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Vincenzo Vito Chionna
Ruolo
Professore Ordinario
Organizzazione
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Dipartimento
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
Area Scientifica
AREA 12 - Scienze giuridiche
Settore Scientifico Disciplinare
IUS/04 - Diritto Commerciale
Settore ERC 1° livello
Non Disponibile
Settore ERC 2° livello
Non Disponibile
Settore ERC 3° livello
Non Disponibile
Il saggio affronta l'esegesi dell'art. 152 l.f. il cui tenore letterale pone principalmente il problema della natura - gestoria o meno - della decisione di una società di proporre domanda di concordato fallimentare o, in base al richiamo dell'art. 161 l.f., di concordato preventivo. La questione presenta quale ulteriore motivo di complessità la necessaria armonizzazione della soluzione con il diritto societario novellato nel 2003 nell'ambito del quale solo per le società di persone (e non anche per le società di capitali) il fallimento è rimasto causa di scioglimento della società. In questa prospettiva, la riflessione verifica la compatibilità della natura tipicamente gestoria della decisione (affidata, pertanto, sempre all'organo amministrativo di qualunque società) con le regole organizzative (p.e. principio unanimistico delle società di persone) o con quelle concorsuali di ciascun tipo societario. Tale analisi conduce a pensare che l’art. 152, secondo comma, l.f. possa essere interpretato nel senso di vedere attribuita la decisione “sociale” di proporre il concordato fallimentare alla normale competenza degli amministratori in qualsiasi situazione societaria, di capitali o di persone, sia essa attinta da fallimento o meno: insomma, nel senso di contribuire a descrivere tale decisione più come un atto di “gestione” del patrimonio sociale che non come un atto modificativo dei patti sociali e, più precisamente, delle regole della liquidazione della società.
Il saggio ricostruisce le diverse forme contrattuali riconducibili alla subfornitura internazionale, e cioè ad una pratica contrattuale che ha, tra l'altro, la funzione di contribuire alla riduzione dei costi delle fasi del processo di produzione. Si è trattato di considerare numerosi rapporti che si instaurano tra imprese che affidano ad altre imprese di diverso ordinamento, una o più fasi del loro processo produttivo per fare realizzare prodotti o servizi da incorporare o utilizzare nei propri prodotti o servizi che poi provvederanno direttamente a immettere sul mercato. La funzione economica di questi contratti varia da caso a caso: può essere limitata alla semplice acquisizione di determinati beni prodotti da terzi in una certa autonomia (come di regola accade nei contratti di fornitura OEM o di fornitura di impianti e macchinari) o assumere contorni progressivamente più ampi fino a vedere sostanzialmente affidata parte – o l’intera – produzione ad imprese terze di Paesi stranieri. In altri termini, può accadere che l’imprenditore, più che fabbricare in proprio determinati beni (o svolgere alcuni servizi del proprio ciclo produttivo), preferisca comprarli da terzi all’estero e poi, una volta inseriti nella propria produzione, venderli come propri; oppure, con una sua maggiore presenza nelle fasi della ideazione, della progettazione e della determinazione delle specifiche tecniche, fare fabbricare all’estero da terzi i beni (o fare svolgere per proprio conto determinati servizi), per poi inserirli nel proprio prodotto da offrire sul mercato. Il saggio si conclude con un tentativo di ricostruzione unitaria di una disciplina essenziale caratterizzata dalla internazionalità della fattispecie contrattuale.
Si tratta di un saggio tratto dalla traduzione dal testo in inglese della relazione tenuta il 25 agosto 2010 all’Università di Heidelberg, presso l‘Institut für ausländisches und internationales Privat- und Wirtschaftsrecht. Viene affrontato il tema della ricostruzione delle nozioni di “Strumenti finanziari” e “Prodotti finanziari” che sono le due forme dell’investimento finanziario rilevanti per il diritto italiano del mercato finanziario. Secondo una traduzione, con migliore approssimazione, il più possibile vicina rispettivamente ai concetti di Securities (investimento finanziario tipico) e Investment contracts (investimento finanziario anche atipico), le due fattispecie permettono di illustrare i principali profili che, nel tempo, si sono affermati in Italia come quelli di maggiore interesse tecnico-giuridico e cioè: a) la ricostruzione delle caratteristiche sostanziali di ciascuna delle specie di investimento finanziario; b) la ricostruzione di una diversa logica di tutela connessa ora alla nozione di prodotto finanziario (Investment contract), ora a quella di strumento finanziario (Security). In questa prospettiva il saggio espone il punto di arrivo della riflessione in quel momento storico, preannunciando i fermenti normativi di cambiamento che già si potevano iniziare a intravedere.
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