esame approfondito ha riguardato, altresì, il diritto alla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche e la compressione della libertà di espressione nei casi di hate speech. In ultimo, alla luce dell’individuazione di doveri per i giornalisti, necessari alla tutela di altri diritti fondamentali e a garantire un’informazione responsabile, sono stati considerati i limiti imposti dal diritto internazionale nell’applicazione di sanzioni, necessarie anche come rimedio a salvaguardia di altri individui (come nel caso degli obblighi di rettifica) e di interessi fondamentali per la collettività. Nell’ultimo capitolo, in particolare, al centro della ricerca, la compatibilità di talune misure sanzionatorie interne (detentive, pecuniarie, misure cautelari e altre), degli obblighi di rettifica e delle limitazioni all’informazione via web con le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Recently, States have chosen to deploy new weapons with sophisticated technological platform that operate in a different way respect to the traditional use of weapons on the battlefield, such as the unmanned aerial vehicles that does not carry a human operator and that can be piloted remotely. These vehicles, outfitted with missiles, become weapons dissimilar from traditional arms under many aspects. This study attempts to analyse whether deployment of these instruments comply, in the context of an armed conflict, with general rules of international humanitarian law (IHL). In light of the technological developments that changed the war scenario in modern armed conflicts, it has been necessary to assess whether there is a legal vacuum with regard to the so-called new weapons or it is possible to apply to these weapons existing IHL rules. In the latter case, problems in the implementation of traditional principles of IHL has been verified in these new contexts with regard to tools that are not weapons per se but may be transformed into weapons through their use. We have focused too on the question of targeting individuals i.e. high-level belligerent leaders in an armed conflict and if this target selection violates the law of war. Finally, we have considered if the deployment of drones outfitted with missiles may be evaluate as war crime and who is responsible for it, taking note that drones are directed remotely without a direct participation in hostilities on the battlefield with a new problem on the identification of the person responsible for crimes. In conclusion, it seems that even if there are no specific prohibitions on certain types of new weapons, general principles of IHL concerning the use of weapons in armed conflict and international criminal law are applicable and must be taken into account in order to assess both the lawfulness of the use of such weapons under IHL in a given case and the individual criminal responsibility under international criminal law. Consequently, when assessing the responsibility for war crimes in the use of new weapons it must be taken into account of the characteristics of the weapon employed. If the new weapon is inherently incapable to hit a specific target or if it has been used in contrast with the principles of IHL and individual is aware of the indiscriminate effect of the deployment, the responsibility for war crimes should be affirmed.
Condividi questo sito sui social