Il controllo parlamentare sul Governo nel Regno Unito. Un contributo allo studio del parlamentarismo britannico
Abstract
Nel Regno Unito, in base a una convenzione costituzionale, il Sovrano nomina Primo Ministro il leader del partito politico che ha conquistato la maggioranza dei seggi nella Camera dei Comuni. Dalla fine della seconda guerra mondiale, il sistema bipartitico e il sistema elettorale maggioritario a turno unico hanno determinato la formazione di maggioranze stabili, cui fanno eccezione i rari casi di hung parliament, e una spiccata capacità dell’esecutivo di dirigere i lavori dell’Assemblea rappresentativa. Tra le forme di governo parlamentari, infatti, quella inglese è classicamente considerata a prevalenza del Governo o del Gabinetto o, più recentemente, del Primo ministro. Nell’attività legislativa la fusione (piuttosto che la separazione) tra poteri consente all’esecutivo di dare attuazione al proprio programma, mentre nel controllo sull'operato del Governo, lo stesso legame costituisce un ostacolo all’esercizio della funzione da parte dell’Assemblea rappresentativa, poiché controllore e controllato finiscono (in parte) per coincidere. Tale constatazione fonda la centralità del principale partito di opposizione nel controllo sull'esecutivo, ma non revoca in dubbio l'attribuzione della funzione alla Camera dei Comuni in qualità di organo rappresentativo del popolo, anello di congiunzione tra popolo e Governo. D'altro canto, la presenza del continuum solleva molteplici interrogativi sull'interesse e sulla capacità del Parlamento di controllare l'esecutivo, nonché sulla possibilità/necessità che nell'esercizio della funzione l'Assemblea rappresentativa sviluppi una maggiore indipendenza dal Governo. Da queste domande nasce uno studio finalizzato a indagare gli strumenti, le modalità e gli esiti del controllo sul Governo svolto dalla Camera dei Comuni. La ricerca è divisa in due parti. La prima è dedicata alla convenzione della responsabilità ministeriale, della quale sono esaminati le origini storiche e le evoluzioni recenti relativamente ai profili della responsabilità collegiale e individuale (I capitolo), e gli sviluppi connessi alla pubblicazione rapporto Scott, che ha denunciato alcune gravi violazioni degli obblighi convenzionali da parte dell'esecutivo insieme con l'inabilità della Camera rappresentativa di rilevarle e sanzionarle (II capitolo). Nella seconda sono esaminati gli strumenti tramite i quali la Camera dei Comuni controlla il Governo. Questa sezione dell’indagine rivela una pluralità di logiche a volte trascurata dalla dottrina italiana, che principalmente identifica l’esercizio del controllo parlamentare con l’attività svolta dall’opposizione ufficiale. Il rilevante operato di quest'ultima è evidente nell'utilizzo degli strumenti che comportano uno “scontro” tra Governo e opposizione “on the floor of the House” (le interrogazioni e i dibattiti, I capitolo). Ad essi tuttavia deve essere affiancato il contraddittorio che si svolge in sedi specializzate (le commissioni di controllo, II capitolo), dove si registra la ricerca di un approccio bipartisan alle tematiche trattate, che renda prevalente non tanto il clivage che divide la maggioranza dall'opposizione, ma quello che separa il Parlamento dal Governo. Vi è infine il controllo svolto attraverso istituzioni serventi il Parlamento: il Parliamentary Ombudsman (III capitolo), impegnato a indagare le ingiustizie subìte dai cittadini ad opera della pubblica amministrazione, e il Comptroller & Auditor General, che con il National Audit Office svolge un ruolo cruciale nell’ambito delle procedure finanziarie e del controllo sulla finanza pubblica (IV capitolo). L'analisi svolta consente di formulare almeno tre osservazioni sulla dinamica del parlamentarismo britannico. In primo luogo, il sostegno della maggioranza parlamentare al Governo in carica è un dato corroborato dall’esperienza, ma non esente da assestamenti, essendo suscettibile di consolidarsi o indebolirsi nel
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2012
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