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Floriana Luisi
Ruolo
Ricercatore
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA, MANAGEMENT E DIRITTO DELL'IMPRESA
Area Scientifica
AREA 13 - Scienze economiche e statistiche
Settore Scientifico Disciplinare
SECS-P/07 - Economia Aziendale
Settore ERC 1° livello
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Settore ERC 2° livello
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Settore ERC 3° livello
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Intellectual capital disclosure (ICD) has experienced a substantial increase in recent decades and many frameworks and guidelines have been issued to provide directions with regard to what constitutes “good” ICD. Companies can use Extensible Business Reporting Language (XBRL) to “build” their own intellectual capital (IC) reports. This digital format has both technical and operating characteristics suitable for reporting non-financial information. This paper reports the findings of a survey of the views of 37 Italian preparers on the scope, the taxonomy, and the assurance of IC reporting via XBRL. It was found that respondents favor the adoption of an IC reporting framework and the standardization of IC indicators. Preferences reveal uncertainty about the level of flexibility for tagging IC information, while supporting the main benefits of XBRL and indicating a marked inclination for tagged information certified by an independent audit. Overall, despite a low awareness of XBRL, the importance placed on standardization of IC information and on the usefulness of the comparability and the speed attribute of XBRL supports the appealing features of this language for developing IC reporting.
Intellectual capital disclosure (ICD) has experienced a substantial increase in recent decades and many frameworks and guidelines have been issued to provide directions with regard to what constitutes “good” ICD. Companies can use Extensible Business Reporting Language (XBRL) to “build” their own intellectual capital (IC) reports. This digital format has both technical and operating characteristics suitable for reporting non-financial information. This paper reports the findings of a survey of the views of 37 Italian preparers on the scope, the taxonomy, and the assurance of IC reporting via XBRL. It was found that respondents favor the adoption of an IC reporting framework and the standardization of IC indicators. Preferences reveal uncertainty about the level of flexibility for tagging IC information, while supporting the main benefits of XBRL and indicating a marked inclination for tagged information certified by an independent audit. Overall, despite a low awareness of XBRL, the importance placed on standardization of IC information and on the usefulness of the comparability and the speed attribute of XBRL supports the appealing features of this language for developing IC reporting.
L’innovazione è l’elemento che più di ogni altro è in grado di garantire sviluppo all’economia aziendale. Nonostante gli ultimi anni siano stati devastati da una crisi finanziaria che per tempi e metodi può essere considerata la più subdola degli ultimi decenni, l’innovazione sembra rimanere, se non altro nelle agende, tra le priorità dei piani strategici di manager, imprenditori e policy maker. L’impressione, però, è che siamo ancora lontani dal comprendere pienamente il concetto d’innovazione continua. Il timore è quindi che, a crisi finita, quando alle funzioni aziendali saranno finalmente attribuiti finanziamenti più consistenti rispetto alle scarse risorse disponibili oggi, si rischi di non ottenere un reale rafforzamento del vantaggio competitivo. Quale elemento ostacola il processo d’innovazione sistematica del leader? Questo fenomeno prende il nome d’inerzia o se vogliamo pigrizia organizzativa. Le competenze distintive nel corso degli anni diventano rigidità altrettanto distintive che portano il leader a innovare con processi che non mettono in discussione i business model in essere. In questo modo però il cambiamento non è sostanziale, ma solo di facciata. Vi sono tre forme d’inerzia organizzativa: una di natura tecnica, una di carattere cognitivo e una di tipo economico. La prima forma d’inerzia è legata all’incapacità tecnica di gestire l’innovazione, le competenze sono rivolte al passato e non necessariamente si legano al futuro. L’inerzia cognitiva coincide con la sindrome “del non inventato qui”, che porta molti progettisti a respingere soluzioni più creative solo perché non integralmente ideate con le competenze dell’azienda. A queste due forme d’inerzia si deve aggiungere l’inerzia economica: l’innovazione nel breve periodo cannibalizza i prodotti del leader e si caratterizza per risultati decisamente inferiori e, di conseguenza, viene respinta dallo stesso leader. Qual è, allora, la ricetta efficace contro l’inerzia? Creare nuove competenze alimentandole a livello organizzativo con soluzioni protette può essere un’idea vincente. Sfortunatamente l’inerzia entra sulla scena producendo un effetto amplificativo sui valori e sulla cultura aziendale che spinge a delegittimare tutto ciò che non sia in sintonia con il passato. Però il destino del leader, seppure inesorabile non è inevitabile. Avere una strategia per anticipare e gestire l’inerzia può essere il punto cruciale per l’innovatore che desidera continuamente stupire i suoi mercati. Quali sono le forme d’inerzia che caratterizzano la mia azienda? Quali strategie di legittimazione di nuove competenze sono in grado di implementare? Rispondere a queste domande potrebbe essere un ottimo punto di partenza per non farsi cogliere impreparati dalla prossima ondata di cambiamenti che investiranno i settori e, anzi, per cercare di cavalcarla anticipatamente rispetto ai concorrenti.
Disclosure on intangible assets – usually called intellectual capital (IC) - has experienced a substantial increase in the last decades and many frameworks and guidelines have been issued to provide directions on what constitutes ‘good’ IC disclosure. Companies can use XBRL to “build” their own IC report. It is assumed that the latter has both technical and operating characteristics suitable to represent intangible assets. This paper reports the findings of an Italian survey into the preparers’ views regarding the scope, the taxonomy and the assurance of IC reporting via XBRL. It is found that respondents favour the adoption of XBRL for developing IC reporting. The development of a global reporting framework is found useful. Preferences reveal uncertainty about the level of flexibility for tagging IC information, while indicate a marked inclination for an audit of tagged information certified by an outside party. Overall, despite a low awareness, XBRL appears to be regarded as an efficient driver to communicate and processing IC information.
