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Immacolata Tempesta
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università del Salento
Dipartimento
Dipartimento di Studi Umanistici
Area Scientifica
AREA 10 - Scienze dell'antichita,filologico-letterarie e storico-artistiche
Settore Scientifico Disciplinare
L-FIL-LET/12 - Linguistica Italiana
Settore ERC 1° livello
SH - Social sciences and humanities
Settore ERC 2° livello
SH4 The Human Mind and Its Complexity: Cognitive science, psychology, linguistics, philosophy of mind
Settore ERC 3° livello
SH4_11 Pragmatics, sociolinguistics, discourse analysis
Nell’evoluzione di culture strettamente rurali sono di grande interesse alcuni mutamenti, etnografici e linguistici, che hanno portato ad una nuova visione di certi riti locali e, strettamente collegate a questo passaggio, a ricollocazioni semantico-lessicali in italiano e nei dialetti. Nascono in questo modo nuove identità socio-culturali e sociolinguistiche, veicolate soprattutto dai gruppi giovanili, che non cancellano, ma rivisitano gli spazi tradizionali, li modificano, li propagano nelle nuove forme. Gli zoonimi “ragno” e “tarantola”, nell’Italia meridionale, rimandano ad un campo linguistico magico-religioso particolare, quello degli aracnidi, investito negli ultimi anni da nuove interpretazioni con nuovi usi linguistici. Il fenomeno considerato è quello del tarantismo, fenomeno popolare del Salento attribuito al morso della tarantola che, secondo la credenza locale, provocava una serie di movimenti, una crisi che trovava la sua manifestazione principale nei festeggiamenti in onore di S. Paolo, a Galatina (in provincia di Lecce). Secondo De Martino il tarantismo era un dispositivo simbolico mediante il quale un contenuto psichico conflittuale veniva evocato e configurato sul piano mitico-rituale. Al centro di questi riti vi era la taranta. Molti zoonimi testimoniano l’ancestrale convinzione di una natura animata e misteriosa da dominare e ingraziarsi con pratiche magiche, l’evocazione del nome serviva ad evocare l’entità benigna o maligna che esso indicava. Sul nome si costruivano preghiere, invocazioni, canti che si ripetevano in rituali, spesso stagionali, di vario genere, per propiziarsi dèmoni, divinità, malattie e animali dannosi o pericolosi. Un ruolo importante, nel contesto magico-simbolico dell’Italia meridionale, è stato svolto dalla tarantola, taranta nel dialetto salentino, che è stata la protagonista del tarantismo, un rito diffuso anche in molte altre aree del mondo. Il tarantismo salentino presenta degli aspetti interessanti per l’evoluzione che ha portato ad una rivisitazione del lessico, a innovazioni importanti, quali la specializzazione di taranta. La voce taranta, che nel dialetto salentino indicava il “ragno”, si è specializzata nel significato di taranta, responsabile del tarantismo, poi di taranta come marchio culturale, come simbolo dell’aggregazione socio-generazionale intorno alla pizzica. L’area salentina non è più la terra del tarantismo, del ri-morso demartiniano, inteso come reiterazione periodica della crisi del tarantismo, ma è la terra della taranta, che sostituisce, senza riannodare i fili della memoria, la pizzica, ballo del tarantismo, con la pizzica de core, o, più genericamente, con la tarantella. La lingua asseconda e rafforza il cambiamento, come mostrano i riassestamenti del lessico e le categorie concettuali con cui si indica il tarantismo stesso. I produttori e i fruitori di questa rivisitazione non sono più le classi socialmente svantaggiate, ma le classi giovanili. La lingua, ancora una volta, codifica e trasmette, in modo significativo, i cambiamenti culturali di un’area.
Si analizzano i vari usi pragmatici e interazionali dell'insulto in italiano. Nel gioco di faccia goffmaniano l'insulto rappresenta uno dei mezzi più potenti per attaccare l'immagine sociale dell'altro. Un esempio emblematico della forza dell'insulto si ritrova nel romanzo del Manzoni, nelle pagine dedicate all'incontro fra padre Cristoforo e don Rodrigo. Sociolinguisticamente l'insulto appare, però, più complesso, svolgendo funzioni diverse tanto da assumere, in alcune fasce della rete sociale, nei cluster, non il valore di minaccia ma un valore di rafforzamento del legame con l'interlocutore, oltre che di abbassamento del registro. Molti esempi di questi usi 'solidali' dell'insulto, in cui i disfemismi segnalano un forte grado di intimità fra gli interlocutori, si ritrovano sia nelle interazioni dirette sia sul web. Nel contributo si analizzano alcuni dati al riguardo.
