Medea (o Norma) senza infanticidio. Mito e melodramma fra riscrittura e redenzione
Abstract
Il contributo verte su due casi, pur lontani nel tempo, di adattamento operistico del mito di Medea: "Giasone" di G.A. Cicognini per F. Cavalli (1649) e "Norma" di F. Romani per V. Bellini (1831). Riconducibili, rispettivamente, alla produzione melodrammatica secentesca di area veneta (e, in particolare, al milieu letterario che si raccoglieva intorno all’Accademia degli Incogniti) e al ‘classicismo’ di certa librettistica ottocentesca che, pur contaminandosi con motivi della coeva drammaturgia europea, confermò la predilezione per alcuni soggetti della mitologia classica, entrambi i rifacimenti eludono l’elemento dell’infanticidio che pure, secondo Aristotele (Po. 1453b,29), costituiva il nodo del modello euripideo. La presa di distanza dal paradigma antico non impedì, tuttavia, ad ambedue i librettisti di alludere alle fonti antiche, talora persino nei modi della citazione (è il caso specialmente di Ovidio, puntualmente richiamato nel "Giasone" di Cicognini).
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2016
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