La comunicazione delle risorse intangibili viene intesa oggi come un elemento essenziale dell’informativa di bilancio per poter esprimere un giudizio consapevole sulle prospettive reddituali e finanziarie dell’impresa. Le conoscenze interne, come le competenze organizzative, quelle esterne, come la credibilità e l’immagine, insieme ai valori e alle conoscenze della componente umana, rappresentano le fonti principali del vantaggio competitivo d’impresa [Coda 2000]. Gli stessi Standard Setter e le prassi operative hanno compreso l’importanza di un’informativa extra-contabile sul Capitale Intellettuale (CI), proponendo diversi modelli di comunicazione esterna che allargano l’informativa di bilancio attraverso la relazione sulla gestione (IASB 2005) o con un report specifico (Skandia 1994). Benché la letteratura empirica abbia ampiamente esaminato la quantità e le determinanti della disclosure sugli intangibili, le specificità settoriali restano ancora oggetto di approfondimento sia sul piano operativo che teorico. Per colmare questa lacuna il presente studio esamina le società italiane del settore software e computer service con tre finalità: i) individuare la propensione di imprese knowledge intensive a fornire informazioni sul loro patrimonio immateriale; ii) determinare le componenti che maggiormente vengono comunicate; iii) estendere la presente letteratura empirica sull’utilità della comunicazione volontaria, esaminandone le caratteristiche qualitative.
Il profondo mutamento in atto sui mercati e i diversi fattori di competitività richiedono risposte nuove dalle imprese e tra le criticità delle aziende familiari, certamente la più delicata da fronteggiare è quella della successione dell’imprenditore-fondatore. I modelli di buon governo dell’impresa prevedono un accurato percorso di pianificazione della successione così come si fa per una qualunque altra scelta strategica aziendale. Nella realtà, però, la formalizzazione e l’attuazione di piani successori razionali non è così scontata per una serie di vincoli che contrastano di fatto l’avvio di questo processo. L’ostacolo principale è da ricercare negli elementi a carattere psicologico-culturale legati alla concreta incapacità dell’imprenditore-fondatore di lasciare il comando e il controllo di ciò che ha creato in tanti anni di lavoro. Di fatto si assiste a un tentativo da parte del fondatore di attuare comportamenti ostruzionistici tali da prorogare la questione del suo avvicendamento in un tempo indefinito. Un secondo ostacolo è legato alla percezione che gli imprenditori hanno della successione stessa: essa viene vista come una fase di discontinuità nella vita dell’impresa che porterebbe ad alterare i consolidati equilibri famiglia-impresa. Da qui si sviluppano vari scenari caratterizzati, però, dallo stesso denominatore comune: le aziende familiari sono affollate da figli di imprenditori totalmente estranei alla gestione dell’azienda di famiglia, oppure relegati in funzioni operative secondarie; o, ancora, gratificati con posizioni di prestigio solo apparente (a fianco dell’imprenditore), ma senza che ciò corrisponda a un reale potere; oppure ancora, infine, inseriti sì in azienda – spinti dalle attese che il genitore ripone in loro – ma non abbastanza preparati per il lavoro aziendale. Il denominatore comune è la incapacità dell’imprenditore/fondatore di affrontare il problema successorio di sua spontanea volontà. L’approccio metodologico più corretto per affrontare la successione è, indubbiamente, pianificarla per tempo, fissando tempi, modalità e contenuti. Il momento più delicato è sicuramente persuadere l’imprenditore, che vive questo momento carico di pathos emotivo altalenando la scelta tra le insicurezze sul futuro della sua azienda, senza la sua guida, e la certezza di sentirsi ancora capace e in forze. L’imprenditore deve metabolizzare la necessità dell’avvicendamento e comprenderne i tempi e le modalità. A seconda della realtà familiare, la successione si può gestire considerando soluzioni differenti dal momento che non esiste uno standard generalmente valido. Questo lavoro focalizza l’attenzione sulle opportunità di cambiamento offerte dalla successione, considerata non come un evento destabilizzante, potenzialmente in grado di compromettere la continuità e la sopravvivenza del sistema aziendale, ma al contrario, come una condizione ricca di potenzialità favorevoli allo sviluppo delle imprese familiari di piccole e medie dimensioni. Se opportunamente gestita, infatti, la successione imprenditoriale può rappresentare una fondamentale occasione per trasmettere lo spirito innovativo all’interno dell’azienda e per avviare processi di cambiamento, da condurre secondo una logica orientata al futuro, in cui si combinino continuità e rinnovamento, tradizione e innovazione. Con tali premesse, il primo capitolo inquadra l’impresa familiare esaminandone il concetto definitorio e analizzando le peculiarità gestionali. Il secondo capitolo introduce il tema della successione imprenditoriale all’interno della famiglia, analizzando il processo, gli attori coinvolti e le problematiche che nei diversi stadi evolutivi possono incontrarsi e generare resistenze al cambiamento. Il terzo capitolo chiarisce, in modo sintetico e senza presunzione di esaustività, quali siano i possibili strumenti legali o riscontrabili nella pras
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