Nel contesto dei corsi universitari, compresi a loro volta in un quadro di rapporti istituzionali molto strutturati, il parlato risulta fortemente condizionato da alcune variabili pragmatico-interazionali. La capacità di trasmettere conoscenze sembra dipendere da quella di sapere organizzare l’interazione, nelle sue fasi di introduzione, sviluppo, conclusione. Fra gli interlocutori, docente- studente, oltre ad esserci un’asimmetria di ruolo , vi è anche un’asimmetria enciclopedica, essendo il leader interazionale anche portatore di una serie, di un ‘programma’ di informazioni che ha trasmesso allo studente a lezione o attraverso l’assegnazione di un programma di studio. L’esame rappresenta il momento in cui si ha la verifica di questo processo di trasmissione. Nella situazione ‘esame’ è richiesto l’uso di un parlato speciale, riportato, che rimanda allo scritto, ai testi del programma preparato o al parlato delle lezioni accademiche, in un contorno temporale che evade, in più punti, da quello contingente dell’esame stesso. Questo parlato istituzionale, sebbene diverso da quello colloquiale informale, rispetta i criteri generali della conversazione. Come fa notare Grice, ogni dialogo è frutto di un lavoro di collaborazione fra due persone che si sono date uno scopo comune. Come in tutte le comunicazioni verbali, le conoscenze enciclopediche su cui si basa la comunicazione non comprendono solo informazioni, il sapere, ma anche schemi di comportamento, il saper fare, il saper fare linguistico, il saper strutturare il proprio discorso in una determinata situazione, secondo le aspettative dell’interlocutore. Questa dinamica di convergenza pragmatica, perché l’interazione vada a buon fine, emerge in tutti i frammenti di esami universitari analizzati nel contributo. Sono numerosi i segnali di solidarietà, cooperazione e attenuazione del grado emotivo, dell’ansia, dello studente da parte del docente (“Cosa mi porta di programma”, “parliamo un po’”, “vogliamo partire”), che rimandano allo stile pedagogico del docente, alla voce pedagogica che accompagna, in questi casi, il ruolo di esaminatore. Il plurale di solidarietà (“parliamo”, “vogliamo parlare”, ecc.) è una forma di ordine particolarmente mitigata nella forza illocutoria. La mimica, la postura, lo sguardo, il ricorso a elementi tipici del parlato, come i segnali discorsivi, caratterizzano l'interazione studente-docente, come il parlato in generale. Nell’organizzazione e nella produzione di un parlato altamente pianificato, sottoposto a valutazione, sono punti di riferimento non solo le abilità linguistiche, che tengono conto delle indicazioni del Quadro comune europeo, ma anche le abilità pragmatiche, psico-cognitive, perché parlare in modo efficace ed efficiente richiede complesse competenze multimodali.
Si tratta dell'analisi linguistico-pragmatica dei cosiddetti segnali discorsivi, con una presentazione generale e l'esame originale di un corpus di dati nuovi, raccolti in interazioni spontanee, di area meridionale.
Il contributo, apparso in una collana internazionale, edita da Peter Lang, dedicato a E. Radtke, riguarda un particolare tipo di scrittura, i testi composti in occasione della laurea dagli amici e dai familiari del neolaureato. L’uso riprende la pratica dei papiri di laurea molto diffusa già negli anni ’50-’60. Al rinnovato interesse per questi riti goliardici si affianca un altro genere di pratica, che si è andata diffondendo negli ultimi anni in più università italiane, quella dell’affissione di locandine, goliardiche, augurali e, come i papiri, prevalentemente ironiche, sui muri interni dei corridoi antistanti le aule della discussione della tesi e della proclamazione dei nuovi dottori. La preparazione e l’esibizione di tali strumenti hanno una forte valenza linguistica, dato che la trasmissione del messaggio, in prevalenza scherzoso, ironico e parodistico, è affidata soprattutto alla lingua e all’immagine. Il connubio semiotico richiama da vicino caratteri di diversi tipi di linguaggio, da quello giovanile, a quello pubblicitario, a quello fumettistico, a quello trasmesso. È un concentrato semiotico, che mescola vari codici, italiano, dialetto, lingue straniere, e vari tratti delle varietà del parlato, dello scritto, del trasmesso. In molti casi l’effetto ludico si ottiene proprio con la sovrapposizione di più codici e varietà. Alcuni elementi richiamano il fumetto, altri la pubblicità, il trasmesso, ricorrono numerose figure retoriche e varie formule augurali o congratulatorie. La capacità, vera o presunta, di sapere ‘dominare’ la varietà alta della lingua italiana spinge gli autori delle locandine, quasi sempre amici universitari, a innestare sull’italiano tratti del dialetto, che creano effetti comici. Quello che a prima vista può sembrare un guazzabuglio di segni è in realtà il prodotto di un lavoro, ai limiti del virtuosismo, ben congegnato, di accostamenti e di elaborazioni che sfruttano le capacità più vitali e forti delle lingue in azione. I messaggi risultano efficaci comunicativamente e indicano la capacità metalinguistica di giocare con le lingue, in un contesto altamente formale, com’è quello accademico, nel suo punto più formale, com’è quello della seduta di laurea. Il gioco liberatorio e augurale dei messaggi, costruiti sull’abbassamento del registro e sul minestrone linguistico, testimonia la forza dell'impasto nella comunicazione dei giovani e serve ad alleggerire la transizione, sia sociale che linguistica, dalla fase giovanile a quella adulta.
Si studiano le caratteristiche linguistiche, lessicali, e i tratti culturali di alcuni zoonimi nell'Italia meridionale.
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