Gli svedesi a Saint-Barthélemy tra economia schiavista e Codice nero von Rosenstein (sec. XVIII-XIX)
Abstract
Tra XVII e XIX secolo anche la Svezia, sulla scia delle grandi potenze europee, provò a costruire un impero coloniale. Condotti sulle rotte atlantiche dalle sapienti mani dei mercanti olandesi, gli svedesi avrebbero dato vita nel Delaware al loro primo possedimento stanziale nel Nuovo Mondo, fort Christina (1638). L’impeto coloniale portò gli svedesi a inserirsi nel grande circuito della tratta degli schiavi, costruendo sulle coste dell’odierno Ghana diverse fortificazioni dove venivano rinchiusi gli schiavi in partenza per il Nuovo Mondo. Una volta perse queste piazzeforti a favore di danesi e olandesi, nel corso degli anni Cinquanta del XVII secolo, le velleità imperiali svedesi sarebbero rimaste silenti fino alla fine del secolo XVIII. Nel 1784 in cambio di alcune concessioni commerciali fatte ai francesi nel porto di Göteborg, il sovrano Gustavo III avrebbe ricevuto in cambio la possibilità di colonizzare l’isola di Saint-Barthélemy. Gli svedesi avrebbero tentato di trasformare questo piccolo isolotto, poco distante dalle Grandi Antille, in un centro di riferimento per il commercio caraibico e per la tratta degli schiavi tra XVIII e XIX secolo. Per gestire una colonia in parte fondata sullo sfruttamento della manodopera schiavile, anche le autorità svedesi ricorsero alla promulgazione di leggi schiaviste, conosciute come Codici neri. Chiaro esempio è il Codice Von Rosenstein del 1787.
Anno di pubblicazione
2016
ISSN
0039-3037
ISBN
Non Disponibile
Numero di citazioni Wos
Nessuna citazione
Ultimo Aggiornamento Citazioni
Non Disponibile
Numero di citazioni Scopus
Non Disponibile
Ultimo Aggiornamento Citazioni
Non Disponibile
Settori ERC
Non Disponibile
Codici ASJC
Non Disponibile
Condividi questo sito sui social